martedì 3 maggio 2011

Brusca e le stragi di mafia del '93 "Diktat a Berlusconi: patto o bombe Per Mancino il papello di Totò Riina"


Secondo il super- pentito
gli attentati dovevano servire
a far tornare lo Stato a trattare con Cosa nostra: i contatti si erano interrotti dopo l'attentato in cui morì Paolo Borsellino.
L'ex ministro: "Una vendetta"

FIRENZE
Nella seconda metà del 1993 «mandai Mangano a Milano ad avvertire dell’Utri e, attraverso lui, Berlusconi, che si apprestava a diventare premier, che senza revisione del maxiprocesso e del 41 bis le stragi sarebbero continuate». Lo ha detto Giovanni Brusca deponendo a Firenze al processo sulle stragi del 1993. «Mangano - ha aggiunto - tornò dicendo che aveva parlato con dell’Utri, che si era messo a disposizione». Secondo Brusca, l’attentato all’Olimpico contro i carabinieri era una vendetta per chi non aveva mantenuto le promesse: «chiudiamo il caso con il vecchio - ha spiegato - vendicandoci, e apriamo il nuovo».

Secondo Brusca, Marcello dell’Utri e Silvio Berlusconi non c’entrano con le stragi del '93 perchè «la situazione è ancorata al passato». L'ex boss, oggi super-pentito, sentito dalla Corte di Assise di Firenze nell'aula bunker di Santa Verdiana, ha detto poi che Nicola Mancino era il referente ultimo cui far arrivare il "papello", il documento con le richieste della mafia perportare avanti la trattativa con lo Stato.

Brusca ha quindi aggiunto su Dell'Utri: «Nel 1994, con Bagarella ho un contatto con dell’Utri, attraverso Mangano», per avere modo di «arrivare» a Silvio Berlusconi. A dell’Utri fu detto che il governo, allora guidato dal centrosinistra, sapeva. Questo contatto con dell’Utri venne fuori perchè Brusca sapeva che Mangano lavorava ad Arcore. A Mangano «chiesi se conosceva Berlusconi e lui disse di sì e che ci saremmo potuti arrivare tramite dell’Utri», contattabile attraverso un uomo delle pulizie di Canale 5. La richiesta era l’allentamento del 41 bis. «Era la fine del 1993 o l’inizio del 1994, dopo la vicenda Contorno», che è nel 1994, ha detto Brusca.

L'ex boss è stato chiamato a testimoniare al processo che vede imputato Francesco Tagliavia, mafioso accusato dell'attentato di via Georofili e di aver partecipato all’organizzazione delle stragi del 1993, oltre che a Firenze, anche a Roma e Milano.

Ancora Brusca: «Dopo l'uccisione di Falcone e prima della strage di via D'Amelio, Riina mi disse: "finalmente si sono fatti sotto. Ho consegnato un papello con tutta una serie di richieste". Non l'ho visto, quel documento, ma so e sapevo quali erano le richieste: la revisione del maxi processo, l'applicazione della legge Gozzini, la legge sulla confisca. Il tramite non me lo disse, mi disse solo il committente finale e mi fece il nome dell'onorevole Mancino, allora ministro dell'Interno».

In precedenza, in un altro incontro, lo stesso Riina aveva detto a Brusca, secondo quanto riferito dallo stesso, che «si erano fatti sotto dei soggetti, Dell'Utri e Ciancimino, che gli volevano portare la Lega (la Lega sud ndr) e un altro soggetto politico che non ricordo». Il secondo contatto, quello che, secondo Brusca, avrebbe avuto come referente finale Mancino, «era diverso dalla prima offerta che gli era stato fatta, era un fatto piu' concreto». Il papello sarebbe stato consegnato a Mancino «tramite terzi, ma non siamo scesi nel dettaglio su chi fossero».

E ha aggiunto: «Fino all’attentato al giudice Falcone, l’obiettivo di Riina era di influenzare il maxi processo di Palermo. Dopo di che subentrarono soggetti indicati in Marcello Dell’Utri e Ciancimino che volevano portare la Lega e un altro soggetto che non ricordo...a Riina». «Fino all’ultimo attentato - ha concluso Brusca - Riina pensava di condizionare il maxi processo». Poi, «Dopo la strage Borsellino si è tagliato ogni contatto. Il primo a dirlo fu Salvatore Riina, che mi diceva: non c’è più nessuno». E così, quelle stragi successive, del 1993, ha aggiunto Brusca, servivano «a far tornare lo Stato o chi per esso a trattare».

Quasi immediata la replica di Nicola Mancino: «Se Riina ha fatto il mio nome è perché da ministro dell’Interno ho sempre sollecitato il suo arresto, e l’ho ottenuto». Le parole di Brusca, secondo Mancino,sono «una vendetta contro chi ha combattuto la mafia con leggi che hanno consentito di concludere il maxiprocesso e di perfezionare e rendere più severa la legislazione di contrasto alla criminalità organizzata. Durante il mio incarico al Viminale lo Stato ha combattuto con decisione la mafia ottenendo notevoli risultati. Altro che trattative o ricevere papelli!». E ha aggiunto: «Brusca, riferisce su di me quanto avrebbe appreso da Riina, il quale continua a non parlare. Rilevo che una prima volta Brusca riferisce accuse apprese da Riina alla vigilia di Natale del 1992, mentre oggi parla di una data fra l’uccisione del giudice Falcone e la strage di via D’Amelio (quindi diversi mesi prima). Una confusione che inficia il contenuto delle confidenze di Riina».

La richiesta di ascoltare Brusca è stata presentata nelle udienze scorse dalle parti civili ed è stata accolta dalla corte d’Assise. Giovedì 5 maggio saranno ascoltati i fratelli Giuseppe e Filippi Graviano, che saranno collegati con l’aula bunker in videoconferenza. Secondo i legali di parte civile Brusca potrà fornire dettagli importanti sul contesto in cui sono maturate le stragi.


http://www3.lastampa.it/cronache/sezioni/articolo/lstp/400568/



Impresentabili e condannati a volte ritornano (in Regione). - di Vincenzo Iurillo


Si tratta di Roberto Conte e Alberico Gambino. Sospesi per le loro condanne, ora, dopo la firma del Cavaliere, rischiano di rientrare in gioco a sostegno del berlusconiano Caldoro

Rieccoli, i condannati. Occupano le istituzioni. Vanno a sedersi nel consiglio regionale della Campania. Sono pronti a legiferare per noi. Con un decreto a firma del premier Silvio Berlusconi, si è infatti conclusa la sospensione dalla carica di due eletti alle regionali del marzo 2010, entrambi in forza al centrodestra del Governatore Stefano Caldoro. Si tratta di Roberto Conte, condannato nel 2009 in primo grado a due anni e otto mesi per concorso esterno in associazione camorristica per una storiaccia di voto di scambio alle regionali del 2000 col clanMisso, e di Alberico Gambino, condannato sia in primo grado che in appello per peculato. L’ultima sentenza gli ha inflitto una pena di un anno, cinque mesi e dieci giorni: deve rispondere di una disinvolta gestione della carta di credito del Comune di Pagani (Salerno), di cui Gambino era (ed è) sindaco.

Giovedì la giunta per le elezioni del parlamentino dovrebbe riunirsi per decidere sul reintegro di Conte e Gambino, sospesi in conseguenza di condanne non definitive, come stabilito dal decreto legislativo 267/2000 sull’ordinamento degli enti locali. L’esito è scontato: la giunta e l’Aula non potranno far altro che prendere atto del decreto di Berlusconi. “Una cambiale elettorale” secondo il Pd. Perché il segnale che arriva da Palazzo Chigi è dirompente, e fa riflettere la tempistica del decreto. I termini della sospensione di Conte e Gambino erano scaduti da tempo. Berlusconi poteva agire prima, oppure aspettare il voto delle amministrative, o l’esito di una diffida della consigliera Pdl subentrata a Gambino, Monica Paolino, secondo la quale Gambino era comunque ineleggibile per non essersi dimesso da sindaco di Pagani prima di candidarsi (all’epoca era sospeso anche da quella carica). Invece il premier ha dato il via libera ai due condannati in piena campagna elettorale, infischiandosene delle polemiche sugli inquisiti candidati e sulla longa manus dell’imputato di camorra Nicola Cosentino sulla composizione delle liste azzurre.

Conte, eletto nella lista Alleanza di Popolo, tra i cui sponsor si ricorda l’avvocato-scrittore degli “strategismi sentimentali” Alfonso Luigi Marra, ha strappato nell’ultima tornata 10.460 preferenze. Nonostante la circostanza di essersi candidato da consigliere uscente già sospeso per la condanna pendente. Le sue vicende giudiziarie non hanno impressionato l’elettorato. Esattamente come per Gambino, eletto nella lista Pdl di Salerno col botto di 27.164 preferenze: pochi giorni prima della chiusura delle liste la Corte di Appello aveva confermato la condanna, con uno sconto di appena venti giorni rispetto alla pronuncia di primo grado.

Per entrambi le sentenze non sono definitive. Conte ha fatto ricorso in Appello. Nel frattempo, deve difendersi in un altro processo dove è imputato di corruzione per una vicenda di appalti di manutenzione di impianti antincendio per l’ente regionale. Secondo il pm si sarebbe messo in tasca 160.000 euro e le chiavi di una lussuosa Maserati. Il 19 maggio il Gup deciderà sul rinvio a giudizio. Tra le parti offese, il consiglio regionale nel quale a breve Conte verrà riammesso. Quanto a Gambino, a luglio la Cassazione esaminerà il suo processo. A fine febbraio è stato reintegrato anche nella carica di sindaco. Una legge della Campania gli imporrebbe ora di optare tra il Comune e la Regione. Ha qualche mese di tempo.

Conte e Gambino arrivano alla corte di Caldoro attraverso percorsi politici molto diversi. Conte è un ex dirigente dei Verdi, uno dei pochi in Campania a fare il muso duro contro Alfonso Pecoraro Scanio. Nel 2000 viene eletto in Regione nella lista del Sole che Ride nonostante l’aperta ostilità del suo partito, dal quale infatti esce poco tempo dopo per iniziare a collezionare casacche. Nel 2005 è nella Margherita, viene rieletto con oltre 30.000 preferenze, diventa un fedelissimo diRutelli. Col quale approda nel Pd. Dopo la condanna, il passaggio nel centro destra attraverso una lista fiancheggiatrice.

Gambino invece è un azzurro che più azzurro non si può. Nel 2007, in Forza Italia, acquista fama nazionale perché diventa il sindaco più votato d’Italia: oltre il 76% di consensi al primo turno. Nel 2009 cumula gli incarichi di sindaco e di assessore provinciale di Salerno nella giunta del PdlEdmondo Cirielli. Poi gli piomba in testa la tegola della condanna in primo grado. Con annessa sospensione da Comune e Provincia. Ma Cirielli non vuole rinunciare a lui: e lo recupera con un contratto di consulente al Turismo. In pratica, Gambino fa l’assessore ombra. Non può sedere in giunta, ma per un po’ continua a far parte dello staff degli uomini di stretta fiducia dell’ex ufficiale dei Carabinieri. E c’è anche il sostegno di Cirielli, che nel Pdl è entrato in rotta di collisione col ministro salernitano Mara Carfagna, dietro all’exploit di preferenze di Gambino alle ultime regionali.

Sul reintegro della coppia Conte-Gambino, il deputato napoletano del Pd e membro della commissione Antimafia Salvatore Piccolo ci va giù duro: “Mentre l’Istat informa che un terzo dei giovani è senza lavoro e Napoli è sommersa dai rifiuti, la sola preoccupazione del Governo Berlusconi è di rafforzare la traballante maggioranza di Caldoro anche a costo di reintegrare due consiglieri condannati”. “E’ questa la risposta del centrodestra – prosegue Piccolo – alla domanda della gente di avere istituzioni trasparenti e credibili? In realtà, la decisione del Governo Berlusconi scava, rispetto alle persone perbene della Campania, un altro solco profondissimo. Rappresenta l’ennesimo schiaffo a chi spera in un riscatto di Napoli e dell’intera Regione all’insegna della legalità. Il centrodestra, giorno dopo giorno, ha sempre meno credibilità in questo campo. Evidentemente, lo stesso Berlusconi ha preferito pagare in anticipo qualche cambiale elettorale anziché tutelare la dignità dei cittadini e delle istituzioni che li rappresentano. E il Governatore Caldoro? Davanti a questa desolante vicenda tace. Come sempre”.

Poco fa un colpo di scena. Il presidente del consiglio regionale campano Paolo Romano (Pdl), ha annunciato che la Regione Campania si costituirà in giudizo nei processi a Conte in cui l’istituzione campana è parte offesa. “Al di là delle legittime posizioni politiche espresse a riguardo, si tratta di un atto dovuto” spiega Romano ”l’iniziativa, maturata anche da un positivo confronto con il governatore Stefano Caldoro e il capogruppo del Pdl, Fulvio Martusciello è volta a tutelare l’istituzione regionale”. Qualche settimana fa il segretario campano del Pd, Enzo Amendola, in un’intervista a ‘Il Mattino’ chiese a gran voce la costituzione di parte civile del consiglio regionale nei procedimenti a carico di Conte. Ed è di queste ore un durissimo documento dei capigruppo regionali dei partiti di opposizione (Pd, Idv, Pse) col quale si definisce il reintegro dei due consiglieri condannati “la conferma dell’esistenza di una questione morale irrisolta nel centro destra campano, vicenda che si somma a quella dei tanti impresentabili che affollano le liste del Pdl e dei partiti ad esso alleati nei Comuni e nelle Municipalità che vanno al voto”. Nella nota, i capigruppo regionali “considerata l’escalation e la portata di questi fenomeni nel territorio campano” esprimono “fondati timori sul regolare e libero svolgimento di questa tornata elettorale, con le consequenziali ripercussioni sulla tenuta democratica delle nostre istituzioni” e invitano l’opposizione parlamentare ad aprire “un ineludibile e indispensabile confronto” su quel che sta succedendo in Campania.



La prova provata che a Berlusconi piacciono questi individui poco raccomandabili che gli assomigliano per l'indisposizione naturale alla legalità.


Menti eccelse del PdL - (naturalmente ironico) - Lehner (Pdl): “Sepoltura in pelli suine per combattere l’islamismo”



“Mi rivolgo al pragmatico ministro Maroni, perché, come prevenzione scientifica delle eventuali azioni stragiste di al-Qaeda, mobiliti la cooperazione emiliano-romagnola e toscana per la produzione industriale di pelli di maiale fornite di zip per la perfetta chiusura stagna”.

Questo è quanto chiede Giancarlo Lehner, deputato “Responsabile”, che motiva così la sua richiesta: “Non è uno scherzo, bensì l’uovo di Colombo, trattandosi di un deterrente micidiale contro il terrorismo islamico. Per dissuadere gli aspiranti kamikaze ed i professionisti del terrorismo, basterebbe far loro sapere attraverso delle pubblicità-progresso che l’Italia è attrezzata per dare ‘degna’ sepoltura, dentro pelli suine, ai loro caduti. Il kamikaze, infatti, vede nella morte il mezzo rapido per ascendere nel Paradiso maomettano, dove fontane, frescure e vergini son lì per arrecargli eterna e concreta beatitudine. Viaggio ascensionale che verrebbe impedito proprio dal seppellimento dentro un feretro di cotenna suina” conclude Lehner.

http://frontierenews.it/2011/05/lehner-pdl-sepoltura-in-pelli-suine-per-combattere-lislamismo/


Per saperne di più:

Il 18 febbraio 2011 annuncia il suo ingresso del gruppo parlamentare a sostegno della maggioranza di Iniziativa Responsabile. "Dopo una vita politicamente spericolata, ho messo la testa a posto. Dalla settimana prossima, a Montecitorio, sarò assiso sui banchi dei 'Responsabili' ", afferma in una nota il deputato che lascia così il gruppo del Popolo della Libertà della Camera.

A seguito di alcune accuse rivolte nei suoi scritti alla magistratura è stato condannato per diffamazione aggravata: la prima volta dal Tribunale di Trento per il pamphlet, edito daMondadori, Attentato al governo Berlusconi: articolo 289 Codice Penale, in cui effettuava riferimenti a iniziative della magistratura accostandole al reato di "Attentato agli organi Costituzionali"; la seconda volta, in seguito a un articolo pubblicato dal quotidiano Il Giornale il 29 gennaio 2004 dal titolo Un'indagine malata e avente per oggetto un'istruttoria del pm milanese Ilda Boccassini: quale sanzione accessoria alla condanna, il Tribunale di Brescia ha disposto la pubblicazione della sentenza emessa a carico di Lehner e dell'allora direttore responsabile Maurizio Belpietro sulla prima pagina de Il Giornale del 27 aprile 2007, in corpo doppio rispetto ai normali caratteri tipografici, nello spazio normalmente riservato al fondo.

(wikipedia)




Il deficiente del giorno: il ministro Brunetta.



BRUNETTA: "HO UNA SUPERIORITÀ MORALE, CULTURALE..., ETICA E IDEOLOGICA NEI CONFRONTI DI QUESTA SINISTRA, CHE MI FA SCHIFO"

TORINO – "Sento di avere una superiorità morale, culturale, etica e ideologica nei confronti di questa sinistra che mi fa leggermente schifo: lo ha detto, nel pomeriggio, a Torino, il Ministro per la Pubblica amministrazione, Renato Brunetta.;In questi tre anni di Governo – ha aggiunto Brunetta – e' successo di tutto, ma noi abbiamo vinto tutto, anche con un partito composito come il Pdl. Noi abbiamo vinto le politiche, le europee, le regionali, ora ci apprestiamo a vincere le comunali a Napoli, certamente, e Torino. Abbiamo gestito la piu; grande crisi economica. E questo Paese non ha fatto la fine della Grecia, del Portogallo e della Spagna, che pure ci dava lezioni. Nessuno ha ritirato i propri risparmi dalle banche come in Inghilterra. Il Governo tiene bene la barra ben dritta;Lorsignori, come io chiamo la sinistra – ha continuato Brunetta – hanno cambiato tre segretari e Bersani, anche lui in cambiamento, sarebbe il quarto. Non si sa che cosa vogliono, non hanno proposte costruttive ma soltanto demonizzano e insultano. Mi chiedo – ha concluso – è questa la sinistra?
(fonte fb)

Cosa pensano di lui:

Che furbetto quel Brunetta



La trasferta a Teramo per diventare professore. La casa con sconto dall'ente. Il rudere che si muta in villa. Le assenze in Europa e al Comune. Ecco la vera storia del ministro anti-fannulloni. di Emiliano Fittipaldi e Marco Lillo


E per chi volesse sapere di più:





lunedì 2 maggio 2011

George Carlin - Usanze civiche - Sub ita


Rassicurazioni al posto della sicurezza - Marco Travaglio.




"Impedire il voto è un abuso di potere" Giuristi e intellettuali difendono il referendum. - di Carmine Saviano



Da Zagrebelsky a Rodotà un appello sul sito del Comitato sì acqua pubblica per difendere il diritto dei cittadini ad esprimersi sui beni comuni e il nucleare.


ROMA - Un abuso di potere. Con governo e maggioranza parlamentare "schierati militarmente" per impedire il voto ai referendum su acqua pubblica e nucleare. Parte da qui la denuncia del comitato "Sì Acqua Pubblica". Che ha diffuso in rete un "Appello per i referendum". In calce le firme di giuristi ed esponenti del mondo dell'economia e della cultura. Da Stefano Rodotà a Gustavo Zagrebelsky, da Ugo Mattei a Grande Stevens. Sotto accusa la cortina fumogena creata dal governo con l'annuncio di una legge ad hoc per acqua pubblica e servizio idrico. Un "escamotage avvilente che dà la misura del loro dilettantismo giuridico e della loro miserabilità politica".

La posta in gioco è alta. E ha a che fare con i beni comuni. Ovvero: con le risorse a cui ogni cittadino deve poter accedere senza nessun tipo di restrizione. "E' la prima volta che si fa una battaglia giuridica e politica su questi temi", dice a Repubblica.it Ugo Mattei, professore di diritto civile a Torino. "Abbiamo la possibilità di invertire la rotta, di fermare le privatizzazioni ideologiche sponsorizzate dal governo. In Italia c'è una possibilità straordinaria". Un'occasione data dalla fisionomia stessa della campagna referendaria. Una battaglia che, grazie al lavoro congiunto di accademici ed esponenti dei movimenti, ha raggiunto "maturità politica e competenza tecnica".

Il no all'election day. Il dito è puntato contro le manovre del governo. "Quali che siano le forme tecniche che si porranno in essere, è del tutto evidente che il solo scopo di questa iniziativa è scongiurare un voto popolare che si teme ampiamente a favore dell'abrogazione definitiva di ogni piano nucleare e delle norme di legge relative alla così detta privatizzazione dell'acqua". Ed è per controbattere a queste manovre che il Comitato ha chiesto di vigilare sul corretto comportamento del governo e sull'effettivo accesso alla conoscenza del referendum.

"Le recenti manovre del governo volte ad evitare il voto referendario attraverso l'affrettata predisposizione di atti aventi forza di legge in materia di nucleare e di acqua costituiscono un caso di scuola di abuso del potere della maggioranza ai danni del pronunciamento diretto tramite referendum del corpo elettorale. Quali che siano le forme tecniche che si porranno in essere, è del tutto evidente che il solo scopo di questa iniziativa è scongiurare un voto popolare che si teme ampiamente a favore dell'abrogazione definitiva di ogni piano nucleare e delle norme di legge relative alla così detta privatizzazione dell'acqua. Oltretutto la forma del decreto legge, resa necessaria dai tempi ormai prossimi del voto, mancherebbe dei requisiti costituzionali della necessità e dell'urgenza, oltreché della tempistica necessaria per la sua conversione, aggiungendo un ulteriore vulnus costituzionale a questo triste attacco alla democrazia diretta. Il governo, non pago di aver rifiutato l'election day confidando in tal modo di poter scongiurare il realizzarsi del quorum referendario, sperperando centinaia di milioni di euro in violazione del precetto costituzionale di imparzialità e buona amministrazione, cerca con ogni mezzo di impedire il legittimo esercizio del pronunciamento popolare richiesto da oltre due milioni di cittadini che hanno firmato per i referendum. Indipendentemente dalla nostra posizione sul merito dei quesiti, riteniamo che il fine perseguito dal governo sia così palesemente in contraddizione con lo spirito delle richieste referendarie da rendere giuridicamente impercorribile questo escamotage.

I primi firmatari: Ugo Mattei, Franzo Grande Stevens, Luca Nivarra, Gianni Ferrara, Gaetano Azzariti, Alberto Lucarelli , Giangiacomo Migone, Stefano Rodotà, Gustavo Zagrebelsky, Elisabetta Grande, Giacomo Marramao, Livio Pepino, Nerina Boschiero, Laura Pennacchi, Cristina Trucco, Giorgio Parisi, Eva Cantarella, Pietro Rescigno, Elena Paciotti, Lorenza Carlassarre, Marcello Cini, Luigi Ferrajoli, Guido Martinotti, Elsa Fornero.
Ecco il testo dell'appello, che i cittadini possonosottoscrivere sul sito del Comitato 1