domenica 21 agosto 2011

Le pecore travestite da Agnelli. By ilsimplicissimus



Anna Lombroso per il Simplicissimus

Sul litorale romagnolo è offerta a 100 euro ma a Napoli si trova a un prezzo politico di 3 euro e 50. La nuova icona che sostituisce il Che sulla maglietta è lui, camicia aperta, sguardo disincantato, chioma argentea al vento, Gianni Agnelli. Per rincuorarmi stamattina mi sono detta che forse è il recupero di un capitalismo meno perverso e più “educato” un capitalismo temperato da Mozart e mediato dalle buone maniere, sprezzante certo, ma almeno elegante, rispetto allo sgangherato, becero e smanioso arricchimento villano dei tycoon contemporanei.
Il capitalismo, si diceva una volta anche un po’ ammirati, è come Proteo, imprendibile, sfuggente, cangiante. È rimasto imprendibile e sfuggente, anzi sempre di più via via che è diventato più astratto e immateriale, ma la divinità ha rivelato una sua natura orrendamente bestiale, un istinto a un’avidità profittatrice, animalesca e sanguinaria. Ce ne sarebbero di sue icone da piazzare su una T shirt ci verrebbe in aiuto Goya o qualche altro visionario dalla vena incubotica. Ma l’anomalia italiana ce ne ha proposta invece una particolarmente realistica, sgradevole e turpe, quella del suo cane da guardia con il cerone e il parrucchino. Si, potrebbe essere consolatorio tornare a immagini esteticamente più accettabili e più garbate. Magari, perché se proprio dobbiamo essere disprezzati preferiamo lo facciano padroni più aristocratici, belli e impossibili, collocati a distanze siderali e diversi da noi, come pensiamo debbano essere i ricchi. E non da qualcuno come noi e addirittura peggio di noi, che ha trasformato i suoi vizi privati nelle pubbliche virtù della spregiudicatezza, della competizione animale, della sopraffazione, dell’accumulazione ostentata e tracotante come insulto e irrisione di valori morali, di cultura e pensiero.
E probabilmente così acquisirebbe maggiore dignità anche l’invidia. È più “civile” invidiare qualcuno che si considera superiore. Ma anche l’invidia non è più quella di un tempo, quando guardava in su, mentre adesso sembra che si sia invidiosi anche all’inverso, di sta sotto ma ci minaccia con le sue pretese, o chi è sul nostro stesso livello e potrebbe eroderci meschini privilegi e valicare con la sua i confini della nostra mediocrità. Tanto da non essere più valido il motto di Boccaccio: Solo la miseria è senza invidia.
Certo l’Avvocato è stato invidiato e ammirato e imitato. Chi nella sua vita non ha incontrato un cretino che pensava di assomigliarli mettendo l’orologio sul polsino della camicia? Forse anche il premier ha in cuor suo ha creduto di mutuarne il carisma collezionando case in molto posti remoti e donne in molti letti prossimi, conquistandole coi regalucci e incarichi di governo in mancanza di appeal.
Mentre aspiro alla maglietta proposta da il Simplicissimus non acquisterò la T shirt con il volto di Agnelli. All’invidia e all’ammirazione subalterna, lo confesso, preferisco l’acaico odio di classe, che hanno fatto tornare di moda. Si, ripongo speranza nelle potenzialità positive dell’uomo e mi dolgo che viviamo in un tempo nel quale quelle negative largamente governate da una classe dirigente che mostra solo in questo una potente volontà realizzatrice, ci stanno conducendo alla rovina. Ma senza molta vergogna voglio esprimere il mio rifiuto antagonista e adirato contro i ricchi. Soprattutto quando in questa veste di “abbienti” si assumono responsabilità pubbliche per perpetuare la loro condizione di privilegio personale,. Che tanto saranno si guidati da vanità, protagonismo, smania di potere, ma tanto a muovere i loro gesti è il denaro, il suo culto, la sete e la volontà di accumulazione. E’ il denaro che venerano gli uomini della banche, della finanza, i funzionari del capitale , i manager, gli industriali, i detentori di super azioni e super derivati, e insieme le menti e gli esecutori criminali, le loro ragazze allegre, i loro portavoce, i loro cantori, i loro preti e i loro scienziati.
E lo odio il denaro e quelli al suo servizio perché sempre di più nel tempo ha rovesciato i valori, ancorchè manichei: al disprezzo per i ricchi, sfruttatori del bene comune a fini personali, si è sostituita l’ammirazione per non dire l’idolatria. E al posto della solidarietà per i poveri si è affermato lo spregio irridente.
Se il risultato è il male al posto del bene e l’arco di trionfo al posto della cruna, allora voglio la candeggina per fare giustizia anche del nostro immaginario ritratto su una maglietta che non ci possiamo più permettere.


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