venerdì 30 settembre 2011

Crozza- Zichichi

«Vi racconto perché Bossi è prigioniero di Berlusconi». di Marco Sarti



«Umberto Bossi vuole le elezioni? Alla fine dovrà fare quello che gli dice Silvio Berlusconi. Anche perché già da qualche anno il simbolo della Lega Nord appartiene al Cavaliere». La storia non è nuova. Un’indiscrezione che gira da tempo a Palazzo: nel 2005 il premier avrebbe finanziato il Carroccio, a un passo dalla bancarotta. In cambio, avrebbe chiesto e ottenuto la titolarità del logo del partito. Lo «spadone» di Alberto da Giussano. A confermare la vicenda è Rosanna Sapori, già consigliere comunale della Lega, membro del direttivo provinciale di Bergamo e, soprattutto, (ormai ex) celebre giornalista di Radio Padania Libera. «Nessuna invenzione - spiega la diretta interessata - l’ho detto più volte, anche in tv. E finora nessuno si è mai permesso di smentirmi».

«Umberto Bossi vuole le elezioni? Alla fine dovrà fare quello che gli dice Silvio Berlusconi. Anche perché già da qualche anno il simbolo della Lega Nord appartiene al Cavaliere». La storia non è nuova. Un’indiscrezione che gira da tempo a Palazzo: nel 2005 il premier avrebbe finanziato il Carroccio, a un passo dalla bancarotta. In cambio, avrebbe chiesto e ottenuto la titolarità del logo del partito. Lo «spadone» di Alberto da Giussano. A confermare la vicenda è Rosanna Sapori, già consigliere comunale della Lega, membro del direttivo provinciale di Bergamo e, soprattutto, (ormai ex) celebre giornalista di Radio Padania Libera. «Nessuna invenzione - spiega la diretta interessata - l’ho detto più volte, anche in tv. E finora nessuno si è mai permesso di smentirmi». E dire che fino a pochi anni fa Rosanna Sapori e Umberto Bossi erano grandi amici. «Con lui - continua la giornalista - ho sempre avuto un rapporto bellissimo. Una relazione che, a differenza di altre donne all’interno della Lega, non aveva alcuna implicazione sessuale». Il legame tra i due termina nel 2004, quando Rosanna viene cacciata da Radio Padania. Alla base di quella epurazione, racconta lei, ci sarebbe proprio il legame con il Senatur. «La nostra amicizia aveva creato molta invidia a via Bellerio. Non è un caso che mi licenziarono proprio durante la sua malattia». Nonostante tutto, Rosanna Sapori conserva un ottimo ricordo del leader della Lega: «Nella vita di tutti i giorni non era mica quello di Pontida. Lì recitava un ruolo: urlava e le sparava grosse perché la gente lo voleva così. Ma lui era tutt’altro. Una persona furba e capace. Con una enorme lungimiranza. Figurarsi che già sei anni fa odiava Gianfranco Fini. A Berlusconi lo diceva sempre: “Vedrai che questo qui prima o poi ti tradirà”». Un politico di razza, insomma. Ma anche un padre padrone. «Era un profondo conoscitore della psiche umana e del linguaggio del corpo. I suoi erano terrorizzati. Se ne prendeva di mira uno, lo massacrava. Lo insultava, lo umiliava. Godeva nel vederli prostrati davanti a lui». La presunta compravendita del simbolo? A sentire la Sapori, i problemi per la Lega iniziarono con la creazione di Credieuronord. «Per carità - rivela la giornalista, che ha raccontato questa vicenda nel libro “L’unto del Signore” di Ferruccio Pinotti - probabilmente quell’istituto di credito è nato con tante buone intenzioni. Anche se Bossi non ci ha mai creduto più di tanto». In realtà, in quegli anni il maggior sponsor di Credieuronord è proprio il Senatur. È Bossi a scrivere una lettera in cui invita i vertici del partito a sottoscrivere le quote della banca. «Sarà - continua la Sapori - ma lui in quel progetto ci mise solo 20 milioni di lire. Calderoli, per esempio, investì 50 milioni. Ricordo che molti parlamentari, anche per paura di non essere più ricandidati, ci buttarono un sacco di soldi». Il sogno bancario della Lega sfuma in poco tempo. Il bilancio 2003 dell'istituto di credito si chiude con 8 milioni di perdite. Nello stesso anno, un’ispezione di Bankitalia fa emergere il dissesto. «A quel punto Bossi, che forse aveva perso il controllo della banca - continua la Sapori - chiamò Giancarlo Giorgetti, suo confidente in materia finanziaria. Lo ricordo benissimo. Gli chiese: “Fammi capire cosa sta succedendo”. Giorgetti si recò nella sede della banca, a due passi da via Bellerio, entrò e non ne uscì per una settimana. Quando portò i conti a Bossi, gli disse molto chiaramente che rischiavano di andare tutti in galera». Misteriosamente, la Lega trova una via d’uscita. Nel 2005, la Banca Popolare di Lodi di Gianpiero Fiorani interviene per rilevare Credieuronord. E Silvio Berlusconi cosa c’entra in tutta questa storia? «Fu lui a permettere l’intervento di Fiorani - spiega la Sapori -. In ogni caso i conti dissestati della Lega non derivavano mica solo dalla banca. C’erano già i problemi finanziari dell’Editoriale Nord, l’azienda cui facevano capo la radio, la tv e il giornale di partito. Il primo creditore di Bossi, poi, era proprio il presidente Berlusconi. Le innumerevoli querele per diffamazione che gli aveva fatto dopo il ribaltone del ’94, le aveva vinte quasi tutte. La Lega era piena di debiti. Si era imbarcata in un’interminabile serie di fantasiosi e poco redditizi progetti come il circo padano, l’orchestra padana. Non riuscivano a pagare i fornitori delle manifestazioni. Ricordo che allora erano sotto sequestro le rotative del giornale e i mobili di via Bellerio». Così, secondo il racconto della Sapori, il Cavaliere decide di ripianare i debiti del Carroccio. Facendosi dare, in cambio, la titolarità del simbolo del partito. «Glielo suggerì Aldo Brancher - ricorda la Sapori -. La titolarità del logo di Alberto da Giussano era di Umberto Bossi, della moglie Manuela Marrone e del senatore Giuseppe Leoni. Furono loro a firmare la cessione del simbolo. È tutto ratificato da un notaio». E aggiunge: «Fini questa storia la conosce benissimo - taglia corto la Sapori -. Qualche anno fa lui e il premier si incontrarono a cena a Milano. C’erano anche altri parlamentari del centrodestra. Quando qualcuno si lamentò del comportamento della Lega, il Cavaliere si alzò in piedi e annunciò: “Non preoccupatevi di Bossi, lui non tradirà più. Lo spadone è mio”». Secondo indiscrezioni, il simbolo del Carroccio costò a Berlusconi circa 70 miliardi di lire. Sulla cifra, però, Rosanna Sapori non si espone. «So solo che il Cavaliere tolse le querele, si preoccupò di salvare la banca. Ma non saldò tutto con un unico versamento. Non gli conveniva. Decise di pagare a rate».


La Casta reintroduce la maxi diaria all’estero E la camuffa dentro la ‘legge comunitaria’. - di Thomas Mackinson






A distanza di un anno, ritorna il super rimborso per le missioni dei 


funzionari ministeriali oltreconfine, peraltro mascherato all'interno di 


un provvedimento che decide tutt'altro. Il 31 maggio del 2010, il governo 


l'aveva eliminata in nome del taglio ai costi alla politica.


L'aula di Palazzo Madama
Anche la diaria all’estero tra i tagli ai costi della politica che escono dalla porta e rientrano dalla finestra. A distanza di un anno e sotto mentite spoglie. Succede con la curiosa vicenda della diaria per le missioni dei funzionari ministeriali all’estero, che il governo Berlusconi aveva deciso di abolire lo scorso anno con il decreto legge n.78, il quale prevedeva “misure urgenti” per la stabilizzazione economica. Tra le altre misure, all’articolo 4 veniva cancellato il contributo di circa 200 euro al giorno per parlamentari e funzionari con un risparmio stimato per il triennio di 2 milioni di euro. Il provvedimento viene pubblicato sulla Gazzetta ufficiale il 31 maggio del 2010 e viene data con enfasi alle agenzie di stampa a riprova che “non è vero che siamo la casta”.

Politici, sottosegretari e portaborse devono dunque accontentarsi del solo rimborso per le spese di viaggio e soggiorno. Arrotondare prolungando la permanenza all’estero non è più possibile. Forse. Perché poco più di un anno dopo la diaria cancellata con un tratto di penna con un tratto di penna ricompare. E’ contenuto tra le righe di una legge che nulla ha a che fare con i costi della politica. E’ il disegno di legge riguardante “Disposizioni per l’adempimento di obblighi derivanti dall’appartenenza dell’Italia alla Comunità Europea-legge comunitaria 2010″, relatrice la senatrice della Lega Nord Rossana Boldi. E’ la cosiddetta “legge comunitaria”, quella cioè che serve a recepire le direttive europee.

Il testo ha avuto un iter a dir poco tormentato e dopo vari passaggi è approdato in terza lettura al Senato dove alcuni onorevoli del Pd si sono accorti della sorpresa. L’articolo 4 cancellato nel 2010 è stato ripristinato nel 2011 con la formula: “il nuovo articolo 4 esclude dalla soppressione delle diarie per missioni all’estero, le missioni indispensabili ad assicurare la partecipazione a riunioni nell’ambito dei processi decisionali dell’Unione europea e degli organismi internazionali di cui l’Italia è parte, nonché alle missioni nei Paesi beneficiari degli aiuti erogati da parte dei medesimi organismi e dell’Unione europea”. Da qui la domanda a governo e maggioranza in commissione Affari Istituzionali: “Onorevoli colleghi di Pdl e Lega, state reintroducendo la diaria per le missioni all’estero che è stata tagliata lo scorso anno?”. “Con questo articolo – ha precisato la senatrice Marilena Adamo – si fanno tali e tante deroghe al taglio della diaria per le missioni all’estero – da vanificare quanto deciso lo scorso anno con il DL 78. A parte il fatto che l’articolo non ha la necessaria copertura di spesa e la materia è del tutto estranea alla legge comunitaria, la sua formulazione incomprensibile sembra più che altro voler nascondere una modesta furbata: è anche per questi mezzucci che perdiamo credibilità all’estero”.

Ma non è solo questo il motivo della polemica. L’Europa aspettava la legge comunitaria 2010 e l’avrà (forse) nel 2011. Il motivo del ritardo è presto detto: da novembre 2010 a luglio 2011 il governo è stato senza ministro per le Politiche comunitarie. Così la legge fa la navetta tra commissioni di Camera e Senato e nel suo peregrinare si riempie di articoli che nulla hanno a che fare con la legge. “Alla fine è una di quelle leggi-treno alle quali si aggiungono vagoni sperando che nessuno se ne accorga”, sostiene la senatrice ricordando che la legge nasceva con 11 articoli quando a novembre dello scorso anno è arrivata in Senato in prima lettura. Dal Senato esce con 18 articoli, sette in più. Torna alla Camera il 6 aprile e viene accantonata dalla maggioranza per lasciar spazio al processo breve.

Mentre la legge staziona in commissione arrivano i nuovi vagoni: il Pdl ne approfitta per inserire nuovi articoli che portano a 41 i punti della legge, molti del tutto estranei al suo scopo. Troppo. Così quando la legge torna all’ordine del giorno, stravolta, riceve emendamenti soppressivi e inaspettatamente passa il primo emendamento sul primo articolo che è quello istitutivo della legge stessa. Risultato: tutto il provvedimento decade. Si ricomincia. La legge viene riformulata e torna a 24 articoli ma tra questi compare qualcosa di nuovo, ma forse neppure troppo: quell’articolo 4 che reintroduce la diaria soppressa solo un anno prima.


Incidente nel tunnel Ginevra-Gran Sasso

D'Avanzo, Berlusconi e la vertigine dell'onnipotenza




Un documento speciale: un'intervista video a Giuseppe D'Avanzo, giornalista sempre esposto ma che non amava apparire, morto all'improvviso a 58 anni due mesi fa. In questa registrazione del dicembre 2001 parla alla tv olandese Rtl e analizza il secondo governo Berlusconi, insiediatosi sei mesi prima. Leggi ad personam, giudici nemici e processi milanesi, progetti per riforme incostituzionali: è già l'Italia del Cavaliere

di Paulina Valkenet e Francesco Viviano



http://tv.repubblica.it/politica/d-avanzo-berlusconi-e-la-vertigine-dell-onnipotenza/77113?video&ref=HRER2-1

Giulio tira uno scherzo da prete a Silvio e Marina: si, quella norma fiscale su Mondadori era ad personam. di Franco Bechis






Per una volta chi pensava male ci ha quasi azzeccato. Quando nel marzo 2010 fu approvato un emendamento parlamentare per estinguere le liti fiscali pendenti da più di dieci anni in Cassazione con il pagamento di una somma pari al 5% del valore della controversia, quasi nessuno ci fece caso. Poi i giudici dell’inchiesta sulla P3 ipotizzarono pressioni in Cassazione per ottenere una sentenza fiscale favorevole alla Mondadori, e il fatto fu smentito proprio dall’esistenza di quella legge. Insorse l’opposizione, sia pure in ritardo, sostenendo che allora la norma votata era “ad personam”. Replicò Marina Berlusconi, presidente della Mondadori spiegando che decine e decine di aziende ne avrebbero usufruito come la Mondadori e fra i beneficiari c’era pure il gruppo di Carlo De Benedetti. A sollevare un velo su cosa davvero è accaduto è stato il ministero dell’Economia guidato da Giulio Tremonti. Che ha inviato alla commissione Finanze del Senato una nota delle Agenzie delle Entrate che rischia di mettere in un certo imbarazzo il premier Silvio Berlusconi e la sua primogenita. Perché è vero che a richiedere di pagare quel 5% per chiudere il contenzioso non fu solo la Mondadori: le domande sono state 191 e quelle accolte per regolare pagamento nei termini della somma solo 67. La nota spiega che il valore delle controversie condonate in quel modo ammontava a 225 milioni di euro, senza tenere conto di “interessi, indennità di mora ed eventuali sanzioni collegate al tributo”. Secondo il ministero dell’Economia “le somme complessivamente versate all’erario per effetto delle predette istanze ammontano a circa 13 milioni di euro”. Quindi sono state 67 le società che hanno beneficiato del piccolo condono fiscale, la Mondadori ha versato 8,7 milioni di euro (i 2/3 del condono), le altre 66 società hanno versato 4,3 milioni di euro (1/3 del condono). Scherzo da prete quello tirato da Tremonti ai Berlusconi con questa noterella: perché senza dirlo espressamente, ha mostrato quella contestata legge (per cui volevano dimettersi gli autori Mondadori) come una legge se non proprio ad personam, per due terzi sì…


http://www.libero-news.it/blog.jsp?id=1721#.ToSdtqRpUbY.email%20



Gruppo scultoreo di potenti che si salvano.




Dopo il voto alla Camera che ha respinto la sfiducia a Romano, l'abbraccio plastico fra il ministro e Silvio Berlusconi, immortalato dai fotografi