mercoledì 14 dicembre 2011

Manovra, Monti ai partiti: “Ci avete chiamato perché eravate paralizzati”




Il presidente del Consiglio si presenta in commissione Bilancio e Finanza per illustrare gli emendamenti alla manovra e attacca frontalmente il sistema politico "incartato in un bipolarismo ad alta concentrazione di conflitto". Poi la stoccata finale al precedente esecutivo: "Se fossi stato nel governo non sarei stato lieto di vedere un comunicato del Presidente francese che ci diceva cosa dovevamo fare. Non sarei stato lieto di ricevere una lettera firmata dai banchieri centrali”.


Intervento di Mario Monti in Commissione Bilancio della Camera
Mario Monti perde il proverbiale aplomb. E alla fine di una giornata convulsa in cui si susseguono una ridda incontrollata di annunci e smentite di emendamenti (leggi), il presidente del Consiglio risponde ai “colleghi” politici e alle loro critiche: “E’ verissimo che per fare questa manovra non occorrevano professori – scandisce il premier in Commissione Finanza e bilancio alla Camera – Ma perché questo lavoro non l’avete fatto voi? Ci avete chiamato voi, perché la verità è che eravate paralizzati”. E ancora: ”Spero torni presto il tempo in cui non avrete più bisogno dei professori o dei tecnici perché spero che presto voi eletti sappiate guardare alle cose che servono al futuro del Paese, per avere un sistema politico che abbia ripreso la fiducia del Paese e sappia guardare lontano”. Insomma, la critica ai partiti e ai veti incrociati che finora hanno reso immobile la politica italiana è chiara: “Il sistema politico si era incartato in un bipolarismo ad alta concentrazione di conflitto. Eravate paralizzati, altrimenti non ci avreste chiamato”. Del resto, “Non ho mai voluto un governo dei tecnici. Sono altri che l’hanno voluto. Io non sono né corresponsabile, né grande fautore. Io non mi sono candidato per trovarmi nella posizione in cui mi trovo”.
E a coloro che parlano di “perdita di sovranità per l’Italia”, Monti risponde: “Il Paese sta perdendo la sua quota di sovranità deliberatamente come tutti gli altri Paesi europei”. Certo, “l’Italia in più ha perso la sovranità con qualche quota di troppo perché si è messa in una posizione di debolezza rispetto agli altri Paesi Europei”. E di chi è la colpa? Del precedente esecutivo, quello guidato daSilvio Berlusconi, sembra dire il presidente del Consiglio: “Se fossi stato nel governo – ha infatti precisato Monti – non sarei stato lieto di vedere un comunicato del Presidente francese che ci diceva cosa dovevamo fare. Non sarei stato lieto di ricevere una lettera firmata dai banchieri centrali”, ha detto con riferimento alla missiva inviata nell’estate al vecchio esecutivo dall’allora governatore della Bce, Jean Claude Trichet, e da quello entrante, Mario Draghi. Una lettera, sottolinea ancora Monti che Berlusconi ha persino “invocato”. Perché, un conto è essere “a favore dell’Europa e a favore di una perdita consensuale di sovranità in una maggiore integrazione”, un conto è essere favorevoli alla “cessione di sovranità da debolezza”.

Il ‘professore’ insiste anche sull’”equità” della manovra, un’equità raggiunta “dopo i suggerimenti venuti dalla Camera che il governo ha accettato”. E a pagare, giura Monti, non saranno “i soliti noti”. Dirlo, per il premier, significa indugiare in un “luogo comune”. “A pagare – specifica il premier – non saranno i soliti noti. Nel fare una manovra in pochi giorni, abbiamo individuato una nuova materia su cui intervenire: pagheranno dei ‘nuovi noti’ e in questo modo potremo tassare di meno le imprese e il lavoro, come si conviene a un’economia che vuole tornare a crescere”.

A chi chiedeva la patrimoniale, Monti dà poi una spiegazione articolata sulla scelta fatta dal governo: “Non avevamo un tabù su questo, e per questo abbiamo chiesto ai nostri tecnici se era possibile tassare la ricchezza familiare a patire dai grandi patrimoni. Ci è stato risposto che avremmo potuto farlo solo dopo due anni di intenso lavoro per individuare le ricchezze, provocando nel frattempo una fuga di capitali”. Insomma, è la sua conclusione, “intervenendo subito avremmo abbaiato, ma non morso”. Ma se si guarda con attenzione alla sostanza dei provvedimenti sui beni di lusso (auto di grande cilindrata, imbarcazioni, aerei) si scopre che una specie di patrimoniale è stata adottata: “Abbiamo realizzato la patrimoniale possibile per l’Italia in questa fase”, sostiene il premier.

A chi gli rimprovera invece un eccesso di durezza degli interventi, Monti risponde invitando a considerare la drammaticità della situazione: “L’alternativa – sostiene il premier – era l’avvitamento della crisi del debito sovrano che porterebbe non alla recessione ma alla distruzione del patrimonio degli italiani e all’evaporazione dei redditi”. Le misure prese, invece, spingono Monti a dire di essere fiducioso sul fatto che i mercati “reagiranno positivamente”.

Monti infine difende le scelte compiute sulla lotta al’evasione fiscale: tratteggia un fisco “no repressivo, ma amico”, basato sulla convenienza a dichiarare il vero. Con le correzioni partorite alla Camera, la manovra , secondo il presidente del Consiglio, ha ulteriormente aumentato il suo tasso di equità. Il premier cita gli sconti sul’Ici legati al numero dei figli. Ma anche la scelta di consentire l’adeguamento all’inflazione per le pensioni fino a 1400 euro: il blocco , sottolinea, “non riguarderà la maggior parte dei pensionati” e sarà compensata dalla tassazione sui capitali scudati. Dopo le misure di contenimento, Monti rilancia sullo sviluppo partendo dal Sud e commenta positivamente il primo ‘grimaldello’ per le liberalizzazioni posto dal governo.

“Ok alla Tobin tax”, Monti rompe il tabù Per Berlusconi era una “proposta ridicola”. - di Matteo Cavallito



“Dopo una attenta valutazione abbiamo segnalato che l’Italia è pronta a unirsi a quelli che vorrebbero la Tobin tax”. Non mancano di sorprendere le parole pronunciate oggi in Senato dal premier Mario Monti che, illustrando i contenuti e le modifiche alla manovra, ha deciso di puntare l’attenzione su una questione già ampiamente dibattuta in sede Ue ma, al tempo stesso, molto spesso trascurata sul fronte istituzionale italiano. In antitesi con la posizione del precedente governo – Berlusconi aveva definito la proposta “ridicola” – l’esecutivo di Monti sarebbe ora pronto ad allinearsi con il fronte franco-tedesco, sostenitore non solo in Europa ma anche al G20 dell’ipotesi di introduzione di una tassa sulle transazioni finanziarie (Ttf).

Sostenuta una prima volta da John Maynard Keynes, e successivamente rielaborata da James Tobin – di cui lo stesso Monti è stato allievo a Yale – la tassa si tradurrebbe nell’applicazione di un’imposta molto piccola (si pensa allo 0,05%) su tutte le operazioni finanziarie (valute, azioni, obbligazioni, derivati e altri strumenti) con l’obiettivo di frenare la speculazione e di ridistribuire il ricavato tra le casse pubbliche e i progetti di sviluppo. L’aliquota ridotta avrebbe impatti trascurabili sugli investimenti di lungo periodo penalizzando, al contrario, gli speculatori che, realizzando migliaia di operazioni quotidiane, dovrebbero pagare la tassa su ogni transazione.

Ad opporsi alla proposta, ovviamente, sono soprattutto Stati Uniti e Gran Bretagna, sedi delle due maggiori piazze finanziarie del mondo. Proprio il No espresso da Washington e Londra costituisce oggi il principale problema sulla strada dell’introduzione della tassa. Il timore generale, infatti, è che l’assenza di un accordo globale comporti la fuga degli investitori dai mercati tassati e il loro approdo alle piazze finanziarie dove l’imposta non si applica. Come a dire che l’imposizione di un’aliquota a Parigi e Francoforte finirebbe solo per determinare maggiori guadagni (tax free) per gli operatori di Londra e New York.

Non tutti però sembrano convinti del rischio esodo. In passato, Stephan Schulmeister, docente e ricercatore presso l’Istituto di Studi Economici (Wifo) di Vienna, l’ipotesi dell’applicabilità della tassa in un numero ristretto di Paesi – come i 27 dell’Ue o i 16 di Eurolandia – grazie al cosiddetto “approccio decentralizzato”, ovvero quel sistema fiscale che consente di tassare le transazioni alla fonte, cioè su chi effettua l’operazione. In sostanza, secondo questa visione, ogni volta che effettuano una transazione, nel proprio Paese o all’estero, tutti i residenti delle nazioni che applicano la Ttf sarebbero legalmente debitori della tassa. Un’ipotesi che deve aver convinto la cancelliera tedesca Merkel che in passato, per prima, ha ipotizzato la futura introduzione della Ttf in Eurolandia trovando il sostegno, tra gli altri, dei governi di Francia, Spagna, Austria e Portogallo. Lo scorso anno, la Commissione Ue ha rilanciato uno studio di fattibilità ipotizzando l’applicazione di un’aliquota dello 0,1% sugli scambi di valute, titoli, obbligazioni e derivati. Il gettito fiscale stimato per l’Unione Europea ammontava a 400 miliardi di euro.



http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/14/alla-tobin-monti-rompe-tabu-italiano-berlusconi-proposta-ridicola/177442/

La7, Mentana si dimette Cdr: "Nessuna denuncia"


Il direttore accusato di comportamento antisindacale dalla redazione: "Impensabile continuare in queste condizioni". Tra le cause il rifiuto di leggere in diretta il comunicato della Fnsi che solidarizzava con lo sciopero dei poligrafici contro la manovra del governo Monti. Saviano: "E' un fuoriclasse. Ce n'è bisogno"
 

ROMA - Il direttore del Tg La7 Enrico Mentana si è dimesso. Lo ha reso noto lui stesso dopo aver appreso la notizia di "essere stato denunciato alla magistratura ordinaria da parte del Cdr della testata" per comportamento antisindacale. "Ieri pomeriggio - ha spiegato Mentana, protagonista del rilancio della testata 1- ho appreso dalle agenzie di essere stato denunciato alla magistratura ordinaria dal mio Cdr. Ho atteso 24 ore per verificare eventuali ravvedimenti, che non ci sono stati. Essendo impensabile continuare a lavorare anche solo per un giorno con chi mi ha denunciato, rassegno da subito le dimissioni dalla direzione del Tg La7".

Alla notizia immediato il brusco peggioramento in borsa per il titolo Telecom Italia Media, la società che controlla La7. Il titolo, che ha perso fino al 6,59% con la notizia dell'addio, cede ora il 3,80% a 0,16 euro. La società, in una nota, comunica inoltre di "non aver ancora ricevuto alcuna comunicazione ufficiale circa la decisione di Enrico Mentana" e esprime peraltro "la più ampia solidarietà per le azioni sproporzionate intraprese dagli organismi di rappresentanza sindacale locale e nazionale".

ARCHIVIO Il promo d'esordio a La7 2 - L'addio al Tg5 3

Ma Stefano Ferrante, membro del Cdr di la7, smentisce: "Il Cdr non ha denunciato Mentana alla magistratura ordinaria, questo deve essere chiaro". La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata il rifiuto del direttore di leggere durante il Tg il comunicato della Fnsi che solidarizzava con lo sciopero dei poligrafici, indetto nell'ambito della mobilitazione di Cgil-Cisl-Uil e Ugl contro la manovra del governo Monti. Ferrante ha spiegato che "la Fnsi ha mandato un comunicato chiedendo di pubblicarlo, e il Cdr ha fatto solo da tramite con il direttore, che non ha ritenuto di leggere il comunicato durante il Tg. Ma da noi non è partita nessuna denuncia".

Il comunicato di Stampa Romana. L'associazione Stampa Romana, d'intesa con il Comitato di Redazione, ha dato mandato all'avvocato Bruno Del Vecchio di sporgere denuncia per comportamento antisindacale (articolo 28 della legge 300/1970) contro l'emittente La7 e il direttore del Tg Enrico Mentana. Si legge sul sito di Stampa Romana: "L'Asr, dopo ripetuti tentativi di conciliazione, si vede costretta a questo atto per le ripetute violazioni dell'articolo 34 del Cnlg da parte della direzione del Tg de La7 che si rifiuta categoricamente di intrattenere corrette relazioni con il Comitato di Redazione".

Il rifiuto per Stampa Romana è "irricevibile e contrario a quanto previsto dagli accordi collettivi di lavoro". "Non possiamo consentire ad alcuno - ha affermato il segretario dell'Asr Paolo Butturini - di contravvenire alle regole sindacali. I dati di ascolto o l'innegabile professionalità di un direttore non possono fare da schermo alla violazione delle norme che la categoria, alla quale anche Mentana appartiene, si è data per garantire la propria autonomia e la difesa dei propri diritti". 

Le reazioni. 
Su Twitter nel frattempo la notizia si diffonde a macchia d'olio in poche ore. Roberto Saviano scrive: "Mentana dimesso. Spero La7 non rinunci a un fuoriclasse come lui, del suo tg c'è bisogno", e il deputato dell'Udc Roberto Rao commenta: "Enrico Mentana è il candidato naturale alla direzione del Tg1". Per il direttore di 'Libero', Maurizio Belpietro: "Mentana ha ragione, ha perfettamente ragione. Io al suo posto terrei il punto". Anche il Codacons dal canto suo esprime profonda amarezza per le dimissioni: "I telespettatori perdono un grande direttore, che ha saputo realizzare un telegiornale equo e attento alle notizie e ai cittadini - ha detto il presidente Carlo Rienzi - Mentana ha pagato per aver compiuto un gesto coraggioso e più che normale in altri paesi civili: rifiutare la lettura di un comunicato". "Siamo a favore delle lotte dei lavoratori, ma lo strapotere dei sindacati e delle federazioni dei giornalisti non può influire sul servizio al telespettatore, imponendo la lettura di comunicati che tolgono spazio a notizie più importanti. Se i sindacati vogliono imporre i propri comunicati - ha concluso Rienzi - acquistino spazi pubblicitari all'interno dei tg o sui giornali come fanno tutti gli altri soggetti".

"Queste dimissioni ci sembrano una reazione iperbolica", ha detto il segretario della Fnsi, Franco Siddi. "Mentana - ha detto Siddi- è un eccelelnte direttore e a mio avviso deve continuare a fare il suo mestiere, su cui forse è un fuoriclasse. Ma irritarsi per un documento sindacale di sottolineatura dell'unità sindacale e delle criticità denunciate dalle organizzazioni dei lavoratori rispetto alla manovra del governo, di cui si chiedeva di dare notizia nel Tg secondo i doveri contrattuali (e quindi anche profesisonali), è davvero esagerato". "Il sindacato nazionale - ha concluso Siddi- è pronto a favorire un recupero serio di relazioni in un luogo di gestione che appartiene a organismi diversi, Cdr e Asr, per portare tutto al giusto grado di importanza e di giusta composizione".



http://www.repubblica.it/persone/2011/12/14/news/mentana_si_dimette_tg_la7-26599066/?rss

Particella di Dio: la previsione del 1979 era giusta.

Particella di Dio:  la previsione del 1979 era giusta
Particella di Dio: la previsione del 1979 era giusta


Tutti i dati da cui si evince che  la particella di Dio sia collocata nella regione compresa fra 124 e 126 miliardi di elettronvolt (GeV) avvalorano la previsione del  1979, fatta dai fisici italiani Luciano Maiani, Giorgio Parisi, Roberto Petronzio e Nicola Cabibbo.
Secondo Maiani,  la  teoria non riguarda la massa del bosone di Higgs, ma stabilisce solamente limiti inferiori e superiori della regione ove dovrà essere rinvenuta, verosimilmente  compresa fra 100 e 200 GeV.  Roberto Petronzio, che lavora nell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, ha sottolineato quanto siano importanti  i risultati presentati oggi, in quanto la conoscenza della massa del bosone di Higgs comporterà il declino del cosiddetto Modello Standard.

Il Cern: trovata l'impronta della "particella di Dio



Un disegno che rappresenta la particella subatomica


Forse più leggera del previsto. "Ma conferma solo nel 2012"

GINEVRA
La particella di Dio grazie alla quale esiste la massa ora è un po' meno misteriosa. Il più grande acceleratore del mondo, il Large Hadron Collider (LHC) ha mantenuto la promessa ed è riuscito a «mettere alle strette» il bosone di Higgs prima del previsto.

I dati che per la prima volta individuano la massa di questa particella in una piccolissima zona compresa tra 124 e 126 miliardi di elettronvolt (GeV) sono cominciati ad arrivare nell’estate scorsa e sono così convincenti (anche se non definitivi) che il Cern ha deciso di annunciarli pubblicamente. A raccoglierli sono stati due grandi esperimenti dell’LHC chiamati Atlas e Cms, entrambi coordinati da due italiani: Fabiola Gianotti e Guido Tonelli, che fanno capo all’Istituto nazionale di fisica nucleare (Infn).

«Sono risultati straordinari, anche se c’è ancora molto da fare», ha detto oggi il direttore generale del Cern Rolf Heuer, rivolto ad un pubblico numerosissimo, arrivato ben tre ore prima dell’inizio della conferenza per assicurarsi un posto. Oltre 100 i giornalisti presenti, provenienti da tutto il mondo. L’attesa era grandissima e, anche se i toni erano pacati, l’entusiasmo era tangibile come l’emozione. Ma allora il bosone di Higgs esiste o no? La risposta non c’è ancora, ma «ormai il laghetto in cui può nuotare questa particella è talmente piccolo che in pochi mesi riusciremo a prosciugarlo tutto. Già cominciamo a vedere coda e pinne del bosone», ha detto il direttore scientifico del Cern Sergio Bertolucci.

Quello che i due esperimenti hanno mostrato finora è una traccia della particella di Dio, ma il margine di errore, pari a circa l’1%, è considerato troppo alto. Bisogna arrivare ad una probabilità di errore su un milione perchè ci sia la certezza di avere "guardato negli occhi" la particella di Dio. Solo allora ci sarà la conferma definitiva di ciò che si è visto finora. Una conferma che secondo i fisici potrebbe arrivare a fine 2012. Al momento il fatto che il bosone di Higgs si trovi in una zona di energia intorno a 125 GeV indica che questa particella potrebbe essere molto più leggera del previsto. Se da un lato la sua scoperta andrà a completare la teoria di riferimento della fisica contemporanea, chiamata Modello Standard, dall’ altro il fatto che sia così leggera stride con la teoria stessa, secondo la quale dovrebbe avere una massa maggiore. L’attesa è quindi che il Modello Standard sia destinato ad andare in pezzi. «Potrebbe non essere l’x che ci aspettavamo di vedere, così come potrebbero invece esistere più bosoni di Higgs», ha osservato Bertolucci. Lontanissima, quindi, dal dare le risposte tanto attese che il mondo della fisica si aspettava, la particella di Dio promette di riaccendere l’entusiasmo verso nuove zone di frontiera, ancora sconosciute e che potrebbero portare a scoprire la natura di oggetti ancora misteriosi come la materia oscura che occupa il 25% dell’Universo.

Caccia al bosone di Higgs, la 'particella di Dio'.

Un'immagine dal seminario al Cern di Ginevra
Un'immagine dal seminario al Cern di Ginevra


La 'particella di Dio', l'elusivo e misterioso bosone di Higgs che dovrebbe dare la massa alle particelle, ha dato "segnali indicativi" della sua possibile presenza, anche se questi segnali "non sono ancora sufficientemente forti da permettere la rivendicazione di una scoperta".
E' questo il "deciso passo avanti" nella ricerca di Higgs, dell'unica particella del modello Standard cioe' la cui esistenza debba essere ancora verificata sperimentalmente, annunciato oggi al Cern di Ginevra, nel corso di un affollato seminario, dalle collaborazioni Atlas e Cms, guidate, rispettivamente dai fisici
italiani Fabiola Gianotti e Guido Tonelli.
Durante il seminario al Cern, i fisici di Atlas e Cms, tra i due piu' importanti esperimenti in corso nel Large Hadron Collider (Lhc), l'acceleratore di particelle
che corre per 27 km sotto l'istituto di ricerca di Ginevra, hanno presentato infatti lo stato della ricerca del bosone di Higgs secondo il Modello Standard delle particelle elementari.
"I risultati dei due esperimenti sono basati sull'analisi di una quantita' di dati molto piu' consistente di quella presentata alle conferenze estive, una mole tale -afferma il Cern- da segnare un deciso passo avanti nella ricerca del bosone di Higgs, ma non sufficiente a permettere di fare affermazioni conclusive sull'esistenza o non esistenza dell'elusivo Higgs".
La conclusione principale tratta dagli scienziati e' che, "se esiste, il bosone di Higgs secondo il Modello Standard ha una massa inclusa con maggiore probabilita' nell'intervallo 116-130 GeV per l'esperimento Atlas e 115-127 GeV per Cms" sottolineano gli scienziati del Cern. Entrambi gli esperimenti hanno dunque osservato in questa regione di massa "segnali indicativi, ma non ancora sufficientemente forti da permettere la rivendicazione di una scoperta".

Hack: tappa fondamentale 
Se i risultati esposti oggi a Ginevra verranno confermati e quindi verranno trovate le prove dell' esistenza del bosone di Higgs sara' "una tappa fondamentale nella comprensione dell'Universo". Lo afferma l'astronofisica Margherita Hack.
 "La scoperta sarebbe il coronamento di una caccia durata 40 anni - spiega la scienziata - da quando Higgs formulo' il suo modello standard per spiegare la materia. Il modello prevedeva l'esistenza di una particella pesante, il bosone di Higgs, appunto, che pero' non era stata ancora trovata".
Secondo Hack la scoperta e' anche una prova della bravura dei ricercatori italiani: "Su quanto i nostri ricercatori siano bravi non c'e' discussione, il problema e' che solo in grandi laboratori internazionali come il Cern trovano risorse sufficienti per lavorare, mentre da noi non ci sono posti".

martedì 13 dicembre 2011

Da Berlusconi a Monti. Dal potere della destra alla... destra al potere


Da Berlusconi a Monti. Dal potere della destra alla... destra al potere


Strano interludio quello che vive l’Italia in questi mesi di profonda crisi recessiva. Si è passati dal Ventennio, brevemente interrotto in due fasi, del potere della destra eversiva e anticostituzionale alla Destra, quella vera, dalla “faccia pulita” al potere. La differenza più evidente è, al momento, la capacità professionale e tecnocratica dei membri del governo Monti rispetto all’improntitudine, la cosciente complicità nei conflitti d’interesse del “Capo”, che esprimevano i componenti della “Banda Berlusconi & C.”. Per il resto la musica che si comincia a sentire, ascoltandola da fuori Palazzo Chigi, sembra la stessa: una Sinfonia incompiuta con andante sostenuto in “tasse maggiori” per violino e orchestra!
 
La luna di miele tra il “salvatore della Patria” Monti e l’opinione pubblica potrebbe in queste ore trasformarsi nell’ennesimo risveglio amaro: dopo qualche centinaio di miliardi di tagli e tassazioni variamente disseminati dal governo Berlusconi negli ultimi tre anni, ecco che anche il “governo dell’impegno nazionale”, come si è autodefinito, ricalca lo stesso spartito dell’inasprimento fiscale verso chi tasse, accise, prelievi forzosi e contributi una tantum, li sta pagando da ben 19 anni al solo scopo di “non far saltare il banco” dei conti pubblici, ma senza mai vedere dove, come e per quali scopi, questo “sangue” gli è stato prelevato dalla notte al giorno.
 
Un economista liberale nel senso storico e filosofico della parola, come il professor Alessandro De Nicola, presidente dell’Adam Smith Society, fautore della creazione dei Tea Party anche in Italia (l’ala iperliberista dei Repubblicani americani, anti-Obama), commentatore abituale del settimanale di sinistra “L’Espresso” edocente a quella Università Bocconi di cui Monti è stato anche Rettore, ha criticato dal suo punto di vista di “liberale puro” le anticipazioni sulla manovra “lacrime e sangue” del governo, proprio perché basata su l’inasprimento della tasse sui “soliti noti”, scegliendo una politica recessiva e non di incentivi alla ripresa. Certo, per De Nicola sarebbe meglio che venissero ridotte le spese pubbliche di uno “stato sprecone”, troppo ingombrante, che blocca qualsiasi tipo di concorrenzialità, ma in questa fase è preferibile per lui una scelta di stampo Keynesiano, a quella iperliberista che aleggia sulle decisioni montiane, proprio per alimentare la ripresa, incentivare lo sviluppo e i consumi, anziché far precipitare il paese nella “depressione” o addirittura nella “stagflazione”.
 
- L’aumento di 2 punti percentuali dell’IRPEF per i redditi del ceto medio produttivo, che solo nominalmente viene tassato del 41 e 43%, ma che in realtà subisce già un prelievo con le addizionali regionali e comunali del 50%, significa succhiare il sangue ad una fascia di popolazione estesa che regge i consumi, risparmia e sostiene i costi indiretti del welfare state, dal momento che con le proprie forze assiste i familiari più anziani malati cronici, si sobbarca le spese scolastiche sempre più esose e sostituisce lo stato nel dare una casa e un “salario minimo garantito” ai milioni di giovani figli disoccupati.
 
- Tagliare le spese alla Sanità, reintroducendo i ticket è, poi, una manovra classista che strangola i più deboli e bisognosi, azzera la competitività delle “eccellenze” pubbliche e favorisce le “spese indirette” verso le cliniche private.
 
- Passiamo quindi alla reintroduzione leggera o meno dell’ICI sulla prima casa (sulla falsariga del governo Prodi?) e della Super-ICI sulle seconde e terze case. Non è una mini-patrimoniale, ma un’altra misura depressiva: diminuirà il costo delle abitazioni, si bloccherà il mercato degli affitti, delle compravendite e delle costruzioni. Soprattutto pagheranno ancora i ceti medi e non solo, dipendenti e pensionati.
Dove è la tanto decantata equità?
 
- Forse la tassa sullo stazionamento delle barche?
Solo fumo negli occhi, per addolcire a sinistra la stangatina sulle pensioni di anzianità. Ormai sono milioni gli italiani che hanno una piccola imbarcazione ormeggiata, il più delle volte regolarmente denunciata e di modeste proporzioni. Poi, certo, ci sono quelle grandi, di lusso, che spesso battono bandiere “offshore”, intestate a società di comodo o in leasing. Queste potranno anche pagare la tassa sullo stazionamento in porto, ma tanto le spesse verranno “scaricate” nelle detrazioni fiscali delle società, appunto. E non servirà, comunque, a scovare evasori o elusori fiscali. Perché allora non tassare anche i proprietari di auto sportive, SUV e di marche di pregio, incrociando i loro dati con quelli dell’anagrafe tributaria?
 
- E le misure patrimoniali come l’armonizzazione del prelievo fiscale su tutte le rendite finanziarie, che da sola potrebbe portare subito alcuni miliardi?
 
- E la riapertura delle indagini sui “capitali scudati” dal duo Berlusconi/Tremonti, che avrebbe fatto recuperare alcune decine di miliardi dai conti svizzeri degli italiani “fedifraghi”, come hanno fatto tedeschi ed inglesi imponendo la collaborazione delle banche elvetiche?
 
Si può andare avanti con altre misure improntate all’equità e al rispetto delle fasce sociali, suggerite dai “liberal” alla De Nicola o anche più "sociali" elaborate dai sindacati come la CGIL, per non tartassare sempre coloro che da quasi 20 anni hanno pagato tutto e subito. Ci fermiamo qui, in attesa che SuperMario parli alla Nazione dalla tribuna televisiva della “Terza Camera”, quel Porta a Porta, berlusconizzato programma, utilizzato durante il regime del Cavaliere per fare da cassa di risonanza delle sue gesta e alla sua controrivoluzione culturale.
 
Resta però il pericolo per il centrosinistra di dover accettare una manovra del genere, contro quei settori che invece dovrebbe rappresentare e che ovviamente gli volteranno le spalle; mentre da parte di Berlusconi e soci, dopo alcuni sbraiti mediatici, propagandistici, non sembrerà vero che proprio il “tecnico” Monti, sostenuto anche dal PD, faccia il “lavoro sporco”, che Berlusconi stesso non avrebbe mai potuto permettersi: salvando i suoi tanti conflitti di interesse e  difendendo le rendite finanziarie sue e dei suoi accoliti.
 
Per il PD ci sarebbe un esito esiziale, un'anticamera della scissione, con una parte degli ex-democristiani (Fioroni e Marini, ma anche Letta) e veltroniani insieme alla sparuta pattuglia dei "liberaldemocraitci" di Ichino e Bianco  a difendere "sic et nunc" qualsiasi manovra recessiva di Monti, in nome de "E' l'Europa che lo vuole!". Si ingrosserebbero le fila della sinistra radicale, da SEL agli "Indignati", ai "grillini" e a Rifondazione; così come trarrebbe nuova linfa vitale il "giustizialismo sociale" di Di Pietro. Comunque, tutto l'arco del centrosinistra perderebbe il suo appeal, che attualmente aveva nei sondaggi di opinione.
 
E così il rischio vero è che proprio il Mago di Arcore potrebbe  uscire trionfante da questa “sospensione della democrazia”, riprendendosi parte dei consensi persi in questi tre anni di “non-governo” e di scandali “al pepe rosa”.