lunedì 9 gennaio 2012

Tanti auguri, prof Hawking ma alla festa dei 70 non c'è. - di ELENA DUSI




Lo scienziato britannico, ricoverato in ospedale da venerdì, deve disertare i festeggiamenti di compleanno - la conferenza sullo "stato dell'universo", con il gotha della fisica mondiale ad attenderlo. Ma manda un messaggio: "Guardate le stelle invece dei vostri piedi".


Tanti auguri, prof Hawking ma alla festa dei 70 non c'è

ALLA SUA festa di compleanno a Cambridge - una conferenza scientifica su "Lo stato dell'universo" - ha dovuto lasciare la sedia vuota. Non si sentiva troppo bene ed è rimasto a casa. Ma questo non basta a sminuire l'impresa del professor Stephen Hawking, che ha raggiunto i 70 anni accompagnato dal morbo di Lou Gehrig, costretto su una sedia a rotelle e incapace di parlare se non per mezzo di un sintetizzatore vocale. "L'immagine del nostro universo è cambiata molto negli ultimi 50 anni, e sono contento di aver dato il mio contributo", ha detto in un videomessaggio trasmesso alla platea. "Per quanto difficile possa essere la vita, c'è sempre qualcosa che è possibile fare. Guardate le stelle invece dei vostri piedi". 

Anche se ha deluso il gotha della fisica mondiale, venuto ad ascoltarlo domenica pomeriggio all'università di Cambridge, Hawking in realtà di parlare non ha smesso mai. Quando da giovane ha dimostrato che i buchi neri non sono fantascienza, ma oggetti reali presenti in quasi ogni galassia. Scrivendo bestseller di divulgazione scientifica da vari milioni di copie (ma anche un libro di fiabe insieme a sua figlia Lucy). Scommettendo con i suoi colleghi sulle questioni più calde della fisica teorica (un elenco, con le foto dei foglietti firmati da Hawking con l'impronta digitale, è sul sito www.keplero.org 1). Lanciando proposte fantasmagoriche, come quella di andare a colonizzare un altro pianeta prima che la Terra ("pianeta fragile") diventi inabitabile. E non da ultimo, sostenendo ad alta voce le sue tesi sulla non esistenza di Dio o di una vita dopo la morte, pur restando fino a oggi membro della Pontificia Accademia delle Scienze. 

"Stephen non sta bene, è stato dimesso dall'ospedale venerdì e il suo recupero non è stato sufficientemente rapido", ha spiegato domenica alla platea Leszek Borysiewicz, vicepresidente dell'università di Cambridge. Un paio di settimane fa il grande fisico autore del best seller "Dal big bang ai buchi neri" aveva pubblicato un annuncio per cercare un tecnico capace di riparare la sua sedia a rotelle unica al mondo e il sintetizzatore che gli permette di continuare a far sentire la sua voce, ormai completamente metallica e assai lenta, fino ad arrivare nei giorni difficili a una parola al minuto. 

Il morbo di Lou Gehrig - una malattia che gradualmente paralizza tutti i muscoli del corpo - venne diagnosticato ad Hawking quando aveva 21 anni e studiava per il dottorato a Cambridge. Molti dei pazienti a quell'epoca morivano nel giro di qualche anno, lui invece sta per raggiungere il mezzo secolo di sopravvivenza. Il fisico britannico, oltre a rivoluzionare molte teorie nel suo settore di competenza, ne ha ribaltata anche una in fatto di medicina. E la sua forma di sclerosi, fortunatamente per la fisica, si è dimostrata a progressione molto lenta.

"Ho incontrato per la prima volta Stephen nel 1965 - ha raccontato domenica a Cambridge il suo collega e collaboratore storico Kip Thorne - e posso dire che è la persona più ostinata che abbia mai conosciuto". Per il suo 70esimo compleanno, i giornali britannici hanno speso metafore fisico-letterarie come "l'uomo guidato da una forza di volontà cosmica" e "la stella più brillante nell'universo della scienza". Hawking in effetti fu ammesso a 32 anni nella Royal Society e nominato professore di matematica a Cambridge in quella che era stata la cattedra di Isaac Newton. Apparso in una puntata dei Simpsons e in una di Star Trek, protagonista di un documentario della Bbc, lo scienziato una volta ha ammesso: "Sono sicuro che esiste una relazione fra il mio handicap e la mia celebrità. La gente è affascinata dal contrasto fra le mie capacità fisiche molto limitate e l'immensità dell'universo che studio". Non è un caso che a smentire una diagnosi medica così drastica sia stato l'uomo che - contro le convinzioni di tutti - teorizzò la radiazione di Hawking: esiste sempre un raggio di luce capace di sfuggire ai buchi neri.

 

domenica 8 gennaio 2012

Afghanistan - La sposa bambina torturata dal marito diventa un simbolo dei diritti umani. - di Monica Ricci Sargentini





Afghanistan Womens Rights


Sahar Gul è una ragazzina afghana di 15 anni che ha quasi rischiato di essere uccisa dal marito perché non voleva prostituirsi. La scorsa settimana è arrivata in un ospedale di Kabul nelle condizioni che vedete nella foto qui sopra. Gli occhi talmente gonfi di botte da essere semi-chiusi, il collo tumefatto, un orecchio bruciato da un ferro da stiro, il corpo così debilitato da essere costretto su una sedia a rotelle, le mani ricoperte di croste nere al posto delle unghie strappate dai suoi torturatori. Sahar era stata data in sposa sette mesi fa al soldato Gulam Sakhi che, con la complicità della sua famiglia, ha reso la sua vita un inferno.  Quattro mesi fa la sposa-bambina era riuscita a fuggireed aveva chiesto aiuto a dei vicini di casa: “Se siete dei musulmani dovete dire alle autorità quello che mi sta succedendo – aveva detto disperata -, vogliono farmi prostituire”. La polizia di Puli Khumri, la città nella provincia di Baghlan dove è avvenuto il fatto, è stata avvisata ma non ha fatto altro che restituire la povera ragazza alla famiglia torturatrice dietro la promessa che gli abusi non sarebbero più continuati. Invece, come da copione, è accaduto l’esatto contrario. Sahar è stata chiusa in un seminterrato dove è stata picchiata e affamata per altri tre mesi finché un parente lontano arrivato a far visita non ha fatto scoppiare lo scandalo. Ma anche allora le autorità  hanno cercato di trovare un accordo con il marito per evitare che la vicenda finisse sulla stampa. Un comportamento che, purtroppo, non è una novità in Afghanistan dove, come avevamo già raccontato in questo post,  secondo un rapporto delle Nazioni Unite, le donne  sono trattate come bestiame. E chi si rivolge alla polizia spesso subisce ulteriori abusi, tra cui lo stupro e le molestie, prima di essere riconsegnata alla famiglia e dimenticata.
Questa volta però il volto gonfio di botte della piccola coraggiosa Sahar Gul ha fatto il giro del mondo destando condanna o orrore unanime. Tanto che il presidente afghano Hamid Karzai ha ordinato una commissione d’inchiesta  e il ministro della Sanità è corso in ospedale per portare la sua solidarietà alla giovane.  Il marito torturatore è ora ricercato e il resto della famiglia è agli arresti. Le orribili immagini di Sahar sono, dunque, servite a rendere visibile il tragico destino delle donne nel nuovo Afghanistan, dieci anni dopo la caduta dei Talebani. “Rompiamo il silenzio mortale sullo stato delle donne” titolava qualche giorno fa l’Afghanistan Times. Nonostante la recente ‘approvazione di una legge che per la prima volta punisce la violenza domestica  le tradizioni più bieche sono dure a morire e Kabul è al sesto posto nella classifica dei Paesi in cui le diseguaglianze tra i generi sono più accentuate.  Ma forse qualcosa si sta muovendo. Soltanto qualche anno fa un caso come quello di Sahar non sarebbe venuto alla luce. Ne è convinta Fawzia Kofi, deputata e capo della commissione parlamentare sulle questioni delle donne: “Penso che ora ci sia un maggiore senso di consapevolezza dei diritti delle donne – ha detto all’Associated Press -. La gente sembra voler cambiare e parla di questi temi”. Ma fermare gli abusi è una sfida  grandissima in una società patriarcale dove l’altra metà del cielo viene considerata ancora merce di scambio e il delitto d’onore è una prassi consolidata.  E le associazioni dei diritti umani temono che anche i piccoli progressi fatti sin qui possano sparire con il ritiro delle truppe internazionali. “Se i Talebani torneranno nella società tutto questo non ci sarà più” dice all’Ap l’attivista Sima Natiq.
Noi tifiamo per Sahar Gul e per tutte le ragazzine come lei che hanno subito abusi pesantissimi. Il ministero della Sanità ha fatto sapere che la giovane “si sta riprendendo fisicamente ma siamo molto preoccupati – ha aggiunto – per le sue condizioni mentali perché è stata torturata per un periodo molto lungo”. Speriamo che il suo caso spinga il governo a intervenire più prontamente in futuro.

Godersi la vita a spese degli altri, si può, basta entrare in politica.



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Camera, nuovo portale storico. Un documento su quattro è una autorizzazione a procedere. - di Eduardo Di Blasi



Seimila dei circa 22mila documenti stampati da Montecitorio nel dopoguerra riguardano procedimenti contro gli stessi deputati. I record nei due anni di legislatura durante Tangentopoli. Documenti "istruttivi" anche sull'aumento delle indennità dei parlamentari. Il primo? Poche settimane dopo l'insediamento dell'Assemblea costituente.


Un quarto dei documenti stampati da Montecitorio nel corso della sua storia, riguardano “autorizzazioni a procedere” nei confronti dei deputati. È questa la singolare scoperta che si fa consultando il nuovo “Portale Storico” della Camera dei Deputati. Tra i 21.382 documenti mandati in stampa, 5.851 sono “richieste di autorizzazioni a procedere” nei confronti dei componenti dell’assemblea (alcuni ne hanno ricevuta più d’una). Il record spetta ovviamente alla XI legislatura, quella mandata a casa da Tangentopoli, che in soli due anni (durò dall’aprile del 1992 all’aprile del 1994) ne stampò la bellezza di 896. Segue la I con 802, la II (596) e la VI (560). Sono tanti e vari gli onorevoli e i reati che venivano loro contestati. Il primo, nel dopoguerra, fuConcetto Gallo, tra i fondatori del Movimento per l’Indipendenza della Sicilia, che all’epoca era qualcosa di più di uno schieramento politico. Fu arrestato sul finire del dicembre del ’45 dopo uno scontro a fuoco con i carabinieri. In giugno fu però eletto all’Assemblea Costituente e fu a essa che i magistrati andarono a bussare chiedendo l’autorizzazione a processarlo per i reati di “insurrezione armata contro i poteri dello stato, omicidio, tentati omicidi, sequestri di persona, estorsione, associazione a delinquere”. Reati che prevedevano l’arresto. Gli eletti di allora concessero l’autorizzazione a procedere ma negarono la carcerazione del deputato. Il carcere, del resto, prima di Alfonso Papa, la Camera lo aveva concesso solo per quattro deputati.

UN PAIO D’ANNI dopo, il 13 aprile del 1948, Severino Cavazzini, deputato ferrarese del Partito Comunista vicino al mondo agrario della Bassa, fu denunciato da un prete di Donada, in provincia di Treviso. Il parroco lo querelava per diffamazione aggravata perché sulla rivista Il Compagno, organo della federazione comunista di Rovigo, era uscito un testo anonimo dal titolo “Libidinose domande alle bambine del confessore parroco di Donada”. La Camera concesse l’autorizzazione per “fare piena luce sulla verità”, anche se i comunisti, nella propria relazione di minoranza, contestarono che, esistendo un processo aperto nei confronti del parroco per “atti di libidine”, sarebbe stato quello il luogo per far “piena luce sulla verità”. La relazione di minoranza attestava d’altronde come “il carattere politico del fatto” emergesse “chiaro dalle carte processuali”.

Istruttivo pensare che l’autorizzazione a procedere contro Cavazzini fu annunciata a Montecitorio il primo giugno del ’48 e arrivò all’attenzione della presidenza dell’assemblea tre anni dopo, il 31 luglio del ’51. Scorrendo questa documentazione ci si imbatte nella storia patria. Nel 1979 l’allora deputato Antonio Matarrese, presidente del Bari calcio, fu accusato dal pretore del capoluogo pugliese di “aver fatto svolgere abusivamente, nel locale stadio comunale, gli incontri di calcio” con la Nocerina e con la Sampdoria. Nel 1982, sempre la pretura chiedeva invece di processarlo per aver lasciato chiusi e non presidiati gli ingressi della tribuna numerata dello stadio durante Bari-Varese. Nell’agosto del ’96 arrivò invece alla Camera la richiesta di autorizzazione a procedere contro Umberto Bossi. Il pubblico ministero di Aosta, David Monti, voleva metterlo a confronto con Gianmario Ferramonti, leghista della prima ora all’epoca accusato di una truffa miliardaria (sarà scagionato anni dopo), ma il leader del Carroccio non si presenta ai magistrati. Perché? “Da notizie di stampa – annota il relatore Michele Saponara – si apprende che l’onorevole Bossi connoti il suo comportamento come un rifiuto del riconoscimento della legittimità dell’entità statuale cui appartengono le autorità giudiziarie disponenti e richiedenti”.

L’enorme mole di materiale messo in rete dall’archivio della Camera è una miniera d’oro. Per gli appassionati di “casta” si possono consultare ben 125 documenti sul bilancio interno di Montecitorio (alcuni link sono ancora difettosi) e scoprire alcune curiosità, come quella legata al conto consuntivo per l’esercizio finanziario della Camera per gli anni 1946-1947. I deputati Questori annotano come lo stanziamento del Tesoro di 225 milioni di lire fosse alla fine stato insufficiente. “Di fronte a tale previsione iniziale le entrate effettive accertate – scrivono – sono state di 506.392.485,20 lire, con una differenza in più di lire 281.392.485,20”. I maggiori bisogni dell’allora Assemblea Costituente erano costituiti essenzialmente da due voci: l’aumento delle indennità degli onorevoli deputati dell’Assemblea costituente e il miglioramento economico del personale applicato. L’ufficio di Presidenza che si riunì il 27 giugno del 1946, vale a dire neanche un mese dopo le storiche elezioni del 2 giugno, deliberò che il gettone di presenza, fino a allora ricevuto solo per le riunioni di Commissione, si assumesse anche per le sedute dell’assemblea plenaria. Il 27 febbraio del ’47, lo stesso ufficio, deliberò l’aumento dell’indennità da 25 a 30mila lire al mese e ritoccò l’indennità di presenza da mille a duemila per i deputati residenti fuori dalla Capitale. La spesa inizialmente prevista di 150 milioni per le indennità, arrivò così nei primi mesi della Repubblica, a 283. Nelle more si stanziarono anche 387.100 lire affinché gli onorevoli potessero viaggiare gratis. Ma solo sulla rete autoferrotranviaria di Roma
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Monti, la corruzione e le tre dimissioni. - di Peter Gomez




Gira e rigira si torna sempre lì, al valore dell’esempio. Certo, rispetto a due mesi fa alcune differenze sono lampanti. Prima a Palazzo Chigi sedeva un signore che giustificava l’evasione fiscale. Ora ce ne è uno che accusa chi non paga le tasse di “mettere le mani nelle tasche degli italiani”. E se il precedente inquilino (Silvio Berlusconi) era un imputato che trascorreva il suo tempo insultando i magistrati e ideando sempre nuove leggi ammazza processi, quello nuovo (Mario Monti) assicura invece una “scossa e un’accelerazione potente alla lotta contro la corruzione” e promette che “il governo opererà con provvedimenti legislativi e amministrativi”.

Tutto bene allora? No, non ancora (si spera). Perché vista la situazione in cui si trova il Paese le parole del premier non bastano. E non perché le leggi anti-mazzette per adesso non ci sono (è ovvio ci vuole tempo) o perché per battere l’evasione occorreranno anni. Il punto è che sul fronte dei segnali il nuovo esecutivo stenta parecchio.

Impossibile infatti non rendersi conto come del governo facciano parte almeno tre personaggi la cui storia personale cozza (per usare un eufemismo) con il doveroso programma di risanamento annunciato dal premier.

I loro nomi sono noti a chi legge Il Fatto Quotidiano. Parliamo del sottosegretario alla Difesa, Filippo Milone, un ex manager del gruppo Ligresti che ha alle spalle un arresto e una condanna per reati contro la pubblica amministrazione; di quello all’editoria, Carlo Malinconico, al quale gli uomini della cricca pagarono una vacanza da 9800 euro e che oggi si giustifica goffamente attraverso il suo staff facendo filtrare su Il Giornale frasi del tipo “Chiesi con insistenza all’albergo, a fronte del diniego di farmi pagare, chi avesse pagato, ma mi fu risposto che non era possibile dirlo per ragioni di privacy”; e del ministro della funzione pubblica, Filippo Patroni Griffi che, come racconta Marco Lillo in queste pagine, appartiene a quella schiera di italici furbetti abili nell’acquistare casa dall’Inps a prezzi stracciati (177 mila euro per un appartamento vista Colosseo, considerato alloggio popolare dopo un’assurda e inquietante vicenda giudiziaria).

Ecco dunque da dove può (e deve) partire Monti se vuole davvero dimostrare che il vento è cambiato. Dalle dimissioni dei suoi tre collaboratori.

Sia gli elettori che i rappresentati delle istituzioni hanno bisogno di un esempio come questo.

I primi per credere che il tempo della ricreazione per la Casta un giorno finirà. I secondi per cominciare a riflettere su un concetto semplicissimo che, in altre democrazie, nessuno mette in discussione: chi accetta incarichi pubblici lo fa per scelta, e non perché glielo ha ordinato il dottore. Diventare ministro o sottosegretario significa avere potere e onori. Ma anche oneri maggiori e diversi rispetto a quelli dei comuni cittadini.

Le regole del gioco sono queste. Ed è ora che qualcuno in Italia provi finalmente a farle rispettare. Perché errare nel formare una squadra, quando si hanno avuto solo pochi giorni di tempo per farlo, è perfettamente umano. Perseverare, no.



http://www.ilfattoquotidiano.it/2012/01/07/monti-corruzione-dimissioni/182252/

sabato 7 gennaio 2012

Casa Patroni Griffi con vista sul Colosseo. Per 109 metri quadrati solo 177mila euro. - di Marco Lillo



Il titolare della Funzione pubblica ha sborsato una cifra ridicola perché fino al 2008 lo stabile era dell'Inps. Ora l'appartamento viene affittato a 3mila euro al mese.



La facciata del palazzo di via Monte Oppio


La prossima volta che in conferenza stampa sentirete Mario Monti chiedere sacrifici ai contribuenti italiani e pronunciare la parola equità, osservate il ministro (per la Pubblica amministrazione e la Semplificazione, ndr) dal doppio cognome e dal doppio stipendio che gli siede accanto. Probabilmente abbasserà lo sguardo. Quel ministro si chiama Filippo Patroni Griffi e cumula, come molti suoi colleghi, da anni lo stipendio di presidente di sezione del Consiglio di Stato, in aspettativa e fuori ruolo, alla retribuzione per il lavoro che svolge davvero. Una legge fatta su misura per la casta dei magistrati amministrativi infatti gli permette di sommare allo stipendio da magistrato la retribuzione da ministro.

Per capire perché le parole equità e sacrificio stridono con la sua situazione reddituale e patrimoniale bisogna fare un giro al Colosseo dove si trovano la celeberrima casa di Claudio Scajola e quella meno nota di Filippo Patroni Griffi. I due palazzi guardano entrambi il Colosseo e distano poche decine di metri. Quello di Patroni Griffi è di costruzione più antica e guarda direttamente verso il Palatino e il Foro Romano, mentre a sinistra vede il Colosseo. Lo stabile di Scajola invece è più nuovo e tenuto bene e guarda l’anfiteatro frontalmente. Entrambi gli appartamenti sono al primo piano ma i prezzi pagati divergono. Patroni Griffi infatti ha pagato 1630 euro al metro quadrato nel 2008. Mentre Scajola ha pagato nel 2004 il doppio: 3050 euro al metro quadrato. Ovviamente stiamo parlando solo della somma tirata fuori dal ministro di Imperia al momento del rogito, senza includere gli assegni di Diego Anemone e Zampolini. Se infatti conteggiassimo il prezzo incassato dalle venditrici si arriverebbe a 8 mila e 500 euro al metro quadrato nel 2004, cinque volte di più di quanto pagato da Filippo Patroni Griffi nel 2008.



Ovviamente le due situazioni sono molto diverse. Patroni Griffi ha ottenuto questo prezzo incredibile grazie a cinque sentenze perché era inquilino di un ente pubblico mentre Scajola lo ha spuntato solo grazie all’intervento degli amici di Angelo Balducci. L’appartamento di Scajola è scontato contro legge mentre quello di Patroni Griffi, è stato consegnato a questo prezzo scandaloso al ministro dai magistrati, anche dai suoi colleghi del Consiglio di Stato. E da settembre al doppio stipendio Patroni Griffi potrà finalmente cumulare una terza entrata: il canone mensile della sua casa di via Monte Oppio.

Nello stabile dicono che alcuni appartamenti sono stati affittati a 3 mila-4 mila euro ai piani alti. L’inquilina dell’appartamento del ministro si limita a dire a il Fatto: “Ho affittato tramite un’agenzia immobiliare, il contratto è registrato e il canone è inferiore a 3 mila euro”. Il ministro invece si appella a ragioni di privacy. Una posizione legittima se non fosse che quell’appartamento fino al 2008 apparteneva al patrimonio pubblico e per mantenerlo nel bilancio dello Stato il ministroGiulio Tremonti era arrivato a promuovere addirittura un “decreto ad domum”, come lo ha definito Sergio Rizzo sul Corriere quando ha ricordato la storia. Una sentenza della Corte Costituzionale però ha annullato quella legge promossa dall’allora sottosegretario Teresa Armosino e il ministro Patroni Griffi e gli altri condomini, tra i quali il deputato Pdl Giuliano Cazzola, sono riusciti a comprare a prezzo scontato.

Il Fatto ha visionato le carte del catasto e della magistratura amministrativa scoprendo altri particolari. Per capire perché basta guardare la foto (vedi sopra): la facciata del palazzo e la vista che si può godere sporgendosi dalle finestre della casa popolare del ministro. Avete letto bene: popolare. Patroni Griffi, infatti, ha pagato la sua casa di 109 metri quadrati catastali al primo piano con quella vista mozzafiato 177 mila e 754 euro. Patroni Griffi nel gennaio nel 2008 ha pagato, come gli altri condomini, un prezzo fissato sulla base di vecchie stime e ulteriormente scontato del 40 per cento grazie allo sconto riservato agli inquilini che comprano in blocco. Il ministero dell’economia voleva vendere senza lo sconto, come era previsto per le case di pregio. Gli inquilini però hanno fatto ricorso per lo stato di degrado dell’immobile che effettivamente necessitava diinterventi di restauro. Così, grazie all’assistenza legale dell’avvocato Carlo Malinconico (ora diventato sottosegretario della presidenza) e grazie alle sentenze del Tar e del Consiglio di stato, sono riusciti a ottenere il riconoscimento di casa “non di pregio”.

Decisiva nella causa è stata la “verificazione” disposta dal Consiglio di Stato nel 2004 ed effettuata da due funzionari del ministero delle infrastrutture, Raniero Fabrizi e Filippo Di Giacomo. Entrambi figurano più volte nelle intercettazioni telefoniche del 2008 effettuate dai carabinieri del Ros nell’ambito delle indagini sulla cosiddetta “cricca” dei Grandi eventi gestiti dalla presidenza del consiglio anche se non sono mai stati indagati. Fabrizi per esempio è stato intercettato mentre presentava il figlio Fabio a un imprenditore che lavorava ai cantieri dei mondiali del nuoto, Antonio Di Nardo, il quale prometteva di far lavorare il giovane alla vendita dei suoi immobili in Sardegna. Mentre Angelo Balducci in una telefonata del 25 settembre 2008 incarica proprio Di Giacomo di chiamare il presidente del Tar Pasquale De Lise per rassicurarlo su una questione che era all’esame di Guido Bertolaso e che stava a cuore al magistrato. Questioni che nulla hanno a che fare con questa storia ma che comunque mostrano come a Roma tutti si conoscono in un certo ambiente.

La “verificazione” di Fabrizi e Di Giacomo comunque stabilisce che l’immobile “risulta ai limiti dell’abitabilità” anche per una serie di carenze nel sistema idrico e nel riscaldamento centralizzato e “richiede interventi di restauro e di risanamento”. Alla fine il Consiglio di Stato si convince che la casa non è di pregio anche perché è accatastato nella categoria A/4 quella appunto delle “abitazioni popolari”. Inoltre sarebbe a rischio sismico perché ci passa sotto la metropolitana. Effettivamente la casa di Patroni Griffi è considerata una stamberga dal Catasto. Il ministro paga le tasse per una casa al Colosseo di 4 stanze e 109 metri catastali su una rendita catastale di 850 euro annua. Patroni Griffi al Fatto replica: “L’appartamento è stato affittato con regolare contratto registrato a settembre 2011 a prezzi di mercato. Sono divenuto inquilino Inps nel 1986 perché, in quanto vincitore di un concorso pubblico e trasferito in altra regione, potevo farne richiesta. Ho pagato prima a equo canone e poi con canoni di mercato fissati dall’Ente uniformemente per tutti gli inquilini. Per quanto riguarda la vendita dell’appartamento il valore stabilito nel ’99 dall’ufficio tecnico erariale sulla base dei prezzi di mercato è stato abbattuto del 45%, come previsto dalla legge, per effetto dell’acquisto in blocco di 40 condomini, perché occupato e per le condizioni precarie dello stabile che era rimasto da anni senza manutenzione, effettuata poi dai condomini stessi a proprie spese”. E sul doppio stipendio aggiunge: “Sto aspettando e ho sollecitato questa risposta da parte degli uffici competenti affinché sia fatto un calcolo preciso del mio trattamento. Esistono infatti due possibili interpretazioni e a mio parere dovrà prevalere quella restrittiva che di fatto annulla il cumulo”. Vedremo.