giovedì 12 gennaio 2012

Grottesca rivincita del Palazzo. - di Marco Damilano










Il salvataggio di Cosentino. Lo stop al referendum contro il Porcellum. Nello stesso giorno, la vecchia politica si è presa due grandi soddisfazioni. Ma è soltanto l'allegria dei naufraghi. Aspiranti suicidi, a loro insaputa.

Alle 12 e 44 minuti arriva il doppio no della Corte costituzionale ai referendum elettorali. E nell'aula di Montecitorio si vede qualche capopartito che arriccia il baffo di soddisfazione. Un'ora e mezzo dopo, alle ore 14 e 10, arriva anche il no a voto segreto all'arresto di Nicola Cosentino. E questa volta non c'è una contenua soddisfazione: il corpaccione del Pdl esplode in un boato da stadio. Vittoria. Doppia vittoria, per il sistema dei partiti. 


Vittoria di che? Ok, distinguiamo. La Consulta non è il braccio armato della politica. Ma da settimane il tam tam spingeva verso la bocciatura di due quesiti su cui erano state raccolte un milione e duecentomila firme, raccolte in un mese (c'era il Generale Agosto alle spalle) con l'ostilità di tutti i partiti (ricordate Bersani? Abbiamo fatto i banchetti, ripeteva, come se fosse un ingegnere dell'Ikea), sospinte solo dalla tenacia di Arturo Parisi, Antonio Di Pietro, Nichi Vendola e da un fiume di cittadini, ancora una volta inatteso. Cittadini che in ogni caso hanno posto un problema fin qui irrisolvibile per la politica: cambiare una legge elettorale che tutti a parole dicono di ritenere orrenda, vergognosa, schifosa (compresi molti di quelli che l'hanno votata) e che nei fatti tutti hanno interesse a mantenere. 


Il Parlamento che ha salvato Cosentino è figlio di quella legge. Il Porcellum che ha aumentato la distanza degli eletti dagli elettori, fino a renderla siderale. La Casta nasce da qui: non dall'affollarsi dei deputati ai banchi della buvette per scroccare il supplì a prezzo scontato, questo lasciamolo pensare ai qualunquisti, ma dalla loro assenza davanti ai cancelli delle fabbriche o alle assemblee dei precari, a contatto con la rabbia e le speranze dei loro rappresentati. I sondaggi degli ultimi giorni (Ilvo Diamanti su "Repubblica", Nando Pagnoncelli a "Ballarò") danno numeri che suonano come campane a morto per i partiti: meno del quattro per cento degli italiani dichiara di fidarsi di loro, il 45 per cento promette di non andare più a votare. A meno che non nasca qualcosa di nuovo. Qualcosa di simile al partito di Monti. 


Monti non c'era nelle due partite di oggi. Ha sempre detto: la riforma elettorale è roba dei partiti, della politica. A maggior ragione era "cosa loro" il destino di Cosentino. E oggi i banchi del governo, mentre si votava sul coordinatore campano erano disabitati. Deserti. Nessun ministro, neppure un sottosegretario. Naturale, si dirà, neanche un membro del governo è parlamentare. Eppure quell'assenza, vista da Montecitorio, esprimeva una sensazione diversa. Non era un vuoto: era un pieno. Nelle stesse ore, infatti, l'asta dei Bot andava alla grande, la Borsa tornava a volare, il maledetto spread tornava a più miti consigli. E il governo procedeva con le liberalizzazioni. Il vero vuoto della politica era quello dei banchi stra-affollati di deputati. Quel Barani che offende da anni il garofano socialista portandolo al bavero e che oggi ha citato Brecht a sproposito (Prima di tutto vennero a prendere gli zingari, e non dissi nulla, poi gli ebrei, poi i comunisti e gli omosessuali, poi vennero a prendere me e non c'era rimasto nessuno a protestare...poteva ricordarselo quando hanno votato il reato di immigrazione clandestina), quel D'Anna che si immedesimava in Emile Zola, quei baci spudorati, quelle pacche di spalle, il leghista Paolini che si traveste da garantista e macchia il ricordo di Tortora... Monti ha cacciato dal governo il sottosegretario Malinconico in pochi minuti, per un episodio di (grave) malcostume, l'asse Berlusconi-Bossi più alleati di complemento ha votato per dire che la legge non è uguale per tutti, non lo è per un ex sottosegretario accusato di camorra. 


Quei banchi vuoti del governo dovrebbero inquietare chi avrebbe la responsabilità di riformare la politica e non riesce a spostare un francobollo. Oggi la soddisfazione dell'intera classe politica per la bocciatura dei referendum e di una buona parte per il salvataggio di Cosentino svela lo spirito con cui è stato dato il via libera all'operazione Monti. Lasciare al Professore il lavoro sporco e non toccare nulla di quello che andrebbe cambiato nel sistema politico. E poi tornare in sella nel 2013. Non si rendono conto che di questo passo non resterà più nulla. Chi crede nella politica non ama i governi tecnici, tifa perché i politici trovino la strada per autoriformarsi, difende l'istituzione Parlamento da ogni attacco. Ma non si può continuare a lungo a difendere una classe politica che da un lato blinda l'impunità dei suoi boss e dall'altro risponde alla voglia di partecipazione dei cittadini con il sistema elettorale ungherese (che sfiga, oltretutto, amici del Pd, proprio ora che quel modello ha prodotto un governo simil-fascista: come se Berlinguer nel 1973 avesse lanciato il modello cileno). 


Quelle urla di esultanza dopo il voto su Cosentino, quei sorrisetti di sufficienza dopo la pronuncia della Corte, da veri professionisti della politica (ora ci pensiamo noi.. certo, come no, si è visto di quali disastri siete stati capaci)...Ungaretti l'avrebbe chiamata allegria di naufragi. Aspiranti suicidi, a loro insaputa.



http://espresso.repubblica.it/dettaglio/grottesca-rivincita-del-palazzo/2171896/24

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