mercoledì 11 gennaio 2012

Dirigente della Federico II: Acierno si dava a spese pazze.


La responsabile amministrativa al processo in cui l'ex direttore generale e deputato è accusato di peculato: "Utilizzava le carte di credito per giocare al casinò on-line e per fare viaggi".




PALERMO. Mentre la fondazione Federico II era sommersa dai debiti (circa 2,5 milioni a fine 2007) il suo direttore generale, l'ex deputato Alberto Acierno, utilizzava le carte di credito per giocare al casinò on-line e per fare viaggi, e prelevava anche somme dalla cassa della biglietteria di palazzo dei Normanni, le cui visite guidate sono gestite dalla fondazione. L'ha detto in aula la responsabile amministrativa della Federico II, Antonella Razete, deponendo al processo in cui Acierno è accusato di peculato. Il danno erariale è stato quantificato in quasi 150 mila euro, 110 mila ai danni della fondazione e 40 mila al gruppo misto dell'Ars, di cui era presidente.
In più occasioni - ha spiegato la Razete - ho chiesto ad Acierno di rendicontare queste spese. Lui mi dava qualche pezza di appoggio e per quelle che non riusciva a spiegare mi diceva che poi avremmo fatto i conti a fine anno, ma nel novembre 2007 si licenziò".  Il clima alla fondazione non era dei migliori: "Una dipendente, Elisa Musso - ha raccontato la Razete -, mi disse che Acierno le aveva offerto cocaina nel suo ufficio. Il direttore sembrava affabile e lo era, in effetti, a meno che non si arrabbiasse. In molti casi si arrivò a violenti alterchi con il personale e una volta lanciò il telefono in testa al suo segretario particolare".
Poco prima di dimettersi, Acierno presentò alla fondazione diverse fatture per le attività da lui svolte. "Con quelle fatture - ha proseguito la teste - da debitore Acierno diventò creditore e volle che venissero emessi quattro assegni in suo favore per pareggiare i conti. Chiamai Gianfranco Micciché, allora presidente dell'Ars, e appena vide quelle fatture si infuriò e disse che erano false. Poi non ne seppi più nulla".
Degli ammanchi si accorse anche Francesco Cascio al momento del suo insediamento alla presidenza dell'Ars. "Mandai una lettera ad Acierno - ha detto - sia per la fondazione che per il gruppo misto, ma lui mi disse che non doveva nulla. A quel punto presentai un esposto alla procura".
Gianfranco Miccichè avrebbe dovuto deporre, come testimone dell'accusa, ma stamattina ha dato forfait sostenendo di avere impegni istituzionali. Una giustificazione non valida secondo i giudici della terza sezione del tribunale di Palermo che hanno chiesto al pm di citare con diffida, l'ex leader di Fi in Sicilia ora esponente del movimento Grande Sud.

Micciché, presidente dell'Ars all'epoca dei fatti, nominò Acierno direttore della fondazione e stabilì in 180 mila euro l'anno il suo compenso invertendo la rotta rispetto al passato visto che fino ad allora l'incarico era a titolo gratuito.

Acierno si sarebbe appropriato di 150mila euro sottraendoli alle casse della fondazione
e del Gruppo misto all'Ars di cui era presidente. Il processo è stato rinviato al 30 gennaio per la citazione di Micciché. Se il leader di Grande Sud non si presenterà se ne potrà ordinare l'accompagnamento coattivo.

MICCICHE'. "Prima dell'inizio dell'udienza ho comunicato ai giudici della terza sezione del Tribunale di Palermo di essere impossibilitato a deporre per importanti impegni istituzionali a Roma, confermando, tuttavia, la mia presenza nella prossima udienza". Lo dice, in una nota, il parlamentare nazionale e leader di Grande Sud Gianfranco Micciché, in merito alla richiesta di citazione con diffida sollecitata dai giudici del processo per peculato dell'ex direttore della Fondazione Federico II Alberto Acierno. Il politico avrebbe dovuto deporre stamattina, ma ha presentato una giustificazione, adducendo impegni istituzionali, che il collegio non ha ritenuto valida.

Marito e moglie si suicidano: per anni avevano denunciato alla politica il loro stato di indigenza.





Domenica 8 gennaio si è consumato l'ennesimo dramma della povertà e della disperazione. La perdita del lavoro, il sentirsi un peso per la società, la consapevolezza di non avere più voce per farsi ascoltare. Sono questi i motivi che hanno spinto una coppia a porre fine alla loro esistenza. Una tragedia annunciata quella di Salvatore De Salvo, 69 anni, ex rappresentante di commercio, e della moglie Antonia Azzolini, 69 anni. Ieri sera hanno trovato lei distesa sul letto dell'Hotel Sette Mari a Palese, lui l'avevano già trovato all'alba mezzo nudo tra le alghe del lido San Francesco. Già altre volte la coppia aveva tentato il gesto estremo. Da anni erano ospiti di una casa di accoglienza prima in via Napoli a Bari, poi a Triggiano. Ma soprattutto lui, Salvatore, non si era mai arreso a questa condizione di indigenza derivata dalla perdita del lavoro prima e dalla vendita della casa dopo per far fronte alle spese. Ha scritto a tutti, dal presidente della Repubblica in giù, chiedendo aiuto. Un lavoro, prima di tutto. Ha continuato a lottare fino a quando si è reso conto che gridava invano. 

QUI L'ULTIMA INTERVISTA E IL DISPERATO APPELLO PRIMA DEL SUICIDIO:

Fisco leggero, la Corte dei Conti: «Manette agli evasori? Mai applicate»



La legge che specifica le sanzioni per chi evade presenta enormi «punti di debolezza» e ha effetti controproducenti.

Una gazzella della Guardia di Finanza

MILANO - Il presidente del Consiglio, Mario Monti, qualche giorno fa è stato caustico: «le mani nelle tasche degli italiani le mettono gli evasori». E anche i controlli della Guardia di Finanza a Cortina vanno in questa direzione: contrastare i fenomeni di elusione fiscale.
LEGGE LASSISTA - Eppure le manette agli evasori sono rimaste «per lo più inapplicate o hanno avuto risultati del tutto insoddisfacenti e talvolta anche controproducenti». Ad affermarlo è la Corte dei Conti che nel 2012 avvierà una specifica indagine per verificarne la concreta applicazione e gli eventuali «punti di debolezza».
I CONSUMI E L'EVASIONE - E a proposito di evasione fiscale nel 2011 in Italia sono state immatricolate 110.855 auto di lusso, cioè con almeno 2.800 cc di cilindrata, di cui oltre 53 mila al Nord. Dai 2.806 controlli incrociati con le denunce dei redditi dei proprietari, effettuati dall'Agenzia delle Entrate l'anno scorso, è stata accertata una maggiore imposta di 68.645.189 euro (derivante dal reddito non dichiarato). Lo scrive Panorama nel numero in edicola giovedì. Di questa somma, 12.488.486 euro - si legge nelle anticipazioni - sono stati già incassati dall'erario perchè i titolari delle auto hanno ammesso l'evasione. «L'evasione media, pur con i limiti di un simile calcolo, è di 24.463 euro ma l'Agenzia proseguirà gli accertamenti sugli stessi soggetti per individuare eventuali altri redditi non denunciati», scrive ancora il settimanale.

Malinconico, bonifico al Pellicano Il proprietario: "Restituito, noi già pagati"




Il rimborso per i soggiorni del sottosegretario alla presidenza del Consiglio di Monti al resort di lusso di Porto Ercole nel 2007 e 2008 è arrivato questa mattina. Ma a pagare il conto era stato Piscicelli, l'imprenditore indagato nell'ambito dell'inchiesta sulla cricca per gli appalti del G8 dell'Aquila.


ROMA - Il bonifico annunciato da Carlo Malinconico a saldo delle vacanze "a scrocco" delle estati 2007 e 2008 al relais et chateau "Il Pellicano" di Porto Ercole - il caso che lo ha portato alle dimissioni 1 - è arrivato questa mattina. Cinque anni dopo. E - se si volesse fare ironia - all'indirizzo sbagliato. Infatti la somma è arrivata al proprietario dell'albergo di lusso dove Malinconico, all'epoca segretario generale alla presidenza del Consiglio, era stato ospite a spese dell'imprenditore Francesco Maria De Vito Piscicelli. Semmai, si potrebbe dire, è a Piscicelli che il bonifico sarebbe dovuto arrivare. Per rimborso.

"Ho ricevuto questa mattina un bonifico per soggiorni del signor Malinconico nel 2007 e 2008, ma nulla ci è dovuto", puntualizza Roberto Sciò, il proprietario del Pellicano. "Abbiamo ricevuto una somma di oltre 19mila euro con la motivazione soggiorni 2007-2008, ma quei soldi non possiamo accettarli. Quel conto era già stato saldato", ha aggiunto Sciò. "Nei giorni scorsi avevamo ricevuto una comunicazione con cui ci annunciavano un pagamento, ma fino a questa mattina nulla ci era pervenuto". 

Un pasticcio, insomma. Una volta scoppiato il caso, Malinconico ha detto di non avere nulla da rimproverarsi, avendo già provveduto al rimborso. Il bonifico è arrivato questa mattina, a distanza di anni

dai soggiorni. E' stato quindi ordinato lunedì scorso, il giorno prima delle dimissioni di Malinconico dall'incarico di sottosegretario alla presidenza del Consiglio, quando la storia era deflagrata, mettendo in forte imbarazzo il governo Monti. 

"Ho appreso la notizia dell'avvenuto bonifico dalla mia amministrazione questa mattina", dice Sciò, "e gli addetti sapevano che dovevano restituirlo". Perché era già stato l'impreditore Piscicelli a farsi carico del conto. Che, in un'intervista oggi a Repubblica sul rimborso dichiara: "Li avrà mandati a Roberto (Sciò). Quando me li girerà li devolverò in beneficenza". Piscicelli si dice dispiaciuto per Malinconico - che ha sostenuto di non sapere chi pagava i conti - ma è sicuro che il sottosegretario era al corrente di chi saldava i soggiorni. "E' vero che pagavo io, ma il cadeau del Pellicano era da parte di Balducci", aggiunge. "Io facevo quello che mi diceva Balducci - prosegue -, non gli si poteva dire di no. Perché poi volesse favorire Malinconico questo va chiesto a lui. Balducci mi chiese di ancitipare al Pellicano e quei soldi non li ho più rivisti". 

Piscicelli, indagato nell'ambito dell'inchiesta sulla cricca per gli appalti del G8 dell'Aquila, riferisce anche di "aver perso il conto" delle 'cortesie' a funzionari pubblici: "tra il 2005 e il 2010 il gioco mi è costato poco meno di un milione di euro". I nomi, aggiunge, li ha fatti "al procuratore aggiunto di Roma Alberto Caperna con cui ho cominciato a collaborare".



http://www.repubblica.it/politica/2012/01/11/news/malinconico_bonifico_pellicano-27929195/?ref=HREC1-6

Stato vegetativo e minimo livello coscienza, medici ora ascoltano il cervello dei malati.








Lo stato vegetativo è sempre stato considerato un tipo di “patologia” particolare. Questo perché in un paziente in tale condizione non si poteva misurare la comunicazione (se esistente) tra le cellule del cervello. Fattore aggravato dall’impossibilità del pazientedi comunicare con l’esterno. Ora una valutazione della reale situazione cerebrale è possibile.
I ricercatori dell’università degli studi di Milano e del Coma Science Group di Liegi sono stati in grado di mettere a punto, grazie ad un protocollo attentamente studiato che unisce la stimolazione magnetica transcranica e l’elettroencefalogramma, un metodo per “ascoltare” la comunicazione tra le aree del cervello attive nei pazienti riportanti gravi lesioni cerebrali e permanenti in stato vegetativo. E’ come se si fosse bypassata  la persona per dialogare direttamente con il suo encefalo.
Lo studio relativo alla tecnica è stato pubblicato sulla rivista di settore Brain e si è basato su un preciso assunto: quello dell’attività onirica. In quel caso infatti l’esperienza cosciente (quella del sogno, n.d.r.) è generata per intero nell’interno del cervello in un momento nel quale la persona è totalmente “disconnessa” dall’esterno.
Si tratta di un passo in avanti tra i più importanti mai raggiunti perché dà la possibilità di distinguere i pazienti in stato vegetativo (Vs) e quelli che recuperano un minimo livello di coscienza ( conosciuto sotto l’acronimo Mcs). Finora non era possibile, dato che la valutazione del livello di coscienza della persona era basata solamente sulla sua capacità, seppur minima, di comunicare con l’esterno. Altro fattore molto importante: si tratta di un esame che può essere sostenuto direttamente dal paziente nel letto e non richiede  la capacità del malato di comprendere o eseguire dei comandi.
Le statistiche ci indicano una media del 40% di errore nella valutazione tra Vs e Mcs in campo clinico.  Lo studio ha mostrato  in 17 pazienti gravemente cerebrolesi come il coma, sebbene non fosse stato registrato un cambiamento cosciente, fosse evoluto verso altri stati clinici. E se nello stato vegetativo viene mostrata l’assenza di comunicazione tra le aree corticali, ciò non accade nei pazienti con un livello minimo di coscienza. E l’esame è in grado di provarlo.

L'equità secondo lo Stato.



Altra cartella di tasse: ho dimenticato di pagare la tassa sul possesso dell'auto, peraltro vecchia di 10 anni, nell'anno vattelappesca. Non gli sfugge niente al fisco, neanche la pagliuzza quando si tratta di perseguire chi, volente o nolente, paga le tasse fino all'ultimo euro perchè prelevate alla fonte. 
Quelle che ti debbono rimborsare, però, te le restituiscono a denti stretti, senza una lira di interesse, una volta all'anno.
E' proprio vero, si parla tanto di equità, ultimamente, ma senza comprenderne il concetto.
Per l'agenzia delle tasse è equo far pagare tutto, fino all'ultima goccia di sangue, e con l'aggiunta di interessi da anatocisto e da usura, a chi ha già poco di suo, tralasciando di perseguire chi si gode la vita evadendo totalmente il fisco e viaggiando in Suv, possedendo yacht di lusso ormeggiati con bandiera panamense nei porti più alla page, frequentando le località turistiche più trendy.
Le sanguisughe hanno anche diritto ad usufruire di agevolazioni a tutto spiano visto che risultano nullatenenti e, magari, anche disoccupati.

Eppure basterebbe fare dei controlli incrociati per scovare e smascherare queste sanguisughe, proprio come fanno, invece, con noi poveracci.

Questa è EQUITA'?


martedì 10 gennaio 2012

IOR, I SILENZI DEL VATICANO


La procura di Roma ha inviato tre rogatorie, tra il 2002 e il 2008, all’autorità giudiziaria pontificia per ricostruire il flusso di denaro della mafia transitato su alcuni conti segreti dello Ior, l’Istituto per le Opere di Religione. Un’indagine nata da una costola del processo sulla morte di Roberto Calvi, il presidente del Banco Ambrosiano trovato impiccato a Londra nel giugno del 1982. Ma la Chiesa non risponde.

Tre rogatorie sul riciclaggio ma la Santa Sede non risponde.

IL CAso1  - 

 Tre rogatorie sul riciclaggio  ma la Santa Sede non risponde

Dall'inchiesta sulla morte di Roberto Calvi nascono una serie di domande imbarazzanti per il Vaticano sui rapporti dello Ior con la mafia e il crimine. Alla quale non è mai stata data risposta. Ora la procura di Roma, che indaga per riciclaggio, chiede l'intervento del neo ministro Severino. Si rischia un grave incidente diplomatico. Se il Vaticano non risponde, comprometterà la procedura per entrare nella lista degli "stati virtuosi", tradendo la richiesta del Papa di maggiore trasparenza fiscale.







 LA SCHEDA2 - IOR, TRA INDAGINI E MISTERI

Nel maggio del 2010 la procura di Roma apre un’indagine sui rapporti sospetti tra lo Ior e dieci banche italiane. L’istituto vaticano viene accusato di usare di riciclaggio. Il 20 settembre ancora la procura della capitale dispone il sequestro preventivo (non eseguito) di 23 milioni di euro depositati su un conto intestato allo Ior.


LA STORIA 3 - Quando il banchiere di Dio divenne 'uomo morto'
Quando il banchiere di Dio divenne 'uomo morto'
Nel 1947 inizia la sua carriera al Banco Ambrosiano Veneto. Fa strada grazie ai legami con la loggia massonica P2, di Licio Gelli. Quella di Roberto Calvi è una storia di banche e di cosche che si conclude tragicamente il 17 giugno 1982 a Londra, quando fu trovato impiccato sotto il ponte dei Frati Neri. Una prima indagine archivia la sua morte come 'suicidio'. Nel 1992 il caso si riapre. Nel 2007 la Corte d'Assise di Roma assolve tutti gli imputati. Nel 2010 la sentenza viene confermata in appello. Ma nelle motivazioni si legge: "Roberto Calvi è stato ammazzato, non si è ucciso"