IL LIVELLO POLITICO - Ogni locale ha un “referente” in Calabria e l’intero hinterland torinese farebbe riferimento a Giuseppe Catalano, indicato come “responsabile provinciale”. Boss e sodali ramificano i loro affari in un clima di omertà. Anche in Piemonte, come in Lombardia, le denunce “sono pochissime e ancor meno sono le denunce spontanee”, mentre la capacità di intervento degli ‘ndranghetisti è riconosciuta da “parte della popolazione” che si rivolge a loro per chiedere “piccoli favori, intermediazioni, suggerimenti” e risolvere problemi imminenti. Ma se da una parte fa paura, dall’altra la ‘ndrangheta in Piemonte intrattiene rapporti con la politica locale anche ai più alti livelli. È il solito do ut des: la ‘ndrangheta mette sul piatto i voti e ne riceve in cambio promesse e favori. I candidati entrano in contatto con i membri della consorteria nei periodi immediatamente precedenti alle consultazioni elettorali per richiederne l’intervento, consapevoli – scrivono i pm – “dell’influenza che gli affiliati sono in grado di svolgere.. nella ‘rete dei calabresi’”.
Sono almeno sette i nomi di esponenti politici locali che, pur non figurando nell’elenco degli indagati, vengono infatti riportati nell’inchiesta. Tra questi, particolarmente rumoroso quello diClaudia Porchietto, assessore al Lavoro (in quota Pdl ) della giunta regionale di Cota. L’assessore regionale Porchietto (Pdl) è stata fotografata in via Vegli a Torino, nei pressi del Bar Italia di Giuseppe Catalano, nel periodo immediatamente precedente le elezioni provinciali del giugno 2009, mentre era candidata alla poltrona di Presidente della provincia. Nel bar, in altre occasioni utilizzato dalla ‘ndrangheta per le sue riunioni e di proprietà di Giuseppe Catalano (responsabile provinciale per Torino) Claudia Porchietto incontra, oltre al proprietario, anche Franco D’Onofrio, indicato come padrino del “Crimine” di Torino.
L’altro nome è quello di Caterina Ferrero, assessore alla Sanità della giunta Cota, sempre in quota Pdl, che solo qualche giorno fa ha rimesso le delege perché raggiunta da un avviso di garanzia per turbativa d’asta. Il nome della Ferrero emerge in riferimento ad un episodio relativo alle elezioni Regionali del 2005, in occasione delle quali l’architetto Vittorio Bartesaghi, indagato per concorso in tentata estorsione, si sarebbe fatto promotore della elezione della Ferrero in consiglio regionale presso Adolfo Crea (pluripregiudicato e indicato come responsabile del “Crimine” di Torino) promettendogli cospicui guadagni su lavori pubblici. Le carte riportano inoltre i nomi, non oggetto di indagine, di Paolo Mascheroni, sindaco di Castellamonte, che sarebbe stato eletto anche grazie al sostegno del sodalizio criminale; di Antonio Mungo, candidato al consiglio comunale di Borgaro (To) durante le consultazioni del 2009 e sostenuto secondo l’indagine da Benvenuto Praticò, indicato come appartenente al “Crimine”; e infine Fabrizio Bertot, candidato nel 2009 al Parlamento europeo e attualmente sindaco di Rivarolo Canavese, che avrebbe partecipato ad un incontro al Bar Veglia di Giuseppe Catalano con alcuni calabresi, indicati dagli inquirenti come esponenti della ‘ndrangheta, al fine di raccoglierne i consensi elettorali.
Una sola cosa cruccia i membri delle famiglie di ‘ndrangheta in Piemonte, che per il resto godono di buoni affari, buoni interlocutori e sono saldamente insediati sul territorio. L’assenza in questa regione di una “camera di controllo” tra “locali” come esiste in Lombardia e Liguria. Un coordinamento che eviterebbe gli attriti tra famiglie, creando maggiore sinergia tra i gruppi e conferendo loro maggiore autonomia rispetto alla Calabria. Gli affiliati ne parlano spesso, intercettati, e ne discutono anche i boss Giuseppe Catalano e Giuseppe Comisso. Catalano: “.. perché a Torino non gli spetta?.. che ce l’hanno la Lombardia e la Liguria, giusto? Siamo nove locali..”, risponde Comisso: “.. è una cosa che si deve fare”. Al luglio 2009, data a cui risalgono le ultime intercettazioni in cui viene affrontato l’argomento testimoniano che in quella data la “camera” non esiste ancora.