Se non è un Arcorgate, poco ci manca. Settimana dopo settimana prende sempre più corpo l'ipotesi che davvero il presidente del Consiglio abbia utilizzato intercettazioni telefoniche, trafugate illegalmente dai server della Procura di Milano per mettere nell'angolo gli avversari politici. In questa replica all'italiana dello scandalo che costrinse nel 1974 il presidente Usa Richard Nixon alle dimissioni, finora dal Pdl piovono solo smentite. L'onorevole avvocato Niccolò Ghedini e il sottosegretario Paolo Bonaiuti sostengono che Silvio Berlusconiè assolutamente estraneo alla pubblicazione, da parte de Il Giornale, dell'ormai celebre colloquio telefonico tra l'ex segretario dei Ds, Piero Fassino, e l'ex numero uno di Unipol, Giovanni Consorte, intorno al quale ruotò buona parte della campagna elettorale per le Politiche 2006.
Dal 15 dicembre scorso però giace senza risposta un'interrogazione parlamentare presentata dal responsabile Giustizia del Pd, Andrea Orlando. Il governo, insomma, ufficialmente non vuole dire niente. E se si va a guardare quel poco che trapela a Milano dalle maglie di un segreto istruttorio mai così ferreo è facile intuire il perché. Comunque la si prenda la situazione è più che imbarazzante per Berlusconi, il suo partito e i suoi familiari. La storia che è stata fin qui messa a fuoco dagli investigatori è complessa e ha origini lontane. Comincia quando Fabrizio Favata, un imprenditore milanese che nei primi anni '90 è stato più volte in carcere, conosce Alessia Berlusconi, figlia di Paolo e della ex moglie Mariella Bocciardo, attuale deputato del Pdl. L'incontro avviene ai margini delle riunioni per le polizze assicurative della Bayerische di cui Alessia si occupa. In breve tempo Favata diventa un amico di famiglia. Lega con Paolo col quale esce spesso la sera.
Poi passa agli affari. Berlusconi Junior tramite la Solari (quella dei decoder tv) commercializza prodotti di elettronica al consumo importati, ma si vuole espandere all'informatica. Nasce per questo l'Ip time, una società specializzata in telefonate attraverso il web, in cui Favata entra con una piccola quota detenuta, dice lui, da un'amica. Visti i suoi precedenti penali, non è il caso che compaia direttamente in un'azienda del fratello del premier. Favata è pure amico di Roberto Raffaelli, uno dei proprietari di Rcs, una delle più grandi società che lavorano con le procure nel campo delle intercettazioni. Ascoltare le telefonate altrui è un affare da molte decine di milioni di euro. Ma Rcs vuole crescere ancora. Punta ai mercati esteri (la Romania) e così Favata pensa di chiedere una mano al fratello del presidente del Consiglio. Paolo si mette a disposizione.
A Roma fa fare agli uomini della Rcs degli incontri importanti. Poi, secondo Favata, spiega che è necessario ungere qualche ruota. Per questo nel 2005 si fa portare ogni mese nei suoi uffici milanesi di via Negri al Giornale delle buste contenenti anche 50 mila euro per volta. Per la Procura di Milano, se la storia è vera (c'è un altro testimone che la conferma) non si tratta però di corruzione. Il più giovane dei fratelli Berlusconi è infatti accusato di millantato credito: in sostanza potrebbe aver intascato i soldi facendo intendere (falsamente) che erano destinati al segretario particolare del premier, Valentino Valentini, oggi deputato. Del resto Paolo, al di là delle apparenze, navigava in cattive acque.
Nonostante il fatturato record di quegli anni (più di 150 milioni di euro) nella Solari aveva problemi con il suo socio al 49 per cento, Giovanni Cottone, un palermitano nipote di un boss di Cosa Nostra (Antonio), e in affari con altri uomini d'onore. Un legame pericoloso la cui portata emergerà nel 2007, quando il Gicodella Guardia di Finanza, sventa all'ultimo momento il sequestro di Cottone da parte dell'ex moglie. La donna, convinta che il marito abbia truffato Paolo Berlusconi nascondendo all'estero circa 40 milioni di euro, ha infatti pianificato il suo rapimento (con successivo omicidio). In questo scenario non proprio da educande Favata sembra trovarsi a suo agio.
Quando nell'estate del 2005 la procura inizia l'inchiesta sulle scalate bancarie da parte di Stefano Ricucci e Gianpiero Fiorani, viene dopo poco avvertito dell'esistenza di intercettazioni rilevanti dal punto di vista politico. Stando ai suoi racconti a dirgli come stanno le cose sarebbe stato Raffaelli (che però nega). A quel punto nasce l'idea di fare una sorta di regalo ai Berlusconi (i nastri riguardanti la sinistra) in modo da avere un aiuto maggiore nel tentativo di espansione di Rcs in Romania. Il via libera alla consegna del dono arriva però solo quando si è certi che dei file audio (non ancora trascritti e depositati) ne sono state fatte più copie. Intorno a Natale, dopo una visita ad Arcore, una chiavetta usb con gli audio arriva così nelle mani di Paolo e poi il 31 dicembre ll Giornale pubblica la trascrizione (diversa da quella ufficiale) del colloquio Fassino-Consorte.
Favata, sostiene, che per tutto questo gli fu promessa "eterna gratitudine". Ma aggiunge che una volta saltata per aria la Solari e le società ad essa collegate, Paolo si è tirato indietro. Tanto da dire no a una richiesta di un milione di euro in prestito. Dal quel giorno per Favata trovare il modo di farsi ripagare il favore diventa una sorta di ossessione. L'uomo prima minaccia di rivelare come il gruppo Solari accumulava presunti fondi neri, poi utilizza la vicenda del nastro di Fassino come un'arma di ricatto. Ma questa è un'altra storia. Ancora più oscura e complicata della prima. La leggeremo domani.
Da il Fatto Quotidiano del 12 maggio