Poveri ricchi. Tutti a dargli addosso, a condannare la loro opulenza, a mettere alla gogna chi rivendica, semplicemente, il proprio “diritto primario” alla felicità. Come se non bastasse quel passaggio del Vangelo che, nella versione guzzantiana, recita impietosamente: “Entra più speditamente un filo nella cruna dell’ ago che un ricco in paradiso”. Eppure, non c’è voce che si levi contro questa “crociata banale”, contro il ”pogrom ideologico di una società fragile che ha nel suo Dna ”Masaniello e Cola di Rienzo, Savonarola e l’assalto ai forni, gli untori e la colonna infame”. Parole del senatore Paolo Guzzanti (del gruppo dei Responsabili) che oggi su “Il Giornale” si fa in quattro per spiegare perché la patrimoniale proprio non va: “In una società laica, scrive Guzzanti- se uno vuol spendere quel che ha per un bagno nello champagne, nessuno dovrebbe avere il diritto di impicciarsi e sanzionare una tale frizzata abitudine.” E’ preoccupato, Guzzanti, per quel che accade in Italia, per quella abominevole tendenza pauperistica a “tassare chi ricerca il piacere”, a vessarlo con una “macchina fiscale intimidatoria”, facendo leva sull’ideologia della rabbia (tipica dei poveri) che vuol ghettizzare la ricchezza nei lager. Maledetti poveri: in una società liberale, ricorda Guzzanti, “al povero si dovrebbe chiedere: che cosa hai fatto dunque di male se Dio ti punisce con il sudiciume della povertà, anziché con l’ordinato lindore del benessere?“. E invece no “da noi si capovolge la domanda e si chiede conto a chi produce o possiede ricchezza, del sudiciume del suo denaro. È ovvio -ammette a malincuore Guzzanti- che in una società in cui molti sono ricchi per traffici illegali, un’aura di sospetto aleggi su chiunque abbia denaro ma allo stesso modo la giustizia dovrebbe garantire che fasce più o meno larghe della popolazione non vivessero di stipendi gonfiati, pensioni di invalidità non dovute” . Insomma, piantiamola di assaltare gli yacht, e andiamo seriamente a stanare quei pezzenti che aspirano impropriamente all’uso della sopravvivenza. E soprattutto piantiamola di “far credere sempre che le difficoltà, le crisi, le pestilenze e i crolli in borsa, siano opera della losca confraternita dei borghesi produttori di profitto, che vanno prima di tutto additati al pubblico disprezzo in un clima di intimidazione”. Così parlò Max Weber o forse Briatore.
Massimo Malerba
L’ARTICOLO DI GUZZANTI