venerdì 16 marzo 2012

Il figlio di Bernardo Provenzano: mio padre non sta bene - puntata 17 - Servizio Pubblico



Inquietante...

http://www.disabileforum.com/forum/topic38057.html

Cassazione: “I gay hanno diritto a trattamento familiare come le coppie sposate”



La Corte chiude ai matrimoni tra omosessuali, ma indica "un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge a chi è coniugato". Il ministro Riccardi: "E' un problema del Parlamento". Esultano centrosinistra e associazioni: "Riempire il vuoto legislativo". Il Pdl: "Cos'avete da festeggiare?"


La Cassazione prende atto del “no” ai matrimoni gay e al riconoscimento di unioni celebrate all’estero. Ma apre in modo altrettanto netto ai diritti che le coppie omosessuali devono vedere riconosciuti: il “diritto alla vita familiare” e a “vivere liberamente una condizione di coppia” con la possibilità di un “trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”. E’ la prima volta (scrivono i giudici nella sentenza n. 4184 depositata oggi), che la Cassazione si trova ad affrontare il caso di una coppia gay che chiede il riconoscimento del proprio matrimonio contratto all’estero: i due uomini si erano sposati nel 2002 a L’Aja ed avevano poi chiesto la trascrizione del certificato di nozze, come atto pubblico, al comune di Latina dove sono residenti.

Al rifiuto del Comune di riconoscere questo certificato e quindi il matrimonio, la coppia ha fatto ricorso sia in Tribunale che alla Corte d’Appello di Roma, ricorsi entrambi respinti. Da qui l’ulteriore istanza in Cassazione, dove la Prima Sezione Civile motiva la sua decisione – che è comunque di rigetto del ricorso – in circa 80 pagine. La Suprema Corte spiega che, se è vero che in Italia ancora non esiste una legislazione che preveda il matrimonio tra gay (citando a questo riguardo anche la recente sentenza della Corte Costituzionale che appunto aveva detto no ai matrimoni omosessuali), il quadro europeo dei diritti dei gay ed il contesto sociale è fortemente cambiato. Infatti, essendo stata superata grazie alla Convenzione Europea dei diritti dell’Uomo “la concezione secondo cui la diversità di sesso dei nubendi è presupposto indispensabile, per così dire naturalistico della stessa esistenza del matrimonio”, la Cassazione sottolinea che “l’intrascrivibilità delle unioni omossessuali dipende non più dalla loro inesistenza e neppure dalla loro invalidità ma dalla loro inidoneità a produrre quali atti di matrimonio, appunto, qualsiasi effetto giuridico nell’ordinamento italiano”. Le coppie gay, come i coniugi, hanno però il diritto ad una “vita familiare” e ad esigere e a far valere per questo il diritto ad un “trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”.

Il governo prende atto, ma è tiepido. “La questione del riconoscimento delle unioni omosessuali non è nel programma di governo – precisa il ministro per l’integrazione e la cooperazione, Andrea Riccardi - E’ una questione che riguarda il Parlamento. Credo che bisogna parlarne con le forze politiche”. Per il resto è un coro di esultanze nel centrosinistra e di prudenza nel centrodestra.

I radicali sono i primi a commentare la sentenza: “La classe politica – affermano dall’associazione Certi diritti – agisca di conseguenza e il ministero degli Interni ritiri la circolare che vieta la trascrizione dei matrimoni contratti all’estero dalle coppie gay. E’ un altro passo avanti per il superamento delle diseguaglianze nel nostro paese. Pur non riconoscendo il diritto a trascrivere all’anagrafe il matrimonio contratto all’estero da una coppia di Latina, la sentenza precisa quello che la classe politica continua a negare”. Dello stesso tenore il commento di Massimo Donadi, capogruppo Idv alla Camera: “E’ possibile che in questo paese, quando si parla di temi etici e di diritti civili, la politica arrivi sempre in ritardo? E’ accaduto nel recente passato con la vicenda di Eluana Englaro. Stavolta, sul tema della coppie gay, è la Cassazione a prendere atto dei cambiamenti sociali e ad esprimersi in base al diritto. Non pretendiamo leggi rivoluzionarie – aggiunge – ma che il Parlamento sia almeno in grado di leggere la realtà sociale, comprenderne i mutamenti, e legiferare in maniera conseguente. E’ necessaria una legge che tuteli le coppie omosessuali, come stabilito dalla Cassazione”.

Per l’Arcigay è stata “scritta una pagina storica”, per Nichi Vendola la pronuncia è una nuova pagina di civiltà che “ci fa superare il bigottismo di Alfano”, per i Comunisti Italiani è una “spinta per uscire dal Medioevo”, per Paola Concia (Pd) ora “il Parlamento deve colmare il vuoto legislativo”.

Di contro per Alfredo Mantovano (Pdl) non arriva “nessuna novità dalla sentenza della Cassazione sui gay; perchè tanta esultanza dalla lobby omosessuale? E’ piuttosto l’ennesima conferma che l’ordinamento già riconosce ai conviventi, qualunque sia il loro sesso, a legislazione vigente e sulla base di consolidata giurisprudenza, una serie di diritti in tema, per esempio, di registrazione anagrafica, di tutela della salute, di godimento di alloggi popolari, di assistenza, di nomina di un tutore, di risarcimento danni, e così via”. Carlo Giovanardi la cita addirittura a paradigma di “quanto da anni non ci stanchiamo di ripetere”, rivendicando come “nel quadro costituzionale e legislativo vigente in Italia le coppie omosessuali ‘non possono far valere il diritto a contrarre matrimonio né il diritto alla trascrizione del matrimonio celebrato all’estero, possono vivere liberamente una condizione di coppia e in presenza di specifiche situazioni hanno diritto ad un trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata”.

Nell’area di centrodestra tuttavia si distingue ancora una volta il Fli: “La sentenza conferma che quanto la suprema corte definisce ‘diritto alla vita familiare’ non può discriminare le coppie gay – dichiara Flavia Perina – D’altra parte, non è ragionevole che per ottenere un ‘trattamento omogeneo a quello assicurato dalla legge alla coppia coniugata alle coppie gay tocchi ogni volta far valere in giudizio il proprio diritto. Dunque sarebbe di gran lunga preferibile che il Parlamento provvedesse ad approvare una regolamentazione delle unioni omo-affettive, rimediando ad un ritardo sempre meno ammissibile. Che prima o poi in Italia questo avverrà è fuori discussione. Se avverrà prima anzichè dopo, risparmieremo a milioni di persone l’umiliazione di chiedere come favore ciò che spetta loro come diritto”. Un ragionamento sintetizzato dal collega di partito Benedetto Della Vedova nella formula: “Viva la Cassazione, abbasso Alfano”.

Posizioni evidentemente non molto in linea con altri esponenti del Terzo Polo: “Mi spiace dover raffreddare gli entusiasmi di chi pensa che la recente pronuncia della Cassazione abbia introdotto in Italia il matrimonio omosessuale - afferma il presidente dell’Udc, Rocco Buttiglione – e vorrei anche contenere l’indignazione di quelli che, per la medesima ragione ma con valutazione opposta, sono pronti a rimproverare aspramente i nostri giudici. Le sentenze bisogna leggerle prima di commentarle ma dal poco che ho potuto capire mi sembra che questa volta la Cassazione abbia fatto onestamente il proprio dovere”.

giovedì 15 marzo 2012

Ancora un po' di umorismo non guasta...



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Un po' di umorismo...


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Salerno, nove sotto custodia cautelare tassi d'interesse al 186 % annui.



Tre imprenditori e professionisti insospettabili finiti in carcere, altri sei ai domiciliari per un giro di attività creditizie illegali. Sequestrati beni per oltre 4 milioni di euro.

SALERNO - Nove ordinanze dei custodia cautelare sono state eseguite dalla Guardia di Finanza, che ha scoperto una organizzazione dedita all'usura e alla abusiva attività creditizia con base nel Salernitano. In manette sono finiti insospettabili professionisti ed imprenditori del Cilento.

Coordinati dalla Procura della Repubblica di Vallo della Lucania i finanzieri del Comando provinciale di Salerno, diretti dal generale di brigata Salvatore De Benedetto, hanno eseguito anche un sequestro di beni per un valore complessivo di 4 milioni di euro. Da quanto si è appreso il gruppo, che operava nel settore immobiliare, applicava tassi di interessi pari al 7% mensili, che raggiungevano e superavano il 186% annuo.

Nell'ambito dell'operazione, sono stati sequestrati due villaggi turistici, due locali commerciali, un appartamento e due mansarde. Dei nove destinatari delle misure cautelari, tre sono finiti in carcere mentre gli altri sei ai domiciliari. 



http://www.repubblica.it/cronaca/2012/03/15/news/salerno_nove_sotto_custodia_cautelare_tassi_d_interesse_al_186_annui-31566599/?ref=HREC1-8 

SABINA GUZZANTI IL MONOLOGO DI APERTURA



Il monologo di apertura di Sabina Guzzanti della prima puntata di Un Due Tre Stella in onda su La7 il mercoledì alle 21.10 



Ecco la requisitoria che ha salvato Dell’Utri. - di Marco Lillo



Il Fatto pubblica il testo dell'intervento con cui il sostituto pg Iacoviello ha chiesto l'annullamento della condanna del senatore Pdl. Leggendolo si scopre che in tre casi ci sono argomenti smentiti dai fatti.

Il senatore Marcello Dell'Utri
Sostiene Iacoviello che la sentenza di condanna contro il senatore Dell’Utri non cita mai la sentenza Mannino. Ed è falso. Sostiene Iacoviello che il capo di imputazione è liquido e l’accusa mancante. Due volte falso. Sostiene anche che non è ammissibile il concorso esterno in associazione a delinquere semplice. Falso per la terza volta. C’è un solo metodo per giudicare la requisitoria del sostituto procuratore generale Francesco Iacoviello che ha chiesto l’annullamento della sentenza di condanna contro Marcello Dell’Utri: leggerla.

Invece il dibattito di questi giorni si è svolto esclusivamente sulle poche note pubblicate dai cronisti delle agenzie di stampa, che hanno riportato resoconti stringati del discorso del rappresentante dell’accusa davanti alla Cassazione. Fortunatamente su Internet (pubblicata sul sito della rivista Diritto penale contemporaneo) si possono trovare le 18 pagine dello “schema di requisitoria integrato con le note d’udienza”: sostanzialmente la scaletta della requisitoria di Iacoviello, che non ha smentito l’attribuzione alla sua penna del canovaccio.

Il Fatto l’ha letto e ha scoperto che Iacoviello non scrive (e chissà se le ha dette davvero) le parole di condanna del concorso esterno e di para-assoluzione dell’imputato Dell’Utri riportate da tutti i giornali. Il sostituto procuratore generale sembra invece possibilista sulla sua colpevolezza: “L’annullamento con rinvio per vizio di motivazione (soluzione poi statuita dalla Corte accogliendo la sua richiesta, ndr) non vuol dire che l’imputato è innocente. Vuol dire che la motivazione è viziata, non che la decisione è sbagliata. E’ un annullamento fatto non a favore dell’imputato, ma a favore del diritto”. Certo, valutandolo ex post, come direbbe Iacoviello, questo rinvio – se porterà alla prescrizione – sarà oggettivamente a favore di Dell’Utri, ma ex ante ancora non si può dire. Comunque Iacoviello – se anche non avesse detto le cose riportate dalla stampa – nelle sue note ha infilato una serie di imprecisioni importanti. Vediamole una a una.
1) “C’è un capo di imputazione che riempie quasi una pagina. Ebbene, dopo averlo letto, possiamo metterlo da parte. Lì dentro non c’è il fatto per cui l’imputato è stato condannato. … In questo processo la cosa più difficile è trovare l’imputazione (…) qui abbiamo un imputato, un reato. Ma non un’imputazione. O meglio, un’imputazione liquida. Per una condanna solida”.

L’imputazione sarà liquida e la condanna solida, come dice il pg, ma la requisitoria di Iacoviello è gassosa e si sgonfia subito. Basta leggere il capo di imputazione della sentenza per scoprire che occupa quasi tre pagine (non meno di una) ed elenca le responsabilità del senatore nel dettaglio. Dell’Utri ha “concorso nelle attività della associazione di tipo mafioso denominata Cosa Nostra…ad esempio:

1. partecipando personalmente a incontri con esponenti anche di vertice di Cosa Nostra, nel corso dei quali venivano discusse condotte funzionali agli interessi della organizzazione; 2.intrattenendo, inoltre, rapporti continuativi con l’associazione per delinquere tramite numerosi esponenti di rilievo di detto sodalizio criminale, tra i quali, Pullarà Ignazio, Pullarà Giovanbattista, Di Napoli Giuseppe, Di Napoli Pietro, Ganci Raffaele, Riina Salvatore, Graviano Giuseppe;
3. provvedendo a ricoverare latitanti appartenenti alla detta organizzazione;
4. ponendo a disposizione dei suddetti esponenti di Cosa Nostra le conoscenze acquisite presso il sistema economico italiano e siciliano.

Così rafforzando la potenzialità criminale dell’organizzazione in quanto…” e via elencando. Come si possa sostenere che questo sia un capo di imputazione “liquido” e che “l’accusa diventa fluida e sfuggente”, come sostiene Iacoviello, è un mistero.

2) La seconda imprecisione di Iacoviello è ancora più grave. Secondo il pg, infatti, la Corte di appello di Palermo avrebbe ignorato la sentenza delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione che ha assolto l’ex ministro Calogero Mannino dall’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa. Si tratta di un’accusa grave nei confronti dei giudici della Corte palermitana perché in sostanza li taccia di sciatteria se non di mala fede, perché quella sentenza di annullamento è un vero e proprio punto di riferimento per chiunque si occupi di questa materia. Al riguardo nelle note di Iacoviello si legge:

“La sentenza Mannino (metodicamente ignorata dalla sentenza) ci dice che il contributo del concorrente esterno deve essere concreto, effettivo e rilevante, il quesito giuridico è: ‘Come è possibile un contributo concreto effettivo e rilevante a una estorsione, che però sia qualcosa di meno del concorso in estorsione?’.E poi rincara la dose: “La sentenza nelle poche pagine cruciali in cui tratta del concorso esterno dell’imputato non cita neppure una – ripeto una – sentenza. Eppure il concorso esterno ha vissuto stagioni climatiche estreme nella giurisprudenza. Si potevano citare almeno le SS.UU. Mannino”.

Ebbene basta fare un semplice ‘trova’ con il comando del computer per scoprire che la sentenza Mannino è citata per sei volte in tre punti diversi della sentenza di appello della Corte di Palermo. In due punti della sentenza (a pagina 81-82 e 106) la “Mannino” è citata quando si riportano le tesi della difesa del senatore a favore di Dell’Utri. Ma a pagina 260 si invoca il criterio più rigoroso richiesto dalle Sezioni Unite contro Dell’Utri proprio per motivare la condanna a suo carico: “Si trascura di considerare infatti che la condotta di Marcello Dell’Utri è risultata decisiva nell’apportare consapevolmente all’organizzazione mafiosa un contributo al suo rafforzamento avendo consentito a Vittorio Mangano e quindi a Cosa nostra di avvicinarsi a Silvio Berlusconi avviando un rapporto parassitario protrattosi per quasi due decenni. Anche con la sentenza n. 33748 del 12 luglio-20 settembre 2005 (ric. Mannino) le Sezioni Unite hanno ribadito il principio giurisprudenziale, già espresso con le sentenze Demitry (Sez. Un., 5/10/1994), Mannino (Sez. Un., 261 27/9/1995 in sede cautelare) e Carnevale (Sez. Un., 30/10/2002), secondo cui per il delitto di associazione di tipo mafioso di cui all’art. 416 bis c.p. è configurabile il concorso esterno”.

La sentenza di appello poi prosegue analizzando l’elemento del dolo, cioè la consapevolezza di Dell’Utri di apportare un vantaggio a Cosa Nostra con il suo comportamento, svolgendo esattamente il ragionamento che il sostituto Iacoviello sostiene che la Corte non abbia fatto in sentenza. Probabilmente il pg non ha letto attentamente la sentenza che avrebbe dovuto difendere se solo avesse svolto in modo tradizionale il suo mestiere di pubblico accusatore, senza ergersi a giudice dei giudici e senza mimetizzarsi da avvocato degli avvocati. Solo così si spiega quello che si legge nelle sue note seguenti:

Qui la sentenza ha fatto un’applicazione rigorosa di uno dei fondamentali criteri dell’ars disputandi: non fare citazioni imbarazzanti.

3) Infine la terza inesattezza del pg riguarda un principio giuridico. Scrive Iacoviello: “Si sarebbe dovuto affrontare un tema preliminare e cruciale: il concorso esterno è ammissibile anche per il 416 c.p. (cioè l’associazione a delinquere semplice, ndr)? Gli effetti sarebbero devastanti”. Ancora più devastante per Iacoviello è però la lettura del saggio del professore dell’università di Palermo Costantino Visconti pubblicato sulla solita rivista on line Diritto Penale Contemporaneo. Visconti cita la sentenza della Cassazione del 24 gennaio 1994 contro Silveira che “riguarda l’applicazione del concorso di persone al reato associativo semplice” e chiosa “sbaglia dunque il pg Iacoviello a sostenere che nessuno aveva mai parlato di un’ipotesi del genere”.

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