martedì 14 agosto 2012

Finanziamento ai partiti, dal patron dell’Ilva soldi a Forza Italia e Bersani. - Vittorio Malagutti


riva_interna nuova


L'imprenditore definito come antipolitico non perde tempo ad aprire il portafoglio per dare una mano ai partiti. Un aiuto cash, in contanti. Tra il 2006 e il 2007 ha staccato un assegno di 245mila euro per il partito di Berlusconi, altri 98mila euro sono andati a finanziare il segretario del Pd.

Le biografie ufficiali e anche decine di articoli di giornale lo descrivono come un imprenditore tutto casa e fabbrica. Un tipo che punta dritto all’obiettivo e quando c’è da menar le mani, in senso figurato, non rinuncia allo scontro. Insomma, Emilio Riva, non si ferma davanti a niente e a nessuno. E mezzo secolo di carriera costellata da processi per comportamento antisindacale o per violazioni della normativa ambientale suonano come la conferma migliore di questo ritratto da duro e puro. In realtà, chi lo ha frequentato a lungo, ci restituisce un’immagine un po’ diversa da quella del macho che lo stesso Riva, classe 1926, cerca da sempre di accreditare.
Il patron dell’Ilva, come spiegano manager e colleghi imprenditori, ha sempre dimostrato una straordinaria abilità da pokerista. E come tale sa alzare la posta quando è il caso, ama bluffare oppure lasciare il tavolo per poi intavolare trattative nella stanza accanto alla ricerca di nuovi alleati. Per esempio, la sua esibita estraneità alla politica, ai partiti e allo statalismo in genere è diventata una specie di fiore all’occhiello per un imprenditore come Riva che afferma di essersi fatto tutto da sé. Le cose cambiano se si fa il conto delle centinaia di migliaia di ore di cassa integrazione a spese del bilancio pubblico che negli anni difficili hanno tenuto in piedi i suoi stabilimenti, a Taranto come a Genova. Di più: quando il gioco si fa duro, Riva l’antipolitico non perde tempo ad aprire il portafoglio per dare una mano ai partiti. Un aiuto cash, in contanti. E così consultando i resoconti sui contributi privati alle formazioni politiche, si scopre che tra il 2006 (anno di elezioni politiche) e il 2007 il patron dell’Ilva ha staccato un assegno di 245mila euro per Forza Italia, mentre altri 98mila euro sono andati a finanziare personalmente Pier Luigi Bersani. Tutto regolare, per carità. Tutto denunciato dai beneficiari delle donazioni così come prevede la legge in materia. L’episodio però la dice lunga sul metodo Riva: una mancia destra e una a sinistra, tanto per dimostrarsi equidistante, o forse sarebbe meglio dire equivicino, alle opposte sponde politiche.
L’industriale siderurgico, da sempre descritto come un falco liberista, non si è fatto problemi a versare un obolo anche all’esponente del Pd destinato a diventare nel 2006 il ministro dello Sviluppo economico del governo Prodi. Una scelta azzeccata. A suo tempo Riva ha infatti finanziato anche il massimo responsabile della politica industriale del Paese, un ministro che, ovviamente, è chiamato a occuparsi anche di un settore strategico come l’acciaio. Nel 2008 cambia il vento. Silvio Berlusconi torna a palazzo Chigi e il gran capo dell’Ilva si fa trovare pronto. Eccolo in prima linea nella cordata per salvare quel che resta di Alitalia, un intervento, come noto, sollecitato dal capo del Pdl in persona. Riva mette sul piatto 120 milioni e, intervistato dal Sole 24 Ore nel 2009, non ha problemi ad ammettere che “sappiano bene che non ci guadagneremo”, ma un grande Paese come l’Italia “non può non avere una compagnia di bandiera”. Insomma, ecco a voi Riva il patriota. Mutazione sorprendente per un imprenditore che, oltre a controllare il suo gruppo attraverso holding in Lussemburgo e Olanda per minimizzare il carico fiscale, ha sempre affermato di badare sempre e solo agli affari suoi. I maligni, che però spesso ci azzeccano, fanno notare che tra il 2008 e il 2009 si apre la crisi economica senza precedenti di cui ancora stiamo subendo le conseguenze. E il capo dell’Ilva sa bene che un settore ciclico come la siderurgia è il primo a risentire degli effetti di un rallentamento economico. Del resto basta dare un’occhiata agli ultimi bilanci del gruppo. Nel 2007, prima del crollo, i profitti erano arrivati a quota 877 milioni su circa 10 miliardi di giro d’affari. Poi la musica cambia, eccome. Nel 2009 (rosso di 411 milioni) e nel 2010 (meno 71 milioni), l’impero di Riva ha perso soldi a rotta di collo e, nonostante una timida ripresa, nel 2011 i conti hanno chiuso in utile di 88 milioni grazie a poste straordinarie e fiscali per quasi 400 milioni. E allora l’industriale tutto d’un pezzo, un lumbard che si descrive orgogliosamente come “milanese di piazza San Marco” (in pieno centro città), tenta di riprendere quota con l’Alitalia mentre le sue aziende perdono soldi.
Il caso ha poi voluto che Riva abbia ritrovato come ministro dell’Industria proprio Corrado Passera, cioè l’ex banchiere che come capo di Intesa si distinse come il grande sponsor del salvataggio della disastrata compagnia aerea. Tra tanti amici al governo, però, il capo dell’Ilva ha finito per trovarsi un nemico in casa. Già, perchè Riva non è l’unico proprietario del gruppo siderurgico, di cui pure controlla il 90 per cento. A libro soci con una quota del 10 per circa trova gli Amenduni, un’altra famiglia di imprenditori siderurgici che nel 1995 partecipò alla privatizzazione dell’Ilva. Ebbene, due mesi fa il rappresentante degli Amenduni ha votato contro il bilancio del gruppo chiedendo informazioni su alcuni affari che hanno trasferito denaro dal colosso siderurgico ad alcune finanziarie personali dei Riva. Tra gli addetti ai lavori c’è chi spiega questo atteggiamento battagliero come un’azione di disturbo con l’unico scopo di convincere i Riva a ricomprare le azioni Ilva di cui i soci di minoranza vorrebbero disfarsi. Michele Amenduni, contattato al telefono si schermisce. “Mi trovo all’estero – racconta – e non so che cosa stia succedendo a Taranto”. Davvero, ha detto proprio così. Forse è una battuta, ma non fa ridere.
Da Il Fatto Quotidiano del 14 agosto 2012

lunedì 13 agosto 2012

Percorso Cliffside, Huangshan, Anhui, Cina.



Percorso Cliffside, Huangshan, Anhui, Cina 
Huangshan è una catena montuosa nel sud della provincia di Anhui, nella Cina orientale. La catena montuosa è composta da materiale che è stato sollevato da un antico mare durante l'era Mesozoica, 100 milioni di anni fa.La vegetazione è più spesso al di sotto dei 1.100 metri, con alberi che crescono fino al limite del bosco a 1.800 metri.


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Il ponte Dong di vento e pioggia.





Ponte di vento e pioggia (Cina): Il Ponte Dong Vento e pioggia è il simbolo dell'architettura della minoranza Dong. il Ponte è il più grande del suo genere nella provincia di Guizhou, dove lc'è a più grande comunità di Dong cinese.Questo ponte è lungo 50 metri e primo, è stato costruito nel 1894 durante la dinastia Qing 100 anni fa. Tuttavia, la struttur
a originale, è bruciato sul fuoco del 1959 e quello visitatore vede oggi è la versione ricostruita che è stata completata nel 1964. Questo ponte è un'architettura di puro legno, costituito da pilastri, arcarecci e balaustra in varie dimensioni e forme. Il corpo del ponte è diviso in tre parti, la più grande è la forma di una torre tamburo tradizionale cinese nel mezzo. I pilastri del ponte sono decorati con fiori e sculture che rendono questo ponte davvero unico.



Spettacolare esemplare di Synchiropus splendidus, volgarmente detto "Pesce mandarino", uno dei pesci più colorati ed affascinanti che esista.

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Horseshoe Bend.



Horseshoe Bend è il nome del meandro del fiume Colorado a forma ferro di cavallo che si trova vicino alla città di Page, Arizona, negli Stati Uniti. La curva è conosciuta localmente come "Bend King." Si trova a 8,7 km. Accessibile tramite un mezzo-miglio (0,8 km) di escursione da US Route 89, può essere visto dalla scogliera a picco.

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Glauco atlanticus.

glauco atlanticus

Glauco atlanticus (nomi comuni del mare rondine , blu Glauco , lumaca di mare azzurro e slug blu oceano ) è una specie di piccole dimensioni blu lumaca di mare , uno pelagico aeolid nudibranco , un marine gasteropode mollusco della famiglia Glaucidae . Questa è l'unica specie del genereGlauco , [ 1 ] , ma è strettamente correlata alla Glaucilla marginata , che a volte è inclusa nel Glauco . [ 2 ]

http://en.wikipedia.org/wiki/Glaucus_atlanticus

Buddha gigante di Leshan.



Il Buddha gigante di Leshan (in cinese:樂山大佛 , Lèshān Dàfó) è la più grande statua di pietra di Buddha del mondo. Essa è scolpita nella roccia nel punto in cui confluiscono i fiumi Minjiang, Dadu e Qingyi, vicino alla città di Leshan, nella parte meridionale della provincia di Sichuan, inCina. La scultura è posta di fronte al Monte Emei, con i fiumi che scorrono ai suoi piedi.
La costruzione dell'opera iniziò nel 713, condotta da un monaco cinese di nome Haitong. Egli sperava che il Buddha avrebbe calmato le acque turbolente che affliggevano le navi mercantili che scendevano la corrente dei fiumi. Secondo quanto narra la leggenda, quando i fondi per la costruzione della statua stavano scarseggiando il monaco si cavò i suoi stessi occhi per provare la sua buona fede e sincerità. La statua venne completata dai suoi discepoli 90 anni dopo. Pare che l'enorme massa di roccia rimossa per la costruzione dell'opera e depositata nei fiumi ai piedi della statua abbia effettivamente alterato il corso delle acque, col risultato che la navigazione divenne più sicura.
Nel 1996 l'area dei Monti Emei, compresa l'area ove si trova la statua del Buddha gigante di Leshan, è stata inserita nell'elenco dei Patrimoni dell'umanità dell'UNESCO.
La statua, alta 71 metri, rappresenta un Buddha Maitreya in posizione seduta, con le mani appoggiate sulle ginocchia. Le spalle sono larghe 28 metri e sull'unghia più piccola ci si potrebbe comodamente sedere una persona. Un motto locale recita che "la montagna è un Buddha e il Buddha è una montagna": questo anche a causa del fatto che la catena montuosa in cui la statua si trova ha una vaga rassomiglianza (se vista dal fiume) con le forme di un Buddha dormiente, con la statua gigante al centro.