venerdì 10 giugno 2011

Lui, Lei, Rai - di Marco Travaglio.


Chiuso Annozero e in via di liquidazione Rai3, Il Fatto Quotidiano è in grado di anticipare i nuovi palinsesti del servizio pubblico.

RAIUNO

Il Tg1 è troppo squilibrato: in ossequio al contraddittorio, si alterneranno alla direzione Minzolini, Feltri, Belpietro, Ferrara e Sechi, quest'ultimo solo a notte fonda perché troppo scapigliato. Il Meteo viene sottratto all'Aeronautica e affidato ai sondaggi di Alessandra Ghisleri, essendo indisponibile il più noto Crespi causa bancarotta fraudolenta. Grandi novità alla Domenica Sportiva: si chiamerà Forza Milan e sarà condotta da un osservatore super partes, Galliani. Rimane Porta a Porta, anche se le ultime birichinate di Vespa (alcune domande) non sono piaciute al premier, che ha imposto la doppia conduzione alternata: un po' Bruno, un po' la moglie Augusta. Riparte Qui Radio Londra di Ferrara, ma in abbinamento con la Latteria Italia. E tornano i programmi di servizio pubblico del bel tempo che fu. Riecco a grande richiesta Non è mai troppo tardi: l'avv. Ghedini spiega ad Alfano il codice penale con appositi disegnini. Poi Chissà chi lo sa sul misterioso mondo dei conti pubblici, con Tremonti. Nella rubrica Bon ton, Carlo Rossella spiega ai cassintegrati di Termini Imerese come si stappa il Moet & Chandon e risponde all'interrogativo che angoscia ogni precario che si rispetti: nello spalmare il caviale sulla tartina, il burro va prima o dopo? In luogo degli Sguardi sul mondo di padre Mariano, prematuramente scomparso, gli Sguardi sul soldo di don Verzé. E poi la tv dei ragazzi, ribattezzata La tv delle minorenni, con Ruby, Noemi e tante altre amiche a sorpresa di Emilio e Lele.

RAIDUE

Al posto di Annozero, torna la fortunata serie Rintintin (vista però con sospetto dal premier, che le preferirebbe i più educativi Dallas e Dinasty, anche perché i diritti li ha Mediaset). Al posto di X-Factor, nuovo talent show autoprodotto ad Arcore: X-Corruptor, con una delle coppie più collaudate del settore, Cesare & Renato. Chiusa l'Isola dei Famosi, ecco il nuovo reality che piace ai giovani, l'Isola dei Mafiosi, a cura di Marcello & Totò: a ogni nomination, si spara. Per l'angolo della moda, Formigoni sfila in esclusiva per Rai2 con le sue ultime camicie, ricavate dalle federe di uno chalet tirolese e dalla tenda della doccia di sua zia. Grandi novità a Miss Italia, versione federale. Anzitutto le 75 serate di Miss Padania. Poi, solo per la Brianza, Miss Arcore: premiazione all'Olgettina brevi manu dal rag. Spinelli, giuria formata da un solo membro, il solito, ci siamo capiti. Per il resto del Paese, Miss Terronia. Per gli immigrati, la rassegna Che fai, Ruby?. In arrivo dagli States l'avventurosa vita di Bossi nella serie western padano-americana Rinco.

RAITRE

Via la Gabanelli, Report diventa Riport: programma monografico sull'avvincente vita di Schifani. Aria nuova anche a Per un pugno di libri, non più condotto da Neri Marcorè, ma da un promettente anchorman inglese: David Mills, molto esperto di libri contabili. Dopo il Tg3, diretto da Flavio Briatore se non fa troppo il comunista, ecco l'erede naturale di Blob: Burp, a cura di Borghezio e Calderoli. Cancellata Linea notte, arriva Linea botte, con il manganello di Sallusti che condurrà anche il nuovo Infedele su La7, programma monografico su quella fedifraga di Veronica. Grande spazio alla medicina: oltre a Elisir, tolto a Mirabella e affidato a Scapagnini, partono Igiene dentale con Nicole Minetti e Il meraviglioso mondo della prostata col dottor Zangrillo, medico personale di Lui. Al posto di Ballarò, la nuova fiction Un pasto al sole, con Ferrara tutto sudato che fa la gara del supplì. Che tempo che fa passa dallo scalmanato Fabio Fazio al più pacato Vittorio Sgarbi, con un lieve restyling nel titolo: Che tempo fa sono cazzi miei, fanculo a te figlio di troia e a quella bagascia di tua sorella.

Editoriale di Marco Travaglio da Il Fatto Quotidiano 10 giugno

http://www.nuovasocieta.it/editoriali/27372-lui-lei-rai-.html


Economist: Berlusconi ha fregato l’Italia (una delle traduzioni o interpretazioni dell'articolo)



Economist: Berlusconi ha fregato l’Italia

Silvio Berlusconi, si sa, è personaggio iperbolico. Successi ed eccessi nella sua storia di uomo politico e imprenditore sono sempre andati di pari passo. E, d’altra parte, il Cavaliere non ha mai fatto nulla per minimizzarli.

Si dice che durante le mitologiche serate del bunga bunga – per cui attualmente è imputato a Milano con l’accusa di favoreggiamento della prostituzione minorile – il premier amasse intrattenere le sue ospiti snocciolando i propri record. È il primo ministro rimasto più a lungo in carica dagli ingloriosi tempi di Benito Mussolini. Il politico più vincente di sempre. Il più ricco e lungimirante imprenditore del Paese. Senza menzionare il passato di chansonnier, l’abilità di barzellettiere, l’adulazione delle donne, la velocità con cui i capelli gli ricrescono.

I motivi per sorridere, insomma, al Cavaliere non mancano. Eppure, alle sue gioie private da quasi un ventennio fanno da contraltare le sventure di un’Italia sempre sull’orlo del baratro.

Il premier non si è accorto del disastro economico italiano

Non sono tanto gli scandali sessuali del primo ministro ad avere indebolito l’Italia: anche perché hanno imbarazzato più i cittadini di lui. E nemmeno i suoi guai giudiziari, da cui è riuscito a uscire indenne spesso solo grazie al rifacimento ad hoc delle leggi che lo interessavano. Il vero disastro di Berlusconi, ha ricordato il settimanale britannico Economist sul numero in uscita giovedì 9 giugno, è stata però la sua assoluta incapacità di intervenire sull’economia della nazione.

IL LEADER SBAGLIATO.

Un’inettitudine tale da confermare il giudizio già espresso dieci anni fa, quando prima delle elezioni politiche la rivista titolò Perché questo uomo non è idoneo a guidare l’Italia. Adesso, quell’idea è rafforzata da nuove accuse: «Si tratta di un fallimento disastroso, forse persino maligno», ha scritto l’Economist. «In nove anni da presidente del Consiglio Berlusconi non solo non è stato in grado di rimediare ai problemi economici del Paese, ma non si è forse nemmeno accolto della gravità della situazione, magari perché è stato troppo distratto dai suoi guai personali». Ecco perché i britannici hanno titolato: L’uomo che ha fregato l’Italia.

Il fallimento dell’uomo che aveva fatto sognare l’impresa

Non che le occasioni di imprimere un cambiamento al Cavaliere siano mancate. Alla sua discesa in campo con Forza Italia, quasi tutti i poteri forti erano con lui. Imprenditori e uomini d’affari credevano che solamente il suo stile spiccio e senza fronzoli avrebbe dato all’Italia la spinta decisiva a cambiare dinamiche produttive, sistemi corporativi ingessati e la carenza di risorse per i settori strategici. Sembra, però, che tutti siano stati delusi. Perché i dati raccontano che è andata ben diversamente.

COME LO ZIMBAWE.

«La malattia dell’Italia non è in una fase acuta, ma è un disagio cronico che ha tolto ogni vitalità», ha ricordato l’Economist. «Quando le economie europee si contraggono, quella italiana si contrae di più. Quando crescono, quella italiana cresce di meno. Solo a Haiti e nello Zimbawe nel decennio 2000-2010 l’aumento del Prodotto interno lordo pro capite è stato minore di quello italiano», ha continuato il settimanale.

La stagnazione dell’economia ha fatto sì che il debito pubblico raggiungesse il 120% del Pil, il terzo valore più alto al mondo. E questo nonostante gli sforzi del ministro dell’economia Giulio Tremonti – la cui ultima puntata va in onda in questi giorni sulla fantomatica riforma fiscale – per mantenere stretti i cordoni della borsa.

Le riforme sono possibili, ma Berlusconi non le fa

Intervenire per invertire la rotta sarebbe però possibile: l’Italia non è condannata al declino. In una situazione congiunturale simile, i governi di Giuliano Amato, Carlo Azeglio Ciampi e Romano Prodi riuscirono negli Anni ’90 a imprimere un radicale cambiamento al sistema Paese. E l’Italia riuscì a entrare – e persino a trainare, in un secondo momento – il club dell’euro.

Per ripetere quel miracolo, auspicato anche dal governatore di Bankitalia Mario Draghi nella sua accorata relazione del 2011 prima di lasciare l’incarico per approdare alla Bce, bisognerebbe intervenire con riforme strutturali.

ZERO COMPETITIVITÀ.

A partire da quella del mercato del lavoro. «Un quarto dei giovani italiani sono disoccupati», ha riassunto l’Economist, «e il lavoro femminile è solo del 46%, la percentuale più bassa in Europa». Non solo: «Negli ultimi dieci anni la competitività in Italia si è ridotta del 5% e il Paese è all’80esimo posto nella classifica di quelli dove è più facile fare affari, dietro Bielorussia e Mongolia», ha concluso.

Per tirare le fila non serve molto altro. O a Roma qualcuno decide di prendersi cura di queste cose, oppure l’Italia diventerà rapidamente la seconda i dell’acronimo Pigs – maiali – con il quale a Francoforte ironizzano sui Paesi meditteranei deboli e spendaccioni. In un caso o nell’altro, ha chiosato il settimanale britannico, per il Cavaliere cambierà poco: «Lui continuerà a sorridere».


https://www.facebook.com/notes/sari-katariina-riippi/economist-berlusconi-ha-fregato-litalia-una-delle-traduzioni-o-interpretazioni-d/10150280010499187



Lavoratore a progetto sfruttato? oggi arriva il risarcimento


La storia non è nuova: un lavoratore, a tutti gli effetti dipendente, viene inquadrato dalla sua azienda (un call center) con un contratto a progetto, anche se il suo rapporto è invece chiaramente di lavoro subordinato. La novità però c’è e sta nel fatto che il giudice del lavoro di Reggio Calabria ha condannato l’azienda, operante nel settore delle telefonate outbound, a convertire il ‘falso’ contratto a progetto in un contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato e a riconoscere al lavoratore un risarcimento della bellezza di 46.961 euro.

“Questa sentenza dimostra che vincere si può”, afferma Stefania Radici, responsabile del Sol (sportello orientamento lavoro) della Cgil di Messina che ha diffuso la notizia attraverso Facebook. “Troppo spesso – afferma la sindacalista siciliana – le imprese abusano delle tipologie contrattuali non standard e a scadenza, come contratti a progetto o contratti occasionali, per alleggerire il costo del lavoro e dotarsi di lavoratori con meno diritti e più remissivi. In realtà con questi contratti si mascherano veri e propri rapporti di lavoro subordinato”.

“E non di rado – continua Radici – un lavoratore ‘a progetto’ non ha un progetto da realizzare, non ha un programma di lavoro né autonomia nella gestione del tempo. Anzi, spesso, ha dei turni di lavoro molto rigidi ed una persona che ne controlla il rispetto. Ebbene, tale contratto è illegittimo ed un giudice del lavoro può ordinare la trasformazione dello stesso in contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Ma affinché ciò accada, è necessario che il lavoratore impugni il contratto e introduca il ricorso davanti ad un giudice”.

Ora però le cose si complicano per chi vuol far valere i propri diritti. Infatti se fino a poco tempo fa, il lavoratore aveva un ampio margine di tempo per contestare l’illegittimità del suo contratto di lavoro, con l’entrata in vigore della Legge 183/2010, meglio nota come “collegato lavoro”, sono stati drasticamente ridotti i tempi di prescrizione: “Ora – spiega Radici - i lavoratori precari hanno solo 60 giorni dalla scadenza naturale del contratto o dal recesso da parte del committente per poter contestare la legittimità della cessazione del rapporto di lavoro (per i contratti già scaduti, 60 giorni dall’entrata in vigore della legge, ossia da giorno 24 novembre 2010 fino a giorno 23 gennaio 2011). Un tempo così breve che, se non utilizzato, si tradurrà in una sanatoria di massa di abusi e licenziamenti illegittimi”.

Proprio per evitare questo la Cgil di Messina, in occasione dell’entrata in vigore del collegato lavoro, ha deciso di lanciare lo sportello “Sos Precari”: “Uno sportello – spiega ancora la sindacalista siciliana – aperto tutti i giorni dalle 9.00 alle 12.00 e dalle 16.00 alle 18.00, per fornire informazioni, assistenza e consulenza legale. E’ uno strumento che la Cgil vuole mettere a disposizione dei precari affinché possano difendersi da una legge che lo stesso sindacato ritiene ingiusta e iniqua, una legge che non riduce solo i tempi di prescrizione, ma introduce anche elementi di dubbia costituzionalità come la clausola compromissoria, l’arbitrato secondo equità e il nuovo regime della certificazione”.

“In ogni caso – conclude Radici – la sentenza di Reggio Calabria dimostra che è possibile contrastare abusi e soprusi delle imprese e gli effetti di leggi che vogliono smantellare il diritto del lavoro”.

http://www.ilpuntodivistaonline.it/?p=1324

Francia, “la siccità minaccia gli impianti nucleari. Manca l’acqua per il raffreddamento”. - di Andrea Bertaglio


Il livello di aridità spinge a prelevare acqua dai fiumi, ma le portate sono allo stremo. Un dossier del gruppo ambientalista "Osservatorio nucleare francese" lancia l'allarme: "Aumentano i rischi di incidente". La situazione è drammatica anche per l’agricoltura. La strategia è quella di risparmiare acqua, con restrizioni attive già in metà del Paese. Oppure razionare l'energia, soprattutto ora che non ci si può più appellare alla vicina Germania.


Una grave siccità minaccia la Francia da diverse settimane. Sono già 30 i dipartimenti in stato di emergenza e 44 gli impianti nucleari che, a prescindere dalla loro “generazione”, vedono la possibilità di dover razionare l’elettricità prodotta.Secondo un dossier dell’Osservatorio nucleare francese, un “organismo indipendente di controllo dell’industria atomica”, in 22 di questi l’acqua che serve a raffreddare gli impianti è già ora appena sufficiente: “La Loira è completamente a secco e il raffreddamento dei reattori delle centrali di Belleville, Dampierre, Saint-Laurent e Chinon potrebbe essere compromesso”, afferma Stephane Lhomme, ambientalista e presidente dell’associazione: “Si potrebbe verificare una fusione del nocciolo come a Fukushima”. La strategia è quella di risparmiare acqua, con restrizioni attive già in metà del Paese. Oppure razionare l’energia, soprattutto ora che non ci si può più appellare alla vicina Germania. La situazione è drammatica anche per l’agricoltura: molti i raccolti a rischio. Tanto da far presagire al governo francese un aumento dei prezzi mondiali di grano e frumento.

Questa primavera è stata “una delle più calde dagli inizi del XX secolo e la più secca degli ultimi 50 anni”, ha riferito Météo France sulla base di un bilancio provvisorio. Ai primi di giugno, infatti, si è già quasi ai livelli di allarme della canicola dell’estate del 2003. La minaccia è quella di un possibile black-out elettrico. Eric Besson, ministro per l’Energia del governo di Parigi, interpellato sulla questione ha affermato: “Non dobbiamo allarmarci, ma dobbiamo vigilare”. Secondo Stephane Lhomme, che sarà anche candidato per i Verdi d’oltralpe nelle elezioni presidenziali del 2012, quella attuale è invece “una situazione che purtroppo fa aumentare il rischio di incidente”. “Quando si ferma un reattore – ricorda Lhomme – bisogna comunque proseguire l’attività di raffreddamento, dunque l’acqua è indispensabile”.

Quasi un terzo dei dipartimenti francesi sta fronteggiando l’emergenza siccità, ma ciò che maggiormente preoccupa è infatti che, se la scarsità idrica continuerà, 44 dei 58 reattori situati lungo i fiumi d’oltralpe potrebbero dover interrompere la loro attività. Le norme nazionali impongono infatti di rispettare standard che non alterino gli ecosistemi fluviali. Un esempio su tutti? Quello della Loira: la sua portata media, assai irregolare, è di 931 metri cubi al secondo (m³/s) alla foce. Tuttavia, se in caso di piene essa aumenta fino ad alcune migliaia di m³/s, durante l’estate si può ridurre in certi punti fino a poche decine di metri cubi al secondo. Quando scende sotto i 60 m³/s, i quattro impianti che attingono dalle sue acque tra i 3 e i 10 metri cubi al secondo devono diminuire i loro prelievi, in modo da mantenere un livello dell’acqua accettabile. Fondamentale anche la questione delle temperature dell’acqua rigettata nei fiumi dopo aver raffreddato gli impianti: le centrali sono obbligate a non superare i 28 gradi. Se questa temperatura viene raggiunta, infatti, la centrale deve ridurre o addirittura arrestare la sua attività.

La possibilità di un drastico taglio nella produzione di energia è un’ipotesi che persino Electricité de France (Edf) non può più escludere. Soprattutto ora che non è più possibile attingere energia dal vicino tedesco, a differenza di quanto fatto negli scorsi anni in situazioni simili o nei periodi di manutenzione dei reattori francesi, quando il governo parigino acquistava elettricità nucleare dalla Germania. Che, dopo il disastro di Fukushima, ha già ridotto del 5 per cento il suo output energetico, intaccando di conseguenza le forniture messe a bilancio per l’approvvigionamento francese. Un fatto che rende evidente la causa delle recenti polemiche e delle “bacchettate” di Parigi ad Angela Merkel.

La dipendenza dalla Germania per far fronte ai picchi di richiesta non è più un segreto. Nonostante la leggenda voglia la Francia come esportatrice di elettricità in tutta Europa, infatti, l’Osservatorio nucleare ha rivelato sempre nel suo rapporto che “è la Francia ad essere importatrice netta di elettricità dalla Germania”. Un fenomeno che continua ininterrottamente dal 2004, ma che ora non potrà più verificarsi. La scelta di Berlino di abbandonare l’atomo, infatti, sia adesso che durante il prossimo inverno (durante il quale si verificheranno i soliti picchi di consumo dovuti alla “politica assurda del riscaldamento elettrico”), per l’associazione di Stephane Lhomme non potrà più portare la Germania a “salvare la Francia nucleare”.



Santoro a Garimberti: “Se volete Annozero sono pronto a condurlo a un euro a puntata”.


Ultima chiamata per la Rai. Michele Santoro, adesso che il contenzioso con l’azienda non è più a tre con i giudici, mette viale Mazzini alle strette: “Vorrei che lei, presidente Garimberti, scegliesse in libertà se in questa azienda una trasmissione così la volete o no. Io non ho ancora firmato con nessun altro editore e quindi da domani teoricamente potrei essere disponibile a riprendere questo programma al costo di un euro a puntata nella prossima stagione”. Il conduttore ha scelto il prologo dell’ultima puntata di Annozero per il suo affondo, forse non finale. “Caro presidenteGarimberti, se fossi in lei non mi preoccuperei di quello che sto per dire, ma di quello che lei sta per fare – ha iniziato il conduttore -. Chi è il vero artefice del destino della Rai? Io sono un giornalista della Rai. Anche Celentano è della Rai. Chi è che gli impedisce da anni di fare un programma sulla tv pubblica?”. E proprio durante una telefonata in diretta del Molleggiato scoppia la polemica. Il ministro Roberto Castelli, ospite in studio, si dice democratico ma anche “stufo di pagare Travaglio con i mie soldi”. A queste parole, Santoro non si contiene: “Adesso basta. Noi non prendiamo un euro dal canone – urla -. Dovete lasciare libera la Rai, fuori i partiti!”. “Dovete capire che c’è gente che non si compra – continua -, noi siamo del mercato”. E mentre Santoro mette nell’angolo i vertici Rai, Antonio Verro, consigliere di maggioranza di viale Mazzini, va a trovare Silvio Berlusconi a Palazzo Grazioli. Lo stesso consigliere che in giornata si era espresso negativamente contro un’altra trasmissione Rai, ‘Ballarò’, chiedendo più pluralismo.


“Nella mia visione della vita c’è la dignità del lavoro – spiega Santoro – che è la condizione della libertà”. Perché il giornalista, ricorda lui stesso, oltre ad essere “della Rai” è anche figlio di un ferroviere. “Quando si attacca la gente come me – continua – offende la gente come mio padre, perché gli impedisce di avere un sogno”. Eppure, adesso è stanco. ”Non si può sempre resistere resistere resistere”, spiega. Il conduttore è in attesa del giudizio della Cassazione sul suo reintegro, già disposto dai giudici in primo grado e in appello, che hanno anche rigettato il ricorso dell’azienda. Un contenzioso che “si è ritenuto di far cessare per recuperare la piena reciproca autonomia decisionale”, spiegava la Rai tre giorni fa in una nota, annunciando il divorzio “consensuale” dell’azienda da Santoro. Una fuoriuscita, quella del conduttore, posta come condizione per qualunque accordo da viale Mazzini. ”Io non voglio più andare in onda perché lo decidono i giudici – sottolinea il conduttore -. Ma anche se avessi vinto in Cassazione, non sarei stato contento. Perché non sarei stato considerato uno della Rai, ma uno graziato dai giudici di sinistra”.

Una battaglia che parte da lontano. E che ha il suo scontro principale nel 2002, quando il presidente del Consiglio emana quello che è passato alla storia della televisione come ’Editto bulgaro’. “Biagi, Luttazzi e Santoro hanno fatto un uso criminoso della televisione pubblica”, dice il premier da Sofia. Risultato: i tre vengono allontanati dalla Rai. E Santoro apre il suo contenzioso con l’azienda, ancora non concluso. In mezzo ci sono polemiche, una telefonata in diretta dell’ex direttore generale della Rai Mauro Masi e uno scandalo. “Uno scandalo mondiale”, lo definisce oggi Santoro. ”Presidente Napolitano – è l’appello del conduttore – ci rendiamo conto che siamo l’unico Paese in cui l’arbitro della comunicazione è espresso direttamente dai partiti?”. Il riferimento è all’Agcom che, tra i numerosi attacchi alla trasmissione, ha un posto di rilievo. Quello nel fascicolo della procura di Trani, in cui compaiono le telefonate tra un ex dipendente dell’Autorità garante per le Comunicazioni, Giancarlo Innocenzi, e il premier. Conversazioni in cui Berlusconi chiede di mettere fine a programmi come ‘Annozero’ e commenta che se l’Agcom non ne è capace allora fa davvero “schifo”.

“C’è una cosa che ha urtato la mia sensibilità – ha aggiunto il giornalista -. Voi dicevate che ero in onda per giudici, ma mentre ‘Annozero’ incassava milioni di euro, questi erano spesi da avvocati per portarmi in tribunale fino in Cassazione”. ”Se la mia andata via serve ad evitare il bombardamento di ciò che rende grande il servizio pubblico, come Fazio, Gabanelli, Dandini,Iacona - prosegue Santoro – preferisco andare via”. “Ora al diavolo ‘Annozero’ – conclude – comincia l’Annonuovo”.

http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/06/09/santoro-laddio-alla-rai-nellultima-puntata-di-annozero/117093/


Acqua ai privati, i numeri del flop Denunce dai Comuni, utenti infuriati.


La privatizzazione è partita ormai da 17 anni. Da Roma, alla Campania, alla Toscana piovono contestazioni, mentre si fanno strada sospetti per l'attenzione alle norme di sicurezza.


di CORRADO ZUNINO

ROMA - La privatizzazione dell'acqua pubblica italiana, avvenuta negli ultimi 17 anni, non è stata fin qui un successo. Innanzitutto perché ha peggiorato le cose per gli utenti. Sono 114 le società che gestiscono il ciclo delle acque in Italia: 7 private, 22 a capitale misto con partner selezionato tramite gara, 9 controllate da società quotate in Borsa e 58 interamente pubbliche. Ci sono problemi, sul fronte privato, a Roma e provincia, a Rieti, a Frosinone, in alcuni acquedotti toscani (sei aperture al mercato realizzate del centrosinistra), in Umbria, in Campania, in Sicilia. Il rapporto fra utenti è gestori è sempre più conflittuale: bollette pazze, distacchi per morosità non riconosciute, letture contestate, calcoli imprecisi. E problemi per la salute, come dimostra l'arsenico trovato in concentrazioni elevate nei rubinetti dei Castelli romani e nel litorale della capitale.

L'Acea holding, quotata in Borsa, in mano al Comune di Roma al 51 per cento e con Francesco Gaetano Caltagirone primo privato con il 15, debiti per due miliardi e 350 milioni di euro, è la società che ha mostrato il maggiore interesse sul controllo dell'acqua. Gestisce il servizio idrico in dodici aree italiane attraverso società controllate. Dalla capitale al Beneventano, dal Senese al Basso Valdarno all'Umbria al Trasimeno: 8 milioni e 400 mila utenti. A Frosinone i cittadini hanno dichiarato guerra alla sua Ato5, società per azioni sull'orlo del crack visto il dissesto da oltre 40 milioni di euro.
Investimenti promessi ai Comuni da servire mai realizzati e aumenti tariffari retroattivi (mai incassati per la ribellione degli utenti) nel tentativo di riempire la voragine del debito. Una pessima gestione quella di Acea Ato5, passata nel frattempo dai manager graditi alla sinistra a quelli del centrodestra (con Gianni Alemanno azionista di maggioranza). Oggi i vertici, che hanno preannunciato la consegna dei libri contabili al Tribunale fallimentare, sono sotto inchiesta alla Procura di Frosinone.
Publiacqua, sede a Firenze, copre 49 comuni allargati su quattro province toscane e viaggia con deficit milionari da tre esercizi. Il Comitato di vigilanza sulle risorse idriche del ministero dell'Ambiente ha comminato alla società una sanzione di 6 milioni e 200mila euro: non poteva chiedere ai clienti, insieme all'aumento delle tariffe, un "deposito cauzionale".

Acea Ato2 spa (Roma e Provincia) ha aumentato le tariffe, ma i suoi conti non sono in equilibrio. E' nell'acqua che distribuisce che sono state trovate tracce di arsenico. Ad Aprilia (provincia di Latina) settemila famiglie si rifiutano di pagare gli aumenti alla società Acqualatina, partecipata dalla multinazionale francese Veolia: preferiscono continuare a versare "il giusto", ovvero le tariffe decise dal Consiglio comunale, sul conto corrente del Comune. La spa ha risposto scatenando Equitalia, il riscossore più potente del paese, e mandando i vigilantes ad abbassare la potenza dell'erogazione a chi praticava l'autoriduzione. Il Consiglio comunale di Aprilia, con una sentenza del Consiglio di Stato in mano e sfidando la volontà della Provincia, ha già chiesto la restituzione dell'acquedotto anticipando così le istanze referendarie. Il "giusto" pagato dai settimila ribelli ha portato nelle casse del Comune un milione di euro, base da cui ripartire per ripubblicizzare l'acquedotto.Domenica e lunedì, il Comitato acqua pubblica di Aprilia metterà a disposizione un'auto per accompagnare ai seggi le persone anziane.

Ad Arezzo, prima privatizzazione d'Italia (società Nuove Acque controllata da Acea e dai francesi di Gdf Suez), si pagano le terze tariffe più care d'Italia: in dieci anni sono raddoppiate. Ad Agrigento dal 2007 governa la Girgenti Acque spa: dopo due anni i sindaci hanno chiesto la rescissione del contratto di gestione. Erano arrivate bollette decuplicate, in alcune zone i comuni avevano dovuto far arrivare l'acqua con autobotti d'emergenza.

Non è certo che il ritorno al pubblico nei servizi idrici, auspicato dai referendari, possa restitutire acqua di qualità e a prezzo equo ai cittadini lasciando le casse degli enti locali in ordine. Di certo, il sistema misto, pubblico-privato, in Italia ha fallito. I sindaci si dichiarano impotenti, lasciando il governo dell'acqua ad amministratori spesso lontani dal territorio, e si accontentano di ricevere dividendi e piazzare uomini graditi nel sottogoverno delle società municipalizzate. I cittadini privatizzati sono furiosi: nel 2010 gli aumenti medi, ha testato la Federconsumatori, sono stati del 6,85 per cento con punte del 30 per cento a Carrara, Massa e Rieti. In dieci anni gli aumenti sono arrivati al 63 per cento, il triplo dell'inflazione.

Sisma Giappone, Nisa raddoppia stime radiazioni Fukushima.


Tokyo (Giappone) – L'agenzia governativa giapponese per la sicurezza nucleare (Nisa) ha raddoppiato le stime sulla quantità di radiazioni rilasciate nell'aria dalla centrale nucleare di Fukushima, aggiungendo che i danni ai reattori sono stati peggiori di quanto si pensasse in precedenza. In un rapporto pubblicato oggi, la Nisa sostiene che il combustibile nucleare in tre dei reattori della centrale di Fukushima Daiichi si è fuso non solo all'interno dei noccioli, ma è anche fuoriuscito dalle vasche di contenimento. La quantità di radiazione rilasciata sarebbe pari a un quinto delle radiazioni fuoriuscite durante il disastro di Chernobyl. Gli analisti Nisa hanno usato per le rilevazioni un diverso metodo rispetto a quello usato lo scorso mese dalla Tepco, che si ritiene "rifletta meglio la realtà".