mercoledì 22 agosto 2012

Soldi e casse di champagne per amici, preti e giornalisti. - Mimmo Mazza

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Il passaggio di denaro tra Girolamo Archinà, l'uomo Ilva, e Lorenzo Liberti, il perito nominato dalla procura, all'Autogrill il 26 marzo 2010. 

TARANTO - C’è la banda di Crispiano e la parrocchia Santi Angeli Custodi di Taranto. Il Lions club di Taranto e il Politecnico di Bari. Tutti inseriti, insieme a società sportive, comitati festeggiamenti ma anche due note enoteche dalle quali partivano casse di champagne per giornalisti e rappresentanti delle istituzioni ogni fine anno, nelle due pagine della voce «omaggi e regalie» del bilancio dell’Ilva finite nell’inchiesta della Guardia di Finanza per corruzione in atti giudiziari che vede indagati a piede libero il vicepresidente del gruppo, Fabio Riva; l’ex direttore dello stabilimento siderurgico, Luigi Capogrosso; l’ex consulente dell’Ilva per l’ecologia e i rapporti istituzionali, Girolamo Archinà e l’ex consulente della Procura di Taranto, Lorenzo Liberti, già preside del Politecnico. 

I documenti sono stati acquisiti dai militari delle Fiamme Gialle per ricostruire il flusso di denaro dall’Ilva all’esterno e dunque capire se i diecimila euro che Archinà chiese all’amministrazione di preparare in fretta e furia il 25 marzo del 2010 erano destinati all’allora vescovo Benigno Luigi Papa per la Pasqua di quell’anno, come l’llva ha sempre sostenuto, oppure se invece erano per il professor Lorenzo Liberti, allora consulente del pm Mariano Buccoliero, incontrato da Archinà il 26 marzo sempre del 2010, nell’area di servizio di Acquaviva delle Fonti, sull’autostrada Taranto-Bari. Liberti, difeso dagli avvocati Francesco Paolo Sisto e Vincenzo Vozza, ha respinto sia nell’interrogatorio tenuto dinanzi al pm Remo Epifani che nella memoria depositata al gip Giuseppe Tommasino, l’accusa, sostenendo di aver sì ricevuto una busta bianca da Archinà - d’altronde le immagini del sistema di video sorveglianza dell’area di servizio sono inequivocabili - ma all’interno c’erano solo documenti riguardanti un protocollo di intesa che Ilva e Politecnico di Bari stavano per sottoscrivere. 

Vero o falso? Nelle due pagine degli omaggi e delle regalie quei diecimila euro ci sono, ma stranamente manca il destinatario in quanto il 26 marzo vengono rubricati genericamente, e secondo i finanzieri in maniera eloquentemente sospetta, sotto la voce «spese direzione». 
Non è l’unica volta che accade perché anche il 14 aprile del 2011 dalle casse dell’Ilva escono 10mila euro sotto la voce «erogazione direzione». L’interrogatorio del contabile dell’Ilva Francesco Cinieri non risolve il giallo. Cinieri ai finanzieri dice infatti che Archinà non gli disse a chi erano destinati i soldi ma che poteva pensare che, essendo in periodo pasquale, potessero essere consegnati all’arcivescovado di Taranto. «Almeno una volta all’anno davamo all’arcivescovado cifre che non superavano i 5.000 euro», ha sostenuto Cinieri, aggiungendo dubbio ai dubbi, vista l’entità della somma. Archinà, poi, si arrabbiò non poco quando seppe che i contabili dell’Ilva non erano riusciti a trovare banconote di grosso taglio. E appena ebbe i soldi, invece di chiamare in arcivescovado, telefonò a uno stretto collaboratore del professor Liberti, col quale riuscì ad incontrarsi alla stazione di servizio. 


http://www.lagazzettadelmezzogiorno.it/notizia.php?IDNotizia=544200&IDCategoria=2699

Cagliari, protestano gli operai contro la chiusura dell'Alcoa.


Cagliari, protestano gli operai contro la chiusura dell'Alcoa


Con una sessantina di auto, in un lungo corteo, i lavoratori hanno raggiunto lo scalo di Elmas. Manifestano contro la fermata degli impianti dello stabilimento di Portovesme, annunciata dalla proprietà per l'inizio di settembre.

CAGLIARI - Sembra essersi placata la tensione all'aeroporto di Cagliari dove gli operai dell'Alcoa questa mattina hanno organizzato un blocco per manifestare contro la fermata degli impianti dello stabilimento di Portovesme, annunciata dalla proprietà per l'inizio di settembre. Dopo aver completamente impedito l'accesso allo scalo, ora molti operai si sono spostati per consentire le operazioni ai molti passeggeri che attendono di imbarcarsi, sciogliendo di fatto il blocco che durava da 3 ore. "Ora andiamo via", ha spiegato Rino Barca della Cisl, "ma siamo pronti a tornare in qualsiasi momento".

La protesta degli operai dell'Alcoa è iniziata questa mattina, dopo l'assemblea convocata alle 5.30 davanti ai cancelli della fabbrica: operai e sindacalisti hanno deciso di marciare verso Cagliari. Chiedono uno sforzo congiunto di tutte le istituzioni sarde per scongiurare la chiusura degli impianti. Senza un nuovo acquirente - dopo il fallimento della trattativa con i tedeschi di Aurelius si parla di contatti con la multinazionale svizzera Glencore, già proprietaria della Portovesme srl - i vertici di Alcoa hanno infatti annunciato lo stop per fine agosto. Questo vuol dire che circa un migliaio di lavoratori, tra diretti e delle ditte d'appalto e dell'indotto, rischiano di restare senza lavoro.

Ed è, quindi, corsa contro il tempo per tentare di siglare un accordo che consenta alla multinazionale statunitense di cedere lo stabilimento mantenendo gli attuali livelli occupazionali e rilanciando la filiera dell'alluminio in Italia. ''Siamo tutti molto preoccupati - spiegano i rappresentanti della Rsu Bruno Usai (Cgil) e Massimo Cara (Cisl) - Il tempo sta per scadere e le soluzioni vanno trovate rapidamente". "Chiediamo ad Alcoa di ritardare l'avvio del conto alla rovescia per lo spegnimento dello smelter e al Mise di coinvolgere la presidenza del Consiglio dei Ministri perché da settembre questa vertenza diventerà di difficile gestione", sottolinea il segretario nazionale della Fim Cisl, Marco Bentivogli. Il sindacalista chiede quindi alle forze politiche e alle istituzioni "di interrompere lo scaricabarile delle loro responsabilità che è proprio ciò che ha prodotto questa situazione. L'esasperazione è altissima" conclude.

Candid camera il lavavetri.



All'incirca, quando va maluccio, 1000 euro al mese, esentasse.


Wikileaks: Australia, "Assange non sara' estradato in Usa".

Wikileaks: Australia, Assange non sara estradato in Usa

(AGI) - Sydney, 22 ago. - Julian Assange, cittadino australiano, non sara' estradato negli Stati Uniti, se li' corresse il rischio di una condanna a morte o di comparire di fronte a un tribunale militare. L'assicurazione e' stata data dal governo svedese a quello australiano, che si e' premurato poi di informarne coloro che ritengono l'estradizione del fondatore di Wikileaks dalla Gran Bretagna alla Svezia uno stratagemma per far arrivare Assange nelle mani delle autorita' americane, desiderose di fargli rimpiangere il giorno in cui decise di pubblicare i file riservati della diplomazia a stelle e strisce. "La diplomazia australiana non e' coinvolta nella vicenda, se non a livello di assistenza consolare", ha detto il ministro degli Esteri, Bob Carr, alla Rivista finanziaria, "ma abbiamo chiesto chiarimenti alla Svezia e ci e' stato risposto che l'estradizione non e' possibile se il caso sara' trattato da un tribunale militare o si rischi la pena capitale".

Stoccolma non ha ricevuto alcuna richiesta di estradizione da Washington, che a sua volta ha respinto la frase con cui l'hacker aveva denunciato una "caccia alle streghe". Negli Stati Uniti e' il caporale Bradley Manning, la talpa che ha fornito ad Assange il materiale segreto grazie al quale e' diventato celebre, l'unico che sta pagando per il caso Wikileaks. Manning si trova in regime di carcere duro a Quantico in Virginia in attesa che il processo davanti la corte marziale entri nel vivo. E' stato incriminato con 22 diversi capi di imputazione. Il piu' grave e' quello di "connivenza con il nemico" per cui - sulla carta - rischia la pena di morte anche se la procura militare ha informalmente fatto sapere che non intende chiederla. (AGI) 


http://www.agi.it/in-primo-piano/notizie/201208221013-ipp-rt10024-wikileaks_australia_assange_non_sara_estradato_in_usa 
 

Controlli delle Fiamme Gialle: irregolari il 20% delle scommesse su Londra 2012.




E' quanto emerso dal piano di controllo straordinario della Guardia di Finanza, che ha visitato oltre 2000 esercizi e accertato più di 400 violazioni, tra centinaia i videopoker illegali, bische clandestine e decine i centri di scommesse non autorizzati.

Il 20 per cento delle scommesse sulle Olimpiadi di Londra è stato effettuato in ricevitorie irregolari. E’ quanto emerso dal piano di controllo straordinario della Guardia di Finanza, che ha visitato oltre 2000 esercizi e accertato più di 400 violazioni, tra centinaia i videopoker illegali e decine i centri di scommesse non autorizzati.
In particolare, le verifiche delle Fiamme Gialle hanno interessato tutto il territorio nazionale. Nel dettaglio, sono stati 2.088 gli esercizi controllati e 417 le violazioni contestate: sequestrati 233 videopoker illegali e 74 centri di scommesse non autorizzati, 185 persone denunciate. Nel corso delle verifiche iniziate l’ultima settimana dei Giochi Olimpici e proseguite nei giorni scorsi, i finanzieri hanno verificato l’iscrizione degli esercizi nell’apposito elenco, il possesso delle autorizzazioni, l’integrità degli apparecchi da gioco, il loro collegamento alla rete dei Monopoli e l’identità dei giocatori, anche con riferimento alle norme a tutela dei minori.
La collaborazione tra Guardia di Finanza ed Amministrazione dei Monopoli di Stato ha permesso di incrementare l’efficacia dei controlli, anche grazie al potenziamento delle banche dati: il collegamento in rete permette, infatti, di monitorare il corretto funzionamento di ogni apparecchio e di intervenire, quindi, in caso di anomalie. I fenomeni illeciti maggiormente diffusi sono risultati l’alterazione e la manomissione degli apparecchi da gioco, l’abusiva raccolta di scommesse sportive mediante agenzie clandestine, anche per conto di allibratori esteri privi di autorizzazione, le lotterie fasulle e i siti di gioco artificiosamente collocati all’estero per sfuggire ai controlli ed alle imposte. L’attività della Guardia di Finanza a tutela del gioco legale segue tre specifiche linee d’azione: contrastare l’evasione, considerate le ricadute negative del gioco illegale sul gettito fiscale complessivo; tutelare il mercato, affinchè gli operatori onesti non subiscano la concorrenza sleale di coloro che non rispettano le regole; garantire i consumatori da proposte di gioco pericolose, non autorizzate dallo Stato.
Dall’inizio dell’anno, invece, la Guardia di Finanza ha eseguito oltre 7mila controlli nel settore dei giochi e delle scommesse, riscontrando 2.358 violazioni, con il sequestro di 2.010 apparecchi da gioco e 1.059 punti clandestini di raccolta delle scommesse. E non mancano vicende emblematiche. Dalla bisca clandestina “travestita” da centro culturale alle puntate illegali su conti intestati a “prestanome”. Sono alcuni dei casi più eclatanti scoperti dagli uomini della Guardia di Finanza nel corso dei controlli eseguiti su tutto il territorio nazionale. A Roma, ad esempio, è stata scoperta una bisca clandestina nella sede di un’associazione culturale. Quando i finanzieri hanno fatto irruzione, hanno trovato ai tavoli da gioco ed ai videopoker giovani e pensionati di età tra 18 e 60 anni. Il circolo è stato sequestrato ed il gestore, un pluripergiudicato per associazione a delinquere, denunciato. A Padova, invece, un’associazione sportiva, che nascondeva una bisca clandestina con videopoker illegali, era stata posizionata a poca distanza da una sala da gioco autorizzata. Il gestore della bisca attraeva i giocatori promettendo puntate illimitate e premi immediati in denaro, tant’è che sono state contestate anche numerose violazioni alle recenti norme che limitano i pagamenti in contanti a mille euro. In provincia di Bari, con l’operazione “fatal bet”, sono stati sequestrati 30 esercizi, tra centri scommesse non autorizzati e punti vendita di gioco on-line che, invece, raccoglievano puntate illegali su conti intestati a “prestanome“. I 64 responsabili sono stati tutti denunciati. Le Fiamme Gialle di Sassari, invece, hanno passato al setaccio i centri scommesse della provincia dopo che un reparto territoriale ne aveva individuato uno collegato ad una rete illegale: 29 centri sono stati sequestrati e 30 gestori denunciati.

L’ordine di B. per quell’appalto Impregilo che ‘tocca’ il presidente di Panama. - Antonio Massari e Valeria Pacelli


berlusconi martinelli interna


Il Cavaliere intercettato al telefono con Massimo Ponzellini, il numero uno del colosso ora nel mirino della Procura di Napoli. Si parla della costruzione di ospedali nel paese centroamericano: secondo i pm potrebbe essere uno stratagemma per pagare tangenti al presidente di Panama.

Dopo le commesse di Finmeccanica, a incuriosire la procura di Napoli, ora c’è Impregilo. E il motivo risale alla primavera di un anno fa. E’ l’aprile 2011 quando, intercettando il telefono di Massimo Ponzellini, gli investigatori sentono la voce di Silvio Berlusconi. La procura di Milano sta indagando sul numero uno della Banca Popolare di Milano, che sarà poi accusato di associazione per delinquere e corruzione, per il finanziamento elargito al gruppo Atlantis di Francesco Corallo. In quel momento Ponzellini, oltre a dirigere la Bpm, è anche il presidente di Impregilo, dalla quale s’è dimesso solo tre mesi fa. E’ in questa veste che parla con Berlusconi: l’ex premier gli racconta di Valter Lavitola e così l’inchiesta milanese s’intreccia con quella napoletana su Finmeccanica e la corruzione internazionale a Panama. Interrogato dai pm napoletani Francesco CurcioHenry John Woodcock e Vincenzo Piscitelli, Ponzellini ha confermato il contenuto dell’intercettazione, confermando che Berlusconi, nell’aprile 2011, solleva un problema: dice a Ponzellini d’essere stato chiamato da Valter Lavitola, per conto del presidente panamense Ricardo Martinelli, che spinge affinché Impregilo mantenga l’impegno di costruire un ospedale nello stato sudamericano.
Se Impregilo non mantiene l’impegno, continua Berlusconi, Martinelli è pronto a rilasciare una dichiarazione pubblica: con l’intento di far deprezzare il titolo in borsa. Questo è il messaggio che l’ex premier dice d’aver ricevuto da Lavitola. E che passa a Ponzellini, per telefono, nella primavera d’un anno fa. Ponzellini, a sua volta, sosterrà d’aver provato a contattare l’ad di Impregilo che con Lavitola, però, non vuole aver nulla a che fare. La conversazione intercettata, e l’interrogatorio di Ponzellini, per la procura di Napoli, risultano interessanti per almeno due motivi.
Il primo: la costruzione degli ospedali, sotto il governo Martinelli, viene affidata a Rogelio Oruna. E’ il testimone Mauro Velocci a confermarlo: “A Oruna – dice ai pm – il governo Panamense ha affidato la commessa per la costruzione di quattro ospedali per il valore di 220 milioni dollari, importo lievitato a 320 milioni”. Negli atti si legge che la Devor Diagnostic di Oruna è stata utilizzata per il trasferimento di denaro al presidente Martinelli e ad altri politici di Panama e, secondo i pm, il “ruolo svolto da Oruna – amico e persona di fiducia del Presidente Martinelli – rappresenta l’ulteriore conferma del fatto che il destinatario delle tangenti in oggetto sia stato proprio il presidente Martinelli”.
Il connubio tra ospedali e Oruna insospettisce i pm napoletani, quindi, anche quando ascoltano la telefonata tra Berlusconi e Ponzellini. Gli ospedali potrebbero rappresentare – per il tramite di Oruna – la tangente che finisce a Martinelli. E della costruzione di un ospedale, nell’aprile 2011, parla Berlusconi – su sollecitazione di Lavitola – con il presidente di Impregilo.
Il punto è che anche Impregilo ha fatto affari con Panama. La prima commessa per il raddoppio del canale di Panama risale al 2008: all’epoca Martinelli e Berlusconi non erano al governo. E Lavitola non aveva alcun potere. Ma nel 2009 Impregilo chiude un’altra grossa partita: l’11 settembre Berlusconi incontra Martinelli, a Palazzo Chigi, proprio per discutere degli affari di Impregilo. Pochi mesi prima, a luglio, un consorzio partecipato da Impregilo s’aggiudica la gara per un nuovo sistema di chiuse nel canale di Panama: affare da 3,2 miliardi di dollari. Perché Berlusconi parla di ospedali proprio con Ponzellini? Di certo c’è che gli ospedali diventano, per il presidente panamense, una sorta di ossessione: il 30 agosto 2011 – cinque mesi dopo la telefonata tra Berlusconi e Ponzellini – il segretario particolare di Martinelli, Adolfo de Obarrio, scrive una mail a Lavitola per chiedergli conferma sulla costruzione dell’ospedale Luis Chico nella provincia di Veraguas.
Sempre ad agosto, invece, è l’ambasciatore Giancarlo Curcio che scrive a due funzionari di Palazzo Chigi. Riferisce d’aver ricevuto una telefonata da Martinelli, che è furioso, perché Berlusconi non mantiene l’impegno sulla costruzione dell’ospedale. Il sospetto degli inquirenti è che, dietro la costruzione degli ospedali, possano nascondersi le mazzette per il presidente panamense. E così, dopo Finmeccanica, ora è Impregilo con le sue commesse sul canale di Panama, a incuriosire la procura di Napoli.

Ha, ha, ha....



Se la cercano!

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