domenica 12 agosto 2012

Berlusconi e Banca Rasini.



Glieli ha dati la Banca Rasini.

La Banca Rasini era una piccola banca milanese, nata negli anni cinquanta ed inglobata nella Banca Popolare di Lodi nel 1992. Il motivo principale della sua fama è che tra i suoi clienti principali si annoveravano i criminali Pippo CalòTotò RiinaBernardo Provenzano (al tempo, uomini guida della Mafia) e l'imprenditore e uomo politico Silvio Berlusconi, il cui padre Luigi Berlusconi vi lavorava come funzionario. Le dichiarazioni di Michele Sindona sulla Banca Rasini la fanno citare più volte da Nick Tosches, un giornalista del The New York Times, nel suo libro I misteri di Sindona, e l'hanno resa nota tra gli studiosi internazionali che si occupano della storia della Mafia italiana.

La "Banca Rasini Sas di Rasini, Ressi & C." viene fondata all'inizio degli anni cinquanta dai milanesi Carlo Rasini, Gian Angelo Rasini, Enrico Ressi, Giovanni Locatelli, Angela Maria Rivolta e Giuseppe Azzaretto. Il capitale iniziale è di 100 milioni di lire. Sin dalle sue origini la banca è un punto di incontro di capitali lombardi (principalmente quelli della nobile famiglia milanese dei Rasini, proprietaria del feudo di Buccinasco) e palermitani (quelli provenienti da Giuseppe Azzaretto, uomo di fiducia di Giulio Andreotti in Sicilia).[1]
Nel 1970 Dario Azzaretto, figlio di Giuseppe, diviene socio della banca. Sempre nel 1970, il procuratore della banca Luigi Berlusconi (padre di Silvio Berlusconi) ratifica un'operazione destinata ad avere un peso nella storia della Rasini: la banca acquisisce una quota della Brittener Anstalt, una società di Nassau legata alla Cisalpina Overseas Nassau Bank, nel cui consiglio d'amministrazione figurano nomi destinati a divenire famosi, come Roberto Calvi,Licio GelliMichele Sindona e monsignor Paul Marcinkus.
Nel 1973 la Banca Rasini diviene una S.p.a., ed il controllo passa dai Rasini agli Azzaretto. Il Consiglio di Amministrazione della Banca Rasini S.p.a. è costituito da Dario e Giuseppe Azzaretto, Mario Ungaro (avvocato romano e noto amico di Michele Sindona e Giulio Andreotti), Rosolino Baldani e Carlo Rasini.[1]
Ma nel 1974, nonostante l'ottima situazione finanziaria della Banca Rasini (che nell'ultimo anno aveva guadagnato oltre un quarto del suo capitale), Carlo Rasini lascia la banca fondata dalla sua famiglia, dimettendosi anche dal ruolo di consigliere. Secondo gli analisti, le ragioni delle dimissioni di Carlo Rasini sono da cercarsi nella sua mancanza di fiducia verso il resto del Consiglio di Amministrazione, e degli Azzaretto in particolare.
Sempre nel 1974Antonio Vecchione diviene Direttore Generale, ed in soli dieci anni il valore della banca esplode, passando dal miliardo di lire nel 1974 al valore stimato di circa 40 miliardi di lire nel 1984.
Il 15 febbraio 1983 la Banca Rasini sale agli onori della cronaca, per via dell'"Operazione San Valentino". La polizia milanese effettua una retata contro gli esponenti di Cosa Nostra a Milano, e tra gli arrestati figurano numerosi clienti della Banca Rasini, tra cui Luigi Monti, Antonio Virgilio e Robertino Enea. Si scopre che tra i correntisti miliardari della Rasini vi sono Totò Riina e Bernardo Provenzano. Anche il direttore Vecchione e parte dei vertici della banca vengono processati e condannati, in quanto emerge il ruolo della Banca Rasini come strumento per il riciclaggio dei soldi della criminalità organizzata.
Dopo il 1983, Giuseppe Azzaretto cede la banca a Nino Rovelli. Nino Rovelli è un imprenditore (noto soprattutto per la vicenda Imi-Sir) e non ha esperienza nel settore bancario. Nelle inchieste tuttora in corso sulla Banca Rasini, Nino Rovelli è spesso considerato un uomo che ha coperto la vera dirigenza della banca fino al 1992. Tuttavia, non esistono evidenze al riguardo, né ipotesi sui nomi dei veri amministratori della Banca.
Nel 1992 la Banca Rasini viene inglobata nella Banca Popolare di Lodi, ma è solo nel 1998 che la Procura di Palermo mette sotto sequestro tutti gli archivi della banca. I giudici di Palermo, anche a seguito delle rivelazioni di Michele Sindona (intervista del 1985 ad un giornalista americano, Nick Tosches) e di altri "pentiti", indicano la stessa banca Rasini come coinvolta nel riciclaggio di denaro di provenienza mafiosa. Tra i correntisti della banca figurava ancheVittorio Mangano, il mafioso che lavorò nella villa di Silvio Berlusconi dal 1973 al 1975.

Legami con la mafia [modifica]

La Banca Rasini deve la sua fama tra gli studiosi della storia d'Italia, soprattutto alle dichiarazioni di Michele Sindona del 1984. Quando il giornalista del New York TimesNick Tosches, chiese a Sindona (poco prima della misteriosa morte di quest'ultimo): «Quali sono le banche usate dalla mafia?». Sindona rispose: «In Sicilia il Banco di Sicilia, a volte. A Milano una piccola banca in Piazza dei Mercanti». In effetti, le indagini successive alla retata dell'Operazione San Valentino dimostrarono ampiamente il ruolo della Banca Rasini nel riciclaggio dei soldi della mafia, ed i contatti dell'istituto coi più alti vertici mafiosi. Il Commissario di Polizia Calogero Germanà ha ipotizzato che l'istituto, al pari della Banca Sicula di Trapani, fosse uno dei centri per il riciclaggio del denaro sporco di Cosa Nostra. [2]

Legami con la famiglia Berlusconi [modifica]

Tra i personaggi famosi con cui la Banca Rasini ebbe dei legami va citato l'imprenditore e uomo politico Silvio Berlusconi. Il padre di Silvio Berlusconi, Luigi Berlusconi fu prima un impiegato alla Rasini, quindi procuratore con diritto di firma, ed infine assunse un ruolo direttivo all'interno della stessa[3]. La Banca Rasini, e Carlo Rasini in particolare, furono i primi finanziatori di Silvio Berlusconi all'inizio della sua carriera imprenditoriale. Silvio e suo fratello Paolo Berlusconi avevano un conto corrente alla Rasini, così come numerose società svizzere che possedevano parte della Edilnord, la prima compagnia edile con cui Silvio Berlusconi iniziò a costruire la sua fortuna.
La Banca Rasini risulta anche nella lista di banche ed istituti di credito che gestirono il passaggio dei finanziamenti di 113 miliardi di lire (equivalenti ad oltre 300 milioni di euro nel 2006) che ricevette la Fininvest, il gruppo finanziario e televisivo di Berlusconi, tra il 1978 ed il 1983.
Il giornale inglese The Economist cita ripetutamente la Banca Rasini nel suo noto reportage su Silvio Berlusconi[4], sottolineando che Berlusconi ha effettuato transazioni illecite per mezzo della banca. È stato infatti accertato che Silvio Berlusconi ha registrato presso la banca ventitré holding come negozi di parrucchiere ed estetista. Anche per fare chiarezza su questi fatti nel 1998 l'archivio della banca è stato messo sotto sequestro.

A.Scanzi : “5 Stelle? Scalfari e Serra li criticano ma non spostano voti”.




Ospite di “Omnibus Estate”, su La7, il giornalista e scrittore Andrea Scanzi fa una disamina minuziosa dei 5 Stelle e della reiterata stroncatura del movimento da parte di certa stampa. “A me fa sorridere anche nei giornali” – dichiara Scanzi – “alcune firme molto autorevoli, come Eugenio Scalfari o Michele Serra o Beppe Severgnini, che spesso, in maniera del tutto legittima, disintegrano e criticano molto duramente Beppe Grillo e il Movimento 5 Stelle. Sono magari convinti di avere dietro un esercito di persone da spostare attraverso la loro forza di ‘opinion maker’”. E sottolinea: “In realtà loro spostano sì molte persone, ma che la pensano già in quel modo, ma il ventenne o il trentenne che vota il Movimento 5 Stelle si informa da tutt’altra parte“. Il giornalista poi riconosce un merito notevole di Grillo: “E’ riuscito ad essere una sorta di casello autostradale per i giovani, affinchè potessero entrare nella strada della politica. E questa categoria di persone che si informano attraverso internet è estremamente difficile da catalogare”. Scanzi analizza anche l’operato del sindaco Pizzarotti: “Forse la sua vittoria è stata un boomerang tanto più in una città martoriata come Parma. Una delle ambiguità da sciogliere, però, riguarda Grillo: fa da ‘padre nobile’ o da ‘padre padrone’?”
11 agosto 2012
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sabato 11 agosto 2012

Carlo Molfetta è oro nel taekwondo.




Tristi verità.



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Riserva dello Zingaro. Questa è la Sicilia … era bella e dannata, ora è solo dannata.


Lo Zingaro com'era
Lo Zingaro com'era

Non ci sono parole per condannare il gesto infame che ha distrutto un’oasi di verde e natura unica nel suo genere nel mondo. Un’area incontaminata dove da tempo occhi malefici hanno messo gli occhi per la speculazione costiera completamente distrutta.
Grazie ad una politica siciliana incapace e poco interessata alla tutela dell’ambiente, anche lo ZINGARO non esiste più e non esisterà più come prima.

L’assordante silenzio della politica è palese. A Palazzo dei Normanni da tempo qualche deputato, o gruppi di deputati, cercano di far approvare una legge che distruggerà defintivamente l’ambiente costiero siciliano … si dice “riodino delle coste”, si legge “SANATORIA GENERALE PER FURBI E DISONESTI”. 
Sarebbe ora che la politica siciliana dimostrasse intelligenza e capacità proponendo e facendo approvare una legge che possa dare il VIA LIBERA ALLE DEMOLIZIONI ABUSIVE entro la fascia dei  150 dalla battigia.
Ma siamo quasi certi che non lo faranno anche perchè l’abusivismo costiero, vedi Marsala, coinvolge molti della nomenclatura siciliana. Politici, funzionari dello stato, magistrati, forze dell’ordine, dipendenti comunali, provinciali regionali.
Un esercito di VIP abusivi che nell’Isola hanno potuto, e  ancora possono, contare  del silenzio e dell’inattività di sindaci attenti alle politiche elettorali piuttosto che all’ambiente ed alla tutela del bene pubblico.
Quello che rimane ...
Quello che rimane

Caos WindJet, a rischio trecentomila passeggeri. Ed è scontro Enac-Alitalia.


"Intesa per la riprotezione dei viaggiatori"


Sempre più probabile un "piccolo supplemento" con cui le altre compagnie italiane potrebbero imbarcare chi ha comprato i biglietti del vettore siciliano. Il ministro Passera convoca Alitalia e Windjet.

Un aereo della WindJet (foto Ansa)
Un aereo della WindJet (foto Ansa)

Roma, 11 agosto 2012 - Dopo la rottura della trattativa fra Alitalia e WindJet, la situazione per i passeggeri del vettore siciliano si fa tutt'altro che rosea.  Trecentomila persone che hanno prenotato un volo con Windjet fino a fine ottobre rischiano di restare a terra, se non si trova una soluzione a breve. Il dato lo ha riferito il Presidente Enac, Vito Riggio, a margine dell’inaugurazione del nuovo aeroporto di Pantelleria.

"FAREMO DI TUTTO" - “E’ chiaro che faremo passare intanto agosto e poi si vedrà - ha spiegato Riggio - sono passeggeri che si trovano in difficoltà e noi stiamo cercando di riproteggerli con il massimo sforzo possibile perché non siamo una società che gestisce aerei ma un ente di controllo, ma avendo anche nella missione la tutela dei diritti del passeggero lo stiamo facendo”.
Nel frattempo, Fiavet denuncia: "Anche in queste ore vengono venduti biglietti, anche se in misura limitata e dando una serie di avvertimenti ai clienti".
BOTTA E RISPOSTA CON ALITALIA - Poi la frecciata alla compagnia di bandiera: "Sarebbe stato meglio chiudere ad aprile, ora diciamo ad Alitalia visto che hanno tenuto aperta la trattativa fino ad agosto, si faccia carico di un problema che anche l’Alitalia ha creato”.
LOW COST - Secondo Riggio, una parte del problema risiederebbe nella forte concorrenza portata dalle compagnie low cost.  “Quello che sta succedendo dimostra ciò che avevo detto a maggio - spiega il numero uno dell'Enac - cioè che il sistema dell’aviazione civile italiana sta subendo una forte concorrenza delle low cost irlandesi e inglesi da un lato e dall’altro tutto il sistema europeo è sotto schiaffo. In queste condizioni la situazione diventa drammatica”.Pronta la replica della compagnia che afferma di non essere "in alcun modo responsabile della situazione di caos” della Wind Jet.  Alitalia “respinge con forza le dichiarazioni" di Riggio. “Queste affermazioni - sottolinea la compagnia - stupiscono in particolar modo, visto che da aprile Alitalia ha sempre informato tutte le autorità competenti e le ha tenute quotidianamente al corrente sullo stato reale delle trattative. Le autorità erano anche a conoscenza delle enormi difficoltà dell’operazione, dovute agli inadempimenti di WindJet”.
UNITA' DI CRISI - “Tanti passeggeri avevano fatto i biglietti nella speranza che la situazione si concludesse positivamente - aggiunge Riggio -. Adesso abbiamo istituito un’unità di crisi (VIDEO). Sulla base dell’operativo di Wind Jet abbiamo convocato tutte le compagnie italiane, a partire da Alitalia, perché proteggano i passeggeri con un piccolo supplemento e non li lascino a terra perché questo non si può consentire”.
"I POSTI CI SONO" -  “Dai primi dati che risultano dall’unità di crisi - riferisce il presidente Enac - c’è un’ampia disponibilità di posti da mettere e disposizione dei passeggeri Windjet". "Meridiana - aggiunge - manterrebbe gli stessi orari mentre Alitalia riproteggerebbe i passeggeri sui voli notturni. Noi, inoltre, spingeremo per fare pagare ai passeggeri una differenza di costo più bassa possibile”.  Il presidente Enac mette anche in guardia: “Evitiamo inutili aspettative che andrebbero deluse. Chiediamo alla Wind Jet di darci l’operativo e di dirci quello che è in grado di fare”.
IL PIANO DI RIPROTEZIONE - Sarà garantita da cinque compagnie nazionali la riprotezione dei passeggeri Wind Jet. Lo afferma l’Enac al termine delle riunioni dell’unità di crisi sul vettore siciliano, sottolineando che l’Ente, "in collaborazione con, Alitalia, Meridiana Fly - Air Italy, Livingston, Blu Panorama e Neos, unitamente alla compagnia Wind Jet, ha coordinato la rimodulazione dei voli in modo tale che venga garantita la riprotezione dei passeggeri”. Per permettere di effettuare tutti i voli, l’Enac "ha disposto che i principali scali italiani rimangano aperti durante la notte". I voli di riprotezione “effettuati sulle singole tratte nazionali dirette avranno un sovrapprezzo di massimo 80 euro (tasse incluse). Per i voli internazionali il sovrapprezzo sarà maggiore, a seconda delle tratte”. Per i voli programmati a settembre, "i prezzi potrebbero subire delle variazioni".
ALITALIA: GIA' RIPROTETTI 2MILA VIAGGIATORI - Dal 4 agosto a oggi, sono oltre 2.100 i viaggiatori di WindJet che, senza nessun aggravio di costi, sono riusciti a partire grazie alle riprotezioni messe in atto da Alitalia e da Air One e all’organizzazione, finora, di 8 voli speciali. Lo rende noto Alitalia.
INTERVIENE PASSERA - L’unità per la gestione delle vertenze aziendali del ministero dello Sviluppo - dietro indicazione del ministro Passera - ha convocato WindJet e Alitalia per martedì 14, per fare il punto "sull’improvvisa e inaspettata interruzione di una trattativa rispetto alla quale il Governo aveva ricevuto informazioni di un esito positivo". Al tavolo, che si occuperà anche della questione occupazionale, saranno presenti anche Enac, le organizzazioni sindacali e le competenti istituzioni ed enti locali.
I CONSUMATORI ATTACCANO - Federconsumatori denuncia: "l'ennesima beffa di fine estate dopo il fallimento degli ultimi anni di compagnie aeree fragili ed improvvisate" e si scaglia contro Enac: "Non possiamo essere soddisfatti del ruolo svolto dall’ente per l'aviazione civile su questa vicenda per troppa superficialità e senza un minimo di prevenzione". 
FIAVET SUI SUPPLEMENTI - Il presidente di Fiavet, la Federazione italiana delle imprese di viaggi e turismo, Fortunato Giovannoni, critica fortemente la novità comunicata dall'Enac sui "supplementi" salva-passeggeri: "Chiedere un supplemento, seppur piccolo, per i passeggeri che hanno acquistato biglietti della compagnia Windjet, è completamente sbagliato", afferma Giovannini.

È solo l’inizio. - Antonio Padellaro


Adesso la domanda è: bravi, ma poi che ve ne farete di tutte quelle firme? Il retropensiero è abbastanza chiaro: siamo a Ferragosto, l’Italia va in ferie, tempo qualche giorno e dell’iniziativa de Il Fatto nessuno parlerà più.
L’eterno cinismo nazionale del tanto non serve niente perché tanto non cambia niente, ha già sentenziato che 70mila nomi sotto un appello (ma quando leggerete quest’articolo saranno molti di più) sono in fondo un’entità virtuale di puro valore simbolico, condannata a restare inerte dentro un recinto elettronico o cartaceo e quindi, in buona sostanza, a non contare nulla. Certo che il rischio esiste: non da oggi i fatti si fanno scomparire con destrezza, mentre a quelli che tenacemente resistono si applica l’infallibile tecnica del silenziatore.
Con il berlusconismo imperante, l’antidoto era l’antiberlusconismo di facciata che, costretto dall’impudenza del sultano o per ragioni strumentali, levava ogni tanto alti lamenti o mobilitava qualche piazza. Ma il tramonto di B., invece di liberare energie positive, ha determinato l’improvvisa chiusura di porte e finestre. Siamo diventati un Paese immiserito dalla crisi, terrorizzato dallo spread, commissariato dagli eurotecnici, e dove nella testa dei cittadini si tenta di ficcare quella regola che un tempo ammoniva i passeggeri dei tram: vietato disturbare il manovratore. Messa all’angolo dal discredito montante, la casta dei partiti si fa scudo del Capo dello Stato, di cui si ignorano bellamente i moniti, ma a cui si concede una sorta di immunità sacrale e assoluta. La grande e la piccola stampa, in crisi di copie e contributi pubblici, sigillano (con rare eccezioni) le notizie sgradite.
E se la Procura di Palermo decide di vederci chiaro riguardo a certe telefonate sull’utenza Quirinale, apriti cielo. Ma se scatta l’accerchiamento di quei pm non in riga, nessuno lo deve sapere. Ora tutte quelle firme dicono semplicemente: basta. E stiano pure tranquilli i professionisti del cinismo nazionale: quelle firme non resteranno simboliche e inerti. Intanto fanno sentire alta e forte la loro voce sul nostro giornale. Poi cominceranno a muoversi e a camminare per affermare civilmente un principio elementare di democrazia: se necessario, il manovratore si può e anzi si deve disturbare.
Il Fatto Quotidiano, 11 Agosto 2012