lunedì 4 gennaio 2016

Capodanno, gli esperti: "Depurare fegato e intestino dopo le abbuffate". -

Capodanno, gli esperti: "Depurare fegato e intestino dopo le abbuffate"

Andid: "Integratori e tisane non servono senza una buona dieta a base di frutta, verdure e cibi poco conditi."


 - Pranzi e abbuffate di Natale e Capodanno non si traducono solo in chili di troppo, ma anche nell'aumento di colesterolo e trigliceridi, intestino irritato e affaticamento del fegato. Secondo gli esperti, "è bene quindi iniziare l'anno con una dieta e un periodo di depurazione dalle tossine accumulate". 

Tuttavia "integratori e tisane non servono senza una buona dieta a base di frutta, verdure e cibi poco conditi, possibilmente accompagnata dalla giusta attività fisica".
"L'eccesso di un'alimentazione particolarmente grassa, e a Natale non si tratta solo di un giorno ma di un periodo prolungato provoca aumento di colesterolo e trigliceridi e affatica in particolare il fegato", sottolinea Giovanna Cecchetto, dell'Associazione Nazionale Dietisti (Andid).

I consigli: "No al digiuno, cibi semplici" - I troppi condimenti e l'alcol comportano un sovraccarico digestivo che irrita le mucose e nuoce sia allo stomaco che all'intestino. "Per riabilitarlo - spiega la Cecchetto - non serve il digiuno ma un periodo di disintossicazione, con molta acqua e condimenti semplici, a base di olio di oliva a crudo". Fondamentale "ridurre al massimo grassi, zuccheri semplici e bevande alcoliche, ma anche introdurre più cereali integrali e fonti proteiche vegetali come i legumi al posto di carne o formaggi". Via libera, infine, alle verdure ma "crude, bollite o cotte al vapore, non ripassate nell'olio".

sabato 2 gennaio 2016

MONETA, CORRUZIONE E POLITICA. - Alberto Bagnai

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Care lettrici, cari lettori,
fra poco, o da poco, avrete forse ascoltato in televisione le parole di un’alta carica istituzionale alla quale la legge ci comanda rispetto. Io me le risparmierò (o me le sarò risparmiate). So, come sapete voi, che da quel lato possiamo aspettarci poche sorprese. Non penso di riservarvene molte di più io, ma non rinuncio al desiderio un po’ egoistico di condividere con voi l’angoscia e l’amarezza di questo momento.
Il 2015, purtroppo, è andato come ci aspettavamo che andasse. 

Sul Fatto Quotidiano del 31 dicembre scorso scrivevamo:

1. che il Quantitative Easing di Draghi avrebbe fallito (per motivi a noi chiari da anni, poi brillantemente ribaditi e sviluppati a maggio su asimmetrie.org dall’amico Charlie Brown);

2. che la crescita sarebbe stata inferiore alle aspettative del governo (e più vicina alle nostre previsioni);

3. infine, che il TTIP avrebbe fatto qualche passo avanti (il meccanismo comunicativo adottato, d’altronde, ci chiariva che anche in questo caso, come in quello della moneta unica, la decisione è sostanzialmente già stata presa, e tutto il resto è teatrino).

Che il QE abbia fallito lo dice da settembre anche il Financial Times, il cui scetticismo verso Draghi rasenta ormai il dileggio. Sulla crescita non mi pronuncio: ognuno di voi sa cosa pensarne. L’ultima edizione dei Conti trimestrali ISTAT dà per acquisita una crescita 2015 pari allo 0.6% (la nostra previsione). Nulla di sorprendente: il governo si basava sul suo wishful thinking (che entro certi limiti è anche un suo dovere istituzionale), e noi su un modello pubblicato su rivista, che aveva chiaramente specificato come e perché il QE non avrebbe promosso la crescita (ma questo lo sapete)
Del TTIP è inutile parlarne. Decisioni prese sopra le nostre teste.

Con queste premesse, ho timore di volgere lo sguardo al 2016. Non è escluso, e anzi appare in questo momento molto probabile, che esso ci ponga di fronte al bivio del quale vi ho parlato tante volte: quello fra ricapitalizzare le nostre banche in euro, mettendoci in mano alla troika, o ricapitalizzarle in lire, riprendendo in mano la nostra vita. La prima opzione ci è stata graziosamente annunciata dall’amico Lars, nell’inedita veste di misso dominico, come vi ho riportato qui; la seconda opzione è quella che la storia dichiara inevitabile, cosa della quale ormai si accorgono un po’ tutti: dal simpatico Bilbo, a Zingales (se pure in forma tortuosa e implicita, come vedremo). Quindi la valutazione è che arriveremo con probabilità uno alla seconda, ma passando con una probabilità ormai decisamente superiore a 0.5 per la prima.

Se però mi permettete, vorrei motivare questo giudizio di sintesi con un minimo di analisi, stimolata anche dalle recenti discussioni su questo blog. La domanda che in molti ci siamo posti (o almeno, che vi ho stimolato subliminalmente a porvi) durante questo ultimo mese è: “ma perché quando si parla di moneta o di corruzione la gente sclera?”.
Può sembrare che questa domanda abbia poco o nulla a che vedere con la crisi bancaria che tanti paventano, o con la maggiore o minore probabilità di un commissariamento dell’Italia. Può sembrare anche che i due termini della questione (corruzione e moneta) siano eterogenei, e che quindi metterli insieme in uno stesso interrogativo non ci aiuti molto a procedere nella nostra analisi, nella nostra comprensione del reale.

Naturalmente la penso in modo un po’ diverso. Credo che una riflessione su questa domanda ci aiuti a capire perché siamo arrivati qui e quali strade ci si aprano, o meglio chiudano, davanti. Per giustificare questa mia intuizione, vi faccio notare una cosa. Esiste una piacevole simmetria fra lo sclero sulla moneta e quello sulla corruzione. Come ormai avrete notato, chi sclera sulla moneta normalmente tende a negare che essa sia un fatto politico (“l’euro è solo una moneta”), il che non esclude che ad essa attribuisca un valore morale (“non puoi più fare il furbo svalutando la liretta”).
Simmetricamente, chi sclera sulla corruzione normalmente tende a considerarla il fatto politico (in effetti: l’unico fatto politico rilevante), riconducendo sistematicamente i giudizi politici a giudizi morali.

Vorrei porre come ipotesi di lavoro quella che l’esercizio del dibattito e dei diritti politici abbia come obiettivo il trovare, nelle forme che l’ordinamento prevede e consente, un punto di sintesi fra interessi in conflitto, affinché la vita della polis resti nella misura del possibile pacifica e ordinata. Io non sono uno scienziato politico, quindi può darsi che chi invece lo è trovi questa mia affermazione un po’ naïve (e in questo caso, a differenza di quando si parla di cose che io conosco e l’interlocutore no, sarò lieto di accettare correzioni). Diciamo però che se scendiamo dal terreno dei grandi ideali (cioè delle cortine fumogene) a quello della “struttura” (cioè dell’economia), è abbastanza ragionevole riconoscere che capitale e lavoro (da definire caso per caso) hanno interessi confliggenti, e che una mediazione efficiente di questi interessi è indispensabile. Sapete che la mediazione attuale, quella basata sullo schiacciamento del lavoro, è inefficiente, perché conduce naturaliter a una crisi finanziaria, come spiego ne L’Italia può farcela, dopo avervene parlato ad esempio a Pescara e a Bruxelles.

Ora, torniamo ai nostri amici per i quali la corruzione è un fatto politico, mentre la moneta no. Secondo me le cose stanno esattamente al contrario: la moneta è un fatto politico, la corruzione no.

La corruzione non è un tema politico. 
Mi spiego subito, partendo dalla seconda affermazione (prima che qualche poraccio con l’invidia penis del SUV venga a buttare tutto in caciara), e lo faccio con un esempio. A voi risulta plausibile, o anche semplicemente possibile, che un partito politico metta nel suo programma l’incitazione alla corruzione? Direi di no. Difficile che un politico si presenti in un dibattito dicendo: “Io sono per la corruzione!” (o per l’incesto, o per quel che è…). Ora, visto che nessuno dichiarerà mai di propugnare o difendere la corruzione, sul tema non ci potrà mai essere contrasto di interessi, e nemmeno di vedute, né dibattito fra favorevoli e contrari. Quello della moralità, in effetti, è un tema prepolitico: chi lo usa come tema politico si propone in effetti di annientare la possibilità di qualsiasi dibattito.

Lo si è visto bene nel dibattito sottostante a questo post, che, scritto al volo ai giardinetti, ha avuto un successo inaspettato (bè, proprio inaspettato no, ormai mi conoscete…): 12867 visualizzazioni, 244 commenti, 16 “+1” in GooglePlus. Ma la discussione ha avuto degli esiti che non stento a definire surreali.


Ci sono stati alcuni casi patologici (non me ne vogliano gli interessati), come quelli di tal Zundap, che commentando un post nel quale scrivevo che il Fatto Quotidiano “è più o meno l'unico giornale che ci stia informando sulla crisi bancaria, cioè, come qui sappiamo da quattro anni, sulla crisi tout court”, e che “sta facendo un lavoro eccellente, e c'è da scommettere che passerà i suoi guai per questo. Quindi è nostro dovere sostenerlo. Ha anche dimostrato di essere l'unico (leggi: UNICO) organo di stampa italiano aperto a un minimo di pluralismo sui temi di fondo”, interviene in tal guisa:

Luigi Zundap ha lasciato un nuovo commento sul tuo post "La corruzzione rende ciechi":
Travaglio ed il FQ non sono il massimo dell'informazione ma per favore in mezzo alla stampa nazionale sono uno dei pochi giornali che cercano di fare una informazione "decente" quindi "non spariamo sul pianista".
Postato da Luigi Zundap in Goofynomics alle 28 dicembre 2015 14:27


E va bè…
Ma anche al di fuori di questi casi limite, nessuno è voluto entrare nel merito delle tre questioni che sollevavo:

1. è scorretto (mi spiace dirlo, ma questo è) presentare surrettiziamente come un’anomalia statistica un dato che viceversa è in linea con la media europea (l’evasione italiana sta all’evasione europea come i redditi italiani stanno a quelli europei);

2. è politicamente inopportuno, soprattutto in questo momento di emergenza nazionale, farlo con intenti razzisti verso gli italiani;

3. è logicamente contraddittorio chiedere di pagare le tasse a beneficio di una comunità che si dipinge come una comunità di cialtroni (che quindi non meritano né risorse né tantomeno correttezza).

Ecco, è soprattutto l’ultimo punto che mi sembra sia sfuggito un po’ a tutti. Il messaggio “travaglista” è intrinsecamente contraddittorio, a mio avviso. Non puoi partire dall’assunto che noi italiani siamo ontologicamente merda senza se, senza ma e soprattutto senza forse, e poi pretendere che siamo lieti di contribuire (da contribuenti) a questo mucchio di letame! Forse chi esorta alla lealtà verso lo Stato, dovrebbe mostrare, o almeno fingere, un minimo di fiducia nelle proprie istituzioni e nei propri concittadini, di moderato orgoglio nazionale, qualcosa che trasmetta insomma il senso che il sacrificio che si sta per fare non è un vuoto a perdere, non va solo nelle ostriche di Batman, ma anche (e prevalentemente) nello stipendio del medico di pronto soccorso. Invece gnente. Noi siamo merda, ma dobbiamo pagare altre merde. Insomma, la versione Cambronne del mercoledì delle ceneri: merda alla merda.

Invece di discutere questo tema, cioè l’opportunità di creare un minimo di senso dello Stato partendo dalla costruzione di un’identità positiva per la nostra comunità, si sono attraversate sessanta sfumature di imbecillità, dal “Bagnai giustifica la corruzione”, all’immancabile “artigiano col SUV”, senza mai passare per un confronto coi numeri (il tema della mia prima osservazione).

Ma non ne voglio ai tanti che hanno animato questo surreale dibattito. Non è colpa loro se sono caduti in trappola. L’uso di un tema prepolitico con finalità apolitiche non è mica casuale, non è una novità, e non è che ci voglia un genio per praticarlo, mentre bisogna essere un minimo smaliziati per evitare di cascarci. Sono tecniche che si imparano sui libri, come quelli di Foa e di Giacché. Per azzerare il dibattito politico basta scegliere un tema valoriale, ed è fatta. Il dibattito prende subito la nota piega (anzi: piegà):

Uno: “O-ne-stà! O-ne-stà!” Un altro: “Scusate, la disoccupazione…” Uno: “Ecco, sei corrotto, sei contro l’o-ne-stà, o-ne-stà, i problemi si risolvono con l’o-ne-stà, o-ne-stà, cosa vuoi? Fare spesa pubblica per promuovere l’occupazione? Allora sei corrotto! Non hai capito che il problema è che se so magnati tutto? O-ne-stà, o-ne-stà…”

E via così, secondo il teatrino al quale assistiamo da tempo e che sinceramente stufa.


Ve lo dico in un altro modo, cari amici. Lo capite sì, o lo capite no, dopo gli esempi che vi ho fatto, che trasformare il tema dell’onestà in un tema politico è una trappola costruita per costringervi al ruolo di imbecilli? Imbecilli che poi non siete, ne sono certo. Ma quante stupidaggini si fanno agendo d’impulso? Pensateci. Se verrà la troika, non è escluso che abbia questi begli occhioni scuri: il Financial Times non ti sdogana per caso. Allora ne riparleremo, se avrete voglia, va bene?

La moneta è un tema politico
Poi c’è lo sclero sulla moneta: quello è ancor più incomprensibile. Più esattamente, come ho già avuto modo di dirvi, è per me incomprensibile come a “sinistra” si possa affermare che l’euro è solo una moneta! Il rifiuto di ammettere quello che è ovvio, e che intellettuali del calibro di Streeck ribadiscono, ovvero che i sistemi monetari sono istituzioni, e come tali sono il prodotto dei rapporti di forza prevalenti fra le classi sociali, e contribuiscono quindi a loro volta a determinare questi rapporti (cioè, in soldoni: incidono sulla distribuzione del reddito), questo rifiuto rimane per me incomprensibile e priva chi più ne avrebbe bisogno della capacità di leggere l’evoluzione degli avvenimenti.

Guardate ad esempio cosa ammette il nostro migliore amico, Zingy!

MCP

(in una intervista al Fatto Quotidiano). Dice quello che qui ci siamo sempre detti, e che era parte della normalità, come ho cercato di spiegarvi (suscitando interminabili scleri): che il finanziamento con base monetaria (oltre a essere, come vi ho mostrato, una prassi normale prima della controrivoluzione liberista), è ovviamente l’unico modo per risolvere effettivamente un crisi bancaria sistemica. Solo la garanzia di una Banca centrale può arrestare il panico: i risparmiatori non correranno in banca a prosciugare (o tentare di prosciugare) i propri conti se sanno che la Banca centrale alle brutte “stamperà” i soldi che eventualmente mancassero. E ovviamente se i risparmiatori sanno che le cose stanno così, in banca non ci vanno, e quindi la Banca centrale di soldi deve stamparne molti di meno! Finirà così, dovrà necessariamente finire così, e, come vi ho altresì già detto, anche l’eterno secondo alla fine lo ha confessato. L’unica utilità residua del QE è quella di contribuire indirettamente al risanamento del sistema bancario, monetizzando la monnezza che si è andata accumulando nel tempo, cioè facendo in forma surrettizia quello che le regole europee vietano di fare in forma esplicita: intervenire come lender of last resort

delle istituzioni bancarie. Una funzione assolutamente fisiologica per una banca centrale, come feci notare tempo addietro in una polemica della quale forse vi siete dimenticati, e che fra l’altro, secondo me, non è nemmeno esplicitamente vietata dai Trattati (che invece vietano l’intervento per monetizzare il deficit pubblico, cioè l’acquisto di titoli pubblici sul primario).

Il problema di moral hazard, cioè il fatto che stampando la liretta deresponsabilizzi er politico o er l'amministratore, non si risolve espropriando i pensionati, ma punendo i responsabili, se lo si vuole fare, e questo lo dice chiaro e tondo anche Zingales (onore al merito).
Ma c’è un problema, che capisci solo se ammetti che l’euro è un’istituzione. E qual è? Quello che noi conosciamo, e che Zingy dice certamente senza accorgersene e probabilmente senza volerlo dire! 

Sentitelo:

“Il problema sistemico si risolve con l’intervento della banca centrale che in caso di crisi di liquidità deve garantire interventi massicci a sostegno delle banche. E questo dovrebbe essere pacifico in caso di crisi generale. Ma in una crisi su base regionale, localizzata ad esempio in Italia, la Bce interverrebbe in modo deciso?”

Avete capito?

Riportiamo questa logica al mondo di prima, che sarà quello di poi, ovvero il mondo delle banche centrali nazionali.
Riportiamo cioè il discorso dalla scala della nazione europea (che non esiste) a quella dello Stato italiano (che esiste). Per fissare le idee, sostituite BCE con Bankitalia, e Italia con Campania. Il passo, dopo questa sostituzione, diventa:

“Il problema sistemico si risolve con l’intervento della banca centrale che in caso di crisi di liquidità deve garantire interventi massicci a sostegno delle banche. E questo dovrebbe essere pacifico in caso di crisi generale. Ma in una crisi su base regionale, localizzata ad esempio in Campania, Bankitalia interverrebbe in modo deciso?”

Se leggete la seconda versione, notate una certa assurdità. Perché mai Bankitalia non dovrebbe intervenire a salvare una banca con sede a Napoli? Che interesse avrebbe a far fallire la Campania? E perché la BCE non dovrebbe intervenire a salvare le banche italiane? Che interesse avrebbe a far fallire l’Italia?

Ah, ecco…

Chissà se così riuscite a farlo capire ai vostri amici che:

1. l’intervento della Banca centrale “stampando moneta” è ammesso e anzi considerato risolutivo perfino da Zingy e perfino dal Financial Times;

2. però non lo si può mettere in pratica perché l’euro non è solo una moneta: è un sistema monetario, cioè un’istituzione, che riflette un ben preciso sistema di rapporti di forze, che in questo momento ci vedono soccombere.

Così è più chiaro?

Ecco: se uno capisce che la moneta è politica, allora capisce anche perché alla fine la Banca centrale dovrà intervenire, e perché l’intervento risolutivo non potrà mai venire da una Banca centrale europea. Il che implica, ovviamente, che l’intervento risolutivo potrà venire solo da una Banca centrale nazionale, cioè che, come dice l’amico Bilbo citato nel post precedente, bisognerà uscire.

E a questo punto avrei voluto parlarvi di tavoli: ma mi stanno chiamando, e lo farò un’altra volta e in altra sede. Il tavolo al quale devo sedermi non prevede, purtroppo, la vostra presenza…

Alberto Bagnai
Fonte: http://goofynomics.blogspot.it/
Link: http://goofynomics.blogspot.it/2015/12/moneta-corruzione-e-politica.html
31.12.2015

http://www.comedonchisciotte.org/site/modules.php?name=News&file=article&sid=16061

venerdì 1 gennaio 2016

Dovrei essere orgogliosa di essere italiana?



E io dovrei essere orgogliosa di essere italiana?
Perchè?

Perchè manca il lavoro?
Perchè chi paga le tasse viene penalizzato al posto dell'evasore?
Perchè le strade delle città sono sporche e piene di buche?
Perchè non funziona niente?
Perchè si costruiscono cattedrali nel deserto per rimpinguare le tasche dei soliti noti?
Perchè c'è corruzione?
Perchè chi governa depreda i cittadini levando loro diritti acquisiti nel tempo?
Perchè chi governa lavora per favorire se stesso tanto non verrà mai punito?
Uno stato - che costringe entrambi i genitori a lavorare (quando lo trovano il lavoro) perchè con un solo introito è impossibile mandare avanti una famiglia e, nel contempo, non fornisce loro asili nido dove portare i figli e toglie loro la possibilità di affidarli ai nonni, ai quali hanno innalzato l'età pensionabile a 65 anni - è uno stato inefficiente, inadeguato, direi uno stato capestro!
Di contro ci sono parlamentari che si arrogano il diritto di utilizzare mezzi pubblici governativi per sè e per i loro amici anche per spostarsi durante le vacanze.
Tornare alla legalità? Quale legalità, quella che stanno contraffacendo con leggi che favoriscono i disonesti, i furbi, i delinquenti?
Siamo seri, sono italiana, ma non sono affatto orgogliosa di esserlo; lo sono, semmai, per il glorioso passato, quel passato sepolto dall'incuria, anche nostra, perchè abbiamo affidato l' amministrazione della "res publica", a faccendieri, incapaci, irresponsabili, disonesti e ............mi fermo qui.

Cetta

!° gennaio 2016




mercoledì 30 dicembre 2015

MA CHI E' SERENELLA FUKSIA??




• Vota 253 volte diversamente dal proprio gruppo;

• Vota contro l'autorizzazione a procedere per istigazione al razzismo su Calderoli che ha paragonato il ministro Kyenge a un orango;
• Vota contro i 5stelle sulla rendicontazione dei partiti;
• E' assente nel voto sul Senato e nelle 2 votazioni di bilancio 2014 e 2015;
• E' contraria sulla riorganizzazione della PA;
• Esprime più volte critiche al M5S ed è favore a Renzi;
• Lavora spesso con i parlamentari espulsi dal M5S;
• E' assente quasi a una votazione su 3;
• Fa i complimenti alla Boschi per il suo discorso alla richiesta di sfiducia presentata proprio dai 5stelle;
• A differenza di quanto deciso dal suo gruppo, si oppone fino all’ultimo all’arresto di G. Bilardi (Ncd), per le spese pazze in Calabria;
• A marzo 2014 viene sfiduciata dal suo meet up di base che la valuta distante dai problemi del territorio e non idonea a rappresentarli in quanto parla solo per esprimere la propria opinione;
• A marzo 2014 Grillo e Casaleggio la salvano dall'espulsione;
• Sul suo blog ci sono 750 commenti, banna in modo permanente tutti i detrattori e ne restano solo 50;
• Firma un emendamento che dice che le coppie anche dello stesso sesso possono firmare un’unione civile “a patto che abbiano la stessa residenza e convivano ininterrottamente da almeno 3 anni”.Interrogata su questa astrusità, dice di non saperne niente.Subito dopo aggiunge che la residenza non ha senso mentre il domicilio sì (chissà perché);
• Partecipa a una cena con Uber e parlamentari del PD;
• Nel 2014, sempre in ritardo con la rendicontazione dichiara che farla è difficile e lei ha altro da fare;
• E' da giugno che, contro ogni sollecito, non dà quanto deve, si scusa dicendo che il suo portaborse è malato;
• E' a favore del jobs act,della cancellazione dell'art.18, della buona scuola e della Boschi........


Enzo Arighi

https://www.facebook.com/enzo.arighi/posts/10205713091448648?fref=nf&pnref=story

Palermo, tram del maxi-appalto costretto a girare vuoto. Il bilancio? Già in rosso. - Giuseppe Pipitone

Palermo, tram del maxi-appalto costretto a girare vuoto. Il bilancio? Già in rosso

Rischiava di costare alle casse del capoluogo siciliano una stangata da 328 milioni di euro: fondi Ue che sarebbero stati bloccati se non fosse stato operativo entro il 31 dicembre. E la magistratura indaga, dai lavori cominciati senza un progetto esecutivo alle costose consulenze elargite per nomina diretta.

Otto anni di lavori, più di trecento milioni di euro di spesa, settimane di collaudo infinito, e un bilancio che nasce già in passivo. In mezzo ci sono le indagini della procura, una durissima relazione dell’Anticorruzione e un fuoco incrociato di polemiche. È in questo variopinto scenario che a Palermo tornerà a sfrecciare il tram, quasi un secolo dopo l’ultima corsa, datata 1947. Altri tempi, dato che questa volta l’affare tram rischiava di costare alle casse del capoluogo siciliano una stangata da 328 milioni di euro: fondi dell’Unione Europea che sarebbero stati bloccati se il progetto non fosse stato operativo entro il 31 dicembre.
Bruxelles vuole indietro i soldi del tram? Che problema c’è? Smontiamo i binari e glieli spediamo indietro”, commentavano ironici i consiglieri comunali di Forza Italia. “Col tram diminuiranno furti e rapine”, vaneggiava, invece, il sindaco Leoluca Orlando, consapevole che la questione stava per trasformarsi in un vero e proprio disastro per la sua giunta: nonostante i cantieri avessero finito da mesi il loro lavoro, infatti, mancavano sia il denaro che gli uomini per gestire il servizio. Alla fine, però, dopo una seduta fiume durata più di 24 ore e terminata la vigilia di Natale, il consiglio comunale ha dato il via libera al contratto per mettere la gestione della rete tranviaria nelle mani di Amat, la società comunale che si occupa già del trasporto pubblico su gomma.
Un via libera nato tra le polemiche, dato che è arrivato con i voti del centro destra e dei consiglieri comunali fedeli a Orlando, mentre il Pd ha già iniziato la raccolta firme per chiedere il ritiro della delibera. Il motivo? Il primo cittadino finanzierà la gestione del nuovo mezzo pubblico imponendo la "Zona a traffico limitato" nel centro storico cittadino. I conti sono presto fatti: gestire il tram costa 22 milioni di euro all’anno, tra manutenzione (dieci milioni), energia elettrica (quattro milioni e mezzo), autisti (sei milioni) e pulizie (quasi trecentomila). Con la Ztl, che costerà 100 euro all’anno per ogni veicolo che entrerà in centro (anche per i residenti), l’eterno sindaco palermitano (in carica già nel 1985) stima di mettere in cassa una trentina di milioni l’anno. “Bisogna opporsi a questo scippo in piena regola”, tuonano i consiglieri dem.
Il nodo della Ztl, però, non è l’unico che anima la protesta dei professionisti dell’antitram. “Nel primo anno – dice la consigliera Nadia Spallitta – il tram costerà circa 22 milioni e prevede incassi per 4 milioni, mentre nel secondo anno costerà 17 milioni e l’incasso dovrebbe restare lo stesso”. Come dire che il nuovo trasporto pubblico palermitano nasce già con un rosso di almeno 13 milioni di euro all’anno: buco che verrà appunto ripianato solo con i soldi della nuova Ztl.
Ma non solo. Perché a correre sui binari non sono solo le polemiche, ma soprattutto le inchieste giudiziarie che cercano di fare luce su quindici anni di appalti a nove cifre. Il progetto di una nuova linea tranviaria del capoluogo siciliano prende corpo nel 2000 quando la Banca europea d’Investimenti dà l’ok ad un finanziamento da 160 miliardi di lire. Da quel momento in poi comincia la tipica sagra del rinvio molto cara alla burocrazia nostrana: il progetto dovrà attendere cinque anni per essere autorizzato, i cantieri verranno inaugurati nel 2006, ma i lavori cominceranno solo nel 2007. Manco a dirlo, il costo per realizzare l’opera lievita a dismisura: il primo appalto viene assegnato per 192 milioni di euro, più del doppio rispetto al primo finanziamento, quindi spuntano varianti, consulenze, bonus per più di 80 milioni di euro. È per questo motivo che nel 2013 Raffaele Cantone prende carta per segnalare “anomalie e difformità” nell’intera operazione: dai lavori cominciati senza un progetto esecutivo alle costose consulenze elargite per nomina diretta.
Il dossier dell’Anticorruzione finisce sui tavoli dei pm Roberto Tartaglia e Maurizio Agnello, che già due anni fa avevano aperto un fascicolo sulla vicenda. Indagine che è ancora in corso, mentre pochi giorni fa un altro sostituto procuratore, Daniela Varone, ha ordinato agli uomini della guardia di finanza di andare in Municipio per sequestrare ogni singolo documento sulla rete tranviaria. E mentre si attende che le indagini degli inquirenti facciano luce sui vari punti oscuri del maxi appalto, il tram ha già iniziato la sua corsa tra le vie della città: solo che è completamente vuoto. In attesa che il consiglio comunale approvasse il contratto di servizio con l’Amat, e aspettando ancora oggi il via libera della Regione Siciliana, i conducenti sono obbligati ogni giorno ad un collaudo infinito: il tram c’era, i binari pure, ma mancavano i soldi e i gestori per fare partire il servizio. E così, ogni mattina gli autisti mettono in moto il tram, provano i freni, si fermano ai semafori, ripartono, senza che alcun passeggero sia mai potuto salire sui luccicanti vagoni bianchi costruiti dall’austriaca Bombardier. Uno spettacolo surreale che dovrebbe finire entro il 31 dicembre, ma che nel frattempo va avanti da quasi un mese: come dire che in Sicilia i paradossi riescono a materializzarsi persino sui binari.