mercoledì 21 luglio 2010

Urla e fischi: lo spot non incanta più. - Carlo Tecce



Il premier ancora contestato, l'impero trema. Fiducia giù del 14% rispetto a inizio legislatura: "Non possiamo sempre vincere"

L’ultimo rifugio estivo di Silvio Berlusconi sarà una fortezza medievale, una camera singola nel castello di Tor Crescenza della principessa Sofia Borghese. Senza il traffico e i turisti di Roma. E lontano dai fischi che fanno compagnia a un governo solo: Letizia Moratti a Milano, Renato Schifani a Palermo. Nemmeno il pallone, la miglior pubblicità per vent’anni, fa rotolare Berlusconi dal verso giusto. Il presidente dei miracoli e delle cinque coppecampioni cercava l’ovazione dai milanisti: arrivano striscioni, urla e i fischi. E pensare che, replicando l’86 come uno spot di successo, Berlusconi è calato a Milanello per il raduno della squadra con un elicottero di livrea rossonera e il fido Adriano Galliani in picchetto d’onore. L’imprenditore con il sole in tasca – sigla elettorale prestata a un libro di Sandro Bondi – è ormai spento: “Non possiamo vincere sempre”, commenta dimesso le contestazioni di tifosi. E loro: “Una volta compravi Baggio, ora solo Caravaggio”. Che la festa sia finita l’ha capito lunedì a Milano: serata di gala per il premio ‘statista di rara capacità’, sala vuota e nessuna canzone. E pure una lezione di realismo del fratello Paolo: “Neanche Silvio può camminare sulle acque”.

L’ombra dei numeri
Non sventola sondaggi perché i numeri sono pessimi: nel mese di luglio – fonte Ipr marketing – la fiducia nel premier è al 39 per cento, meno 14 punti dal ritorno a Palazzo Grazioli. Mai così male nella legislatura. Il governo è in zona retrocessione: 33 per cento, un solo italiano su tre crede in Brunetta, Gelmini e colleghi. L’ex sondaggista personale
Crespi infierisce: intenzioni di voto, il Pdl passa dal 39 per cento di gennaio al 33,5 di luglio. Il “ghe pensi mi” ha scatenato il panico e la fuga collettiva.

Il 19 luglio dovevano ricordare Paolo Borsellino e sono scappati via:
Schifani ha evitato la piazza di Palermo, il sindaco Moratti s’è fatta scortare da La Russa a Milano. Fischi e applausi perGianfranco Fini, fischi e basta per Beppe Pisanu. Il professore Alessandro Campi insegna Storia delle dottrine politiche a Perugia e commenta da un osservatorio privilegiato – direttore scientifico della finiana FareFuturo – le corse e le ansie nei palazzi romani: “C’è una distanza siderale tra i cittadini e i suoi rappresentanti. La classe politica ha paura del confronto, così diventa la casta che tace e ignora la gente comune”. E se non batte in ritirata, e resta segregata nelle autoblu, le forze dell’ordine fanno muro e agitano i manganelli: due settimane fa, aquilani in corteo a Palazzo Grazioli, botte e tre feriti. “Siamo a una deriva oligarchica della nostra democrazia. Fallisce l’epoca che va da Tangentopoli in poi, pensavamo ai partiti liquidi e – aggiunge Campi – al dialogo virtuale, ma siamo rimasti prigionieri di un’illusione ottica”.

E il politico, ovvero Berlusconi, fatica a comprendere la realtà. Spedisce un messaggio in Abruzzo per l’anniversario del terremoto, un testo letto e scandito da fischi e insulti: “Mi chiedo perché? Per L’Aquila ci ho messo il cuore”. E forse avevano bisogno di case, lavoro, futuro. Al teatro la Scala celebrano la Liberazione, Berlusconi interrompe cinque minuti di applausi per
Giorgio Napolitano, presto convertiti in fischi appena sporge la mano per salutare. E ancora fischi in via dell’Umiltà (sede del partito) per una conferenza stampa, fischi all’intero consiglio dei ministri in trasferta a Reggio Calabria.

Macerie sul peggio
Campi, l’impero va in frantumi? “La legge elettorale è il male originale, come può un cittadino sentirsi parte di un progetto politico senza le preferenze sulla scheda? Poi i parlamentari sembrano approvare leggi per nascondersi e blindarsi, ovvio che la gente scenda in piazza. Non farei paragoni con il ’92 o le monetine a
Craxi, non abbiamo un’opinione pubblica matura che lotta per il cambiamento, non per apatia, ma perché rassegnata al peggio”. Maceria su maceria, il crollo è irreparabile? “La politica deve riscoprire il coraggio di parlare con la gente, affrontare le critiche e spiegare. Non saprei come e quando salterà il coperchio sulla pentola, ma la pressione è davvero forte”.


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