Nel Consiglio Regionale, esponenti del Idv, Pdl, mastelliani, casiniani, sardisti e autonomisti, socialisti, tutti sotto accusa per una "paghetta" di 2500 euro al mese. Nell'ordinamento della regione non c'è alcuna norma sull’obbligo di rendiconto.
La Sardegna è molto più avanti della Regione Lazio. Non solo perché già domani si svolgerà l’udienza preliminare per il rinvio a giudizio di ben 19 consiglieri regionali accusati, tutti insieme, di peculato. Ma anche perché al Consiglio regionale di Cagliari già da anni si è consolidata la prassi di spendere allegramente i soldi pubblici per farsi gli affari propri, senza rendiconto e in un clima di generale accordo tra tutti i partiti. E dunque la richiesta di rinvio a giudizio pende su due esponenti dell’Italia dei Valori, svariati del Pdl, e poi mastelliani, casiniani, sardisti e autonomisti,socialisti. Tutti accusati di aver utilizzato una paghetta mensile di 2.500 euro assegnata a ciascun consigliere dal gruppo misto e dal gruppo “Insieme per la Sardegna” durante la legislatura 2004-2009, quando era presidente Renato Soru.
GIÀ RINVIATO a giudizio risulta un ventesimo ex consigliere regionale, oggi senatore del Pdl, Silvestro Ladu. Sulla carta di credito assegnatagli dal gruppo dal gruppo è riuscito ad addebitare anche il conto del carrozziere per l’auto di sua moglie. “Per sbaglio”, ha detto al pubblico ministero Marco Cocco, che non gli ha creduto, anche perché ha scoperto che la carta di credito personale di Ladu era scaduta da anni. Il senatore Pdl deve rispondere di 253 mila euro pubblici spesi senza rendiconto. Il caso è esemplare. La prassi della regione Sardegna era che tutti i mesi il capogruppo versava sui conti correnti dei consiglieri la paghetta da utilizzare, come suol dirsi, per l’attività politica.
Non essendoci nell’ordinamento della regione alcuna norma sull’obbligo di rendiconto, è difficile per il senatore rinviato a giudizio dimostrare che, dopo l’errore, ha rimborsato a se stesso come consigliere le spese del carrozziere sostenute da se stesso. L’altro insegnamento che viene dalla Sardegna è che in questo caso qualcuno ha rotto il muro del silenzio e ha innescato l’inchiesta della magistratura. Non un politico, naturalmente, ma una funzionaria del Consiglio regionale, Ornella Piredda, che ha pagato un prezzo salato al suo coraggio.
È stata demansionata e trasferita, ha perso parte della retribuzione, non è più stata in grado di pagare le rate del mutuo e ha dovuto vendere la casa. “Chi prova a rompere il silenzio va incontro a ritorsioni molto pesanti”, ha detto alla “Nuova Sardegna”. Spalleggiata dall’avvocato Andrea Pogliani, ha intrapreso e vinto una causa davanti al giudice del lavoro, che ha condannato a risarcirla l’allora presidente del gruppo misto, il sardista Giuseppe Atzeri. Atzeri a questo punto, oltre alle accuse di peculato, deve fronteggiare un’altra pendenza penale, quella per abuso d’ufficio legata al mobbing inflitto alla Piredda. La quale, paradossalmente, è garantita solo dall’allegria con cui i gruppi consiliari della Regione Sardegna facevano le assunzioni. Insieme ad altri 25 funzionari, è stata assunta dal Consiglio Regionale a tempo indeterminato ma senza concorso, in un rapporto privatistico. In seguito, con gli altri 25, è stata trasferita con una delibera alle dipendenze della Regione, dove oggi si occupa di servizi sociali mentre gli altri sono rimasti ai gruppi grazie al nobile istituto del distacco. Secondo Piredda, che ha lavorato solo per il gruppo misto e per “Insieme per la Sardegna”, si può comunque dedurre che la musica non cambia negli altri gruppi, visto anche l’isolamento subito dopo la denuncia.
LE STORIE ricostruite dalla procura avrebbero richiesto un buon romanziere per essere inventate. A un certo punto il gruppo “Insieme per la Sardegna” si scioglie, e tutti i suoi membri confluiscono nel gruppo misto. Rimangono però in cassa dei soldi, che quattro consiglieri (Sergio Marracini dell’Udc, Salvatore Serra della Sinistra autonomista, Giuseppe Giorico dell’Udeur e Carmelo Cachia della Margherita) decidono di dividersi, secondo l’accusa, con assegni per 17mila euro a testa. E c’è il consigliere dell’Idv Giommaria Uggias, ex sindaco democristiano di Olbia e oggi unico europarlamentare sardo, che è accusato di aver pagato con i soldi della Regione le bollette telefoniche del suo studio legale. Stranezze del partito dipietrista: il suo difensore è un altro esponente idv, Federico Palomba, ex presidente della Regione nella legislatura 1999-2004, che due giorni fa ha attaccato gli attuali consiglieri regionali, chiedendo perentoriamente di “pubblicare subito sul sito istituzionale del Consiglio il rendiconto dettagliato delle spese dei gruppi consiliari, in modo che i cittadini sappiano come sono stati spesi i soldi pubblici”. Ma per adesso l’unico modo che hanno i cittadini di sapere come sono stati spesi i loro soldi è aspettare il processo al suo compagno di partito e cliente.
da Il Fatto Quotidano del 25 settembre 2012