Le nuove carte del fascicolo P3 visionate dal Fatto raccontano meglio di mille interviste come vive un “principe decaduto”, come si è autodefinito Dell’Utri con il Corriere della Sera.
Il Fatto aveva già raccontato i tre versamenti da 9,5 milioni effettuati da Silvio Berlusconi come prestito infruttifero (il primo del 22 maggio del 2008, per 1,5 milioni sul conto acceso al Credito Fiorentino di Denis Verdini; il secondo sul conto della Banca Popolare di Milano, il 25 febbraio per un milione; il terzo sempre su Bpm dell’11 marzo 2011 per sette milioni), la Guardia di Finanza ha chiesto ai pm romani l’autorizzazione a indagare sul piano fiscale. A prescindere dall’esito penale però, nelle informative del Nucleo Valutario guidato dal generale Leandro Cuzzocrea, del dicembre 2010 e del 21 giugno del 2011, i finanzieri ricostruiscono le fonti di reddito di Dell’Utri e le sue spese.
Il principe decaduto ha i conti in rosso e deve correre a pagare studi della figlia e conti del fratello e del figlio. Ma continua a comprare libri antichi e a spendere milioni di euro per la sua villa. Alla fine poi arriva a pagare tutto il Cavaliere. Il 15 marzo del 2011 Dell’Utri paga 1 milione e 350 mila euro alla società Nessi e Maiocchi che sta ristrutturando la sua villa a Torno, sul lago di Como. Altri quattro bonifici arrivano alla Nessi & Majocchi “per un totale di Euro 1.145.210 tra il gennaio e il settembre 2007.
La parte più interessante dell’informativa riguarda i rapporti con Marino Massimo De Caro. L’attuale consigliere del ministro Galan che allora era vicepresidente della società dell’oligarca russo Viktor Feliksovich Vekselberg, Avelar Energy. De Caro era stato intercettato nel 2008 dalla Procura di Reggio Calabria mentre parlava con Aldo Micciché, un faccendiere di origini calabresi emigrato in Venezuela ma in ottimi rapporti con gli uomini della cosca Piromalli di Gioia Tauro. Micciché, con l’aiuto della massoneria, cercava di farsi strada nel trading di petrolio tra Venezuela e Russia, e usava i suoi rapporti fraterni con Marcello Dell’Utri che lo aveva messo in contatto con De Caro, amico anche di Massimo D’Alema perché la madre ha lavorato per anni con la moglie del leader Pd, Linda Giuva, all’Istituto Gramsci. Ora De Caro, ex consigliere PDS a Orvieto fino al 2000, ha tagliato i ponti con la sinistra.
La Guardia di Finanza segnala l’arrivo di due assegni “sul conto intestato a Marcello Dell’Utri presso il Credito Cooperativo Fiorentino”, provenienti dal conto di De Caro Marino Massimo eSacco Rossella (sua moglie) per un totale di Euro 414.000. Il secondo dei due assegni per 250 mila euro, secondo la Guardia di Finanza, “è risultato impagato”.
La movimentazione del conto di De Caro “è stata segnalata da Deutsche Bank”, prosegue la Guardia di Finanza, “poiché caratterizzata da consistenti movimenti a mezzo assegni e dall’accredito in data 8 aprile 2009 di un bonifico di euro 1.178.204,00 disposto dalla Greenock Consultants Limited tramite la Hellenic Bank PLC di Nicosia – Cipro a titolo di prima rata per il finanziamento del 2 aprile 2009”. La Finanza segnala che i pagamenti per 245 mila euro sono stati fatti “a titolo di saldo: pagamento lettera di Colombo 1492”. Massimo De Caro al Fatto spiega: “Ho pagato Dell’Utri per un libro rarissimo che riporta la lettera del 1493 scritta da Colombo a Isabella d’Aragona. In realtà”, aggiunge De Caro, “al senatore ho pagato quel libro molto di più: un milione di euro in tutto. In parte in contanti, come risulta, e in parte con altri libri. I soldi vengono dal conto di Cipro del mio amico russo Vekselberg ma gli affari del petrolio non c’entrano nulla. Anche Vekselberg è un amante dei libri antichi. Mi ha prestato”, spiega De Caro al Fatto, “1,3 milioni che non gli ho ancora restituito. Tanto ha in garanzia le opere comprate”.