Cosa sono ?
I calcoli della della colecisti (o litiasi della colecisti, spesso impropriamente denominata anche come "calcoli al fegato") rappresentano una situazione caratterizzata dalla presenza di formazioni dure simili a sassi, di dimensioni variabili da pochi millimetri a qualche centimetro, all'interno della colecisti (o cistifellea).
È una malattia assai frequente, presente nel 10-15% della popolazione adulta. La sua diffusione è maggiore nel sesso femminile e si associa spesso con gravidanze multiple, obesità o rapidi cali ponderali.
Perché si formano i calcoli ? Le cause
Ci sono 2 tipi fondamentali di calcoli: calcoli di colesterolo e calcoli pigmentati.
I calcoli di colesterolo rappresentano circa il 70% dei casi dei Paesi Occidentali. La nascita è dovuta a più di una causa e la formazione avviene in 3 stadi:
- saturazione del colesterolo,
- nucleazione e
- formazione dei calcoli.
Requisito essenziale è che il fegato del il paziente produca una bile satura in colesterolo. Il mantenimento del colesterolo nella bile dipende dall'equilibrio con alcuni fattori quali i sali biliari e i fosfolipidi. Se questo equilibrio si rompe, si produce una bile satura in colesterolo che rappresenta il fattore favorente la precipitazione del colesterolo stesso. Il successivo passo consiste nella formazione, da minuti cristalli di colesterolo, di agglomerati più grandi, già visibili ad occhio nudo. A questo punto, la formazione di calcoli veri e propri è inevitabile.
- saturazione del colesterolo,
- nucleazione e
- formazione dei calcoli.
Requisito essenziale è che il fegato del il paziente produca una bile satura in colesterolo. Il mantenimento del colesterolo nella bile dipende dall'equilibrio con alcuni fattori quali i sali biliari e i fosfolipidi. Se questo equilibrio si rompe, si produce una bile satura in colesterolo che rappresenta il fattore favorente la precipitazione del colesterolo stesso. Il successivo passo consiste nella formazione, da minuti cristalli di colesterolo, di agglomerati più grandi, già visibili ad occhio nudo. A questo punto, la formazione di calcoli veri e propri è inevitabile.
I calcoli pigmentati vengono a loro volta distinti in bruni, associati di solito ad infezioni e di riscontro soprattutto in Asia, e neri, non associati ad infezioni biliare (di comune riscontro nei pazienti con concomitanti malattie del sangue o cirrotici e presenti solo nella colecisti). La matrice di questi calcoli è rappresentata da bilirubina non coniugata che si combina e precipita con il calcio a formare bilirubinati di calcio.
Molti dei pazienti con litiasi biliare rimangono senza sintomi per molti anni (circa il 50-70%) e possono anche non svilupparne mai alcuno. In altri casi, con una frequenza difficilmente stimabile, i calcoli possono causare sintomi o complicanze anche severe, come la colecistite acuta, l'empiema della colecisti, le angiocoliti o la pancreatite acuta.
Il sintomo più comune riferibile con certezza ai calcoli della colecisti è la colica biliare postprandiale. È necessario che il medico definisca con molta cura i sintomi, prima di ascriverli con sicurezza ai calcoli. La "colica" biliare si distingue per:
- la sua localizzazione (generalmente all'epigastrio, la zona al di sotto dello sterno, e solo nel 30% dei casi all'ipocondrio destro, il fianco destro),
- la durata (da 30 minuti a 3 ore) e
- l'intensità
e può essere associata a nausea e a vomito. Il dolore ha intensità massima nella regione epigastrica (la zona al di sotto dello sterno), con una irradiazione verso l'ipocondrio destro nel 30% dei casi ed un'irradiazione verso la schiena nel 6%; solo in una percentuale poco superiore al 10% la sede del dolore ‚ esclusivamente l'ipocondrio destro. I pazienti sintomatici presentano il 25% di possibilità in più, rispetto a quelli asintomatici, di sviluppare complicanze legate alla presenza di calcoli.
- la sua localizzazione (generalmente all'epigastrio, la zona al di sotto dello sterno, e solo nel 30% dei casi all'ipocondrio destro, il fianco destro),
- la durata (da 30 minuti a 3 ore) e
- l'intensità
e può essere associata a nausea e a vomito. Il dolore ha intensità massima nella regione epigastrica (la zona al di sotto dello sterno), con una irradiazione verso l'ipocondrio destro nel 30% dei casi ed un'irradiazione verso la schiena nel 6%; solo in una percentuale poco superiore al 10% la sede del dolore ‚ esclusivamente l'ipocondrio destro. I pazienti sintomatici presentano il 25% di possibilità in più, rispetto a quelli asintomatici, di sviluppare complicanze legate alla presenza di calcoli.
La colica biliare regredisce con l'uso di farmaci antispastici. La diagnosi, in presenza di una sintomatologia tipica, è confermata dall'ecografia addominale, con il riscontro di calcoli di varie dimensioni all'interno della colecisti.
Solo una percentuale dell'1-4% per anno sviluppa sintomi legati ai calcoli o alle sue complicanze. Circa il 10% dei pazienti sviluppa sintomi nei 5 anni successivi alla diagnosi di calcolosi e circa il 20% nei 20 anni successivi.
Numerosi altri sintomi generali aspecifici, come la cefalea, o sintomi digestivi, quali le turbe del transito o le turbe dispeptiche, la nausea ed il vomito in assenza di dolore, possono condurre all'esecuzione di un'ecografia addominale e quindi al rilievo di litiasi della colecisti. Questi sintomi non sono però generalmente legati alla presenza dei calcoli. La loro contemporaneità in assenza di dolore biliare non modifica il carattere "asintomatico" di un'eventuale calcolosi della colecisti.
La "colecistite acuta" è sicuramente la complicanza più frequente della litiasi colecistica. È di solito causata da un'ostruzione acuta del dotto cistico da parte di un calcolo incuneato nel dotto o nell'infundibolo. Il dolore è simile a quello della colica biliare, ma persiste per più di qualche ora e può rimanere anche qualche giorno. Si può associare a nausea, vomito, tensione addominale con reazione addominale in ipocondrio destro. La colecisti si può distendere (idrope della colecisti) e può comparire la "febbre" con leucocitosi. In questi casi l'evoluzione è la comparsa di un empiema della colecisti con materiale purulento al suo interno.
La "perforazione della colecisti" è una rara complicanza che compare soprattutto negli anziani e negli immunodepressi. E' caratterizzata dalla comparsa di un addome acuto che richiede un intervento d'urgenza. Talvolta si può formare una fistola bilio-enterica ("fistola bilio-digestiva) e il calcolo può portare ad un'ostruzione determinando il noto "ileo biliare da calcoli". In questi casi, il trattamento consiste nella laparotomia d'urgenza.
La litiasi della colecisti è causa di "pancreatite acuta" nel 30-70% dei casi. I sintomi sono simili alla classica pancreatite acuta. Il trattamento dipende dalla severità del quadro clinico. Se possibile è meglio far precedere il trattamento medico alla colecistectomia. Se la situazione è in progressivo peggioramento si deve ricorrere alla laparotomia d'urgenza.
L'insorgenza delle complicazioni è quasi sempre preceduto dalla comparsa dei sintomi. Nessun elemento, né l'età, né il sesso, né il tipo o le dimensioni dei calcoli, né la durata della malattia, né la coesistenza di malattie associate permette attualmente di definire che una litiasi asintomatica si complicherà o darà origine a coliche biliari.
Viene quindi consigliato l'intervento chirurgico di asportazione della colecisti a chi ha avuto almeno un episodio di colica biliare.
L'unica eccezione è rappresentata dalla presenza di una colecisti a pareti calcifiche (cosiddetta "a porcellana") in cui, anche in assenza di calcolosi, l'associazione con il cancro è estremamente alta (circa il 25% dei casi). In considerazione della maggiore incidenza di morbidità e mortalità nei pazienti diabetici operati d'urgenza, è opportuno in questi casi procedere alla colecistectomia al primo insorgere dei sintomi.
Dal quadro sinora descritto non sembra giustificato proporre un trattamento profilattico della calcolosi nei pazienti senza sintomi, ma solo una sorveglianza ecografica annuale.
Numerosi altri sintomi generali aspecifici o sintomi digestivi possono condurre all'esecuzione di un'ecografia addominale e quindi al rilievo di litiasi della colecisti. Questi sintomi non sono generalmente legati alla presenza di litiasi biliare e la loro presenza, in assenza di dolore biliare, non modifica il carattere "asintomatico" di un'eventuale calcolosi della colecisti. Questi sintomi non regrediranno con l'asportazione della colecisti e quindi questi pazienti non dovrebbero essere operati.
Il ruolo causale tra litiasi e cancro della colecisti è tuttora da definire (i dati riportati sono di 1 caso su 1000 pazienti con litiasi per anno). Non esistono dati per giustificare l'indicazione ad asportare la colecisti nei pazienti con calcolosi asintomatica.
Rimane invece controverso se l'asportazione della colecisti debba essere eseguita nei pazienti con calcolosi asintomatica durante interventi di chirurgia addominale non diretti verso il fegato. Sicuramente la colecistectomia non deve essere eseguita nei pazienti ad alto rischio di complicanze postoperatorie, quali i cirrotici o gli ipertesi portali. Non sono invece disponibili dati sufficienti per determinare se esista un indicazione alla colecistectomia in altri gruppi di pazienti con litiasi asintomatica, quali i pazienti pediatrici con sferocitosi, i pazienti in lista di attesa per trapianto di rene o di cuore e/o gli immunodepressi che possono presentare un importante aumento dell'incidenza di complicanze e di mortalità correlata alle complicanze della litiasi.
L'approccio alla litiasi della colecisti ‚ stato decisamente modificato, del tutto recentemente, dallo sviluppo della chirurgia laparoscopica e della sua rapida diffusione in tutte le strutture chirurgiche universitarie, ospedaliere o private. Questa metodica, impone una valutazione critica di tutte le altre metodiche di trattamento della litiasi, chirurgiche e non, ed una riconsiderazione dell'atteggiamento da tenere di fronte alla litiasi asintomatica che viene sempre più frequentemente segnalata grazie allo screening ecografico.
Negli ultimi 20 anni sono stati proposti numerosi alternative alla chirurgia per il trattamento della litiasi della colecisti.
La dissoluzione farmacologica con acidi biliari è stata introdotta nei primi anni '70. Il farmaco di scelta è l'acido ursodesossicolico. L'indicazione migliore è rappresentata dai pazienti sintomatici con piccoli (< 5 mm) calcoli di colesterolo mobili in una colecisti funzionante. Tale evenienza comprende circa il 15% dei pazienti portatori di litiasi biliare. La terapia ha una durata variabile fra i 6 ed i 12 mesi ed è necessario monitorare con cura i pazienti per verificarne l'efficacia. In una percentuale di pazienti variabile fra il 60 ed il 90% la terapia è efficace, ma in circa nella metà di questi pazienti i calcoli si ripresenteranno nell'arco di 5 anni. Non ci sono dati sufficienti che supportino una terapia di mantenimento a lunghissimo termine. La percentuale di successo della terapia farmacologica è maggiore e la recidiva dei calcoli inferiore nei pazienti giovani, non obesi e con calcolo unico. Le indicazioni attuali sono limitate a pazienti sintomatici che rientrano nei criteri di sicura efficacia del farmaco e nei quali esista un rischio anestesiologico per età o malattie associate.
La litotrissia con onde d'urto è stata proposta a metà degli anni '80 e diverse sono le modalità di produzione delle onde. È stato rilevato che l'efficacia della terapia è proporzionale alla quantità di energia trasferita ai calcoli. La metodica prevede la frammentazione dei calcoli in pezzi più piccoli che possano poi essere dissolti farmacologicamente o che possano passare nell'intestino. È quindi necessaria l'esecuzione di una terapia medica adiuvante con acido ursodesossicolico. Il successo del trattamento ‚ dipendente dal numero e dal volume dei calcoli così come anche la recidiva è dipendente dal numero dei calcoli precedentemente eliminati. La procedura prevede la possibilità di insorgenza di alcune complicanze minori quali una transitoria ipertransaminasemia, pancreatite ed ematuria. I risultati migliori vengono ottenuti per calcoli unici di diametro inferiore a 20 mm: in questo caso ‚ stata registrata una percentuale di successo dall'80 al 90% ad 1 anno. Il ruolo della litotrissia ‚ sempre più ristretto, limitandosi l'indicazione alle forme sintomatiche di litiasi con colecisti funzionante e calcoli di piccole dimensioni e numero limitato, in pazienti a rischio chirurgico elevato o che comunque rifiutino anche l'intervento laparoscopico.
La litolisi per contatto è la metodica per la quale l'esperienza clinica è minore. L'agente chimico proposto è il metil-terbutil-etere (o MTBE). L'MTBE è solitamente introdotto nella colecisti attraverso un catetere transepatico percutaneo. Una pompa automatica peristaltica agevola una distribuzione efficace e la rimozione del solvente. Tuttavia, i calcoli composti in prevalenza da colesterolo possono dissolversi in un periodo che va da ore a giorni. L'impiego è consigliato in pazienti che sono ad alto rischio chirurgico. Resta comunque una tecnica con indicazioni eccezionali giustificabile solo per ragioni di ricerca presso Centri altamente specializzati.
Terapia Chirurgica. La colecistectomia laparotomica (l'intervento che viene eseguito con l'apertura dell'addome, con un taglio che segue il margine inferiore delle ultime costole di destra) è stata la terapia di scelta per la rimozione dei calcoli della colecisti negli ultimi 100 anni ed ancora fino alla fine degli anni '80 era considerata il punto di riferimento nel trattamento della litiasi. L'intervento è sicuro, con una mortalità operatoria intorno allo 0,05%. Complicanze maggiori sono poco frequenti. I dati che si riportano le complicanze e la mortalità della colecistectomia convenzionale si riferiscono oggi a casistiche "storiche", che includono pazienti a diverso rischio anestesiologico e chirurgico e talvolta operati in urgenza. L'intervento è da proporre oggi in prima istanza in pazienti con empiema della colecisti o in pazienti con precedenti interventi sull'addome superiore o quando ci sia il sospetto di un cancro.
La colecistectomia effettuata attraverso una minilaparotomia di pochi centimetri è stata proposta come modificazione della tecnica originaria con l'obiettivo di ridurre il dolore postoperatorio. I dati pubblicati si riferiscono tuttavia a pochi pazienti altamente selezionati per la facilità dell'accesso chirurgico. Tuttavia la tecnica non presenta nessun vantaggio rispetto alla colecistectomia effettuata per via laparoscopica e non ha incontrato un'ampia diffusione.
La colecistectomia laparoscopica è un intervento proposto relativamente di recente e dopo 10 anni dalla sua applicazione ‚ possibile affermare che garantisce un trattamento sicuro ed efficace per i pazienti portatori di litiasi della colecisti. In rapporto alla colecistectomia convenzionale, la colecistectomia laparoscopica offre il grande vantaggio di ridurre il dolore postoperatorio ed il periodo di convalescenza, di abolire l'ileo paralitico, senza incrementi nella mortalità o nella morbilità. I problemi estetici legati alla cicatrice laparotomica sono assai ridotti. Il rischio di lesioni alla via biliare principale è sostanzialmente sovrapponibile a quello presente con la tecnica convenzionale. L'intervento ‚ comunque effettuato in anestesia generale per poter far fronte alla possibilità di una conversione immediata in laparotomia, nei casi non sia possibile completare l'intervento per la presenza di aderenze o flogosi o situazioni anatomiche particolari che aumentino notevolmente il rischio di lesioni iatrogene della via biliare o dell'arteria epatica. I pazienti vengono dimessi mediamente entro 2 giorni dall'intervento (anche se ‚ possibile ridurre il ricovero postoperatorio alle 12 ore successive all'intervento). Il ritorno ad una attività lavorativa regolare può essere fatto entro la prima settimana dall'intervento. La tecnica laparoscopica riduce sostanzialmente i costi legati alla degenza ospedaliera ed al recupero fisico postoperatorio. Resta da sottolineare che i risultati clinici sono comunque influenzati dall'abilità e dall'esperienza del chirurgo che esegue l'intervento. La possibilità di convertire l'intervento da laparoscopico a laparotomico ‚ intorno al 2-10% e non rappresenta un insuccesso della tecnica, ma deve riflettere il risultato della valutazione chirurgica intraoperatoria. Inoltre, all'inizio dell'esperienza ("learning curve"), è stato riportato un aumento d'incidenza rispetto alla via tradizionale di complicanze legate a lesioni iatrogene della via biliare.
La colecistectomia laparoscopica è più problematica in corso di colecistite acuta o in presenza di aderenze per interventi pregressi sull'addome superiore; queste condizioni, se non rappresentano delle controindicazioni assolute all'intervento, impongono una maggiore prudenza ed una particolare esperienza del chirurgo. Diverse strategie combinate fra colecistectomia laparoscopica ed estrazione endoscopica vengono eseguite con successo nei pazienti con calcolosi della via biliare principale. Le uniche controindicazioni reali sono rappresentate dall'ipertensione portale, dalle fistole bilio-biliari, dal sospetto della carcinoma della colecisti, dalla presenza di colecisti "a porcellana". La tecnica laparoscopica ha ormai assunto un ruolo preponderante nel trattamento della litiasi colecistica ‚ da considerarsi oggi l'intervento di prima scelta nella litiasi sintomatica non complicata.