domenica 21 agosto 2011

Napolitano conquista il popolo di Cl (video) Nel nome della Costituzione. E dell’addio a B.


Il presidente lancia l'affondo al governo: "E' stato colpevole di aver negato fino alla fine la situazione della crisi. Solo perché la maggioranza voleva difendere il proprio operato."


Striglia il governo, in quella che fino a ieri era la casa del governo, Giorgio Napolitano (“qualcuno ha negato la gravità della situazione”), e traccia l’immagine di un Paese in ginocchio, “angosciato dal presente e in ansia per quello che accadrà il giorno dopo, anche e soprattutto perché la maggioranza era dominata dalla preoccupazione di sostenere la validità del proprio operato, anche attraverso semplificazioni propagandistiche e comparazioni consolatorie su scala europea”.

Inizia così la lunga giornata del capo dello Stato al Meeting di Comunione e liberazione, feudo del berlusconismo che fu, oggi lasciata alla sola rappresentanza di Anna Maria Bernini, l’ultima delle lady folgorate sulla via di Arcore e seduta in prima fila più per il fatto che gioca in casa (è emiliana di Modena) che non per quello che rappresenta. Tutt’altro. La star della giornata è solo ed esclusivamente Napolitano che guarda in faccia la realtà, l’affronta con schiettezza e bacchetta governo e opposizione per non aver fatto altrettanto. “La sussidiarietà – per il Capo dello Stato – è il motore decisivo per il cambiamento del nostro Paese”. E giù applausi, fino a far somigliare il padiglione B7 più a un palasport che non a un’ala della Fiera e di un Meeting sempre troppo serioso per essere vero.

E il segnale è molto semplice: anche Cl, lasciati alle spalle gli anni del berlusconismo, cerca una ricollocazione che parta dalle fondamenta, dalla Costituzione. L’unica strada che i Formigoni-boys ritengono, almeno in questo momento, praticabile.

Ma Napolitano – che rispetto alla visita ufficiale della mattina a Rimini si è tolto la cravatta, tanto per andarci giù senza troppa formalità – non si limita alla crisi economica, che sicuramente occupa gran parte del suo intervento. Lo sguardo va alla settimana prossima, quando, archiviate le preoccupazioni e ormai varata la manovra, sarà la volta della riforma del fisco: “Basta con assuefazioni e debolezze nella lotta all’evasione fiscale, di cui l’Italia ha ancora il triste primato, nonostante apprezzabili ma troppo graduali e parziali risultati. Anche al di là della manovra economica oggi in discussione e guardando alla riforma fiscale”, in quanto si tratta di “un impegno categorico”. “Perché l’evasione fiscale è una stortura dal punto di vista economico, legale e morale, che è divenuta intollerabile ed è da colpire, senza esitare a ricorrere ad alcuno dei mezzi di accertamento e di intervento possibili”.

Economia, fisco. E un riferimento alla giustizia, soprattutto relativo al problema delle carceri: ”Si sta prospettando, in una luce più positiva, il tema della riforma e del concreto funzionamento della giustizia, in funzione solo dell’interesse nazionale. Al tempo stesso, però, alla visione del diritto e della giustizia, sancita in Costituzione, ripugna la condizione attuale delle carceri e dei detenuti”. E giù di nuovo applausi, come se il vecchio garante della Costituzione fosse una rockstar. Tutti in piedi quando è entrato, stessa scena quando è uscito. Un signore senza capelli, molto sabaudo nell’aspetto e rigido nel pensiero, che in questo momento, anche il popolo che fu berlusconiano vede come un’ancora di salvezza.

La vita al Meeting torna quieta dopo che il presidente riprende la via di casa. Il carrozzone è dipinto da stand e gadget. Ovunque. E pensare che fino a pochi giorni fa era un cantiere enorme, tenuto in piedi da tanti volontari, perlopiù universitari. Oggi nel suo giorno di apertura il meeting di CL si rivelava agli occhi degli intervenuti come una perfetta macchina in cui tutto deve funzionare al meglio.

Il nemico del 2011 per Cl si chiama “ideologia relativista che vuole negare agli uomini il diritto alla certezza”. È quanto sostiene Emilia Guarnieri, presidente della fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli. Al meeting, nonostante le parole del Presidente della Repubblica che parla di “difficoltà serie”, si respira ottimismo. Alcuni dei giovani di Cl sono renitenti ad affrontare il discorso sulla politica: o non rispondono, dimostrandosi disinteressati, quasi impauriti, o dimostrano cautela, perché ad avanzare critiche al governo bisogna andare cauti, se ti dicono di pensare sempre positivo e se i maestri ti hanno cresciuto raccontandoti che il Pdl incarna i valori cattolici della famiglia, condivisi da CL.

Qualcuno però se n’è accorto che il governo, nella legislatura in corso, qualche contraddizione l’ha dimostrata e il matrimonio con Silvio Berlusconi sembra per molti essersi ormai consumato. “Una mossa intelligente per Berlusconi sarebbe passare il testimone ora, la sua immagine gli impedisce di agire bene in politica”. A dirlo è Pietro, ventenne di Cremona, studente di scienze politiche del gruppo “Clu” (CL universitari), che si riconosce maggiormente in Roberto Formigoni(l’unico che alla Fiera di Rimini ha l’ufficio in questi giorni, tanto per far capire chi comanda) eMaurizio Lupi. Il primo in particolare è il politico attualmente più amato dai giovani di Cl che lo vedrebbero volentieri alla guida del Pdl dopo il Cavaliere. “La Lombardia –continua Pietro- è una delle regioni al vertice in Europa e Formigoni ha dimostrato di sapere cosa fare nella sanità e nel sociale, mettendo a disposizione dei più bisognosi i buoni famiglia”. José, 21 anni, di origini peruviane studia economia e commercio alla Cattolica di Milano: “È difficile fidarsi del governo che c’è ora -ammette- un nuovo leader darebbe respiro al centrodestra. La vicenda giudiziaria di Berlusconi sicuramente lascia a desiderare”. E anche per Josè allora il faro a cui guardare è Formigoni, per il quale lui ha fatto campagna elettorale. E non è il solo: alcuni volontari di CL, ognuno con una maglietta di colore diverso, a seconda del ruolo ricoperto all’interno del meeting, distribuiscono un braccialetto e una cartolina col colori dell’Italia sulla quale si legge “Costruisci l’Italia che sogni. Se hai un’idea per migliorare il tuo Paese, inviala. Formigoni.it la pubblicherà.

Le migliori saranno utilizzate per scrivere un possibile programma per il governo dell’Italia”. Eccola la sussidiarietà ciellina: tutti possono essere utili nella costruzione di un’alternativa, ma la fiducia all’attuale governo per alcuni è critica.

Sara, ventitreenne di Milano, si è da poco laureata alla triennale di scienze politiche e vorrebbe fare la giornalista. Di moralismo non vuole sentire parlare e neanche del Ruby gate. Lei, cattolicca praticante, con un pragmatismo degno di nota la pensa così: “Sì, Berlusconi va a puttane, non lo stimo come uomo, ma per le famiglie ha fatto molto”.

Insomma è ormai giunta l’ora di un ricambio politico anche per i fedelissimi del Cavaliere, ma molti sono scettici sull’effettiva possibilità di suo passo indietro. Vorrebbero Formigoni ma non ci credono più di tanto e allora c’è chi si ‘accontenterebbe’ anche di Angelino Alfano.

di Emiliano Liuzzi e Enrico Bandini

Portofino, l’enclave dei ricchi dove il silenzio è sacro. - di Lorenzo Galeazzi


I facoltosi dipartisti ormeggiati nel porticciolo ligure negano la proprietà delle proprie imbarcazioni e danno risposte evasive alle domande dei cronisti. Come se si vergognassero della loro ricchezza.

“È sua questa barca?”. “Magari, sono solo un ospite”. “Il proprietario è a bordo?”. “No, non c’è”. “È in paese? Forse possiamo chiamarlo”. “No, non è qui. Ora, se non le dispiace, la saluto”. Daigrandi charter da 50 metri e oltre, fino alle barche più piccole, la regola d’oro di Portofino è il silenzio. L’ex villaggio di pescatori è uno di quei posti che non conosce crisi. E la sua piccola marina, 18 posti barca al massimo, è l’ambita meta di facoltosi vacanzieri e vip da tutto il mondo.

Verso sera, al rientro dei mega-yacht, sono tutti sul molo ad ammirare l’attracco dei giganti extra-lusso del mare. Battono rigorosamente bandiera di qualche paradiso fiscale: dalle Isole Duglasalle Cayman. Guardare sì, ma con discrezione perché a Portofino la privacy dei ricchi ospiti è sacra. Nemmeno la Marina è in possesso della lista passeggeri. “Meglio – dice Giancarlo Linari, direttore della società pubblico-privata che gestisce il porto – altrimenti avremmo la banchina invasa dai paparazzi”.



Infatti avvicinarsi a queste imbarcazioni è praticamente impossibile. Non appena si muove un passo nella loro direzione, si viene placcati da qualche zelante membro dell’equipaggio che in inglese o in russo consiglia di cambiare aria. Non va meglio con i diportisti italiani. Sebbene non ci sia nessun energumeno in short e scarpe da barca a bloccare la strada, il grado di discrezione è direttamente proporzionale alla lunghezza dello scafo. “Cosa fa, registra?”, chiede minacciosa una signora appollaiata sul pontile a gustarsi delle bollicine indicando la piccola telecamera digitale. Quando poi apprende che il cronista è del Fatto Quotidiano scappa sottocoperta urlando che neanche in vacanza si può avere un po’ di pace. Dopo pochi minuti appare il marito che chiede se si tratti proprio di quel giornale. Una volta rassicurato, controlla che la telecamera sia spenta e, senza lasciare neanche il tempo di fare una domanda, dice: “Guardi pago più del 40 per cento di tasse, la barca è mia, batte bandiera italiana e non è intestata a nessuna società di comodo. Ora se ne vada e ci lasci stare”.

La situazione migliora un paio di postazioni più in là. “Sono un imprenditore e voto Lega”, si presenta il proprietario del Kapriccio, una delle imbarcazioni più modeste, undici metri o poco più. Dice che la barca, 500mila euro, è intestata a lui: “Un capriccio, appunto”. Secondo il diportista, anche il mondo della nautica turistica è stato pesantemente bastonato dalla crisi. “Vede? – dice indicando gli yacht commerciali – sono sempre di più, mentre fino a qualche anno fa a Portofino c’erano molte più imbarcazioni delle dimensioni della mia. È colpa del carburante che costa troppo”. La pensa così anche il direttore della Marina. “La crisi ha colpito principalmente le barche inferiori ai 18 metri – spiega Linari – ma anche i grossi charter. Prima erano americani, ora sono russi e indiani. La settimana scorsa è sbarcato anche uno yacht cinese di 65 metri”.

Ma c’è crisi e crisi. Per ogni diportista che fatica a fare il pieno al proprio “capriccio”, decine di famiglie italiane non riescono ad arrivare a fine mese. E i costi della manovra del governo saranno principalmente sulle loro spalle. “Bisogna cancellare tutte le province e dimezzare il numero degli onorevoli”, è la ricetta di un signore ormeggiato poco distante dal Kapriccio. Bene anche l’idea di un nuovo scudo fiscale perché “è sempre bello quando rientrano i capitali dall’estero”. Ma non parlategli della proposta di ritassare i capitali scudati: “Ingiustamente punitiva verso chi si è fidato”. Anche il suo gioiellino batte bandiera italiana, “siamo gente onesta che paga le tasse e soprattutto paga a caro prezzo il gasolio”, dice.

Il punto però non è l’onestà, ma un’autorizzazione che alla perla della Liguria ancora manca: quella di erogare il carburante sif, che alle barche che battono bandiera extracomunitaria costa il 50 per cento in meno. “A parte i grossi yacht per cui Portofino è meta obbligata – spiega Antonio Vantaggiato, comandante della Capitaneria di porto – qui non si vedono tante barche private registrate in paradisi fiscali perché non possono fare gasolio”. Stanno alla rada in attesa che il porto ligure ottenga quel permesso. “Forse dall’anno prossimo”, dice Vantaggiato. E allora se ne vedranno delle belle, ma sarà ancora più difficile avvicinare i riservati e ricchi diportisti.


LE TASSE E LA CHIESA ovvero di cosa stiamo parlando? di Claudia Petrazzuolo.




… I Patti Lateranensi constavano di tre distinti documenti: il Trattato che riconosceva l'indipendenza e la sovranità della Santa Sede e fondava lo Stato della Città del Vaticano; con diversi allegati, fra cui, importante, la Convenzione Finanziaria; e il Concordato che definiva le relazioni civili e religiose in Italia tra la Chiesa ed il Governo (prima d'allora, cioè dalla nascita del Regno d'Italia, sintetizzate nel motto: «libera Chiesa in libero Stato»). La "Convenzione Finanziaria" regolava le questioni sorte dopo le spoliazioni degli enti ecclesiastici a causa delle leggi eversive. È stata poi prevista l'esenzione, al nuovo Stato denominato «Città del Vaticano», dalle tasse e dai dazi sulle merci importate ed il risarcimento di «1 miliardo e 750 milioni di lire e di ulteriori titoli di Stato consolidate al 5 per cento al portatore, per un valore nominale di un miliardo di lire»[1] per i danni finanziari subiti dallo Stato pontificio in seguito alla fine del potere temporale. … (Wikipedia)
… La Chiesa cattolica italiana non ha mai pagato l’ICI (Imposta Comunale sugli Immobili) sui beni immobiliari che utilizzava per fini non commerciali, come previsto già dal decreto legislativo che introdusse la tassa nel 1992 e con un risparmio per la Chiesa che venne stimato dall’associazione dei comuni italiani in diverse centinaia di milioni di euro l’anno. Quanto agli immobili utilizzati per attività commerciali, la questione è stata oggetto di diversi pronunciamenti giuridici e di modifiche legislative nel corso degli anni: a partire dal 2005, la legge ha previsto l’esenzione tout court per tutti gli immobili. Questa decisione, presa dal governo Berlusconi a pochi mesi dallo scioglimento delle camere e all’inizio della campagna elettorale, fece molto discutere. Nel 2007 il governo Prodi limò la normativa, prevedendo che l’esenzione dell’ICI si potesse applicare solo agli immobili dalle finalità “non esclusivamente commerciali”. Quell’avverbio – “esclusivamente” – ha permesso alla Chiesa di usufruire dell’esenzione anche per strutture turistiche, alberghi, ospedali, centri vacanze, negozi: è sufficiente la presenza di una cappella all’interno della struttura. Il risparmio annuo per la Chiesa – e la perdita netta, per il fisco italiano – si avvicina ai due miliardi di euro. La legge in questione è da tempo oggetto di indagini da parte dell’Unione Europea … . (ilpost/)
Star qui a rifare la storia dei patti lateranensi sarebbe troppo lungo e noioso il succo di quanto sopra riportato, ma sarebbe interessante per ognuno che ciascuno leggesse da sé, sta nel fatto che la Chiesa ha avuto da quel grand’uomo del re d’Italia un risarcimento in denaro contante e titoli di stato per l’espropriazione dei suoi possedimenti temporali; ha avuto da un altro grand’uomo (sic) tal MUSSOLINI (1929) una garanzia di esenzione fiscale; ne ha avuto la conferma da quell’altro grand’uomo di CRAXI (1984) e, dulcis in fundo, dall’unto del Signore BERLUSCONI nel 2005 è venuta l’esenzione completa dall’ICI di tutti gli immobili della chiesa. Altra grossa furbata l’hanno fatta i padri costituenti che pur non dando valore di norma costituzionale ai Patti lateranensi, poi Concordato, ne hanno stabilito una valenza maggiore rispetto a quella relativi ai singoli trattati internazionale, ragione per cui solo in funzione di un accordo bilaterale essi possono essere modificati a meno di non cambiare la costituzione stessa a tal proposito vedersi gli artt. (7-8-20) della Costituzione.
RISULTATO? A MENO CHE IL PAPA, magari sollecitato dallo stesso Gesù, NON DECIDA DI FARE UN’ELEMOSINA ANCHE ALLO STATO ITALIANO NON C’E’ NULLA DA FARE: LA CHIESA HA TUTTI I DIRITTI DI NON CACCIARE NEMMENO UN CENTESIMO DI EURO PER AIUTARE QUASTO DISGRAZIATISSIMO POPOLO. Meditate gente … meditate .


Madrid: "abemus papam"



Tenetevelum!


Le pecore travestite da Agnelli. By ilsimplicissimus



Anna Lombroso per il Simplicissimus

Sul litorale romagnolo è offerta a 100 euro ma a Napoli si trova a un prezzo politico di 3 euro e 50. La nuova icona che sostituisce il Che sulla maglietta è lui, camicia aperta, sguardo disincantato, chioma argentea al vento, Gianni Agnelli. Per rincuorarmi stamattina mi sono detta che forse è il recupero di un capitalismo meno perverso e più “educato” un capitalismo temperato da Mozart e mediato dalle buone maniere, sprezzante certo, ma almeno elegante, rispetto allo sgangherato, becero e smanioso arricchimento villano dei tycoon contemporanei.
Il capitalismo, si diceva una volta anche un po’ ammirati, è come Proteo, imprendibile, sfuggente, cangiante. È rimasto imprendibile e sfuggente, anzi sempre di più via via che è diventato più astratto e immateriale, ma la divinità ha rivelato una sua natura orrendamente bestiale, un istinto a un’avidità profittatrice, animalesca e sanguinaria. Ce ne sarebbero di sue icone da piazzare su una T shirt ci verrebbe in aiuto Goya o qualche altro visionario dalla vena incubotica. Ma l’anomalia italiana ce ne ha proposta invece una particolarmente realistica, sgradevole e turpe, quella del suo cane da guardia con il cerone e il parrucchino. Si, potrebbe essere consolatorio tornare a immagini esteticamente più accettabili e più garbate. Magari, perché se proprio dobbiamo essere disprezzati preferiamo lo facciano padroni più aristocratici, belli e impossibili, collocati a distanze siderali e diversi da noi, come pensiamo debbano essere i ricchi. E non da qualcuno come noi e addirittura peggio di noi, che ha trasformato i suoi vizi privati nelle pubbliche virtù della spregiudicatezza, della competizione animale, della sopraffazione, dell’accumulazione ostentata e tracotante come insulto e irrisione di valori morali, di cultura e pensiero.
E probabilmente così acquisirebbe maggiore dignità anche l’invidia. È più “civile” invidiare qualcuno che si considera superiore. Ma anche l’invidia non è più quella di un tempo, quando guardava in su, mentre adesso sembra che si sia invidiosi anche all’inverso, di sta sotto ma ci minaccia con le sue pretese, o chi è sul nostro stesso livello e potrebbe eroderci meschini privilegi e valicare con la sua i confini della nostra mediocrità. Tanto da non essere più valido il motto di Boccaccio: Solo la miseria è senza invidia.
Certo l’Avvocato è stato invidiato e ammirato e imitato. Chi nella sua vita non ha incontrato un cretino che pensava di assomigliarli mettendo l’orologio sul polsino della camicia? Forse anche il premier ha in cuor suo ha creduto di mutuarne il carisma collezionando case in molto posti remoti e donne in molti letti prossimi, conquistandole coi regalucci e incarichi di governo in mancanza di appeal.
Mentre aspiro alla maglietta proposta da il Simplicissimus non acquisterò la T shirt con il volto di Agnelli. All’invidia e all’ammirazione subalterna, lo confesso, preferisco l’acaico odio di classe, che hanno fatto tornare di moda. Si, ripongo speranza nelle potenzialità positive dell’uomo e mi dolgo che viviamo in un tempo nel quale quelle negative largamente governate da una classe dirigente che mostra solo in questo una potente volontà realizzatrice, ci stanno conducendo alla rovina. Ma senza molta vergogna voglio esprimere il mio rifiuto antagonista e adirato contro i ricchi. Soprattutto quando in questa veste di “abbienti” si assumono responsabilità pubbliche per perpetuare la loro condizione di privilegio personale,. Che tanto saranno si guidati da vanità, protagonismo, smania di potere, ma tanto a muovere i loro gesti è il denaro, il suo culto, la sete e la volontà di accumulazione. E’ il denaro che venerano gli uomini della banche, della finanza, i funzionari del capitale , i manager, gli industriali, i detentori di super azioni e super derivati, e insieme le menti e gli esecutori criminali, le loro ragazze allegre, i loro portavoce, i loro cantori, i loro preti e i loro scienziati.
E lo odio il denaro e quelli al suo servizio perché sempre di più nel tempo ha rovesciato i valori, ancorchè manichei: al disprezzo per i ricchi, sfruttatori del bene comune a fini personali, si è sostituita l’ammirazione per non dire l’idolatria. E al posto della solidarietà per i poveri si è affermato lo spregio irridente.
Se il risultato è il male al posto del bene e l’arco di trionfo al posto della cruna, allora voglio la candeggina per fare giustizia anche del nostro immaginario ritratto su una maglietta che non ci possiamo più permettere.


Esenzioni e Chiesa, ma per carità… By ilsimplicissimus


(Inquilini sfrattati da case di proprietà della Chiesa,
illustra le opere di carità per le quali i politici
cattolici difendono le esensioni)

In questi giorni di caldo afoso e di svagati discorsi di fronte al baratro, si è aperto il problema delle esenzioni fiscali ( Ires e Ici) della Chiesa che coniugate all’ 8 per mille fanno un totale di circa 4 miliardi che mancano alle casse dello Stato: una montagna di soldi che potrebbe servire ad attutire i rigori della manovra, ma a cui i vescovi e il Vaticano impegnati toto corde a predicare bene e a razzolare male, non si sognano nemmeno di rinunciare.

E per questo hanno dato la carica alle loro gole profonde parlamentari per fare un fuoco di sbarramento contro questo eretico pericolo. E quelle a cominciare dalla Rosi Bindi, per finire a Rotondi, passando per Casini a dire che non si può vista l’opera caritatevole e di solidarietà che svolge. Ora è fin troppo facile argomentare che la supplenza di quanto dovrebbe fare lo Stato, viene attuato grazie ai soldi dello Stato stesso e quindi si tratta solo di una improponibile e ridicola partita di giro.

Ma nemmeno questo è vero perché sappiamo dai documenti della stessa Cei solo il 20% dell’introito dell’ 8 per mille finisce in opere caritatevoli (di cui l’ 8% fuori d’Italia), mentre il resto va ad alimentare la vita ecclesiastica e insomma la pompa cardinalizia e papale in primo luogo. E non c’è ragione che accada diversamente per gli altri introiti indiretti da esenzione. Quindi si tratta di risorse che vengono sottratte in gran parte a chi ne avrebbe bisogno.

Certo è incredibile che in questo Paese si debbano dire continuamente cose ampiamente risapute senza che essa sembrino avere la minima efficacia, come se la verità scorresse come pioggia sul vetro del’ipocrisia. E badate si tratta solo di quella parte di verità conosciuta: quei 4 miliardi sono solo la punta di iceberg. Si stima che il 21% per cento del patrimonio immobiliare italiano appartiene direttamente o indirettamente alla Chiesa attraverso diocesi, enti e società vaticane, congregazioni religiose. E dicendo stima si vuole anche dire che nessuno si è mai curato di fare un censimento dei beni della Chiesa.

E’ ben noto che nell’ultimo decennio, grazie alle leggi dei governi Berlusconi il Vaticano e le diocesi hanno cominciato ad alzare vertiginosamente gli affitti, a sfrattare la gente per poter raddoppiare o anche triplicare il canone, non fermandosi nemmeno davanti ai pignoramenti per morosità e all’allontanamento dei disabili. Queste sarebbero le opere di bene per le quali si chiede l’esenzione? O l’esenzione va bene per trasformare un immenso patrimonio immobiliare in un businness alberghiero o per dare rifugio in edifici di prestigio alla razza padrona?

E’ a questa chiesa palazzinara, adunca e padronale che i politici devoti vogliono conservare le esenzioni? Ma per carità, almeno un po’ vergognatevi.

http://ilsimplicissimus2.wordpress.com/2011/08/21/esenzioni-e-chiesa-ma-per-carita/


Comunione Presidenziale. - di Luca Telese.



Questa sera Giorgio Napolitano va a Rimini. Fra le notizie dell’estate degne della categoria immaginifica dello strano ma vero, c’è quella di un presidente della Repubblica che inaugura solennemente il Festival di Comunione e Liberazione.

Chi scrive, in una redazione in cui albergano le opinioni più diverse sulla presidenza Napolitano, è fra quelli convinti che si tratti di uno dei migliori inquilini del Colle dopo Sandro Pertini. Proprio per questo, peró, non capisce il senso di una partecipazione al più politico dei festival politici italiani. È opportuno che uno dei presidenti più attenti alla sacralità del suo ruolo apra il meeting di un movimento che da sempre si occupa di anime, ma anche di affari? È opportuno che dia il suo imprimatur istituzionale alle opere, ma – indirettamente – anche agli appalti della Compagnia?

Troverete, in questo sito, un articolo sulle disavventure giudiziarie di Comunione & Fatturazione. Quelle inchieste non sono certo un’ombra che possa oscurare il valore di un intero movimento, ma bastano per porre un problema di opportunità per una autorità istituzionale che diventerebbe per il meeting, come già fu con Andreotti, una sorta di guida spirituale. Non c’è il rischio che il Quirinale diventi una nuova icona?

C’è infine un altro aspetto, oltre al sottotesto nobile dell’ex nemico ideologico del Novecento che si riconcilia simbolicamente con i suoi secolari avversari. Quello di un Colle che esce dalla sua terzietà per entrare di fatto nell’agone della polemica politica italiana. Se Napolitano va al meeting di Rimini, perché mai non dovrebbe andare alla festa del Pdl di Mirabello, ospite del senatore Balboni? Perché non dovrebbe partecipare alla festa nazionale del suo partito, ospite del responsabile feste del Pd, Lino Paganelli? Insomma, se Napolitano sceglie di diventare un politico come gli altri, interventista e presenzialista, non può limitare la sua presenza alla sola festa dei ciellini. Non può rischiare di diventare uno dei tanti ingredienti della collateralità trasversale che da sempre si articola intorno al meeting. E nemmeno di diventare il garante, nel nome di una necessaria unità nazionale, di un nuovo inciucio emergenziale.

Forse, dato il suo altissimo ruolo, e data la sua dichiarata aspirazione alla sobrietà, farebbe bene a vigilare di più e presenziare di meno. Oppure a spiegare pubblicamente come si può entrare a cantare in una chiesa di parte senza rischiare di essere fagocitati dal coro.