domenica 14 novembre 2010

Pompei crolla, loro mangiano. - di Emiliano Fittipaldi e Claudio Pappaianni




Invece di occuparsi del patrimonio archeologico, Bondi e Bertolaso hanno speso milioni di euro per 'eventi' e 'progetti' sull'area dei loro amici. E per una visita del premier, che poi ha pure bidonato.

Per Pompei le risorse ci sono, si tratta di saperle spendere", affermava due anni fa Sandro Bondi, annunciando che il 28 ottobre 2008 Berlusconi avrebbe visitato il sito archeologico più famoso del mondo. Chissà se il ministro per i Beni culturali sapeva che per quella visita il commissariato straordinario voluto da lui medesimo stava bruciando un pacco di soldi. "Sessantamila euro per la visita del presidente del Consiglio", recita la voce della contabilità del commissariato, cui vanno aggiunti 11 mila euro per la "pulizia delle aree di visita del Presidente del Consiglio" e 9.600 euro per "l'accoglienza". Giustificazione dell'uscita: promozione culturale. Lavoro e migliaia di euro sperperati, visto che il Cavaliere a Pompei non ci metterà mai piede.

I soldi destinati alla visita del premier non sono gli unici, incredibili "investimenti" che i due commissari straordinari voluti da Bondi (prima il prefetto Renato Profili, poi Marcello Fiori della Protezione civile) hanno autorizzato durante la loro gestione per rilanciare il sito. "L'espresso" ha trovato l'elenco di (quasi) tutte le spese effettuate dalla struttura, denaro che forse sarebbe stato meglio utilizzare nella manutenzione e nel restauro dei templi e delle Domus degli scavi. "Ora è tardi, la scuola dei Gladiatori è crollata e non si può tornare indietro", dice un tecnico che chiede l'anonimato: "È una roba vergognosa, pazzesca, ha ragione il presidente Napolitano".

Tra stipendi da record, consulenze, operazioni di marketing e bizzarrie in odore di Cricca, a Pompei ci hanno mangiato in tanti. La lista comprende di tutto: ci sono 12 mila euro pagati per rimuovere 19 pali della luce; 100 mila per il "potenziamento dell'illuminazione" delle strade esterne al sito; 99 mila finiti a una ditta che ha rifatto "le transenne". Oltre 91 mila euro sono andati a un Centro di ricerche musicali per l'installazione di planofoni (strumenti per la diffusione del suono nello spazio), e 665 euro sono serviti a cambiare le serrature di un punto di ristoro. Quasi 47 mila euro sono serviti per metter in piedi l'evento "Torna la vite"; 185 mila per il progetto PompeiViva: soldi dati alla onlus romana CO2 Crisis Opportunity fondata da Giulia Minoli, figlia di Gianni e Matilde Bernabei, che ha avuto Gianni Letta come testimone di nozze. Lo sposo? Salvo Nastasi, direttore generale del ministero dei Beni culturali. Al piano di valorizzazione è stata chiamata anche Wind: importo previsto, 3,1 milioni di euro.

Le convenzioni, a Pompei, costano caro: 547 mila euro sono stati spesi per un progetto intitolato "Archeologia e Sinestesia" curato dall'Istituto per la diffusione delle Scienze naturali, altri 72 mila sono state dati all'associazione Mecenate 90 (presidente onorario il solito Gianni Letta, presidente Alain Elkann) per un'indagine conoscitiva sul pubblico, e ben 724 mila all'Università di Tor Vergata "per lo sviluppo di tecnologie sostenibili".

Qualche maligno sostiene che ci possa essere un conflitto d'interessi: Fiori, si legge nel suo curriculum, è stato docente universitario del corso "Pianificazione degli interventi per la sicurezza del territorio" proprio a Tor Vergata. Supermarcellino, come lo chiamano gli amici, fedelissimo di Guido Bertolaso, ex vice-capogabinetto di Rutelli, è l'uomo-chiave degli ultimi 18 mesi, l'esperto che afferma di aver speso il 90 per cento dei 79 milioni di euro a disposizione "per la tutela e la messa in sicurezza". Sarà, ma sono molte le spese che stonano. Passi per i 1.668 euro per i nuovi arredi del suo ufficio, ma forse i 1.700 euro per la divisa del suo autista o i 4 mila per la sua "parete attrezzata" poteva risparmiarli. Come i 10 mila per un altro ufficio presso l'Auditorium, i 113 mila per lo spettacolo "Pompei in scena" o i 955 mila per il "progetto multimediale" alla casa di Polibio.

A sei giorni dai crolli, sulle pietre della scuola dei Gladiatori sgambettano tre cani randagi, nonostante la Protezione civile abbia deciso di dare alla Lav ben 102 mila euro per "l'arresto dell'incremento" dei quadrupedi. La città antica è deserta, diluvia. "Stia attento alla pioggia, perché l'acqua qui uccide", raccomanda l'unico guardiano che si incontra in un'ora e mezza di visita. "La colpa di chi è? Dico solo che vedo sprechi, e troppa gente che litiga su cosa fare. E si sa che mentre 'o miedeco sturéa, 'o malato se ne more".



sabato 13 novembre 2010

Consulta boccia leggi regionali Violate competenze dello Stato


Secondo i giudici costituzionali, sono illeggittime le leggi con cui Puglia, Campania e Calabria hanno vietato impianti nucleari e stoccaggio di rifiuti radioattivi sul loro territorio. Gli stessi giudici, bocciando la scorsa estate i ricorsi di 10 Regioni contro la legge delega per il ritorno del nucleare, avevano sottolineato il necessario coinvolgimento delle Regioni da parte del Governo

ROMA - Le leggi regionali con cui Puglia, Basilicata e Campania hanno vietato il nucleare sul loro territorio sono illeggittime. E' il verdetto della Corte Costituzionale, che boccia così i provvedimenti con cui le tre regioni avevano cercato di tener lontano gli impianti di produzione di energia nucleare, di fabbricazione di combustibile nucleare e di stoccaggio di rifiuti radioattivi. La decisione - secondo quanto appreso dall'Ansa da fonti qualificate - è stata adottata dalla Consulta in una delle ultime camere di consiglio. Le motivazioni saranno depositate nei prossimi giorni.

Le tre leggi regionali, approvate in assenza di un'intesa tra Stato e Regioni, secondo i giudici costituzionali violano specifiche competenze statali. In particolare, in riferimento ai depositi di materiali e rifiuti radioattivi avrebbero invaso la competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente (art.117, secondo comma, lettera s). Per quanto riguarda l'installazione di impianti di energia nucleare sarebbe lesa la competenza esclusiva dello Stato in materia di sicurezza (art.117, secondo comma, lettere d e h).

Se le Regioni ritengono necessaria un'intesa con lo Stato per l'installazione degli impianti nucleari, è il ragionamento dei giudici costituzionali, Puglia, Basilicata e Campania avrebbero dovuto impugnare le leggi statali dinanzi alla Consulta e non riprodurre con legge regionale le situazioni che considerano più corrette.

L'estate scorsa la Corte Costituzionale ha rigettato i ricorsi con cui 10 Regioni (Toscana, Umbria, Liguria, Puglia, Basilicata, Lazio, Calabria, Marche, Emilia Romagna e Molise) avevano impugnato la legge delega 99 del 2009 con cui il Governo ha fissato i principi generali per il ritorno del nucleare in Italia. Le norme di quella "cornice nazionale" - faceva rilevare il vicepresidente della Corte, Ugo De Siervo, relatore ed estensore della sentenza n. 278 del 22 luglio scorso - non appaiono in contrasto con il principio di leale collaborazione tra Stato e Regioni. Ma - veniva sottolineato - è al momento dell'esercizio della delega da parte del governo che "il coinvolgimento delle Regioni interessate si impone con forza immediata e diretta".

Il compito della Corte Costituzionale non si è dunque esaurito: devono essere ancora esaminati i ricorsi di quelle regioni che hanno impugnato il decreto delegato in cui sono indicate le aree che potranno essere scelte dagli operatori per la costruzione delle prossime centrali nucleari. Non solo: alla Corte Costituzionale è in dirittura di arrivo il quesito referendario promosso dall'Idv di Di Pietro contro il ritorno del nucleare in Italia. Il quorum delle 500 mila firme necessarie sarebbe stato raggiunto.

Entro la fine del mese la Cassazione dovrebbe terminare il conteggio delle sottoscrizioni anche per gli altri due referendum, per l'abolizione della legge sul legittimo impedimento e contro la privatizzazione dell'acqua. Una volta terminata la procedura, la Cassazione passerà la palla alla Corte Costituzionale, che probabilmente già nella seduta del 10 gennaio prossimo dovrà esprimersi sul via libera o meno al referendum sul nucleare.


http://www.repubblica.it/ambiente/2010/11/13/news/nucleare_consulta_boccia_tre_regioni-9073976/




Terminato interrogatorio madre Ciancimino


12 novembre 2010
Palermo.
È durato poco meno di un'ora e mezzo l'interrogatorio di Epifania Ailvia Scardino, madre di Massimo Ciancimino, ascoltata dai pm di Palermo per verificare quanto detto dal figlio in una trasmissione tv.


Ciancimino junior aveva riferito al 'L'infedele' su La7 che la madre sarebbe stata presente ad un incontro tra il padre Vito Ciancimino e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi. L'incontro sarebbe avvenuto «in un ristornate nei pressi di piazza Diaz a Milano negli anni '70». L'anziana donna era assistita dall'avvocato Francesca Russo. All'interrogatorio erano presenti il procuratore aggiunto Antonio Ingroia e i pm Antonino Di Matteo e Paolo Guido.

Adnkronos


Vedova Ciancimino conferma incontri con Berlusconi

12 novembre 2010
Palermo.
L'ex sindaco mafioso di Palermo, Vito Ciancimino incontrò l'allora imprenditore Silvio Berlusconi in tre occasioni, a Milano, dopo il '72. A due dei colloqui, avvenuti in un ristorante di Milano, partecipò anche Epifania Scardino, moglie del politico corleonese. A confermarlo ai pm di Palermo Paolo Guido e Nino Di Matteo, durante un interrogatorio che si è appena concluso ed è stato secretato, è stata la stessa vedova. La donna, sentita alla presenza dell'avvocato, ha anche ricordato che i due parlarono di affari. È la prima volta che Scardino rivela ai pm la sua presenza ai colloqui tra Berlusconi e il marito. Interrogata a luglio e settembre scorsi, infatti, aveva riferito di aver saputo dall'ex sindaco che i due si erano visti tre volte, ma non aveva fatto cenno alla sua partecipazione.

ANSA



venerdì 12 novembre 2010

Finanziaria: 245 milioni alle scuole private Gelmini: “Fatto un grande sforzo”




Una cifra ottenuta grazie alla riformulazione del comma 47 del maxiemendamento al disegno di legge di stabilità. Il provvedimento prevede inoltre finanziamenti agli atenei, fondi per le borse di studio e risorse per far partire i concorsi dei ricercatori in agitazione in tutti gli atenei

Le scuole private riconosciute dallo Stato riceveranno 245 milioni. Una cifra ottenuta grazie a un provvedimento, presentato stamane dal governo in Commissione Bilancio, che riformula il comma 47 del maxiemendamento al disegno di legge di stabilità. Il nuovo testo di fatto sblocca 800 milioni di euro utilizzabili per investmenti vari. Molto più di quanto annunciato: fino a ieri si parlava, infatti, di 150 milioni. Il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, mette fine alla polemica aperta col mondo cattolico per il taglio del 47 per cento (253 milioni) operato alle paritarie qualche settimana fa.

Soddisfazione è stata espressa dal ministro dell’Istruzione, Università e Ricerca, Mariastella Gelmini. “Credo – ha detto il ministro in occasione della conferenza per l’edilizia scolastica svoltasi a Palazzo Chigi – che sia stato fatto un grande sforzo da parte di tutto il governo e di questo ringrazio il presidente Berlusconi e il ministro Tremonti e tutti perché si è dato al sistema della formazione, scuola e università la giusta priorità, la giusta importanza. Sono state trovate – ha sottolineato la Gelmini – risorse per il sistema universitario, per il diritto allo studio perché questo è la vera emergenza di questo paese. Abbiamo bisogno di concretizzare il principio costituzionale che prevede che tutti i ragazzi meritevoli, ancorché primi di mezzi, devono ricevere il più alto livello di istruzione”. Conclude il ministro: “Sono state trovare le risorse non solo per le scuole paritarie ma anche per le spese di funzionamento e per le supplenze nella scuola pubblica, quindi credo che come ministro non possa dirmi che soddisfatta”.

Dura la reazione dell’opposizione e del sindacato. “I dati sul debito pubblico reale relativo a tutte le amministrazioni pubbliche, sull’andamento negativo del Pil – afferma Antonio Di Pietro – non fanno altro che confermare l’allarme lanciato da tempo dall’Italia dei Valori sulla malafede e sulla inadeguatezza di questo esecutivo”. Il leader dell’Italia dei Valori Antonio e il responsabile lavoro e welfare dell’IdV Maurizio Zipponi aggiungono: “L’assenza totale dell’azione di governo viene ulteriormente aggravata da provvedimenti scandalosi in queste ore l’esecutivo sta aumentando il finanziamento alle scuole private, e allo stesso tempo demolisce la scuola pubblica, mandando a casa oltre 140 mila insegnanti, servitori dello Stato”. In un comunicato della Cgil scuola, firmato dal segretario Mimmo Pantaleo, si legge: “Si compie il solito gioco delle tre carte. Si incrementano di 800 milioni i fondi per l’università, la cui ripartizione, tra concorsi fondo ordinario e diritto allo studio, non è chiara, ma si confermano i tagli di 1,4 miliardi previsti dal decreto fiscale del 2008. Agli istituti di ricerca pubblici resta la diminuzione di 95 milioni del fondo per il 2011. Sono confermati i tagli per la scuola, anche per il prossimo anno e nel contempo sono aumentati di 245 milioni i fondi per le scuole paritarie. Un governo in agonia vuole completare l’opera di demolizione della conoscenza pubblica per lasciare spazio alla privatizzazione”.

Il provvedimento prevede inoltre finanziamenti agli atenei, fondi per le borse di studio e risorse per far partire i concorsi per i ricercatori in agitazione in tutti gli atenei. 100 milioni verrano investiti per le borse di studio e prestiti d’onore agli studenti universitari meritevoli. Sarà un decreto dei ministri dell’Economia e dell’Istruzione a stabilire “le tipologie di interventi suscettibili di agevolazione e i soggetti beneficiari meritevoli di agevolazione”.



Dirigente banca: ''Quella visita Ciancimino e Dell'Utri...''




11 novembre 2010


Palermo. Nel 1986 l'ex sindaco mafioso di Palermo Vito Ciancimino e Marcello dell'Utri, all'epoca manager di Publitalia, avrebbero chiesto all'allora direttore generale della Banca Popolare di Palermo, Giovanni Scilabra, un prestito di 20 miliardi di vecchie lire per le aziende di Silvio Berlusconi. A confermarlo ai pm di Palermo che, nei giorni scorsi, l'hanno interrogato per la prima

volta, è stato lo stesso Scilabra, ora in pensione. L'ex bancario aveva parlato della visita in un'intervista. Da qui la citazione da parte dei sostituti procuratori Nino Di Matteo e Paolo Guido che indagano sul riciclaggio dell'enorme tesoro illecito di don Vito. L'incontro sarebbe avvenuto nella sede dell'istituto di credito, allora appena inaugurata, che si trovava vicino al Teatro Massimo.

ANSA



EMANUELE RICIFARI IL VICEQUESTORE DI BRESCIA 8/11/2010 PROTESTA MIGRANTI



Per l'eutanasia



Da Micromega