Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
sabato 9 aprile 2011
Elucubrazioni mentali pensando alla politica.
venerdì 8 aprile 2011
Giappone, Fukushima: per ripulire l'oceano c'è l'alga anti-radioattività.
Il nome scientifico è Closterium Moniliferum, ma potrebbe passare alla storia come l'alga anti-radioattività. È solo l'ultima delle proposte fatte in questi giorni dagli scienziati di tutto il mondo per tentare di arginare gli effetti disastrosi dell'incidente alla centrale di Fukushima.
Se è solo dell'altro ieri, infatti, la notizia che 11.500 tonnellate di acqua contenenti particelle radioattive sono state riversate in mare dai tecnici della Tepco, già oggi ci si domanda se e come sarà possibile limitare le conseguenze di un simile gesto sull'ambiente marino. Ed è a questo punto che, dalla Northwestern University di Evanston (Illinois), è arrivata una proposta a dir poco originale.
A formularla è Minna Krejci, ricercatrice di microbiologia a capo di un team di scienziati statunitensi che ha condotto uno studio su questa strana alga lunga poche centinaia di nanometri (milionesimi di millimetro), la Closterium Moniliferum, appunto. Caratteristica peculiare di quella che a un ingrandimento elettronico appare come una bizzarra mezzaluna verde, è la capacità di inglobare (o raccogliere o mangiare o qualsiasi altro verbo che renda l'idea) atomi di bario e stronzio, compreso lo stronzio 90, la versione radioattiva dell'omonimo isotopo. Se le cose fossero davvero così – e probabilmente lo sono, visto che lo studio è stato presentato la settimana scorsa a un big dei meeting della chimica come quello dell'American Chemical Society, oltre al fatto che la rivista scientifica ChemSusChem ha deciso di pubblicarlo – se le cose fossero davvero così, è evidente che un'orda di tante piccole Closterium Moniliferum potrebbe fare miracoli, visto che l'acqua intorno alla centrale presenta concentrazioni di particelle radioattive elevatissime (iodio-131 7,5 milioni di volte sopra il limite di legge, tanto per dirne uno).
Tuttavia, il “potrebbe” è d'obbligo, visto che alcune variabili rimangono ancora un mistero.Una su tutte viene citata dalla stessa Krejci come possibile fossato tra il successo e il fallimento: quale sarà il tempo medio di sopravvivenza di una Closterium Moniliferum immersa in acque contaminate da radiazioni? Per far sì che lo stronzio precipiti in cristalli, l'alga ha bisogno di circa trenta minuti. Pochi? Tanti? Al momento è impossibile dirlo. Di certo, la facilità con cui si può coltivare questo prodigio della Natura rende la Closterium Moniliferum un alleato facilmente rimpiazzabile. Ma può anche darsi che la Natura si sia rotta di risolvere i casini che combiniamo: in tal caso, sarà doveroso cercare altre soluzioni. E in fretta.
L'Idv a La Russa: «Volo di Stato per la partita dell'Inter? Venga in aula»
Su «Il Fatto» il caso del ministro della Difesa
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa (Ansa)
MILANO - «La Russa venga in Parlamento e chiarisca di fronte al Parlamento e al Paese se davvero ha utilizzato un aereo di Stato per andare a vedere la partita dell'Inter. Se la notizia riportata venerdì dalFatto Quotidiano fosse confermata, sarebbe gravissimo, l'ennesimo privilegio di casta». Lo afferma in una nota il portavoce dell'Italia dei Valori, Leoluca Orlando. «L'Italia dei Valori - aggiunge - presenterà un'interrogazione per fare piena luce su questa vicenda. È inaccettabile, infatti, che un ministro della Repubblica utilizzi un aereo di Stato, pagato dai soldi dei cittadini, per fini meramente personali. È un'offesa a tante famiglie che non arrivano a fine mese, ai giovani precari e agli operai in cassa integrazione o che hanno perso il proprio posto di lavoro».I VOLI -La vicenda, scrive il quotidiano, risale al 5 aprile quando La Russa avrebbe utilizzato un volo di Stato per andare da Roma a Milano per poi tornare in nottata alla Capitale. Nell'articolo appaiono anche una serie di particolari: il volo di andata partì alle 18:30 ed era un P180 dei carabinieri, mentre quello di ritorno decollò intorno alle 23 ed era velivolo dell'aeronautica militare identificato come MM 62210. Il quotidiano, nello stesso articolo, racconta inoltre di alcuni precedenti riguardanti La Russa ma anche lo stesso Berlusconi.
CALDEROLI - Un articolo in taglio basso, sulla stessa pagina, è dedicato anche ad un volo di Stato (ma sospettato di essere impiegato per ragioni private) utilizzato da Roberto Calderoli il 19 gennaio per raggiungere Cuneo, città - ricorda il quotidiano - dove risiede la sua compagna Gianna Gancia, presidente della Provincia. (fonte: Ansa)
Su «Il Fatto» il caso del ministro della Difesa
Il ministro della Difesa, Ignazio La Russa (Ansa) |
I VOLI -La vicenda, scrive il quotidiano, risale al 5 aprile quando La Russa avrebbe utilizzato un volo di Stato per andare da Roma a Milano per poi tornare in nottata alla Capitale. Nell'articolo appaiono anche una serie di particolari: il volo di andata partì alle 18:30 ed era un P180 dei carabinieri, mentre quello di ritorno decollò intorno alle 23 ed era velivolo dell'aeronautica militare identificato come MM 62210. Il quotidiano, nello stesso articolo, racconta inoltre di alcuni precedenti riguardanti La Russa ma anche lo stesso Berlusconi.
CALDEROLI - Un articolo in taglio basso, sulla stessa pagina, è dedicato anche ad un volo di Stato (ma sospettato di essere impiegato per ragioni private) utilizzato da Roberto Calderoli il 19 gennaio per raggiungere Cuneo, città - ricorda il quotidiano - dove risiede la sua compagna Gianna Gancia, presidente della Provincia. (fonte: Ansa)
"I MIGLIORISTI"
Il mare inghiotte i corpi dei dispersi.
Salpata all'alba la nave Flaminia con un migliaio di migranti a bordo. E' diretta a Livorno. Ieri per tutto il giorno sono proseguite le ricerche per recuperare i resti delle persone scomparse tra i flutti nel naufragio di mercoledi notte. Nessun cadavere, pero', e' stato individuato. Dicono i soccorritori: ''Solo zainetti galleggianti, non c'e' piu' traccia delle vittime''. Si parla di 250 morti.
Accordo Italia - Tunisia: computer e jeep per riprendersi i migranti
E' salpata all'alba di stamane dal molo di cala Pisana, a Lampedusa, la nave Flaminia della Tirrenia, con a bordo un migliaio di migranti. La nave, secondo quanto di apprende, dovrebbe approdare domani prima a Catania e poi a Livorno. Con il trasferimento scattato questa notte, nel centro di accoglienza dell'isola rimangono ormai soltanto alcune decine di migranti.
Ieri sera, un volo è decollato da Lampedusa con a bordo una trentina di migranti diretti a Tunisi. Si trattava del primo rimpatrio dopo la firma dell'accordo italo-tunisino avvenuta martedì scorso. I circa 30 tunisini rimpatriati ieri sera da Lampedusa avrebbero tutti dei precedenti penali. Sarebbero state le stesse autorità tunisine, nell'ambito dell'accordo siglato dal ministro Maroni, a fornire l'elenco di chi aveva precedenti con la giustizia.
Proseguono, intanto, le ricerche dei dispersi del naufragio di mercoledi notte, quando nel Canale di Sicilia, a 39 miglia da Lampedusa, si è rovesciato un barcone con 300 migranti. Solo 53 naufraghi sono stati tratti in salvo. Le stime parlano di 250 morti, che la corrente del Mediterraneo portera' dove vuole.
Una motovedetta della Guardia costiera, un pattugliatore navale maltese e due aerei della Capitaneria di porto sono impegnati da ieri a scandagliare il tratto di mare dove si e' consumata la tragedia per recuperare i corpi dei dispersi, o eventuali superstiti, anche se le speranze di trovare qualcuno ancora in vita sono ormai svanite.
Fino a ieri sera, nessun corpo e' stato recuperato. "Non abbiamo visto nessun corpo in mare", hanno dichiarato all'agenzia ANSA il maresciallo Raffaele Signorelli e l'appuntato Daniele Bissanti, della Guardia di finanza, che ieri hanno sorvolato a bordo di un elicottero l'area del naufragio. "Abbiamo notato - hanno aggiunto - qualche zainetto galleggiare, ma niente cadaveri". La corrente spinge verso le coste africane, "ma anche verso sud - anno detto i piloti - non c'é traccia di corpi".
La Procura di Agrigento, infine, sta valutando l'ipotesi di aprire un fascicolo sul naufragio nel Canale di Sicilia in cui sarebbero morti circa 250 migranti. L'inchiesta non è ancora partita perché non è stato presentato alcun documento ufficiale sulla vicenda in Procura, né sono stati ancora recuperati corpi.
Uno dei problemi al vaglio dei magistrati è anche la competenza territoriale, visto che la tragedia è avvenuta in acque maltesi.
http://www.iquadernidelora.it/articolo.php?id=141
Caro manager, prima te ne vai, più ti pago. - di Vittorio Malagutti.
Liquidazione da 16,6 milioni per un anno di lavoro. Tra Capitalia, Mediobanca e Generali, Cesare Geronzi ha ricevuto 46 milioni in quattro anni
I soldi non basteranno certo a consolarlo di una Waterloo che ha pochi precedenti nella storia della finanza nazionale, ma certo aiutano. Anche perchè Geronzi, giusto quattro anni fa, incassò un altro assegno di 20 milioni definito all’epoca un “premio alla carriera” dopo un quarto di secolo da numero uno di uno dei più importanti istituti di credito del Paese. A pagare fu Capitalia in procinto di fondersi con l’Unicredit di Alessandro Profumo. Il banchiere laziale spiccò invece il volo verso la presidenza di Mediobanca. Una parentesi breve anche questa: 20 mesi circa gratificati da uno stipendio complessivo di 9,2 milioni.
Sommando stipendi e indennità si arriva alla conclusione che Geronzi ha ricevuto quasi 46 milioni di euro in quattro anni. Un compenso da primato, certo. Ma il record, quello vero, perlomeno in Italia, sono 48 mila euro al giorno di liquidazione per i 12 mesi al vertice di Generali. Calcolata su base giornaliera, la liquidazione dell’ex presidente di Trieste risulta superiore perfino alla buonuscita ricevuta da Cesare Romiti nel 1998, quando lasciò la Fiat dopo 24 anni. A Romiti andarono 101 milioni di euro, la somma più elevata mai ricevuta da un manager in Italia come liquidazione. A conti fatti, però, fanno circa 11 mila euro al giorno, molto meno dei 48 mila di Geronzi. Ai primi posti in questa speciale graduatoria troviamo anche Profumo, che l’anno scorso si è visto riconoscere una buonuscita complessiva di 40 milioni, di cui 2 milioni versati in beneficenza. Questo importo però va spalmato sui 15 anni in cui il banchiere ha regnato su Unicredit.
Liquidazione da primato, sempre nel mondo del credito fu anche quella di Matteo Arpe, che a maggio del 2007 lasciò la poltrona di amministratore delegato di Capitalia dopo uno scontro proprio con Geronzi. Il numero uno uscente aveva contrattato un’indennità di 31 milioni. L’uscita di Arpe fu il primo scossone di rilievo in ordine di tempo sull’asse che da Capitalia- Unicredit porta fino a Mediobanca- Generali.
La prossima novità in questa girandola di poltrone, e di supercompensi, dovrebbe essere, salvo sorprese del’ultim’ora, la nomina di Gabriele Galateri a Trieste in sostituzione di Geronzi. Il manager piemontese, a lungo alla corte degli Agnelli, sta per lasciare la carica di presidente di Telecom dove dovrebbe restare come semplice amministratore. Nel caso abbandonasse anche quest’ultimo incarico è prevedibile una liquidazione milionaria, dopo poco meno di quattro anni al vertice del gruppo telefonico. Galateri farebbe così il bis dopo gli 8 milioni di bonus ricevuti nel 2007 per poco meno di quattro anni da presidente di Mediobanca.
Nel mondo di Telecom, comunque, sono ormai un lontano ricordo gli anni degli stipendi d’oro un tempo garantiti ai manager dal socio di comando Marco Tronchetti Provera. E a retribuzioni elevate corrispondono ricche liquidazioni. Come quella, per esempio, che riuscì a spuntareRiccardo Ruggiero, numero uno operativo dell’azienda di telecomunicazioni. A dicembre del 2007, quando rassegnò le dimissioni, a Ruggiero vennero assegnati 9,9 miioni di euro come “incentivo all’esodo” e altri 2 milioni come transazione tombale che chiudeva sul nascere qualunque rivendicazione retributiva o “per danni di qualsivoglia natura”. Quest’ultimo specifico compenso venne riconosciuto all’ex amministratore delegato in considerazione – si legge nel bilancio 2007 di Telecom – “delle particolari circostanze che hanno caratterizzato la vita aziendale nello scorso esercizio”. All’epoca non venne fornito nessun dettaglio in più su queste “particolari circostanze”.
Di sicuro, dopo l’uscita di Ruggiero, sono emerse vicende come gli scandali dei ricavi gonfiati nella controllata Sparkle e delle schede sim fantasma. Due storiacce ancora in parte da chiarire per cui Telecom ha subito danni accertati per centinaia di milioni. Per il caso delle sim fantasma Ruggiero è indagato dalla procura di Milano. Sempre alla fine del 2007 Telecom accordò una buonuscita di quasi 9 milioni al vicepresidente uscente Carlo Buora, per molti anni uno dei più stretti collaboratori di Tronchetti.
In casa Pirelli anche un altro manager di vertice come Carlo Puri Negri ha potuto apprezzare la generosità del gruppo in fatto di compensi e liquidazioni. Nel 2009, quando lasciò l’incarico di vicepresidente operativo, di fatto il numero uno di Pirelli Real estate, Puri Negri ha contrattato una buonuscita complessiva superiore ai 12 milioni di euro. Peccato che proprio l’anno prima Pirelli Real Estate avesse chiuso il bilancio con oltre 300 milioni di perdite.
da Il Fatto Quotidiano dell’8 aprile 2011
Dimissioni di Geronzi. Prove “Generali” di nuovi assetti tra i “poteri forti” - di Gianni Rossi
Ora, la presidenza passa ad interim al vicepresidente vicario, Francesco Gaetano Caltagirone, altro “big” dell’imprenditoria romana: Il Messaggero, Il Mattino, Il Gazzettino, Piemme pubblicità, Vianini infrastrutture, Cementir, Monte Paschi di Siena, ACEA, Grandi Stazioni, presente in tantissimi consigli di amministrazione e suocero di Pierferdinando Casini, il leader dell’UDC. Da un romano “andreottiano” ad un altro romano “andreottiano”, ma più sensibile ai venti di cambiamento politico che soffiano a raffiche, come il Ponentino in questa primavera,che segna il declino del regime di Berlusconi. E sì perché, chi comanda in Generali, la società più capitalizzata della Borsa italiana, quella più internazionalizzata, con un piccolo azionariato diffusissimo, riesce a determinare gli assetti imprenditoriali, finanziari e politici.
Generali vuol dire, infatti, anche Mediobanca, l’altro storico “salotto buono” della finanza, dove da quando non ci sono più Cuccia, gli Agnelli e Pirelli, sono entrati anche alcuni “parvenu” dei nuovi “poteri forti” , come: la famiglia Berlusconi (la figlia Marina siede nel CDA) e i suoi amici, tra i quali Tarak Ben Ammar (l’imprenditore tunisino da sempre in affari nei media con il Sultano di Arcore, come nella Nessma TV di Tunisi e la Quinta Communications, insieme con Gheddafi, e membro CDA di Telecom Italia) ed Ennio Doris, comproprietario con Berlusconi di Mediolanum, altro potente conglomerato assicurativo-bancario. Geronzi aveva cercato di “comandare senza metterci i soldi e senza avere le deleghe”, come ultimamente lo aveva accusato uno dei soci delle Generali, artefice della campagna per le sue dimissioni, Diego Della Valle, ormai in rotta di collisione con gli assetti sclerotizzati dei “poteri forti” e propugnatore dello “spazio ai giovani”: facce nuove e assetti nuovi, più avanzati. Visto come il fumo negli occhi da Berlusconi e amici.
Galeotta fu per Geronzi un’intervista, in qualche modo non autorizzata dal board delle Generali, rilasciata all’autorevole quotidiano finanziario inglese Financial Times, ritenuta dai membri del CDA come un vero e proprio “abuso di potere”, lontana dalla “policy” aziendale. Ma Geronzi ha sempre fatto così: dove va, lui vuole comandare e disporre del suo potere discrezionale, in modo da influenzare anche gli eventi politici. Nasce professionalmente in Bankitalia, all’ombra di Guido Carli, ma poi con l’ascesa di Carlo Azeglio Ciampi e Lamberto Dini, se ne va in cerca di maggiori fortune, grazie anche ai buoni uffici di “Zio Giulio”, Andreotti. Prima al Banco di Napoli, esperienza deludente, e poi alla piccola Cassa di Risparmio di Roma da dove spicca il volo, organizzando la prima grande fusione bancaria degli anni Ottanta-Novanta: la piccola Cassa di Risparmio si “mangia” letteralmente il più diffuso e potente Banco di Santo Spirito (regno incontrastato della finanza cattolica e democristiana, sotto l’ala protettrice del Vaticano e di Andreotti), per poi assorbire Banca di Roma, Banco di Sicilia e altri istituti. Nasce così il colosso Capitalia, che poi sarà incorporato in Unicredit.
Geronzi diventa il “consigliere” bancario più ascoltato nei salotti che contano, la sua ascesa sembra incontrastata, anche grazie al fatto che in Bankitalia è salito al potere come governatore l’altro “cattolicissimo”, Antonio Fazio. E neppure quando la stella di Fazio si spegnerà e alcuni scandali finanziari lo coinvolgeranno con alterne fortune (Crac Cirio, Parmalat, Italcase, fallimento Federconsorzi, frode fiscale Telecom), il “piccolo” Cesare di Roma (l’altro è Romiti, storico amministratore delegato della FIAT) vedrà arrestare la sua corsa. Tanto da superarlo proprio nell’impresa, tanto agognata da Romiti: prendere le redini di Mediobanca. Ecco così, in pieno regime berlusconiano, arrivare a sedersi sulla poltrona che fu di Enrico Cuccia, il più grande banchiere italiano, che costruì Mediobanca e che per oltre mezzo secolo decretò fortune e salvataggi delle maggiori imprese, influenzando le scelte economiche del paese, ma restando sempre fuori dai giochi politici. Non così è stato per Geronzi, allievo prediletto di Andreotti, che dopo Mediobanca è riuscito anche ad ottenere il timone di comando delle Generali.
Ma sul porto sferzato dalla Bora di Trieste, il suo destino ha trovato l’ultimo approdo. Certo, c’è voluto il più carezzevole vento di Ponentino, ma l’aria tersa e troppo fina di Trieste deve avergli dato alla testa. Ha perso così la sponda sia in Mediobanca sia in Bankitalia, dove ancora per fortuna vige un’etica tra ivertici, legata ai comportamenti da “civil servant” che si rifanno a Luigi Einaudi, Raffaele Mattioli, Paolo Baffi, Cuccia e Ciampi, solo per fare qualche nome. Alle Generali ha dovuto fare i conti con gli azionisti “pesanti” e con una società talmente ricca di azionisti, che ad ogni assemblea annuale dei soci, anche i più piccoli risparmiatori si fanno sentire e snocciolano i rendiconti con minuziosità. E, soprattutto, poteva contare solo sulla delega alle comunicazioni istituzionali con il suo fido collaboratore di sempre, Luigi Vianello, anche se usava dire che a lui per gestire gli affari “bastava solo un telefono”.
Le sue dimissioni, decise dalla prova di forza anche degli uomini di Mediobanca, sono il segnale che sia nei “salotti buoni”, sia dentro Confindustria, sia in alcuni settori della politica moderata (il Terzo polo di Casini-Fini-Rutelli, ma anche “Italia Futura” di Luca Cordero di Montezemolo), la misura del regime tentacolare di Berlusconi è colma! E’ ancora presto per fare analisi approfondite, decodificare strategie a breve, ma certo gli equilibri che hanno permesso a Berlusconi di non avere oppositori dentro ai “salotti del potere” si sono rotti. L’isolamento dell’attuale vertice di Confindustria parla chiaro. E’ probabile che anche dentro al Vaticano alcuni alti esponenti abbiano dato il via libera al “dimissionamento” del “cattolicissimo” Geronzi, per dare un segnale allo stesso Berlusconi. E’ vero che la politica si fa dentro le aule del Parlamento e nelle piazze, ma se fosse ancora il tempo della politica trasparente con la “P” maiuscola. Ma così in Italia non è! E anche nel passato della storia repubblicana i “poteri forti” hanno determinato scelte, fortune, alleanze, separazioni, intrighi di palazzo.
Con la FIAT ormai americanizzata; i grandi gruppi editoriali a rischio di essere controllati dalla “galassia berlusconiana” (specie RCS-Corriere della sera); le TLC allo sbando con Telecom Italia, in mano agli spagnoli, balbettante e bloccata dai debiti e dalle assenze di scelte del governo sulla “banda larga”; le maggiori banche in debito di ossigeno e con le fondazioni sempre più golosamente appetite dai partiti al governo (in primis la Lega di Bossi e lo stesso Tremonti); le imprese strozzate dai debiti e dai restringimenti dei crediti, proprio in piena crisi economica; ecco, in questo panorama socialmente instabile e preoccupante per le sorti della stessa democrazia, i cosiddetti “poteri forti”, i maggiori imprenditori che fanno parte dei “salotti buoni”, hanno bisogno di creare nuove condizioni di alleanze, di voltare pagina. Di attraversare il “deserto” verso un orizzonte più europeo.
Berlusconi ha disatteso tutte le promesse: non ha fatto nessuna riforma del mercato, nessuna liberalizzazione, nessun taglio delle imposte, ha addirittura ristretto la libertà di concorrenza, allargandosi invece come una piovra su molti settori economici e finanziari, ben oltre i media. Insomma, il Sultano di Arcore ha fatto i suoi affari privati e quelli dei suoi sodali e familiari, macinando profitti e aumentando esponenzialmente le sue ricchezze, stringendo in un angolo tutti gli altri che lo avevano delegato a rappresentarli in politica. Siamo agli inizi, ma stavolta si è partiti con i fuochi d’artificio! Il che potrebbe portare a capovolgimenti impensabili e anche repentini in campo degli assetti economici e in quelli politici. E’ probabile che si sbloccherà la ritrosia del Terzo Polo a tentare un’alleanza con il centrosinistra, per modificare la legge elettorale e andare alle elezioni anticipate insieme, per poi una volta riscritte le regole, ognuno proseguire per la propria strada. Ma è anche probabile che la “disattenzione” interessata del Vaticano e le divisioni “strumentali” in campo sindacale finiscano a breve, riportando in campo forze nuove, cattoliche e sociali, insieme a chi già sta scendendo in piazza per cercare di far cadere Berlusconi.