ROMA - La conferma più diretta e autorevole che l'onorevole Marco Milanese - consigliere politico di Giulio Tremonti fino a due settimane fa, oggi destinatario di una richiesta d'arresto per corruzione, associazione a delinquere e altri reati - fosse il regista delle nomine nelle aziende a partecipazione statale, viene dal vertice stesso del ministero dell'Economia. Il capo di gabinetto di Tremonti, Vincenzo Fortunato, l'11 gennaio scorso ha parlato al pubblico ministero napoletano Piscitelli sia del ruolo dell'ex ufficiale della Guardia di finanza asceso al fianco del ministro, sia del meccanismo che conduce alla spartizione delle cariche decise dal suo dicastero.
|
Vincenzo Fortunato, capo di gabinetto di Giulio Tremonti |
LE NOMINE DI PROVENIENZA «POLITICA» - «Milanese si occupa dell'attività politica del ministro in senso ampio... - ha spiegato Fortunato -. Ha seguito, per conto del ministro, le nomine nelle società di primo livello le cui azioni sono detenute dal ministero-dipartimento del Tesoro; fra essi rientrano Eni, Enel, Anas, Fs, Poligrafico dello Stato, Sogei, Finmeccanica, Fincantieri, Enav ed altre». L'indicazione dei rappresentanti del ministero rientra fra le attività di indirizzo politico indicate dalla legge, continua il capo di gabinetto. E chiarisce che la «provenienza» delle designazioni è «in parte interna al dipartimento e in parte di provenienza "politica". In particolare la scelta di questi ultimi era il frutto di una mediazione tra le diverse componenti politiche della coalizione di governo, e spesso anche della concertazione con altri ministeri».
Il capo della settima Direzione del dipartimento del Tesoro, Francesco Parlato, ha riferito al magistrato la procedura per le nomine. Dopo un appunto del suo ufficio al ministro, «si apre una fase di ricerca da parte dell'organo politico per l'individuazione e condivisione dei nominativi, all'esito della quale il ministro fa pervenire le sue indicazioni». L'incarico di comunicarle «viene svolto dal maggio 2008 dall'onorevole Marco Milanese... Tutte queste nomine sono state seguite dall'onorevole Milanese».
Anche per quelle di «secondo livello» - un migliaio di cariche nelle società controllate dagli Enti pubblici che dovrebbero avvenire "piena autonomia" -, secondo Parlato la prassi è che avvengano «contatti preventivi e informali tra gli amministratori delle società capigruppo e gli organi di governo o di riferimento politico». E siccome Milanese s'interessava delle nomine superiori, «è presumibile, ma si tratta di una mia congettura, che i capi azienda abbiano fatto riferimento anche a lui per questa evenienza».
L'unico che non conosceva questa attività del consigliere di Tremonti sembra essere il segretario di Milanese, Paolo Iannariello, indagato nella stesso procedimento che riguarda il suo capo: «Non mi risultano competenze particolari attribuite al Milanese; non mi risulta che lo stesso segua le nomine di competenza del ministro nelle società partecipate».
|
Carlo Barbieri, sindaco di Voghera, agli arresti domiciliari (Torres) |
«MILANESE MI HA AIUTATO» - Ma il problema, secondo l'accusa, non è tanto la regia nell'attribuzione degli incarichi, quanto il fatto che Milanese avrebbe «venduto» almeno una parte di essi, in cambio di denaro o altre utilità. Per esempio quelli di Guido Marchese e Carlo Barbieri (commercialista e sindaco di Voghera), messi agli arresti domiciliari dal giudice di Napoli, che nell'ambito di una complicata e inusuale operazione di compravendita di una villa in Costa Azzurra, avrebbero fatto avere al deputato-designatore almeno centomila euro.
Ascoltato come testimone in due occasioni, al secondo interrogatorio Marchese - seduto su varie poltrone fra cui quelle dei collegi sindacali di Ansaldo Breda, Oto Melara, Ansaldo Energia, Sogin e Sace per circa centomila euro all'anno - ha ammesso l'intervento di Milanese: «Sono stato aiutato come tutti in questo genere di cose, e ho chiesto e ottenuto l'appoggio di Milanese certamente per il mio incarico in Ansaldo Breda, nella Oto Melara e certamente anche nella Sogin e anche nella Sace». Il pubblico ministero domanda come ha saputo dell'intervento di Milanese, e Marchese risponde: «Dopo le mie richieste è stato lui a dirmi di aver segnalato il mio nominativo alle diverse società controllate dal ministero, tra le quali quelle di Finmeccanica... Mi risulta che anche Barbieri abbia ottenuto un incarico nel consiglio di amministrazione di Federservizi (società controllata dalle Ferrovie dello Stato, ndr ) per intervento del Milanese».
La deposizione con le ammissioni di Marchese non è stata del tutto tranquilla, dopo che il pm Piscitelli gli ha contestato di aver taciuto, nel precedente interrogatorio, un incontro con Milanese prima di presentarsi al magistrato. «Non avevo capito la domanda, le chiedo scusa», s'è giustificato il testimone. Divenuto indagato anche in virtù delle telefonate intercettate dalla Digos di Napoli in cui s'intuiscono la preoccupazione e l'attivismo di Milanese proprio per le testimonianze di Marchesi, Barbieri e un'altra persona coinvolta nella compravendita della villa in Costa Azzurra, l'agente immobiliare Sergio Fracchia.
«DEVONO NEGARE TOTALMENTE» - Il 20 gennaio scorso, vigilia della prima convocazione di Marchese e Barbieri, la polizia ha registrato una conversazione tra Barbieri e Fracchia, il quale - dopo aver chiesto se la linea era «a posto» e «pulita», nel senso di non intercettata - si lancia: «Allora, ho sentito il mister... da specificare bene, alle domande che faranno, che sicuramente chiederanno perché avete comprato queste... E ha detto "è un amico comune che ci ha fatto prendere, perché noi avevamo già fatto delle operazioni immobiliari in Francia, c'era un affare e l'abbiamo fatto". Perché dove andranno a puntare, mi ha detto l'amico, è se avete fatto questo in cambio di qualche cosa... Di qualche nomina... negare totalmente».
Barbieri sembra acconsentire («Non è vero, non è vero») e Fracchia insiste: «Esatto, poi se picchiano sulla villa, da dire sempre per un discorso di investimento (...) Mi raccomando perché... mi ha chiamato quattrocento volte». Investigatori e inquirenti sono certi, per i riscontri con altri atti d'indagine, che «il mister» altri non sia che Marco Milanese, inquieto per l'inchiesta in corso.
Due giorni prima del secondo interrogatorio di Marchese, Milanese richiama Fracchia: «Gli dici se magari da un telefono pubblico o da una cabina, più tardi, anche domani, mi dà un colpo di telefono, così gli dico un po'. Perché tanto... loro vogliono battere sulla faccenda nomine... son matti, ragazzi...». Timoroso di essere ascoltato, il deputato avverte che Marchesi deve chiamarlo da telefoni non suoi, e i numeri controllati non registrano altri colloqui sul tema: a dimostrazione, annota la polizia, «che le successive comunicazioni sono avvenute attraverso canali per loro sicuri».
Il 4 febbraio anche Fracchia viene ascoltato dagli investigatori sulla compravendita della villa, e tre ore prima Milanese lo chiama: «Tutto a posto comunque, sì?», domanda. «Sto andando adesso», risponde Fracchia. E Milanese incalza: «Ricordati di dire che loro l'avevano comprata perché avevano il cliente. (...) Se ti dicono qualcosa, nomine non nomine, non sai un cazzo. Dici "ma che dici?", poi basta».