Si torna a parlare di Consiglio superiore della magistratura e di modifiche alla sua organizzazione.
In particolare, si vuole separare la figura del pubblico ministero da quella del giudice, creando quindi due carriere indipendenti l'una dall'altra e di conseguenza creando un altro Consiglio superiore che "governi" i pubblici ministeri.
In altre parole, si sostiene che se è giusto che il ruolo ricoperto dal pubblico ministero non debba avere alcun collegamento con quello svolto dal giudice, è anche giusto che vi siano due organi di governo indipendenti, uno preposto ai giudici, l'altro ai pubblici ministeri.
Bene. Allora vediamo come si dovrà sviluppare questa iniziativa legislativa.
La magistratura, come categoria generale, comprende sia i giudici che i pubblici ministeri.
L'art.104 della Cosituzione dice: "la magistratura costituisce un ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere"; e l'art.107 stabilisce che "...i magistrati sono inamovibili...se non in seguito a decisione del Consiglio superiore della magistratura adottata con le garanzie stabilite dall'ordinamento giudiziario..." e aggiunge "...il pubblico ministero gode delle garanzie stabilite dall'ordinamento giudiziario".
Dunque, si tratta di una impalcatura normativa contenuta nella Costituzione.
Peraltro, la Costituzione non è il Vangelo, e le sue norme possono essere modificate: quindi andrà presentato alle Camere un disegno di legge di modifica costituzionale per la separazione dell'ordine magistratuale in due ordini distinti, giudici e pubblici ministeri, e la conseguente creazione di due distinti Consigli superiori, così modificando gli articoli da 104 a 107 della Costituzione.
Coloro che nel 1947 la estesero non erano certo degli sprovveduti, nè come giuristi nè come politici: inserirono quindi nel Titolo Sesto della Carta la possibilità che quella Costituzione da loro scritta potesse essere modificata.
Art.138: "Le leggi di revisione della Costituzione.....sono adottate da ciascuna Camera con due successive deliberazioni ad intervallo non minore di tre mesi, e sono approvate a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera nella seconda votazione. Le leggi stesse sono sottoposte a referendum popolare quando entro tre mesi dalla loro pubblicazione ne facciano domanda un quinto dei componenti di una Camera o cinquecentomila elettori. Non si fa luogo a referendum se la legge è stata approvata da ciascuna delle Camere, nella seconda votazione, a maggioranza dei due terzi dei suoi componenti."
Dunque, sarà necessaria una prima e una seconda votazione, a maggioranza assoluta; ma una volta fatto ciò la modifica potrà essere sottoposta a referendum popolare, richiedibile con appena 500mila firme. Se il referendum do vesse risultare negativo, e sarebbe sufficiente la maggioranza semplice dei votanti, cioè il 51% di essi, di quella proposta non si farebbe più nulla.
Ma andiamo avanti nella nostra ipotesi: sia alla Camera, sia al Senato, la legge viene approvata a maggioranza assoluta: essa sarà sottoposta sicuramente a referendum, da richiedersi da quei famosi 500mila elettori nei successivi tre mesi.
Come è noto, per il referendum si vota entro un anno dalla sua approvazione, legata prima al giudizio di ammissibilità del quesito da parte della Corte Costituzionale, poi della verifica delle firme da parte della Cassazione. Fatto ciò si può fissare la data per le votazioni, che come tutti sanno si svolgono come un normale turno elettorale, con i seggi elettorali, le scuole chiuse, lo spoglio delle schede votate, la proclamazione dell'esito.
Ricapitolando: l'art.138 prevede due successive votazioni da parte delle due Camere, a distanza di almeno tre mesi l'una dall'altra, poi referendum richiesto nei successivi tre mesi, infine votazione sul quesito del referendum entro un anno.
(Non prendiamo neppure in considerazione l'ipotesi che non si faccia il referendum, perchè ciò sarebbe possibile solo se la legge di modifica costituzionale venisse approvata con la maggioranza dei due terzi dei deputati e senatori).
Siamo già a circa due anni dalla data in cui venisse presentato il disegno di legge.
Quindi nei primi mesi del 2013 dovrebbe iniziare la parte operativa della norma.
Andrà modificato l'ordinamento giudiziario, il quale prevede le competenze di governo della magistratura presso un solo Consiglio superiore, si dovrà prevedere e regolamentare il funzionamento del nuovo Consiglio, stabilire che i concorsi per le nomine dei magistrati, previsti dall'art.106 della Costituzione, siano di due tipi, uno per i giudici e uno per i pubblici ministeri, con le regole per eleggere i componenti del nuovo Consiglio superiore, con la conseguente campagna elettorale, le votazioni, gli scrutini e così via regolando.
Bisognerà trovare una sede dove collocare il nuovo Consiglio superiore, e arredarla, dotarla di serv izi, telefoni e computers, e di personale amministrativo e di sorveglianza armata, tutto duplicando.
E a questo proposito: attualmente l'organico del Consiglio suiperiore esistente prevede in duecentoquarantatre i componenti del personale amministrativo: alcuni di essi saranno spostati presso il nuovo Consiglio, molti altri dovranno essere immessi in aggiunta nei ruoli consiliari. Questo personale deve provenire necessariamente -oggi come domani - dagli organici della amministrazione giudiziaria o di altre pubbliche amministrazioni, che peraltro sono già ora in sofferenza e di più lo saranno fra tre anni, essendo stato ridotta, per legge, la compensazione tra coloro che vanno in pensione e coloro che possono essere assunti.
Concludendo: a prescindere dal tempo minimo necessario perchè questa legge, una volta approvata, vada concretamente in vigore (e saremmo già nella seconda metà del 2013) , vanno considerate le notevoli somme che andranno spese tra referendum e costi di creazione del nuovo organismo.
Siamo sicuri che in questi giorni in cui si profila una nuova situazione di crisi energetica, di aumenti di costi e quindi di prosecuzione in una economia di tagli alle spese, tutti quei milioni di euro debbano essre destinati a questa iniziativa perchè assolutamente, imprescindibilmente necessaria?
Italo Ormanni
Magistrato, già Capo dipartimento Affari di Giustizia al ministero della Giustizia, ex procuratore distrettuale antimafia del Lazio e procuratore aggiunto alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Roma. Titolare, tra il 1965 e il 2010, di diverse inchieste sui clan della mafia e della camorra condotte in collaborazione con organi inquirenti statunitensi, francesi, spagnoli, inglesi e sudamericani. Autore, nel 1982, del primo Rapporto sulle Mafie su rischieta del Presidente del Consiglio Giovanni Spadolini; consulente della Presidenza del Consiglio, nel 1985, insieme con Giovanni Falcone, per la creazione della Direzione Nazionale Antimafia e per la riforma della legislazione antimafia e antidroga; componente tecnico, dal 1985 al 1989, della Commissione Parlamentare Antimafia.