Un diario, dove annoto tutto ciò che più mi colpisce. Il mio blocco per gli appunti, il mio mondo.
giovedì 4 agosto 2011
Un Parlamento di pellegrini. - di Peter Gomez
Ecco, la storia del suicidio dei Lemming non è vera. Ma è bene lo stesso tenerla a mente, mentre si osservano le (assai poco) memorabili gesta dei nostri nominati in Parlamento. Non solo per le dimensioni dei protagonisti – minuscole al pari di quelle dei mammiferi artici – ma soprattutto per il tragico esito di gruppo.
Nelle ultime settimane, quando ormai stava diventando chiaro a tutti come la favola del “nostro Paese sta meglio degli altri” fosse appunto una favola, la nostra classe politica è riuscita a mettere in fila una serie di colpi che avrebbero distrutto la credibilità anche di un santo. Niente abolizione delle province, nessun taglio ai costi della Casta, aumento delle tasse e scandali a ripetizione.
Poi la trovata finale. Nata proprio nelle ore in cui i tassi d’interesse sui titoli di Stato volavano oltre il 6 per cento, rendendo pressoché certa un’ulteriore manovra lacrime e sangue da far scattare in autunno.
È in quel momento che nella riunione dei capigruppo della Camera ci si mette a discutere sulla durata delle ferie. Con il Pd Dario Franceschini che preme perché Montecitorio riapra i battenti il 5 settembre, e l’ex massone ed ex socialista Fabrizio Cicchitto che, irremovibile, chiede di far rientrare tutti il 12, visto che il 3 settembre cento deputati e senatori andranno in Terra Santa per un pellegrinaggio.
Vince, ovviamente, Cicchitto. Mica si può proporre ai pii parlamentari di anticipare il loro sacro viaggio.
Così, per la gioia degli elettori di destra, di centro e di sinistra, Montecitorio chiuderà per 38 giorni filati, dopo essere rimasta bloccata per 4 settimane tra Natale e Capodanno, ed essersi riunita in media tre volte alla settimana. Un record.
A vedere una simile corsa verso il baratro persino i leggendari Lemming impallidiscono. È ormai evidente che questa storia finirà male. Tutte le volte che le nostre classi dirigenti hanno avuto l’occasione per dare un segnale al Paese (la cosa naturale da dire era: “si deve stringere la cinghia, ma lo facciamo tutti, a partire da noi”), l’hanno bellamente sprecata. E, quel che è peggio, si è arrivati a tentare di prendere in giro gli elettori spacciando per tagli alle spese delle istituzioni (dalle Camere fino alla Presidenza della Repubblica) degli interventi che invece stabilivano semplicemente di non aumentarle in futuro.
La vocazione al suicidio di massa, insomma, impera. Il Titanic, per dirla con il futuro ex ministro Tremonti, non cambia rotta. La ciurma si diverte, gli ufficiali ballano, il comandante tace o, attendendo il botto, dice che non c’è da preoccuparsi.
Unica consolazione, per chi ci crede, il pio pellegrinaggio dei nostri sedicenti rappresentanti. Almeno in Palestina, dal 3 a 9 settembre, ci sarà qualcuno che prega. Molto per loro. Ma, arrivati a questo punto (non ci resta che augurarcelo) un poco pure per noi.
PS: dopo le polemiche di ieri, la Conferenza dei capigruppo ha deciso di aprire la Camera nel pomeriggio di martedì 6 settembre. Le ferie estive dei nostri onorevoli scendono così da 38 a 32 giorni. Più ovviamente le 4 settimane di riposo trascorse tra Natale e Pasqua .
mercoledì 3 agosto 2011
L’Azzeccagarbugli dell’impunità. - di Lidia Ravera
E intanto si sarà provveduto ad abbreviare il tempo di prescrizione. Se tiri di qua e stringi di là, se meni il can per l’aia quanto basta, puoi usufruire della Grande Rimozione. L’obiettivo, di questa ennesima personalissima iniziativa, non è difendere i cittadini con la legge, ma difenderli dallalegge. Ladri ed evasori, stragisti e concussori, mafiosi e truffatori, sentitamente, ringraziano.
E noi? Noi, ordinary people, gente comune e banalmente onesta, noi che non viviamo dei proventi del crimine e quindi non possiamo investire in Azzeccagarbugli, pagando parcelle decennali, noi, se ci fanno un torto, come ce la caviamo? Da domani saremo un po’ più soli e un po’ più vulnerabili.
INTERVISTA ALL'ANSA / Marchionne, ok Napolitano, serve leadeship forte.
In Italia non so con chi parlare; e non si dimette mai nessuno.
dell'inviato Marcello Campo
TRAVERSE CITY (MICHIGAN) - "Sto con Giorgio Napolitano: è arrivato il momento della coesione. Non ci possiamo più permettere questa confusione. E' necessario avere una leadership più forte che ridia credibilità al Paese". Sergio Marchionne, polo nera, la versione estiva del famoso golfino, si fuma una sigaretta, dopo aver parlato dei risultati ottenuti dal matrimonio tra Fiat e Chrysler al Car, il Center for Automotive Research, l'appuntamento annuale dell'industria automobilistica americana. Ha appena abbracciato e baciato Bob King, il presidente del Uaw, il capo incontrastato del principale sindacato metalmeccanico Usa. All'inizio non vorrebbe parlare di cose italiane. Poi, però, è un fiume in piena. "Ha visto i nostri rapporti. Bob anche oggi ha spiegato esattamente qual è la sua visione del sindacato. Ha detto che in un mercato globalizzato, il loro obbiettivo è lavorare assieme all'azienda per migliorare la qualità del prodotto, aumentare le vendite. Ha spiegato le ragioni che lo hanno spinto ad abbandonare la via giudiziaria, le querele e le denunce".
Da noi è molto diverso? "Ci sono sette sindacati e nessuno di loro è realmente rappresentativo. Se vogliamo un futuro dobbiamo lavorare assieme per il successo comune". Quindi annuncia che già ad autunno tornerà sulla questione della fuoriuscita dalla Confindustria: "Aspetto solo la decisione del Tribunale di Torino per tornare alla carica. Fiat ha bisogno della certezza del diritto, non possiamo vivere nell'incertezza". Pochi minuti prima ha presentato un video in cui si raccontano i talenti della città di Detroit, c'é un pugile e una ballerina. Dice che grazie all'impegno di queste persone l'economia e l'America possono riprendersi. Ma anche l'Italia ha i suoi talenti: "Certamente. Però ora io non so con chi parlare. Abbiamo un grande problema di credibilità del Paese. Serve una leadership in grado di recuperale la coesione. Sono d'accordo con il Capo dello Stato. Ovviamente non tocca a me fare nomi, non è il mio mestiere. Ma il mondo non capisce la nostra confusione, non capisce cosa accade in Italia e tutto ciò ci danneggia moltissimo. C'é chi ha compiuto anche scorrettezze nella sua vita quotidiana. In altri paesi sarebbe stato costretto a dimettersi immediatamente. Invece da noi non succede nulla".
Qual è la sua ricetta? "Serve una leadership impegnata nel fare, nel risolvere i problemi in modo credibile. Poi la gente non è fessa, farà la sua parte e la seguirà...". Con la maglietta 'Imported in Detroit' ha risvegliato l'orgoglio di una nazione e la loro voglia di 'comprare un'auto americanà. Quanto dovremo aspettare per avere una maglietta simile, anche in Italia. "Non vedo l'ora, con una nuova situazione, ci metto due ore a fare una maglietta dello stesso tipo". Poi un saluto veloce, prima di tornare a bordo della sua Chrysler Town and Country nera, alla volta di Detroit. Speriamo di rivederci a Washington. "Con piacere - risponde sorridente - lì ho molti amici".
http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/economia/2011/08/03/visualizza_new.html_759117494.html
Berlusconi in Aula: Italia solida, lavorare insieme per superare crisi
Crisi, B. alle camere a borse chiuse Punterà sulla necessaria stabilità di governo. - di Davide Vecchi
Mentre il cdm vara il codice anti mafia e il Senato annuncia che "risparmierà" 120 milioni di euro, il premier "ripassa" il testo preparato ieri sera a Palazzo Grazioli nel vertice di maggioranza. Saranno annunciate nuove riforme e l'invito a collaborare all'opposizione. Ma il timore è nella reazione dei mercati. Piazza Affari, già alla rincorsa di record negativi, potrebbe affondare. Il premier rischia di stringersi il cappio al collo da solo.
Il codice antimafia, che entrerà in vigore dal sette settembre, introduce maggiori responsabilità per i prefetti, più fiducia e meno burocrazia per le imprese inserite nel circuito dell’economia legale, una banca dati nazionale che raccoglie la documentazione contro le organizzazioni criminali. Misure di prevenzione e delle nuove norme in materia di documentazione antimafia, presentato dal ministro dell’Interno Roberto Maroni. Si tratta di un decreto legislativo che dà attuazione alle deleghe previste negli articoli 1 e 2 del Piano straordinario antimafia, approvato dal Cdm nella riunione che si svolse a Reggio Calabria il 28 gennaio del 2010.
E stamani, mentre il cdm si riuniva per poi riaggiornarsi a settembre, l’assemblea di palazzo Madama ha approvato a grande maggioranza il bilancio interno 2010 e il preventivo 2011: sono previsti 120 milioni di euro di tagli nei prossimi tre anni. Un ordine del giorno bipartisan ha impegnato gli organismi che gestiscono il Senato a ulteriori risparmi: l’1% per il 2011, l’ 1,5% nel 2012, il 3,5% nel 2013 e il 6% nel 2014. I tagli, ha spiegato il questore Paolo Franco, ammontano a un totale di 126 milioni di euro. Appena due giorni fa anche Montecitorio aveva annunciato un “risparmio” entro il 2013 di 150 milioni.
Tutti argomenti che saranno sfiorati nell’intervento di Berlusconi alle Camere. Per sottolineare l’impegno del governo. E poi puntare il dito contro chi, dentro il Parlamento, mette in discussione la necessaria stabilità facendo della crisi una “scorciatoia” per eventuali ribaltoni e favorendo, fuori dal Palazzo, una pericolosa speculazione. Una crisi di governo, ribadirà il premier, ora sarebbe un regalo per gli speculatori e un danno per il Paese visto che nessun governo tecnico potrà risolvere i problemi dell’Italia; per questo l’opposizione dovrebbe abbandonare inutili scorciatoie per dedicarsi a risolvere i problemi degli italiani.
Nel discorso non mancheranno aperture alle opposizioni. Berlusconi infatti dovrebbe dire di ritenere auspicabile un tono del confronto politico più disteso e meno di parte, concentrato sui problemi del Paese e non sugli interessi dei partiti, nel solco del monito del Capo dello Stato Giorgio Napolitano.Parte essenziale del discorso sarà spiegare che “crisi e speculazione finanziaria sono sotto gli occhi di tutti ma per quanto riguarda l’Italia ci sono eccessivi allarmismi perché il sistema politico è solido, le banche sono liquide e solide e in generali i fondamentali economici sono altrettanto solidi.
Nessun allarmismo dunque, il governo si è mostrato stabile e ha dimostrato di avere i numeri per varare in poco meno di una settimana una manovra da 70 miliardi di euro, certamente molto resta da fare per la crescita ascoltando parti sociali e opposizioni (oltre all’inquilino del Colle), ma senza cedere ad inutili allarmismi e soprattutto senza immaginare che esistano alternative in eventuali governi tecnici. Berlusconi annuncerà anche alcune misure: riforma del lavoro, partendo dalla revisione dello Statuto dei lavoratori, che insieme a quella del fisco e al piano Sud dovrebbe aiutare a garantire la crescita. Secondo il Cavaliere, ovviamente.
Insomma qualche annuncio, poche azioni concrete. Camera e Senato chiudono e se ne vanno in ferie. E per quanto Fabrizio Alfano, portavoce di Gianfranco Fini, annunci che “il presidente della Camera è disposto a convocare ad horas la Camera anche a Ferragosto se necessario”, e Ignazio La Russa dica che, sempre “se necessario”, il governo è pronto a riunire il consiglio dei ministri in agosto, nei fatti già oggi Montecitorio e Palazzo Madama sembrano deserti. E c’è chi scommette che ad ascoltare Berlusconi ci sarà il governo e pochi banchi occupati.
Gli investitori invece saranno attenti. Alle parole del premier farà da cartina di tornasole Piazza Affari. E la reazione dei mercati potrebbe affossare definitivamente il Paese. Tremonti è corso a Bruxelles per incassare nuovi messaggi pubblici di solidarietà, così da “distendere” l’attenzione degli speculatori europei sulla piazza di Milano; mentre Umberto Bossi è deluso dal vecchio alleato di Arcore: il Senatùr ha tentato in ogni modo di convincerlo a non parlare, il rischio è troppo alto. Anche Letta ha tentato invano di far desistere il Cavaliere. Niente da fare. E così Berlusconi, oggi alle Camere, rischia di stringersi il cappio al collo da solo.
Gli indignati con la tessera del Pd. - di Luca Telese
Il primo è quello che è successo il 14 luglio alla Festa democratica di Roma, dove Massimo D’Alemaera intervistato dal giornalista di Repubblica Massimo Giannini: un gruppo di ragazzi ha raccontato su Facebook di essere andato alla festa con l’obiettivo di fare una domanda al líder maximo e di essere stati placcati dalla vigilanza del partito. Loro sotto il palco provavano a prendere la parola, e l’ex ministro degli Esteri che indicava Giannini con un sorriso vagamente teso: “Le domande le fa lui!”.
E che dire di quello che è successo a Bersani? Il 5 luglio alla Festa democratica de L’Aquila, il segretario del Pd è stato contestato dai No Tav. Un enorme striscione bianco diceva: “Noi con i territori, voi con gli speculatori”. Bersani aveva provato a interloquire: “Guardate che quella proposta è stata discussa e votata in tutte le sedi… Guardate che si tratta di un tunnel che corre per 50 km sotto la montagna…”. Macché: grida, strepiti e tante domande incalzanti.
Terzo episodio, questa volta al Nord. Alla Festa democratica di Seriate, di nuovo durante un comizio di Massimo D’Alema, di nuovo i No Tav. Un gruppo di giovani, il 28 giugno interviene distribuendo volantini e, dopo aver aperto uno striscione, contesta la linea tenuta dal Pd, che ha sempre ribadito che la Tav è una priorità del centrosinistra. Si sfiora la rissa, un gruppo di sostenitori del Pd che si scaglia contro i contestatori, tentando di strappare lo striscione. Qualcuno tenta di oscurare con le mani la telecamera di chi riprendeva la scena, consapevole che le contestazioni hanno un doppio effetto: uno immediato, sui presenti e uno postumo, sugli utenti della rete.
Un altro episodio stupefacente si è verificato a Siena dove Rosy Bindi aveva esordito così: “Vi porto il saluto del Partito democratico…”. Non aveva ancora finito che dalla platea si era levata una selva di fischi: “Parla tu, ma lascia perdere il Pd”. E lei, con la consueta grinta: “Dovreste essere contenti che il Pd sia qui con un suo rappresentante”. Macché.
Cosa unisce e cosa divide questi episodi? Nella storia della sinistra, fino a ieri, la contestazione era guerra di egemonia per il controllo della piazza. Ed era, come nell’ultimo caso, lotta con le ali estreme, di destra o di sinistra, contro formazioni organizzate e antagoniste. Il caso simbolo è la guerriglia a La Sapienza per il comizio del segretario Cgil Luciano Lama in pieno ’77 (il cartello che è passato alla storia: “Non L’ama proprio nessuno”) dove il servizio d’ordine del Pci e della Cgil dovettero lottare fisicamente contro la falange di autonomia.
Oppure resta nella storia la contestazione ghandiana di Marco Pannella davanti a Botteghe oscure, interrotta da questo dialogo con un uomo della vigilanza del Bottegone: “Je dissi: ‘Te ne vai?’ Pannella ha risposto no, e io gli ho dato una pizza…”.
Già molto diverse, e molto più vandeane, nella forma e nella violenza della loro coreografia, furono lemonetine tirate contro i sindacalisti nelle piazze incandescenti del 1993. Sergio D’Antoni finí un comizio in piazza San Giovanni con un labbro spaccato, Sergio Cofferati non volle interrompere il suo discorso e chiese solo di essere riparato da un compagno con un ombrello: “Sono abituato alla pioggia”, ironizzò.
Adesso tutto cambia e a contestarti non è più un esterno, non è più un nemico. Adesso – esattamente come è successo a Zapatero in Spagna – c’è il rischio che a contestarti sia un pezzo del tuo popolo, una parte del mondo che ti gira intorno. A mordere il freno sono giovanissimi, forme di protesta nascono e si organizzano come gruppi di pressione sulla rete. Adesso, a contestarti non è qualcuno che ha idee diverse dalle tue, non è un uomo simbolo, come quello splendido provocatore che è stato Marco Pannella ai tempi in cui girava con il girocollo nero e con il medaglione zen al collo, adesso quello che grida è uno che dice di avere le tue stesse idee e spesso la tua stessa tessera. E pensa che tu stia tradendo la tua parte.
Ecco perché i dirigenti del Pd farebbero meglio a non sottovalutare. E a cominciare a rispondere, ad esempio, sulle grandi scelte e sulla questione morale, prima di essere costretti a farlo in piazza.