giovedì 25 luglio 2024

Estinzioni di massa.

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Una transizione biotica, altrimenti conosciuta come estinzione di massa (dalla descrizione dell'evento più caratteristico e disastroso), è un periodo geologicamente breve durante il quale vi è un massiccio sovvertimento dell'ecosistema terrestre, con scomparsa di un grande numero di specie viventi e sopravvivenza di altre che divengono dominanti.

Il tasso di estinzione è calcolato come numero di famiglie biologiche di invertebrati marini e vertebrati estinte in ogni milione di anni. Normalmente tale tasso rimane su 2-5 famiglie, ma si sono osservati almeno cinque grandi picchi di estinzione, definiti appunto "estinzione di massa" o "transizione biotica".

Stima dei tassi d'estinzione nel corso delle ere geologiche

Fino ad oggi si considerano dunque cinque grandi estinzioni di massa (chiamate comunemente big five[1]), intervallate l'una dall'altra rispettivamente da circa 69, 124, 71 e 115 milioni di anni. Va comunque detto che, contrariamente a ciò che il nome evocativo suggerisce, non si è certi che le big five siano effettivamente le cinque estinzioni di massa che hanno causato le maggiori perdite di biodiversità in termini di famiglie, generi o specie.

Grandi estinzioni

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Ordoviciano-Siluriano (circa 450 milioni di anni fa)

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Lo stesso argomento in dettaglio: Ordoviciano e Siluriano.

In un periodo di tempo di pochi milioni di anni, probabilmente a causa di imponenti glaciazioni, il livello marino si abbassò drasticamente causando l'estinzione di molte specie marine, in particolare quelle residenti nei fondali bassi e nelle acque calde. Depositi glaciali di questo periodo sono stati trovati persino in prossimità dell'Equatore, nel deserto del Sahara, suggerendo un drastico raffreddamento del clima mondiale. Si pensa infatti che, a causa della deriva dei continenti, il supercontinente Gondwana, transitando vicino al Polo Sud dell'epoca, sia stato oggetto di una prolungata glaciazione. Gli impulsi glaciali furono almeno due, separati tra loro da circa 500.000-1.000.000 di anni, durante i quali il livello del mare risalì rapidamente. Si stima che l'estinzione abbia riguardato circa l'85% delle specie allora esistenti fra invertebrati e pesci primitivi.

Secondo un'ipotesi avanzata da Adrian L. Melott dell'Università del Kansas, questa estinzione di massa sarebbe stata causata da lampi di raggi gamma dovuti all'esplosione di una supernova relativamente "vicina" (qualche migliaio di anni luce) particolarmente massiccia, che avrebbe causato gravissimi squilibri nella catena alimentare e nel clima.[2]

Devoniano superiore (circa 375 milioni di anni fa)

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Lo stesso argomento in dettaglio: Devoniano superiore.

Al passaggio Frasniano-Famenniano (Devoniano superiore) si verificò un'estinzione di massa, chiamata evento Kellwasser che interessò una percentuale stimata in circa l'82% delle specie viventi. Anche se alcuni ricercatori suggeriscono come causa dell'estinzione alcuni impatti asteroidali, non dovrebbe in realtà essersi trattato di un evento improvviso in quanto le estinzioni si svilupparono durante un periodo di circa 3 milioni di anni. In Brasile sono stati trovati depositi glaciali relativi a questo periodo[senza fonte]. Secondo uno studio statistico cinese il tempo in cui si consumò l'evento sarebbe di ben 50 milioni di anni, un periodo talmente lungo da indurre a considerare l'evento non tanto come una vera e propria estinzione di massa, ma più come un lungo periodo caratterizzato da una forte diminuzione di biodiversità.[3] Secondo un'altra ricerca che ha trovato danni da radiazione ultravioletta nei fossili dell'epoca, la causa potrebbe essere un forte deterioramento dello strato di ozono che protegge la Terra innescato da un riscaldamento climatico globale.[4]

Permiano-Triassico (circa 250 milioni di anni fa)

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Si tratta sicuramente dell'estinzione di massa più catastrofica di tutti i tempi. Al limite del Permiano-Triassico, circa il 96% delle specie animali marine si estinse e complessivamente scomparve il 50% delle famiglie animali esistenti. Secondo alcuni ricercatori questa estinzione avvenne in un periodo rapidissimo, secondo altri invece si sono verificati tre o più episodi durante un periodo di tempo di circa 3 milioni di anni.

Nel sottosuolo australiano è stato scoperto un antico cratere da impatto, largo circa 120 chilometri, che risale all'epoca della grande estinzione. Costruire ipotesi riguardo a questo cratere e affermare che sia stata la causa scatenante è senz'altro prematuro, in quanto la durata dell'estinzione del Permiano-Triassico è ancora incerta. Alcuni scienziati sono convinti che a provocare l'estinzione sia stato un episodio di vulcanismo intenso che si è verificato proprio 250 milioni di anni fa; in effetti la possibilità di correlare tale picco di attività vulcanica con gli effetti tettonici connessi ad un impatto di grandi proporzioni esiste ed ha una sua valenza. Infatti a Noril'sk in Siberia è stata individuata un'enorme colata di basalto, spessa 4 km e ampia 2,5 milioni di km², che altri non è che il grande trappo siberiano, una delle più grandi province ignee.

Una prova all'ipotesi dell'asteroide che avrebbe provocato l'estinzione è stata fornita dall'enorme cratere della Terra di Wilkes di 450 km di diametro rilevato in Antartide e risalente proprio, secondo gli esperti, a 250 milioni di anni fa. La scoperta è avvenuta grazie al satellite della NASAGrace, che avrebbe rintracciato, sotto lo strato di ghiaccio, materiale proveniente dal mantello che fu portato in superficie dall'impatto.

La scoperta di una anomalia gravitazionale terrestre (a forma di "rosa") al largo delle Isole Falkland, farebbe ipotizzare che ci sia un enorme cratere sottomarino stimato 250-300 km di diametro, generato dall'impatto di un asteroide avvenuto circa 250 milioni di anni fa.[5]

Un'ulteriore ipotesi, proposta da alcuni studiosi,[6] prevede che al seguito del periodo di intenso vulcanismo la percentuale di anidride carbonica presente in atmosfera potesse essere aumentata oltre un valore limite stimato in 1000 ppm. In conseguenza di ciò, il chemioclino (zona di equilibrio tra acque sature d'acido carbonico e acque ricche d'ossigeno) avrebbe lambito la superficie oceanica, rendendo di fatto anossico il mare e liberando grandi quantità di idrogeno solforato (H2S) e di solfuri; su tutto il pianeta, con effetti deleteri anche sullo scudo dell'ozono. Questa ipotesi sembra giustificare l'enormità dell'estinzione in ambiente marino cui sarebbe poi conseguita un'analoga estinzione in ambiente terrestre.

Triassico-Giurassico (circa 200 milioni di anni fa)

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Lo stesso argomento in dettaglio: TriassicoGiurassico ed Estinzione di massa del Triassico-Giurassico.

Al termine del Triassico, la temperatura salì di circa 5 gradi Celsius e si estinse circa il 76% delle specie viventi, tra le quali la quasi totalità dei terapsidi e molti anfibi primitivi, e l'84% dei bivalvi. Tra le cause proposte per spiegare questa estinzione, oltre a impatti di corpi extraterrestri, ricordiamo variazioni climatiche verso una crescente aridità, variazioni del livello del mare e diffusa anossia dei fondi marini a causa della divisione di Pangea o, con l'ultima ipotesi in ordine di tempo, rilascio di grandi quantità di metano dal fondo degli oceani, come suggerirebbe una ricerca sviluppata da Antony Cohen e colleghi della britannica Open University.[7] Nel corso dei successivi 150.000 anni, il riscaldamento globale del pianeta avrebbe provocato un aumento dell'erosione delle rocce sulla superficie terrestre di almeno un 400%, causando reazioni chimiche che consumarono il diossido di carbonio in eccesso.

Cretaceo-Paleocene (circa 65 milioni di anni fa)

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Penisola dello Yucatan - La topografia radar rivela l'ampiezza di 180 chilometri dell'anello del cratere (immagine fornita da NASA/JPL-Caltech)
Lo stesso argomento in dettaglio: CretacicoPaleocene ed Estinzione di massa del Cretaceo-Paleocene.

Al limite tra Secondario e Terziario è stimata l'estinzione di circa il 75% di tutte le specie viventi, compresi i dinosauri non aviani.

La causa di questa estinzione rimase un mistero a cui si diedero le spiegazioni più diverse e assurde, finché, nel 1980, il premio Nobel per la fisica Luis Álvarez, suo figlio Walter e Frank Asaro misurarono in alcuni livelli geologici risalenti al limite K-T (abbreviazione per Cretaceo-Terziario), campionati vicino a Gubbio, la presenza di una concentrazione insolita di iridio, un elemento chimico piuttosto raro sulla Terra, ma comune nelle meteoriti. Si avanzò pertanto l'ipotesi che l'estinzione di massa fosse stata provocata dall'urto con un asteroide.

È stata scoperta un'enorme struttura circolare sotterranea situata nella penisola dello Yucatán, vicino alla cittadina di Chicxulub Puerto presso Mérida. Lo studio su questo cratere ha portato alla conclusione che il meteorite che avrebbe colpito la Terra alla velocità stimata di 30 km/s, avrebbe avuto un diametro di almeno 10 km e avrebbe liberato un'energia pari a 10.000 volte quella generabile da tutto l'arsenale nucleare ai tempi della guerra fredda. Secondo la rivista Le Scienze, Paul Renne nel 2008 e altri ricercatori dell'Università della California a Berkeley e del Berkeley Geochronology Center[8], grazie a una nuova e sofisticata tecnica di datazione argo-argo sono riusciti a ridurre l'incertezza nella misurazione dal 2,5 allo 0,25 %. Questo ha permesso di fornire la più precisa datazione assoluta anche per l'estinzione del Cretaceo, ora stimata in 65,95 milioni di anni fa, con un margine d'errore di 40.000 anni.

Un'altra possibile struttura candidata a essere la testimonianza dell'impatto di un corpo celeste con la Terra, provocando l'estinzione di fine cretaceo è il cratere di Shiva, oggi localizzato sul fondo dell'oceano Indiano, a ovest di Mumbai. Il suo cratere, dal diametro di circa 500 km, sarebbe stato prodotto da un meteorite avente un diametro di circa 40 km.[9]

Analisi geochimiche, svolte in una sequenza argillosa Paleogenica campionata a Kulstirenden, in (Danimarca), depositatasi immediatamente al di sopra del limite K-T, hanno misurato la concentrazione di paleo-molecole organiche (sterani algali, opanoidi batterici, isotopi di carbonio e azoto) indicando che la produttività biologica marina riprese in breve tempo dopo l'evento catastrofico, e la produttività algale primaria, con la fissazione della CO2, ritornò ad alti livelli probabilmente in meno di un secolo[10].

tempo geologico

(milioni di anni fa)

periodopercentuale specie estinte
430tardo Ordoviciano84-85%
360tardo Devoniano79-83%
250Permiano95%
200Triassico79-80%
65tardo Cretaceo70-76%

Piccole estinzioni

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Oltre alle grandi estinzioni, vi sono stati periodi in cui si sono verificate estinzioni di minore entità. Fra le piccole estinzioni si possono annoverare quelle avvenute 2, 11, 35-39, 90-95 e 170 milioni di anni fa. Per spiegare queste estinzioni sono state proposte diverse ipotesi:

  • una prima suggerisce un ciclo di piccole estinzioni ogni 26-30 milioni di anni. È difficile datare accuratamente i fossili al fine di produrre risultati affidabili, ma molti studi di questa ipotetica periodicità suggeriscono che altre estinzioni minori sono state separate da periodi di tempo di solo 10 milioni di anni.
  • Una seconda suggerisce invece che il ciclo di estinzioni sia stato causato da una non ancora osservata stella binaria compagna del Sole chiamata Nemesis. Essa, periodicamente, influirebbe sulla Nube di Oort causando la deviazione di diverse centinaia o migliaia di asteroidi e comete verso il Sole (e di conseguenza verso la Terra) una volta ogni 26 milioni di anni.
  • Una terza, nota come ipotesi di Shiva, suggerisce che l'oscillazione del sistema solare attraverso il piano galattico provochi come risultato un anomalo e intenso flusso cometario.
  • Una quarta prevede un periodico e intensissimo vulcanismo (in inglese viene chiamato verneshot) su scala planetaria, durante il quale rocce gigantesche verrebbero lanciate su una traiettoria suborbitale. Le conseguenze degli impatti sarebbero molto simili agli effetti degli impatti di asteroidi.
  • Una quinta, che in parte può essere ricondotta alla quarta, prevede che a seguito di un periodo di intenso vulcanismo la percentuale di anidride carbonica presente in atmosfera possa aumentare velocemente, sfavorendo l'assorbimento di ossigeno da parte dei mari. Microrganismi marini produttori di acido solfidrico normalmente abitano in prossimità del chemioclino (zona di equilibrio tra acque sature d'acido e ricche d'ossigeno). Una riduzione dell'assorbimento dell'ossigeno nell'oceano conduce a un innalzamento del chemioclino. Secondo uno studio pubblicato su Le scienze, se la percentuale di anidride carbonica presente in atmosfera raggiungesse un valore limite, stimato intorno alle 1000 ppm, il chemioclino potrebbe raggiungere la superficie dell'oceano, rendendo anossico il mare e liberando tremende bolle di gas venefico su tutto il pianeta. Il gas avrebbe effetti deleteri anche sullo scudo dell'ozono, favorendo la distruzione del fitoplancton che è alla base della catena alimentare.

Sia per le grandi che per le piccole estinzioni, è possibile che si sia verificata una concomitanza di eventi, per esempio un impatto asteroidale che come conseguenza avrebbe potuto attivare un intenso vulcanismo.

Continua su:

https://it.wikipedia.org/wiki/Estinzione_di_massa

 

Le antiche leggende egizie parlano di un testo misterioso noto come il Libro di Thoth, che si dice contenga tutti i segreti dell'universo. Alcuni ricercatori ipotizzano che questo libro perduto possa essere più di una leggenda mistica - potrebbe essere un manuale per la tecnologia avanzata? Gli antichi astronauti teorici propongono che il libro potrebbe contenere istruzioni per la nanotecnologia, spiegando come gli antichi egizi raggiungessero imprese ingegneristiche apparentemente impossibili. Se un libro del genere esiste, potrebbe rivoluzionare la nostra comprensione della conoscenza antica. La ricerca continua, con alcuni credono che sia nascosta in una camera segreta, in attesa di essere riscoperta.

https://www.facebook.com/photo/?fbid=10161728026818838&set=gm.2244425262570088&idorvanity=1177619315917360


Sono sempre più convinta che le civiltà che ci hanno preceduto, prima delle 5 estinzioni di massa succedutesi sulla terra, avevano raggiunto conoscenze tecnologiche altamente avanzate, e ne abbiamo certezza e prove scoprendo ciò che ci hanno lasciato.

cetta

mercoledì 24 luglio 2024

Dove sono le basi Nato in Italia.

 

In Italia ci sono circa 120 strutture della Nato, gestite dagli Stati Uniti o controllate dall'Italia ma in cui operano anche militari statunitensi. Esistono poi altre 20 basi segrete statunitensi.

Sono 120 le basi Nato in Italia, di diversa natura e gestione, a cui si aggiungono 20 basi segrete degli Stati Uniti, la cui posizione non è nota per ragioni di sicurezza. Dopo l’ingresso di Finlandia e Svezia, l’alleanza militare della Nato ha raggiunto i 32 stati membridi cui l’Italia è uno dei paesi fondatori, avendo firmato il Patto Atlantico nel 1949 per creare un’organizzazione di sicurezza in caso di attacco da parte dell’Unione sovietica. Dopo il periodo di distensione dovuto alla dissoluzione dell’Unione sovietica, sembrava che le basi italiane avessero perso la loro funzione, ma con l’invasione su larga scala dell’Ucraina da parte della Russia sono state riportate in uno stato di pre-allerta.

I tipi di basi Nato in Italia

Le basi Nato e degli Stati Uniti su suolo italiano sono di quattro tipi. Le prime furono concesse agli Stati Uniti negli anni Cinquanta e, pur essendo sotto controllo italiano, gli Stati Uniti mantengono il controllo militare su equipaggiamenti e operazioni. Poi ci sono le basi Nato gestite dall’alleanzale basi italiane messe a disposizione della Nato e le basi a comando condiviso tra Italia, Stati Uniti e Nato.

Le più importanti, da nord a sud, sono quelle di Solbiate Olona (in provincia di Varese) e Ghedi (Brescia) in Lombardia, di Vicenza e Motta di Livenza (Treviso) in Veneto, di Aviano (in provincia di Pordenone) in Friuli Venezia Giulia, di Poggio Renatico, nel Ferrarese, in Emilia Romagna, di La Spezia in Liguria, di quella nella tenuta di Tombolo (Pisa) in Toscana (anche se si tratta di una base italiana dove operano anche militari statunitensi), di Cecchignola (Roma) e Gaeta (Latina) nel Lazio, di Mondragone (Caserta) e Napoli in Campania, di Taranto in Puglia e di Trapani Birigi e Sigonella, nel territorio del Comune di Lentini (Siracusa), in Sicilia.Cosa fanno le basi Nato in Italia.

A Sigonella si trova il comando di monitoraggio in tempo reale delle truppe a terra e da qui partono i droni di sorveglianza che oggi monitorano i confini ucraini. A Napoli hanno sede uno dei due centri di comando della Nato (mentre l’altro è nei Paesi Bassi) la base dei sommergibili statunitensi nel mediterraneo, così come il comando delle forze aeree e dei marines statunitensi. Infine, ad Aviano e Ghedi si trovano alcune bombe atomiche B61-3, B61-4 e B61-7. La base di Aviano è usata dall’aeronautica statunitense, mentre quella di Ghedi dall’Italia. Le atomiche sono statunitensi, ma in caso di guerra possono essere lanciate anche da aerei italiani.

https://www.wired.it/article/basi-nato-in-italia-dove-sono/#:~:text=Sono%20120%20le%20basi%20Nato%20in%20Italia%2C%20di%20diversa%20natura,nota%20per%20ragioni%20di%20sicurezza.

Leggo ovunque mi capiti che a liberarci dal nazismo tedesco furono i russi e non gli "ammmmericani" che se ne attribuirono il merito. Ora, volendo ragionare con la propria mente, quindi con la logica, perchè dovremmo proteggerci da eventuali attacchi dell'Unione sovietica che ci ha liberati dal nazismo??

Pertini era contrario ad entrare a far parte della NATO che definiva strumento di guerra in quanto creato per contrastare eventuali invasioni russe.
Le sue parole:

Una “Santa Alleanza” in funzione antisovietica, un’associazione di nazioni, quindi, che porterà in sé le premesse di una nuova guerra e non le premesse di una pace sicura e duratura. Noi siamo contro questo Patto Atlantico dato che esso è in funzione antisovietica.

Cetta

Terrazze agricole di Ollantaytambo, Perù

 

Nel cuore della Sacra Valle degli Incas in Perù, le terrazze agricole di Ollantaytambo svelano la genialità dell'ingegneria Inca. Queste terrazze, scolpite sui ripidi versanti montani, hanno trasformato una terra scoscesa in terreno agricolo produttivo .
La loro costruzione è un prodigio, realizzata senza attrezzi moderni ma con una precisione sorprendente. Creando strati diversi, gli Incas riuscivano a coltivare una varietà di piante, ognuna che trae beneficio dal clima unico di ogni livello .
Inoltre, queste terrazze svolgevano un ruolo cruciale nella prevenzione dell'erosione del suolo e nella gestione dell'acqua, mostrando la profonda comprensione degli Incas dell'agricoltura e della gestione dell'acqua .
L'ingegnosità dietro la loro costruzione continua a incantare storici e archeologi.
Le terrazze di Ollantaytambo hanno non solo aumentato la produzione di cibo, ma ci hanno anche lasciato una profonda ammirazione per la capacità degli Incassi di adattarsi e prosperare nel loro ambiente difficile .

I Misteriosi Popoli del Mare: Conquistatori dell'Età del Bronzo.

 

Immagina un'epoca di sommossa nel Mediterraneo orientale, segnata dall'emergere dei misteriosi Popoli del Mare. Questa coalizione di gruppi marinari, la cui origine rimane ancora oggi un enigma, è diventata una forza influente nell'arco dei secoli XIII e XII a.C.

Incondizionati da una complessa interazione di fattori come migrazione, pirateria e il crollo delle civiltà confinanti, i Popoli del Mare hanno intrapreso una serie di migrazioni e incursioni che li hanno portati in conflitto con potenze stabilite come l'Impero Ittita, la Grecia Micenea e l'Egitto.

Una delle figure più iconiche di questo periodo è stata Ramsete III, il faraone d'Egitto, che ha affrontato molteplici invasioni da parte dei Popoli del Mare. Le battaglie di Djahy, l'Assedio di Dor e gli scontri lungo la costa del Delta del Nilo sono vividamente illustrati sui rilievi che adornano il tempio funerario di Ramsete III a Medinet Habu. Nonostante la grande presenza dei Popoli del Mare, Ramsete III rivendicò la vittoria in questi conflitti, difendendo con successo l'Egitto dall'invasione.

 Ma l'Egitto non fu l'unico teatro del conflitto. I Popoli del Mare scontrarono anche con altre civiltà della regione. La Battaglia della Piana di Amuq, descritta nella Stele di Tanis, vide Ramsete III trionfare sul Tjeker e il Peleset.

Queste battaglie rappresentano momenti cruciali nella storia antica, illustrando le dinamiche interazioni tra i Popoli del Mare e le potenze stabilite del Mediterraneo orientale. Ma la domanda rimane: cosa ne è stato dei Popoli del Mare? Si sono assimilati in altre società, disbandati come confederazione o sono completamente scomparsi dal registro storico?

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