mercoledì 23 marzo 2011

L’insostenibile deriva neoliberale delle socialdemocrazie europee. di di Zygmunt Bauman




Ma lo sanno i socialdemocratici a cosa mirano? Ce l'hanno una qualche nozione di una 'società giusta' per cui vale la pena lottare? Ne dubito. Credo non ce l'abbiano. In ogni caso non nella parte di mondo in cui viviamo noi. L'ex cancelliere tedesco Schroeder ne ha dato prova restando abbagliato di fronte alle proprietà di Tony Blair come a quelle di Gordon Brown e dicendo, solo pochi anni fa, che non esiste un'economia capitalista e un'altra socialista, l'economia è soltanto buona o cattiva. Per molto tempo, almeno gli ultimi trenta-quarant'anni, la politica dei partiti socialdemocratici si è andata articolando anno dopo anno con leggi neo-liberaliste, secondo il principio: "qualsiasi cosa voi (il centro-destra) facciate, noi (il centro-sinistra) possiamo farlo meglio".

A volte, anche se non molto spesso, qualche iniziativa particolarmente oltraggiosa e arrogante presa dai legislatori provoca uno spasimo nell'antica coscienza socialista. Allora in questi casi, senza alla fine combinare un gran che, si solleva la richiesta di una maggior compassione e una maggior lungimiranza nei confronti di "chi ha più bisogno" o di un "alleggerimento del carico" per "chi è più colpito" – ma di sicuro non prima di aver valutato le conseguenze in fatto di popolarità in caso di elezioni – e ancor più frequentemente mutuando frasi e termini dagli "avversari".

Questo stato di cose ha la sua ragion d'essere: la socialdemocrazia ha perso la sua specifica base costitutiva – le roccaforti e i baluardi sociali suoi propri, quelle aree popolate da gente, i destinatari finali delle azioni politico-economiche, che aspetta e spera di essere ridefinita o ricollocata, altrimenti che come una massa di vittime, in un integrato soggetto collettivo di interessi, agenda e organismo politici già di per sé. Tale base costitutiva è stata completamente polverizzata, trasformata in un aggregato di individui autoreferenziali ed egocentrici, in competizione per un lavoro o una promozione, con scarsa consapevolezza della propria appartenenza a un comune destino e una ancor minore inclinazione a serrare le fila e chiedere azioni solidali.

La 'solidarietà' è stato un fenomeno endemico di quella società dei produttori ormai finita; non è che un'illusione che si nutre di nostalgia nell'attuale società dei consumatori. I membri di questa gran bella nuova società sono noti per accalcarsi negli stessi negozi nello stesso giorno e alla stessa ora, sono guidati oggi "dall'invisibile mano del mercato" con la stessa efficienza di quando venivano ammassati nelle fabbriche davanti alle catene di montaggio dai padroni e dai loro supervisori prezzolati.

Ricollocati come consumatori in primo luogo e come produttori (neanche necessariamente) in secondo luogo, quella che una volta era la "base socialdemocratica" si è dissolta in mezzo a un aggregato di consumatori solitari, conoscendo come
unico "interesse comune" quello di "contribuenti".

Non c'è da meravigliarsi se quel che resta dei movimenti socialdemocratici ha focalizzato la sua attenzione sul "ceto medio" (or non è molto erano chiamate "classi medie"...) – e che si dedichi alla difesa dei "contribuenti" non più, apertamente, divisi dai propri interessi e diventando con ciò l'unico "pubblico" dal quale sembra plausibilmente possa ottenersi un sostegno elettorale solidale. Entrambe le parti dell'attuale scenario politico cacciano e pascolano sullo stesso territorio, cercando di vendere la propria "politica-prodotto" agli stessi clienti. Nessuno spazio per una "utopia a sé stante"! Non abbastanza, comunque nello spazio che separa un'elezione politica dall'altra...

"La sinistra – annotava José Saramago in data 9 giugno 2009 sul suo diario – "non sembra essersi accorta di essere diventata molto simile alla destra". Ed è successo proprio così, è diventata "molto simile alla destra".



martedì 22 marzo 2011

La Gioventù non è per i disabili Giochi negati ai bambini.



Nel Vicentino gli alunni con disabilità non hanno potuto partecipare ai Giochi della Gioventù: mancavano i soldi per l'assistenza durante le gare. Il ministro dell'Istruzione Gelmini si difende: "L'organizzazione era affidata al Coni"

“La squadra integrata con due studenti diversamente abili e altrettanti normodotati ha gareggiato nella campestre interregionale a Treviso, su un percorso di 400 e 800 metri. Buoni risultati globali per tutti gli studenti-atleti provinciali: in particolare, i ragazzi della media di San Vito al Tagliamento hanno conquistato la qualificazione per le finali a Nove. Ma il Comitato italiano paralimpico (Cip) non ha sufficienti fondi per partecipare alla fase nazionale della campestre”.

In Friuli la gente è abituata a dosare le parole, anche quando i sentimenti fanno venir voglia di urlare. Per questo Gianfranco Chessa, titolare dello sport all’Ufficio scolastico di Pordenone, ha commentato così gli eventi dello scorso weekend: a Nove, vicino Vicenza, si disputavano le finali della corsa campestre per i Giochi della Gioventù edizione 2010-11, ma i ragazzi con disabilità sono rimasti a casa. Mancavano i moduli per iscriverli alla gara, il ministro dell’IstruzioneMariastella Gelmini non li ha mandati alle scuole, c’erano solo quelli per i normodotati. Perché oltre a Valentina e suo figlio (la cui storia potete leggere in prima pagina), sono tanti quelli lasciati fuori dal gioco quest’anno.

“Una discriminazione grave – ha denunciato la deputata Pd Monica Ghizzoni presentando un’interrogazione –, un brutto passo indietro nel difficile percorso di integrazione dei disabili”. Piccata la risposta ministeriale: l’organizzazione dei Giochi è stata affidata al Coni fin dall’edizione 2009, e non dipende quindi dal Miur l’esclusione dei disabili. Chi critica la Gelmini lo fa “strumentalmente, per ragioni di lotta politica”, precisa salace una nota diramata la scorsa settimana.

“Macché politica, qui il problema vero sono i soldi – ribatte Simona Zucchet di Equality Italia, organizzazione per la difesa dei diritti civili –. A Vicenza è successa una cosa semplicissima: c’erano troppi pochi iscritti per organizzare il sostegno necessario agli atleti disabili. Se un ragazzo cieco deve affrontare la gara occorrono particolari accorgimenti, servono più persone al lavoro, più ore di servizio. Ma se arrivano al Coni poche richieste per quel tipo di competizione da classi con atleti disabili, la soluzione più ovvia è limitare la partecipazione a chi non ha problemi”.

A maggio si terranno a Roma le finali nazionali delle altre specialità atletiche, e il Cip si è impegnato a far partecipare i disabili almeno alle prove su pista. Peccato che il senso dei Giochi studenteschi sia l’esatto opposto, ovvero promuovere la scambio tra tutti i ragazzi e favorire l’inclusione predisponendo agevolazioni particolari proprio per chi non avrebbe tutti i numeri per tutte le discipline.

C’è però chi vanta nuove idee in merito. Il senatore leghista Giovanni Torri ha presentato un disegno di legge per rilanciare la manifestazione vincolandola alla prestazione scolastica: secondo la proposta, ora allo studio nella commissione per l’Istruzione al Senato, potranno partecipare alle gare solo gli studenti (dalla quarta elementare alla terza media) con la sufficienza in tutte le materie. Il sottosegretario Guido Viceconte ha già fatto sapere a nome della Gelmini che i 40 milioni di euro necessari alla riforma Torri non possono essere pescati dal già esangue Fondo per l’arricchimento e l’ampliamento dell’offerta formativa, come ipotizzato dal proponente, mentre nessuna obiezione è stata mossa sul filtro del voto. “Più valore al merito” spiega soddisfatto il senatore, “ma per i disabili sarebbe ancora peggio” ribatte la Zucchet. Che aggiunge: “Chi ha un handicap dell’apprendimento troverebbe nuovi ostacoli nel vivere un momento educativo e piacevole come lo sport fatto insieme ai compagni. Senza dimenticare che, sempre più spesso, i genitori dei bimbi con problemi fisici chiedono direttamente l’esonero dall’attività fisica per evitare tormenti e problemi continui. Gli insegnanti di sostegno sono pochi e oberati di lavoro, seguire un ragazzo con esigenze particolari richiede tanto tempo, energia, denaro. Tagliando i fondi e restringendo i criteri d’ingresso si lasciano fuori i più deboli. La storia è sempre quella”.


George Carlin- Guerra del Golfo.




Semplicemente fantastico!

Monica Rizzi, la laurea in Svizzera? L’ateneo non ne sa nulla.




L’indagine aperta dalla procura di Brescia è ancora in corso. I magistrati vogliono verificare se davvero, come scritto dal Fatto Quotidiano lo scorso luglio, Monica Rizzi, l’assessore leghista in Regione Lombardia, ha millantato una laurea in psicologia. L’ipotesi di reato è quella di abuso di titolo. Gli inquirenti stanno inoltre verificando la partecipazione della Rizzi a convegni e incontri pubblici in veste di specialista di problematiche infantili. Ma i problemi maggiori per l’assessore leghista sembrano adesso arrivare dalla Svizzera. Fabio Lorenzi Cioldi, presidente della sezione di Psicologia- Fpse dell’università di Ginevra dove Rizzi sostiene di essersi laureata, spiega infatti in una mail che “la formazione in psicologia è di minimo 5 anni, il ‘breve corso’ al quale fa riferimento (Rizzi, ndr) non può assolutamente conferirne il titolo”.

L’assessore, più volte interpellata sull’argomento, ha preferito non chiarire la propria posizione. I suoi collaboratori, il portavoce, il gruppo della Lega in Regione Lombardia e l’ufficio stampa del consiglio regionale e quello della giunta, contattati, non hanno avuto modo di parlare con Monica Rizzi né rispondere su ciò che la riguarda. E la questione, per come la sta ricostruendo la procura lombarda, appare semplice.

Dal 2002 e fino al marzo del 2010, l’assessore ha partecipato a numerosi convegni in qualità di psicoterapeuta infantile, titolo di studio esibito, tra l’altro, nel suo curriculum al Pirellone. L’aspetto più clamoroso riguarda un convegno sponsorizzato dalla Provincia di Brescia: siamo nel giugno del 2002, e la “dottoressa Monica Rizzi” partecipa come relatrice alla seconda giornata di studio contro l’abuso sessuale sui minori. Il convegno dal titolo “Dì di No! Possiamo proteggere i nostri bambini e le nostre bambine dall’abuso sessuale?” è curato da Sabrina Fabbri e da Claudia Remondina dell’Ufficio Pari Opportunità della Provincia. “I relatori – si legge nella presentazione del convegno – affronteranno questi temi con l’esperienza che deriva loro dall’essere in trincea, direttamente coinvolti nella lotta contro l’abuso sessuale”.

Al tavolo dei relatori Rizzi siede con il Procuratore Capo presso il Tribunale per i minori di Brescia,Emilio Quaranta, impegnato in una relazione dal titolo: “L’abuso sessuale e la legge”; Ivana Giannetti, presidente del Telefono Azzurro-Rosa, interviene con una relazione dal titolo “Intervista del minore”; Anna Grazia Rossetti, psicologa esperta in linguaggio non verbale, spiega come meglio cogliere nel minore i segnali del disagio; all’incontro non mancano i massimi rappresentanti del mondo istituzionale come il presidente della provincia Alberto Cavalli e il Prefetto Annamaria Cancellieri. Tra gli specialisti chiamati a discutere di abusi sui minori, intervengono anche Marinella Malacrea, neuropsichiatra infantile e terapeuta famigliare del Cbm” e, appunto, Monica Rizzi presentata come “psicoterapeuta infantile”, con una relazione dal titolo “Evoluzione del bambino maltrattato”.

Il Comitato scientifico del convegno si è fidato senza preoccuparsi di verificare i titoli e l’esperienza professionale maturata nel campo specifico dall’allora futuro assessore Monica Rizzi, che infatti interviene e firma il suo discorso in qualità di psicoterapeuta infantile, arrivando ad affermare: “Collaboro per i problemi relativi all’infanzia con il Senato della Repubblica e in specifico con il senatore bresciano Franco Tirelli”. Un intervento in cui la Rizzi parla di “evoluzione del bambino abusato e di sintomi psicologici e fisici che il minore può sviluppare” e “degli indicatori e dei segni ritenuti, dagli studiosi del fenomeno, caratteristici del bambino vittima di violenza”.

Nel corso del suo intervento Monica Rizzi afferma: “la mia esperienza personale e le centinaia di documenti letti, mi portano ad affermare con certezza che spesso il minore vittima di abuso manifesta un interesse inusuale verso questioni sessuali, disturbi del sonno, ansia, depressione, comportamenti di isolamento e, a volte, comportamenti seduttivi nei confronti degli adulti”. Un intervento da specialista, che si spinge a consigliare alla magistratura “l’intervento di un tecnico esperto in materia al fine di ridurre quanto più possibile il numero degli interrogatori del minore coinvolgendolo se non quando strettamente indispensabile”. La relazione prosegue affrontando i temi del reinserimento del bambino abusato e la disamina di alcuni casi riguardanti l’incesto e “le strategie di seduzione a cui ricorre l’abusante nell’incesto, come la svalutazione della figura materna”. Ma la “psicoterapeuta infantile” va oltre, parlando di “terapie psicofarmacologiche nell’elaborazione del trauma e nel superamento dello stesso” e “dei percorsi terapeutici familiari con l’obbiettivo di ricostruire le relazioni familiari dal punto di vista psicologico e relazionale”. E pensare che Rizzi è “solo” un ragioniere.



Pagati 20 euro a testa i manifestanti pro-Silvio al processo Mills?

Qualcuno lo ammette a mezza bocca: “E mi hanno dato anche un panino”La circostanza è riportata dall’agenzia di stampa Agi, nel servizio che racconta la manifestazione di un centinaio di persone contro i giudici e a favore del Cavaliere durante il processo Mills:

Negli stessi corridoi del tribunale c’e’ chi dice che i sostenitori del gazebo siano pagati 20 euro al giorno piu’ un panino per il pranzo

Ad andare più in profondità è Paolo Colonnello sulla Stampa, però:

Pensionati, disoccupati e qualche giovane, perfino un extracomunitario, tutti con un fiocco azzurro al petto, «simbolo di libertà». Ma forse non tutti così militanti, visto che fotografi e cameramen giurano di aver riconosciuto alcuni figuranti dei programmi televisiviMediaset e dato che qualche giovane si è lasciato candidamente scappare di aver guadagnato, per la presenza un po’ scalmanata a palazzo di giustizia «20 euro e un panino, ma non si può dire». Vocianti e plaudenti, al grido di «Silvio è bravo, Silvio è unico», i supporter hanno regalato delle vere ovazioni ai difensori del Cavaliere, Piero Longo e Niccolò Ghedini, secondo il quale «questa accoglienza è il segno che la gente comincia a capire cosa sono questi processi a carico del Presidente».

Speriamo che il panino fosse almeno al prosciutto, altrimenti la discrasia con le Olgettine sarebbe inquietante.

http://www.giornalettismo.com/archives/118706/pagati-20-euro-a-testa-i-manifestanti-pro-silvio-al-processo-mills/


Da Fukushima nube sull'Italia tra domani e giovedì. Ispra: nessun pericolo per salute.




Roma, 22 mar. (Adnkronos) - Gli effetti della nube radioattiva che si è sprigionata dalla centrale giapponese di Fukushima sono "attesi anche sull'Italia, prevediamo tra domani e dopodomani" ma "al momento non si rilevano assolutamente rischi per le popolazioni". Ad affermarlo all'Adnkronos è il responsabile del Servizio misure radiometriche del Dipartimento nucleare dell'Ispra, Giancarlo Torri. In Italia ad intercettare la nube "sono i sistemi della Rete nazionale di sorveglianza della radioattività, una rete che è sempre e comunque attiva su tutte le regioni italiane" spiega Torri, aggiungendo che fino "a stamattina non si rileva nessun segnale di incremento di radioattività né sull'Italia né sull'Europa". "Il valore della nube -continua Torri- dipende da quanto materiale radioattivo e' uscito, da quanto sta in alto e da quali fenomeni di diluizione e' influenzato". La dose attesa, prosegue Torri, "dovrebbe essere tra mille e 10mila volte meno di quella che arrivo' dopo Chernobyl. Ci aspettiamo valori da 100 a 1.000 milionesimi di baquerel per metro cubo di aria".

"Al momento -ribadisce Torri- non si rilevano assolutamente rischi per la popolazione. L'eventuale esposizione sarebbe molto rapida". "Dal 12 marzo abbiamo chiesto di intensificare la misura di particolato atmosferico che è il primo segnale a dire se è in arrivo qualcosa e che tipo di materiale arriva" dice Torri. "Se la nube arriva, arriva dapperttutto. Noi - prosegue - monitoriamo i flussi d'aria del mondo". "I nostri sistemi di sorveglianza -aggiunge ancora l'esperto dell'Ispra- sono costituiti da centraline a terra gestite dalle Arpa regionali e i cui dati sono coordinati dall'Ispra. Il ruolo delle Regioni è importante".

Nessuna preoccupazione che possano sfuggire informazioni rispetto all'arrivo della nube radioattiva sull'Italia? "Con i nostri strumenti -conclude Torri- misuriamo normalmente valori da 10mila a 100mila volte inferiori a quelli che potrebbero avere impatto sulla salute delle persone, sono cioè valori bassissimi e pari a 10mila volte meno le dosi di radiazione naturale".

Informazioni analoghe arrivano anche dall'Agenzia di sicurezza nucleare francese secondo cui ''masse d'aria leggermente contaminate, con livelli inferiori di 1.000 a 10.000 volte rispetto a quelli rilevati in seguito all'incidente di Chernobyl dovrebbero raggiungere mercoledì la Franciametropolitana senza alcuna conseguenza per la salute''.

La radioattività, sottolinea l'Asn, ''non dovrebbe d'altronde essere rilevata dai sensori della rete Teleray di sorveglianza francese della radioattività ambiente''. Il controllo dei prodotti freschi in provenienza del Giappone, precisa l'Autorità, ''è operativo'' ma, sottolinea, ''i flussi di queste merci in provenienza del Giappone (frutta, legumi, alghe) sono interrotte per il momento''. Gelsomina Pappalardo, ricercatrice dell'Istituto di Metodologie per l'Analisi Ambientale del Cnr e coordinatrice Progetto europeo Earlinet commenta all'ADNKRONOS: "Evitiamo allarmismi, le concentrazioni di radionuclidi attese sono veramente minime, secondo alcuni modelli addirittura nulle".



Il Governo va avanti per B. Oggi la prescrizione breve, domani il nucleare.




La guerra e il “dolore” di Berlusconi sulla sorte dell’amico Gheddafi non distolgono il resto del governo dal guardare alla soluzione dei problemi del premier. E mentre la commissione Giustizia della Camera approva la prescrizione più corta per gli incensurati all’interno del provvedimento sul processo breve, che andrà in aula lunedì prossimo, domani il consiglio dei ministri si troverà sul tavolo un decreto legislativo bollente: il via alla localizzazione dei siti su cui costruire le future centrali nucleari italiane.

Si tratta di un provvedimento dove sono elencati una serie di siti, più di uno per Regione, dove un’apposita commissione del ministero dello Sviluppo Economico ha dato il proprio parere positivo per la costruzione di nuove centrali. L’elenco, secondo la legge, dovrebbe essere discusso con le Regioni, ma si tratta comunque di un parere consultivo. Di fatto, una volta approvato, il decreto rappresenterebbe il primo passo concreto verso la costruzione di nuove centrali in Italia, ma le polemiche dei giorni scorsi e soprattutto dei sondaggi devastanti (l’89% degli italiani preferisce le energie rinnovabili e voterebbe a favore del referendum) starebbero inducendo Silvio Berlusconi ad un passo indietro, una moratoria di un anno per aprire una “riflessione” più ampia sulle scelte da fare. E prendere tempo anche per abbassare l’attenzione sul tema in vista del referendum di giugno. “Delle due l’una”, dice Antonio Di Pietro. “O il governo cancella la norma che consente la costruzione di centrali nucleari sul territorio italiano o la mantiene. Ma la moratoria di un anno è un chiaro raggiro che serve a scavallare la data del referendum”, aggiunge. “Insomma, l’unico vero scopo del governo è quello di fermare il temuto verdetto dei cittadini”.

Al Governo la cautela, in queste ore, sembra la parola d’ordine. Soprattutto dopo che dalla commissione Affari Costituzionali del Senato è arrivato un segnale politico inequivocabile su quanto il tema del nucleare sarebbe devastante per la coesione della stessa maggioranza. Ieri pomeriggio, infatti, la commissione non ha espresso il proprio parere sul decreto legislativo sulla localizzazione dei siti, come richiesto dalla commissione Industria, e la votazione finale sul parere positivo del relatore del Pdl è finita 9 a 9, dunque è stata respinta. Un voto che ha convinto il ministro Paolo Romani a dare per scontata la scelta per la moratoria in consiglio dei ministri di domani mattina, perché i sondaggi (e il voto ballerino di alcuni parlamentari di maggioranza) spaventano molto di più di quanto avvenuto in Giappone.

Nessuna “moratoria” invece, sul fronte della giustizia “ad personam”. I processi avanzano, le aule di tribunali reclamano la presenza di Berlusconi e si avvicina il sei aprile, quando a Milano inizierà il processo al premier per concussione e prostituzione minorile in relazione al caso Ruby. Tra escort, modelle, “bambole” di via Olgettina e varia umanità finita nelle carte, sfilerà davanti ai giudici il Presidente del Consiglio. O almeno dovrebbe. Ma nella norma sul processo breve, oggi discussa in commissione, avanza la prescrizione “ad hoc”. Per quanto rivista e corretta dalla maggioranza, ha ancora quel “trucco modesto”, come lo definisce Pierluigi Mantini dell’Udc, di “un favore” al premier. La norma contiene una distinzione “irragionevole” si tratta di un piccolo, preciso, chirurgico, beneficio per “un processo del presidente del Consiglio”: riconosce dei privilegi agli incensurati, ai signori con più di 65 anni. Non solo, ma le disposizioni non si applicano ai procedimenti per cui è stata già pronunciata sentenza di primo grado. Insomma, per dirla con Di Pietro, “basta tirarla alla lunga per non farsi processare”.

Il processo Mills, che vede coinvolto Berlusconi, secondo i calcoli della maggioranza finirebbe in prescrizione. Per un calcolo semplicissimo: attualmente la massima durata è pari alla pena massima prevista per il reato e viene aumentato di un quarto per effetto delle interruzioni. Per il reato di corruzione in atti giudiziari la prescrizione è fissata in dieci anni: la pena massima è infatti di otto anni. Il relatore dell’emendamento, Maurizio Paniz, sostiene che la norma non possa essere applicata ai processi già in corso, ma Luigi Li Gotti della commissione giustizia in Senato spiega che in realtà “chi dice una cosa del genere è quanto meno un ignorante visto che la prescrizione è una norma cosiddetta sostanziale di diritto penale e non di procedura. E quindi, per regola generale codicistica, all’imputato si applica sempre, nella successione di legge nel tempo, quella più favorevole. E dato che non è credibile che si tratti di ignoranza, questa non può che essere malafede”. Solo di qualche deputato della maggioranza che agisce sicuramente a insaputa del premier. Il cinque marzo scorso Berlusconi aveva garantito: “La prescrizione breve sarà ritirata”. Oggi intanto è stata approvata in commissione.

di Sara Nicoli e Davide Vecchi