mercoledì 21 dicembre 2011

Caso Impastato, dopo trent’anni ritrovata la testimone chiave del delitto. - di Giuseppe Pipitone


Si chiama Provvidenza Vitale. Era di turno al passaggio a livello di Cinisi la notte tra l'8 e il 9 maggio del 1978, quando il militante di Democrazia Proletaria venne ucciso da alcuni killer di Cosa Nostra. Fino a poco fa i Carabinieri la ritennero "irreperibile", ma nessuno la cercò realmente.


Peppino Impastato
Si chiama Provvidenza Vitale, avrebbe potuto essere la testimone chiave del delitto di Peppino Impastato. Era di turno al passaggio a livello di Cinisi la notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978, quando il militante di Democrazia Proletaria venne ucciso da alcuni killer di Cosa Nostra, ancora oggi senza volto. Ma negli ultimi trent’anni i Carabinieri di Cinisi non sono riusciti a trovarla. O meglio: si disse che era immigrata negli Stati Uniti perché rimasta vedova e sui verbali i Carabinieri scrissero semplicemente che la donna era “irreperibile”. E i magistrati e i membri della commissione parlamentare antimafia che si occuparono del caso Impastato si fidarono.

Solo che Vitale non è mai scomparsa. Tanto meno mai stata irreperibile. E salvo brevi soggiorni da alcuni parenti Oltreoceano, ha sempre abitato a casa sua, a Terrasini, cittadina attaccata a Cinisi, poco più di diecimila abitanti ad ovest di Palermo.

L’hanno scoperto pochi giorni fa gli uomini della Dia di Palermo, guidati dal colonnello Giuseppe D’Agata. Dall’omicidio di Peppino Impastato, il ragazzo che dava fastidio a Cosa Nostra dai microfoni di radio Aut, sono passati trentatré anni e mezzo. Ma nonostante tutto questo tempo gli investigatori hanno assicurato che trovare la signora Vitale non è stato poi tanto difficile. Bastava cercarla. Negli ultimi trent’anni infatti nessuno si era mai preso la briga di andare a bussare alla sua porta. Soprattutto i Carabinieri. Lo ha confermato lei stessa al sostituto procuratore della Dda di Palermo Francesco Del Bene, che stamattina si è recato a casa sua per interrogarla. Della notte in cui fu ucciso Impastato la donna ha detto di avere ricordi confusi. Sono passate tre decadi e oggi la donna ha 88 anni.

Appurato che la Provvidenza Vitale non si è quasi mai allontanata da casa (che per altro è a due passi da luogo in cui Impastato fu ucciso), che ha sempre abitato a Terrasini, dove ha cresciuto sei figli, e che addirittura uno dei suoi generi è un carabiniere, appare difficile quindi che gli ufficiali dell’Arma avessero potuto davvero cercarla senza esito. Perché per tutti questi anni i carabinieri avrebbero cercato in tutti i modi di celare agli organi inquirenti l’esistenza della teste chiave in un caso delicato come quello Impastato?

Un interrogativo che va ad alimentare la tante domande che sta suscitando la nuova indagine sul caso Impastato aperta dal procuratore aggiunto della Dda di Palermo Antonio Ingroia e dal sostituto Del Bene. I due magistrati stanno cercando di scavare sui vari depistaggi che avrebbero interessato le indagini sull’omicidio del giornalista di radio Aut. “Il fatto che i magistrati abbiano ritrovato la casellante che era di turno quella notta mi riempie di felicità, confermandomi che sul caso avevamo visto giusto” ha commentato Giovanni Impastato, fratello di Peppino che in tutti questi anni si è impegnato per mantenerne viva la memoria.

Le nuova inchiesta sui depistaggi prende il via proprio quando, nel maggio scorso, Impastato si è presentato negli uffici della procura di Palermo per chiedere la riapertura del caso, invitando gli inquirenti a fare luce sui vari depistaggi che interessarono le indagini sulla morte di suo fratello. “La notte in cui morì Peppino – racconta Giovanni Impastato – i carabinieri vennero a casa nostra e sequestrarono diversi documenti appartenuti a mio fratello che raccolsero in 4 grossi sacchi neri. Quando anni dopo chiesi la restituzione dei documenti mi riconsegnarono soltanto 6 volantini. Che fine ha fatto tutto il resto del materiale appartenuto a Peppino? Perché è svanito?”.

Una parziale risposta è stata trovata dal pm Del Bene, che è riuscito a mettere le mani su un foglio in cui i carabinieri avevano scritto “Elenco del materiale sequestrato informalmente a casa di Impastato Giuseppe”. Un sequestro informale dunque, ovvero un sequestro non ufficialmente autorizzato. Del Bene ha trovato anche un altro elenco, questa volta formale, in cui i carabinieri avevano appuntato soltanto l’avvenuto sequestro di sei fogli tra lettere e volantini, che contenevano scritti d’ispirazione politica e con propositi di suicidio.

Ma nei documenti sequestrati a casa di Peppino Impastato c’era anche altro. “Ricordo che mio fratello poco prima di morire – racconta sempre Giovanni Impastato – si stava interessando attivamente alla strage della casermetta di Alcamo Marina, che nel 1976 costò la vita a due giovani carabinieri. In seguito a quel fatto, gli uomini dell’Arma vennero a perquisire casa nostra dato che mio fratello era considerato un estremista. Da lì Peppino iniziò a raccogliere informazioni sulla questione, notizie che accumulava in una specie di dossier: una cartelletta che fu sequestrata e mai più restituita”.

La strage della casermetta di Alcamo Marina è ancora oggi uno dei misteri insoluti di questo paese. I carabinieri Carmine Apuzzo e Salvatore Falcetta furono trovati uccisi la notte del 27 novembre 1976 nella cittadina in provincia di Trapani. Per il duplice omicidio furono condannati quattro giovani, Giuseppe VescoGaetano SantangeloGiuseppe Gulotta e Vincenzo Ferrantelli; Vesco morì in carcere in strane circostanze, mentre gli altri tre furono torturati e convinti a suon di botte a firmare la confessione. Un delitto strano maturato in un contesto inquietante. Come quello di Impastato.

Adesso l’ipotesi accreditata dagli inquirenti riannoderebbe le due vicende: forse Impastato con la sua attività di controinformazione era riuscito a capire qualcosa in più sulla strage della casermetta. Le indagini sul suo assassino, quindi, furono depistate – fino ad arrivare a “nascondere” il teste chiave – proprio per occultare i reali motivi che ne avevano decretato la morte. Il fatto che dai microfoni di radio Aut mettesse alla berlina il boss mafioso Tano Badalamenti (morto prima che la condanna per l’omicidio di Peppino diventasse definitiva) era soltanto un motivo in più per metterlo a tacere.

Frequenze congelate. - di Carlo Tecce



Niente beauty contest, Passera le vuol dare ai gruppi telefonici, nessuno disturberà RaiSet. Il governo Monti annulla la procedura, ma soltanto il Biscione avrebbe i soldi per un'asta vera.





La farsa del beauty contest è finita, niente frequenze gratuite ai gruppi televisivi con l’imbarazzante concorso di bellezza: il più forte, vince. E finisce pure la speranza di aprire il mercato a nuovi concorrenti. Perché il ministro dello Sviluppo, Corrado Passera, ha trovato il compromesso più tecnico possibile per non favorire Mediaset senza farle male. Al ministero studiano il piano più indolore e spendibile con i cittadini, i partiti e il Cavaliere: “Fermiamo subito la gara e ci riprendiamo le frequenze, un bene collettivo da sfruttare per il Paese. Aspettiamo qualche mese, al massimo tre, e poi chiamiamo a raccolta gli operatori telefonici per ampliare la banda larga e le connessioni veloci con una vera asta. Non possiamo correre perché pochi mesi fa queste società hanno speso quasi 4 miliardi di euro per potenziarsi con un’altra asta del governo”. E le televisioni? “Fuori. Non c’è un motivo valido per incrementare le proprietà di aziende che detengono un putiferio di canali. Il beauty contest è inaccettabile: per il momento azzeriamo la procedura così ci prendiamo del tempo per la soluzione migliore”.


Il ministro Passera ha toccato il punto sensibile di Silvio Berlusconi, il suo impero mediatico e industriale. L’istinto del Cavaliere ha prodotto decine di dichiarazioni e criptici segnali di guerra: “Questa è un’imboscata contro di me”. Fra un governo precario e un Cavaliere ferito, però, il risultato è pari e patta. E dunque il compromesso accontenta tutti. Può suonare strano, ma Berlusconi dice mezze verità, a volte: “A chi volete possa interessare una frequenza?”. Implicitamente, nemmeno a Mediaset che controlla quattro multiplex (pacchetti di frequenze) e ha utilizzato in via sperimentale un multiplex da assegnare. Non interessa a viale Mazzini: “Siamo entranti nel beauty contest perché c’erano gli altri. Non abbiamo le risorse per gareggiare”, spiega Giancarlo Leone, vicedirettore generale Rai. Telecom Italia Media (La 7) ci spera supinamente: “Mi auguro che nel 2012 ci sia un mercato televisivo un po ‘ diverso. Non più bloccato”, esprime il suo desiderio, al brindisi natalizio, l’amministratore delegato Gianni Stella. Le televisioni generaliste partecipano al beauty contest per paura dei nuovi concorrenti, di qualcuno che possa destabilizzare il monopolio di Mediaset ammorbidito da un pizzico di Rai e di La 7, mica per aumentare il proprio patrimonio. Lo fanno per congelare il passato temendo il futuro.


Passera conosce i rischi: può annullare il beauty contest con una delibera immediata, ma non può convocare un’asta per le televisione chiedendo soldi a Mediaset. Anche perché il ricorso del Biscione arriverebbe un istante dopo. L’ideatore del beauty contest, predecessore di Passera e suo consulente, Paolo Romani, avverte l’umore del Cavaliere: “Sono sempre più sconcertato e preoccupato. Questa mossa del governo va contro la Commissione europea e l’Autorità di garanzia nelle Comunicazioni che, insieme, approvarono il nostro progetto. E siamo a pochi giorni, credo, dal giudizio dei commissari e da una graduatoria imparziale. Passera non può far finta di nulla, le reazioni di Mediaset, di Rai e La 7 mi sembrano intuibili”. Per evitare pasticci giuridici e conseguenze legali, i tre commissari evocati da Romani, nominati per decidere a chi distribuire le frequenze, aspettano un ordine dal governo. Che Passera discute in queste ore con i suoi collaboratori: “Non ci sono dubbi: il beauty contest non esiste più, le televisioni non meritano regali, adesso ragioniamo su cosa fare. E allestiamo un’asta per gli operatori telefonici”. Che hanno più soldi da spendere.


http://www.ilfattoquotidiano.it/2011/12/20/frequenze-congelate/178784/

Gelmini VS Pugliese (dir.Conad): "Liberalizzazioni favoriscono le Coop Rosse" (Ballarò, 20/12/'11)



Scontro dialettico tra Francesco Pugliese (direttore generale della Conad) e Mariastella Gelmini (PDL) sulle liberalizzazioni delle professioni, in particolare di quella dei farmacisti, durante la trasmissione "Ballarò". Dopo l'intervento della professoressa Saraceno, che esalta le liberalizzazioni e rimbrotta il sottosegretario dello Sviluppo Economico, Claudio De Vincenti, per il dietrofront del governo Monti su quest'argomento ("non avete fatto una bella figura", afferma la Saraceno), prende la parola la Gelmini. La deputata del PDL si professa favorevole alle liberalizzazioni, ma secondo una logica che non sposti solo un po' di fatturato, magari verso le Cooperative Rosse. Francesco Pugliese contesta vivacemente le argomentazioni della Gelmini per la posizione del PDL a favore delle lobbies farmaceutiche (come è stato dimostrato dall'accorata lettera scritta dal senatore pidiellino D'Ambrosio Lettieri, Presidente dell'Ordine dei Farmacisti, e destinata al premier Mario Monti al fine di scongiurare la liberalizzazione delle farmacie). I toni della polemica si alzano quando Pugliese ricorda alla Gelmini che le Cooperative Rosse controllano soltanto 200 parafarmacie su 7000.


http://www.youtube.com/watch?feature=player_embedded&v=0__jzbgqrEU

martedì 20 dicembre 2011

ONOREVOLI [ Indagati, rinviati a giudizio e condannati ]



L'elenco degli 82+5 onorevoli: indagati, rinviati a giudizio e condannati | Montaggiohttp://facebook.com/frankfunkricci | Fonte:http://www.nocensura.com

Auguri al Quirinale: Napolitano parla, Berlusconi dorme.


Durante lo scambio di auguri di Natale al Quirinale, l'ex premier si siede inusualmente tra i membri del governo Monti e si appisola mentre il presidente della Repubblica tiene il suo discorso davanti alle alte cariche dello Stato.

Pochi magistrati nei tribunali. “Scontiamo ancora il blocco dei concorsi dell’era Castelli”. - di Thomas Mackinson




Il presidente dell'Anm Luca Palamara commenta la situazione disastrosa del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere e allarga il discorso a livello nazionale. "Ad oggi - dice - mancano un migliaio di magistrati"
E’ arrivato il momento di rimettere in moto la macchina della Giustizia e nella giusta direzione.Luca Palamara, presidente dell’Anm, fa suo il grido d’allarme che arriva da Santa Maria Capua Vetere, dove la carenza di giudici sta paralizzando l’attività giudiziaria e apre una linea di credito al nuovo governo. Legato a doppio filo, il tema degli organici e delle sedi disagiate si è materializzato il 7 dicembre scorso nel primo incontro tra l’Associazione Nazionale Magistrati e il nuovo ministro della Giustizia, Paola Severino. Si apre, forse, una fase nuova. Segnata dalla richiesta di deporre le armi tra governo e magistratura per mettere mano al sistema. E – perché no – mettere un freno alla pratica di usare i tirocinanti come “tappabuchi” nelle situazioni più esposte.

Il nuovo governo offre davvero una speranza di discontinuità rispetto al passato?

Penso e spero che sia così. Nell’incontro dei primi di dicembre sono stati passati in rassegna diversi problemi del sistema giudiziario e abbiamo presentato le nostre proposte per uscire dallo stallo generale. Perché la situazione di difficoltà che si regista a Santa Maria Capua Vetere si riscontra ormai in molti uffici del Paese, ovviamente a partire dalle sedi disagiate in territori maggiormente esposti alla criminalità

Cosa avete detto al nuovo Guardasigilli?

Abbiamo fatto presenti le difficoltà e abbiamo indicato le nostre proposte come la revisione delle circoscrizioni giudiziarie, l’informatizzazione degli uffici, sul sistema carcerario, senza trascurare il profilo interno alla magistratura: l’organizzazione interna degli uffici, l’autoriforma e anche la questione morale.

Ci sono altre situazioni-limite?

Ce ne sono eccome, da Messina a Palermo ma basta il dato sulla carenza di organici: mancano un migliaio di magistrati e tanto basta per far capire la gravità e la fragilità del sistema. Situazioni critiche si registrano a Messina, Palermo dove in organico mancano 74 magistrati tra 46 giudicanti e 28 requirenti ma l’elenco è davvero lungo.

Perché c’è questa situazione, visto che negli ultimi anni si è parlato insistentemente della questione giustizia?

Scontiamo ancora il blocco dei concorsi del periodo 2001-2006 dell’era Castelli. In quel periodo è stata affrontata la riforma del sistema giudiziario e questo ha determinato il blocco perché il sistema di accesso alla magistratura è stato radicalmente modificato. Oggi stiamo scontando quel vuoto.

L’ex ministro Alfano rivendica l’impegno del governo Berlusconi nella riprogrammazione dei concorsi. Addossa poi al Csm la responsabilità di non applicare le norme straordinarie varate per le sedi disagiate al Sud. Cosa ne pensa?

Il blocco degli anni passati non si può recuperare senza un serio sistema di incentivi e senza una revisione delle circoscrizioni giudiziarie. Tutte queste cose le abbiamo rappresentate al nuovo ministro con il quale speriamo di archiviare il recente passato che ha sulla giustizia ha imposto un agenda di temi che poco ha a che fare con l’efficienza, la qualità e l’adeguata copertura del servizio.

Insomma la speranza è che con il Governo dei tecnici ci sia una revisione delle priorità rispetto ai temi dei processi lunghi e brevi e delle intercettazioni…

Mi sembra che il nuovo Ministro abbia condiviso le priorità che gli abbiamo esposto e questo credo sia un buon segnale di discontinuità. Certo, ora tocca passare dalle parole ai fatti.

Si torna a parlare dei “giudici ragazzini” a presidio dei territori più scoperti. E’ una pratica che condividete ancora e sulla quale si può insistere?

Una seria politica di organizzazione del personale di magistratura non può fare conto esclusivamente sui giovani colleghi da utilizzare come “tappabuchi” per le situazioni più difficili. E’ indispensabile una razionale programmazione dei trasferimenti che tenga conto allo stesso modo delle necessità degli uffici e delle aspirazioni dei giovani colleghi. E’ inoltre assolutamente necessario che i Presidenti dei Tribunali presso i quali saranno destinati i Magistrati ordinari in tirocinio (Mot, ndr) indichino immediatamente a quali funzioni gli stessi saranno assegnati, in modo da consentire una scelta consapevole e motivata e una organizzazione più efficace del tirocinio mirato.

Gli Sgommati - Berlusconi viene accompagnato in una casa di riposo.