giovedì 20 ottobre 2011

Il governo si taglia i tagli: ministri e sottosegretari rimborsati dal Fisco.




Un decreto dell'anno scorso decurtava gli stipendi pubblici superiori a 90 mila euro, a partire da gennaio 2011. Ma ora, rivela "Italia Oggi", una circolare del dicastero dell'Economia spiega che i membri dell'esecutivo sono esclusi, in quanto "non dipendenti". Le trattenute saranno quindi restituite "con la mensilità di novembre"
A sentirla pare una notizia inventata dall’ufficio propaganda degli indignati: in piena crisi, tra manovre lacrime e sangue e in attesa del decreto sviluppo, lo Stato restituisce soldi ai membri del governo. A raccontarlo, e a documentarlo, è invece Italia OggiIl quotidiano economico riporta una circolare del ministero dell’Economia, che dispone, appunto, la restituzione di quanto è stato trattenuto dalle “paghe” di ministri e sottosegretari in base ai tagli decisi l’anno scorso suglio stipendi pubblici più alti.

Il decreto legge 78 del 2010, che conteneva misure di “stabilizzazione finanziaria”, prevedeva che dal primo gennaio 2011 al 31 dicembre 2013 le retribuzioni dei dipendenti delle pubbliche amministrazioni superiori a 90.000 euro lordi annui fossero ridotti del 5 per cento per la parte oltre il “tetto”, e del 10 per cento per la parte superiore ai 150 mila euro.

La riduzione è quindi entrata in vigore e ha pesato sugli stipendi degli statali dall’inizio dell’anno a oggi, ministri, viceministri e sottosegretari compresi. Ma ora, rivela Italia Oggi, la circolare numero 150 del l’11 ottobre 2011, diramata dalla direzione centrale dei sistemi informativi e dell’innovazione del Ministero dell’economia, spiega che chi siede al governo “ricopre una carica politica e non è titolare di un rapporto di lavoro dipendente”. Quindi a ministri e sottosegretari va restituito tutto quello che il fisco ha trattenuto quest’anno. Il rimborso arriverà a stretto giro di posta: “Sulla mensilità di novembre 2011”, promette la circolare, “si darà corso al rimborso di quanto trattenuto”.

E’ lo stesso quotidiano a bollare la vicenda come “un inghippo legale, ma scandaloso”. E infatti l’indignazione monta in Rete, a mano a mano che la notizia viene ripresa dai siti e blog. Data l’aria che tira, checché dicano le norme, è difficile mandare giù il paradosso che a essere rimborsati siano proprio quelli che decidono i tagli, e tutti gli altri paghino. Qualcuno si rifugia nell’ironia: se i ministri non sono dipendenti, significa che sono “precari”.

Il ministero dell’Economia, interpellato da ilfattoquotidiano.it, fa sapere che sta “procedendo alle verifiche”.

Sublime!

mercoledì 19 ottobre 2011

Cacciate Berlusconi dal governo.



Silvio Berlusconi non è solo una catastrofe per l’Italia, ma sta diventando anche un serio pericolo per l’euro.



Silvio Berlusconi non è solo una catastrofe per l’Italia, ma sta diventando anche un serio pericolo per l’euro. A questo punto la Germania e la Francia dovrebbero costringerlo a dimissioni immediate.
Dobbiamo cacciare via Silvio Berlusconi dal potere, e subito.
Berlusconi è stato un danno per l’Italia sin dall’inizio. È entrato in politica soprattutto per tutelare se stesso e i suoi fedelissimi dai processi legali. Si è ritagliato leggi su misura per proteggere gli interessi delle sue imprese. Si è lasciato sfuggire l’occasione di modernizzare economicamente il paese. E continua a danneggiare la reputazione dell’Italia con le sue scappatelle sessuali e le sue imbarazzanti barzellette.
Più lento ed imprevedibile
Questi due decenni, in cui il panorama politico italiano è stato dominato da Berlusconi, sono stati quindi anni persi per il paese. L’economia italiana è molto meno dinamica oggi che nel 1992. Il sistema giuridico è ancora più lento e imprevedibile. La disoccupazione giovanile è aumentata nuovamente. Il nord e il sud sono ancora più distanti. La Mafia, la Camorra e la ‘Ndrangheta sono sempre più potenti. Nemmeno le tasse sono diminuite in maniera apprezzabile per l’italiano medio.
Berlusconi è stato quindi sin dall’inizio una catastrofe per il suo paese. La situazione durante questi ultimi anni è talmente peggiorata, che la sua ulteriore permanenza ora causerebbe danni immediati ed irreparabili. Poiché negli ultimi mesi l’Italia è caduta in una profonda crisi economica. Senza un governo determinato, che con mano saggia eviti una bancarotta, Roma tra poco diventerà la nuova Atene – e trasformerà l’euro in carta straccia, dato che nemmeno il fondo di stabilità europeo con tutti gli ulteriori finanziamenti concessi fino a ieri, sarebbe in grado di sostenere una bancarotta italiana.
Proprio durante questi mesi critici, Berlusconi si è permesso di nuovo il lusso di trovarsi al centro di clamorosi scandali sessuali, invischiato in difficoltà con la giustizia e in fondamentale contrasto con la sua coalizione al governo. A titolo di esempio: nelle stesse settimane, in cui Standard & Poor’s declassava la solvibilità dell’Italia, è stato reso noto che, Berlusconi si vantava, di dedicarsi al suo mandato politico solo nel tempo libero – cioé in quelle poche ore, in cui non era impegnato con le sue “pupe”. Nessuna meraviglia se poi i mercati finanziari si fidano poco di lui. Se gli astuti artisti della finanza oggi scommettono che l’Italia finirà presto indebitata fino al collo, questo dipende solo dal fatto che al potere continua ad esserci Berlusconi.
La Merkel e Sarkozy dovrebbero costringere Berlusconi a rassegnare le dimissioni
L’unica speranza per l’Italia e per l’euro perciò è una rapida sostituzione di Berlusconi con un Presidente del Consiglio al di sopra delle parti. Qualcuno come Mario Draghi, il governatore della Banca d’Italia, che sia capace e propenso a rischiare i passi necessari per l’abbattimento del debito pubblico e per la ripresa economica.
Ma Berlusconi, del cui operato frattanto neanche un quarto degli italiani si dichiara soddisfatto, non si dimetterà di sua iniziativa. E siccome il suo partito è diventato un’associazione elettorale capeggiata da un dittatore da quattro soldi – e molti deputati eletti percepiscono un doppio stipendio in quanto assunti proprio nei quotidiani e nelle imprese di Berlusconi – l’impulso per un suo abbandono dell’incarico dovrà venire per forza dall’esterno.
Per fortuna si prevede uno scenario semplice. Per il momento l’Italia può farsi prestare denaro solo in caso di necessità, poiché la BCE acquista titoli di stato italiani per miliardi di euro. Per cacciare Berlusconi dal potere, tutti i capi di governo degli altri paesi dell’eurozona dovrebbero solo chiedere pubblicamente le sue dimissioni. In alternativa, Angela Merkel e Nicolas Sarkozy dovrebbero costringere gli altri partner europei a rifiutarsi di acquistare altri titoli di stato italiani.
Berlusconi è una bomba ad orologeria
Ma questa intromissione, ammettiamolo, drastica non solo è giustificata in quanto un bene per l’Italia, ma non sarebbe che la logica conseguenza di ciò che adesso è nell’interesse immediato dei singoli paesi della zona euro, ossia tagliar fuori dalla scena politica Berlusconi nel più breve tempo possibile.
Finora sono stati gli elettori italiani a doversi vergognare per aver tollerato così a lungo Berlusconi. Ma se non ci diamo da fare in fretta, a breve avremo anche noi seri motivi per vergognarci, ma soprattutto dovremo pagarne le conseguenze, poiché Berlusconi è una bomba ad orologeria per l’euro e uno sgretolamento dell’euro sarebbe fatale anche per l’economia tedesca.
[Articolo originale "Jagt Berlusconi aus dem Amt" di Yascha Mounk]

Il passo indietro è impossibile. Il Cav perderebbe tutto: governo, parlamento, Fininvest. E magari finirebbe in galera.

www.siciliainformazioni.com

I big dell’opposizione, da Casini a Di Pietro, da Vendola a Bersani, s’interrogano sulla destrezza del Cav nello schivare le trappole della democrazia parlamentare - ha affrontato cinquantuno voti di fiducia ed ha subito ben 91 bocciature su altrettanti provvedimenti proposti dal governo - ed è rimasto a galla, irridendo gli avversari per la loro pochezza.

Trovare la risposta ai successi, pur effimeri, del premier non è facile, perché si tratta di moventi multipli, è il caso perciò di esplorare le condizioni peculiari del contesto politico, che rendono inattaccabile, o quasi, in Parlamento, Silvio Berlusconi.

Alla longevità politica del Cav non si può rispondere solo con un’analisi tradizionale sugli equilibri di potere, il bipolarismo imperfetto, i lasciti della Prima Repubblica. Forse non c’entrano niente il governo, la coalizione, il centrodestra, il Pdl e l’alleato fedele leghista, e nemmeno le “seduzioni” di Denis Verdini che riesce a corrispondere ai desideri degli incerti con indubbia bravura.



Silvio Berlusconi non può andarsene come un qualunque uomo politico. Egli assume decisioni o le rinvia sulla base di elementi che sfuggono alla logica cui siamo abituati: non giudica il presente ed il futuro del partito che capeggia, non analizza la salute della coalizione cui appartiene, non è interessato alla sorte della destra o centrodestra. La sua controparte è l’avversario che può spogliarlo dei suoi averi e della sua libertà.

Silvio Berlusconi non può fare alcun passo indietro fino a che il passo indietro significa perdere gli uni o l’altra o entrambi. Chi è sul ciglio dell’abisso e viene invitato ad arretrare di un passo, sapendo che esso segnerà la sua fine, resta incollato al terreno e non si smuove. Anzi, fa di tutto per evitare quel passo. I mezzi, gli strumenti, le iniziative saranno tutti valide; ogni iniziativa diverrà praticabile, ogni azione, spregiudicata o scorretta che sia, verrà presa in considerazione pur di non arretrare.

Fino a quando potrà restare in bilico, ad un passo dall’abisso?

Fino al momento in cui gli sarà dato di trovare un’alternativa, di contrattare l’uscita, di conoscere dove lo condurrebbe il viale del tramonto. Potrebbe “lasciare” o accomodarsi “di lato”, come suggerisce Roberto Maroni, se ci fosse un impegno che lo tuteli dai pericoli che incombono.

L’exit strategy passa dunque attraverso garanzie politiche e giudiziarie. Con le prime egli intende salvare il suo impero economico, la Fininvest, dagli agguati dei suoi successori; con le seconde, intende avere la sicurezza di risolvere i suoi rapporti con la magistratura inquirente e con la magistratura giudicante. Sono in piedi indagini, inchieste e processi. Ci sono filoni d’indagine e procedimenti che potrebbero condurlo alle porte del carcere.

Ma chi mai potrebbe dargli queste garanzie? E’ accaduto che il premier contrattasse con l’opposizione il conflitto d’interesse o la tutela del suo network, ma allora c’era ben poco in ballo, sarebbe bastato accordarsi con il capo dell’opposizione, il più influente e rappresentativo. Ora non è più possibile.
Quanto alle vicende giudiziarie, le Procure coinvolte nelle inchieste e nei processi sono tante, troppe, perché si possa usare la moral suasion.

Occorrerebbe una sorta di impunità ad personam. L’impossibile.

La condizione straordinaria di Silvio Berlusconi non è l’unica ragione dell’empasse. L’altra, legata ancora una volta al premier, ma “estranea” a lui, perché regolata da norme, riguarda il rapporto fra i parlamentari e i capipartito. Silvio Berlusconi, al pari dei leaders degli altri partiti, grazie ad una legge elettorale indecente, può ottenere ciò che vuole dal deputato o il senatore in carica. Lo ha scelto e fatto eleggere. Una nomina, che potrà essere ripetuta a condizione che il nominato abbia dimostrato una fedeltà assoluta.


Silvio Berlusconi, dunque, una potenza di fuoco immensa: controlla un impero economico (assicurazioni, banche, informazione, cinema, settore immobiliare ecc), l’esecutivo e la maggioranza del Parlamento. Tutto questo non basta per governare il Paese, ma basta per proteggere se stesso e i suoi capitali da qualunque agguato, legislativo o giudiziario con un esercito di avvocati-parlamentari.

Se cambiano gli equilibri e la fase di transizione non può essere controllata, direttamente o attraverso persone di assoluta fiducia, può crollare tutto, come un castello di carta.

L’empasse sta proprio qui: il passo indietro può avvenire solo se si realizzano condizioni che, sulla carta, sono impossibili da ottenere.

 

MAURIZIO CROZZA - Ballarò 18/10/2011 - La lettera B

Mediatrade, Berlusconi prosciolto "Uno scandalo le accuse smentite"



Mediatrade, Berlusconi prosciolto "Uno scandalo le accuse smentite"
(ansa)



Esulta il premier per la decisione del gup di Milano Vicidomini. I pm ricorrerano in Cassazione. Il figlio Pier Silvio e Confalonieri rinviati a giudizio. Per loro udienza il 22 dicembre. Ghedini "Il giudice ci ha ascoltato. Ora lo stesso per Mediaset". E a Roma stabilita la data del processo a Marco Milanese per finanziamento illecito ai partiti: udienza il 21 febbraio. 


MILANO - "Adesso tutti mi chiedono se sono soddisfatto, non lo sono perché sono stato accusato di una cosa che non sta nè in cielo nè in terra". Così il primo ministro Silvio Berlusconi commenta il suo proscioglimento dall'inchiesta Mediatrade. "E' un grande scandalo che i pm abbiano portato contro di me accuse che i loro stessi colleghi hanno smentito" ha aggiunto. Per poi sottolineare: "E' il 25esimo processo da cui sono prosciolto".


Il gup di Milano Maria Grazia Vicidomini ritiene che le prove raccolte a carico di Berlusconi, accusato di frode fiscale fino al 2009 e di appropriazione indebita fino al 2006, non siano sufficienti a giustificare l'avvio di un processo penale. Rinviati invece a giudizio tutti gli altri imputati, tra cui il figlio del premier Pier Silvio e Fedele Confalonieri, presidente Mediaset. Per loro e gli altri nove indagati il processo inizierà il 22 dicembre davanti alla seconda sezione penale del tribunale di Milano. I pm Fabio de Pasquale e Sergio Spadaro 1 impugneranno la decisione del gup su Berlusconi con un ricorso in Cassazione.


GUARDA Mediatrade, storia di un'inchiesta 2


"E' una decisione che è assolutamente in linea con gli atti processuali - commenta Niccolò Ghedini, uno dei difensori del premier - evidentemente il giudice ha ritenuto che Berlusconi non aveva alcuna compartecipazione nè formale nè sostanziale nella vicenda". "Non si tratta di un vittoria - ha aggiunto - ma della decisione giusta di un gip che ha voluto ascoltare le nostre ragioni e prendere una decisione che potrà riverberarsi anche sul processo dei diritti tv di Mediaset". Ghedini ha poi detto di essere "stupito" dal fatto che il giudice non abbia dovuto prendere analoga decisione per il figlio Pier Silvio.


"La decisione del proscioglimento del presidente del Consiglio - afferma Filippo Dinacci, difensore di Pier Silvio Berlusconi - è importante perché va a colpire l'intero impianto accusatorio. Ora si tratterà di portare alla coerente conseguenza tale decisione alla quale non potrà non seguire una assoluzione degli imputati in dibattimento".


LEGGI Tutti i processi del Cavaliere 3


"Una decisione rara - commenta ironico l'avvocato Piero Longo - ma una rondine non fa primavera". Come sostiene anche Ghedini, il proscioglimento del premier non significa "che il clima sia cambiato": "L'accanimento continua - ha detto - basta vedere come hanno ridotto le liste testi nel processo sui diritti tv Mediaset". I giudici di Milano, per il processo Mediaset, stanno infatti cercando di accelerare i tempi perché il reato non cada in prescrizione 4.


Il processo Mediatrade 5 vedrà coinvolti così undici dei dodici indagati. Oltre a Pier Silvio Berlusconi e Fedele Confalonieri, l'imprenditore Frank Agrama (rinviato a giudizio per frode fiscale e appropriazione indebita), Giorgio dal Negro (frode e appropriazione), Daniele Lorenzano (frode e appropriazione), Gabriella Ballabio (frode e appropriazione), Roberto Pace (frode e appropriazione), il banchiere Paolo del Bue (riciclaggio), Giovanni Stabilini (riciclaggio) e i due cittadini cinesi residente a Hong Kong Paddy Chan (riciclaggio) e Catherine Hsu Chun (riciclaggio).


Nel pomeriggio è arrivato anche il commento di Mediaset: "Il gup di Milano - si legge nella nota - ha stabilito che nel procedimento Mediatrade-Rti non si è verificata alcuna appropriazione indebita da parte dell'azionista di maggioranza di Mediaset Silvio Berlusconi". Così, secondo la società, verrebbe a "a cadere l'intero impianto accusatorio". Per questo motivo, si continua dal gruppo, "i rinvii a giudizio degli amministratori di Mediaset per frode fiscale risultano difficilmente comprensibili". "Il dibattimento - scrivono - dimostrerà la totale estraneità anche di Fedele Confalonieri e Pier Silvio Berlusconi rispetto alle accuse ipotizzate".


Secondo l'accusa, gli imputati acquisivano diritti di trasmissione da Mediaset a prezzi gonfiati  per il tramite di società di comodo 6. Il raggiro si attesterebbe "nel periodo 2000-2005 complessivamente in 34 milioni di dollari". 


GUARDA Mediatrade, così si gonfiavano i diritti TV 7


Il denaro veniva "trasferito a partire dal 1999 dalla società Mediatrade, e successivamente da Rti (Reti televisive italiane, ndr), alla società Olympus trading a titolo di pagamento dei diritti". La frode fiscale, invece, sarebbe iniziata secondo la procura nel 2005 e sarebbe andata avanti fino al 2008, per un importo totale di tasse non pagate che si aggira sugli 8 milioni di euro. In un messaggio del marzo 2011 il premier aveva detto:  "Sono tutte accuse infondate" 8.


Marco Milanese dal 21 febbraio in aula. Processo con citazione diretta per il deputato del Pdl, Marco Milanese, ex consigliere politico di Tremonti. L'udienza è stata fissata per il prossimo 21 febbraio davanti al tribunale monocratico di Roma. Milanese, nell'ambito dell'inchiesta su appalti Enav, è imputato di finanziamento illecito ai partiti per la compravendita di uno yacht 9.


Con Milanese sono rinviate a giudizio altre quattro persone. Si tratta dell'imprenditore Tommaso Di Lernia, titolare della Print System e della Eurotec, dell'ad di quest'ultima Massimo De Cesare, dell'ex consulente esterno di Finmeccanica Lorenzo Cola e di Fabrizio Testa, ex presidente di Tecnosky.

http://www.repubblica.it/politica/2011/10/18/news/mediatrade_berlusconi_prosciolto-23429103/?ref=HREC1-8

Firme false, la lista di 1.500 nomi nel pc dell'assistente della Minetti.



Firme false, la lista di 1.500 nomi nel pc dell'assistente della Minetti
Nicole Minetti e Clotilde Strada



I radicali chiedono l'intervento del presidente Napolitano. Formigoni: "Ho vinto col 57 per cento dei voti. Il resto è un'acrobazia da legulei". Il Pd: "Pdl e Lega si assumano le loro responsabilità".


di DAVIDE CARLUCCI e TIZIANA DE GIORGIO


La prova regina, i carabinieri della sezione di polizia giudiziaria e del nucleo operativo che indagano con il procuratore aggiunto Alfredo Robledo l’hanno trovata nel computer di Clotilde Strada, l’assistente personale del consigliere regionale Nicole Minetti. Nella memoria del pc — lo stesso che i pm Antonio Sangermano e Ilda Boccassini hanno analizzato per conoscere i segreti del “caso Ruby” — c’era un file che potrebbe rivelarsi decisivo per dimostrare che le firme raccolte per la candidatura di Roberto Formigoni alle elezioni regionali del 2010 erano false. È un elenco di 1.500 nominativi, e relativi estremi anagrafici, che risale al 2005, ovvero alle precedenti regionali. 


Firme false, bufera su Formigoni I documenti taroccati I radicali in tribunale con le firme false


Quel che gli investigatori sospettavano da tempo ha trovato riscontro in quel file. Fra i 1.600 testimoni sentiti nel corso delle indagini, infatti, ce ne sono stati alcuni — meno di un centinaio — che hanno disconosciuto non solo le loro firme, ma anche gli estremi delle carte d’identità 
rilasciati per convalidare le loro sottoscrizioni. E le sigle identificative dei documenti personali sono state ritrovate nell’elenco del 2005. Spiegazione: erano le vecchie carte d’identità, nel frattempo scadute, degli inconsapevoli sottoscrittori che nel frattempo le avevano rinnovate. 


Ma non è l’unica sorpresa contenuta nelle informative dei carabinieri. Curiosa è anche la richiesta, da parte del consigliere provinciale pdl Barbara Calzavara, di 220 certificati elettorali al Comune di Milano di persone che di lì a dieci giorni si sarebbero ritrovati nell’elenco a loro insaputa. Altra incongruenza, i due “elenchi fotocopia” per Formigoni e per il Pdl: improbabili firmatari che un giorno sottoscrivono per il listino del governatore e il giorno dopo lo fanno, nello stesso ordine cronologico, per la lista provinciale. Com’è possibile?


Formigoni continua a non scomporsi. E si mantiene ben lontano da un gesto di scuse, chiesto anche da chi si è visto rubare la firma: «La gente di Lombardia ha deciso Formigoni con il 57 per cento, oltre 20 punti di distacco rispetto al secondo — ripete il governatore — questo è il dato che interessa». Il resto sono «acrobazie di legulei». E poi: «C’è un giudice imparziale che alla fine deciderà, prima è inutile chiacchierare».


Ma i radicali controbattono: «Le sentenze arriveranno solo dopo la fine della legislatura di questo consiglio regionale abusivo», dicono Marco Cappato e Lorenzo Lipparini davanti al gazebo allestito in piazza Cordusio, tappezzato con le riproduzioni degli elenchi con le firme fasulle. E rilanciano con una petizione al presidente Napolitano perché il giudizio arrivi in tempi brevi, vista la decisione della Corte costituzionale che autorizza solo il giudice civile a verificare la veridicità delle firme. Decisione, questa, che rischia di allungare a dismisura i tempi del giudizio. I radicali puntano il dito anche sui nomi degli indagati: «Ci sono solo gli esecutori materiali, mancano i mandanti politici». A chiedere a Pdl e Lega un’assunzione di responsabilità è anche il pd Giuseppe Civati. «Non possono continuare a far finta di niente».

http://milano.repubblica.it/cronaca/2011/10/19/news/firme_false_la_lista_di_1_500_nomi_nel_pc_dell_assistente_della_minetti-23465327/?ref=HREC1-7