mercoledì 8 giugno 2011

Sul quorum il rebus del voto all'estero ma il governo rischia l'autogol


Dal Viminale la conferma che gli italiani all'estero non potranno votare sulle nuove schede. Aver modificato la legge e il conseguente cambio del quesito potrebbe portare però al paradossale risultato di rendere più facile il raggiungimento del 50%. Il radicale Staderini: "Tutti gli italiani che vivono fuori dal paese sono stati messi in condizione di votare? Il governo risponda, è una questione di democrazia".


ROMA - Appelli, mobilitazioni, flash mob, passa parola in rete. La battaglia per il raggiungimento del quorum ai referendum del 12 e 13 giugno si combatte con molte armi, ma alla fine la battaglia decisiva sarà probabilmente quella che si disputerà a partire da lunedì pomeriggio in Cassazione attorno al voto degli italiani all'estero. Oggi il Viminale, attraverso la comunicazione al Parlamento del ministro Elio Vito, ha reso noto che sono in corso di stampa e distribuzione in tutto il Paese le schede di colore grigio con la nuova formulazione del quesito sul nucleare, così come disposta dall'ordinanza 1 giugno 2011, depositata il 3 giugno dell'ufficio centrale per il Referendum presso la Cassazione.

Le nuove schede però non saranno nuovamente inviate agli italiani residenti all'estero, dal momento che il voto poteva essere espresso solo entro il 2 giugno. Le vecchie schede già votate saranno conteggiate ai fini del risultato ma soprattutto ai fini del raggiungimento del quorum? Su questo punto Vito non si è espresso. E' logico pensare però che il governo dopo i ripetuti tentativi di sabotare la consultazione non rinuncerà a considerare anche i 3,2 milioni di italiani residenti oltreconfine parte della base elettorale su cui calcolare il 50% di votanti necessario a rendere valido il referendum.

Proprio il pasticcio combinato da Berlusconi e Romani con la finta moratoria inserita nel dl omnibus rischia però di depotenziare l'arma più efficace posseduta dal Governo per far fallire i quesiti. Per capire il perchè è necessario però fare un passo indietro.

Come ha spiegato Antonio Di Pietro a Repubblica Tv 1, contando gli italiani all'estero - che hanno votato però su un quesiti che non esiste più - il quorum sale in realtà al 58%. Anche se le schede spedite per corrispondenza tra il 25 maggio e il 2 giugno fossero conteggiate, difficile sperare che siano poco più di qualche decina di migliaia. Se dei referendum si è parlato poco o nulla qui da noi, è facile capire quanto ancor meno ne siano stati informati gli italiani all'estero, tra l'altro tendenzialmente più distratti e inclini all'astensionismo (alle ultime politiche, per dire, ha votato solo il 39,5%). Detto in altre parole, se si fosse votato tutti con il vecchio quesito il raggiungimento del quorum sarebbe stato davvero ai limiti dell'impossibile. Ma il governo, con la sua smania di sabotaggio, è riuscito nell'impresa di far votare italiane e italiani all'estero con due schede diverse, spalancando così la porta a un ricorso che Di Pietro ha già annunciato di voler presentare entro le 15 di lunedì alla Cassazione.

Precedenti in materia non ce ne sono, ma che i giudici - che tra l'altro sino ad oggi hanno sempre dato ragione ai reclami dei referendari - possano decidere di non cosiderare validi ai fini del quorum i voti espressi su schede diverse da quelle su cui ci si esprime ai seggi il 12 e 13 appare più di un'ipotesi. Nel caso le cose andassero davvero così, le possibilità che il referendum sia valido crescerebbero vertiginosamente. "A superare il muro del 50 per cento ce la facciamo, del 58 no", profetizzava sempre Di Pietro. Che a quel punto avrebbe "azzeccato" anche un'altra profezia: "Berlusconi lo ringrazio. Meno male che si attornia di tanta gente incompetente e incapace: prima fa un decreto per fermare il referendum sul nucleare, poi ricorre alla Cassazione, poi alla Consulta, con il risultato che oggi tutti parlano del referendum".

E un'altra, importante, questione la pone il segretario dei Radicali Mario Staderini. "Tutti gli italiani all'estero sono stati messi nelle condizioni di votare?" si chiede il leader radicale. "I dubbi sulla regolarità del voto degli italiani all'estero - dice - riguardano tutti e quattro i referendum, non solo quello sul nucleare. La questione non è tanto se chi ha già votato sul nucleare debba o no rivotare, bensì se gli oltre 3 milioni di italiani all'estero sono stati messi effettivamente nella condizione di votare per i quattro referendum". "Siamo davvero sicuri - insiste - che siano stati tutti informati nei loro attuali recapiti della possibilità di votare? Il plico contenente le schede referendarie non è inviato tramite raccomandata, per cui non v'è certezza sulla sua effettiva ricezione. Peraltro, sono sempre di più le segnalazioni che sto ricevendo i italiani all'estero a cui le schede non sono arrivate nonostante al consolato risultasse di si. Lo stesso voto all'estero avviene con posta ordinaria, per cui chi ha votato non saprà mai se il suo voto è arrivato a destinazione.
E poi, quali informazioni di merito e occasioni di conoscenza i consolati hanno garantito affinché l'interesse a votare non fosse soffocato? Dal momento in cui il quorum condiziona la validità del voto di decine di milioni di italiani, la verifica su cosa accaduto ai 3 milioni di votanti all'estero è condizione essenziale di democrazia. Chi non è stato messo in condizione di votare non deve essere conteggiato nel quorum. Sto valutando la possibilità di fare un ricorso in Cassazione".



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