mercoledì 28 marzo 2012

Truffe, mazzette e appalti: nuovi guai per Alemanno. - di Rita di Giovacchino e Silvia D’Onghia



Quattro arresti per il flop dei punti verdi qualità: mutui facili per cantieri mai terminati. Mentre i fondi per la lotta contro le tossicodipendenze sono finiti agli amici del sindaco.


Mazzette e Parentopoli: nulla di nuovo nella gestione che, da quattro anni a questa parte, il sindaco di Roma fa della cosa pubblica. Solo che ogni giorno il pozzo diventa sempre più fondo.

C’è un’inchiesta ancora all’inizio: il flop dei Punti verdi qualità, progetto che risale a Rutelli e Veltroni, poi affidato alla gestione del capo della segreteria Antonio Lucarelli che oggi giura di non occuparsene più. Tutto ruota attorno allo sviluppo di aree verdi cittadine, dotate di attrezzature sportive, affondato nel pantano di lavori non ultimati e in una truffa culminata ieri con l’arresto di due noti imprenditori e due architetti in servizio presso Roma Capitale. I due imprenditori, Marco Bernardini e Massimo Dolce, sono amministratori della Maspen Center Sport srl, società concessionaria per la realizzazione del “Parco Spinaceto”. Gli architetti sono invece Stefano Volpe e Annamaria Parisi, marito e moglie, e lavorano presso l’ufficio tecnico del Comune. La Finanza ha eseguito 25 perquisizioni in uffici e case di una dozzina di indagati. La truffa nel 2011 è già costata alla giunta capitolina almeno 11 milioni di euro, sborsati per coprire mutui agevolati, concessi dal Credito cooperativo, grazie a fideiussioni garantite dal Comune che si ritrova proprietario di cantieri abbandonati, e titolare di mutui non pagati dagli imprenditori che ne avevano beneficiato al solo scopo di entrare in possesso dei sostanziosi anticipi. Tra i reati contestati la truffa aggravata, il falso ideologico e materiale e la corruzione. A dare avvio all’inchiesta sono state le denunce presentate dall’architetto Annunziato Seminara, titolare della Euroimpresa, e dall’imprenditore Sergio Cerqueti, titolare della Tecma, improvvisamente accortisi che ingenti somme di denaro venivano movimentate a loro insaputa sui conti correnti aziendali. Somme corrisposte dal Credito Cooperativo, a titolo di mutuo per i lavori del Parco Spinaceto, che Dolce e Bernardini intendevano così distrarre dalla loro destinazione.

A pagare anche Lucia Mokbel, sorella del più famoso Gennaro, tuttora agli arresti per la truffa Fastweb e Telecom Sparkle. L’imprenditrice, nota dai tempi del sequestro Moro per aver segnalato il covo di via Gradoli, è interessata all’area di parco Feronia. Dalle 60 pagine dell’ordinanza emerge che Bernardini e Dolce “per sbloccare il pagamento abbiano fatto una lettera di diffida al Credito Cooperativo e pressioni nei confronti dell’assessore all’Ambiente Marco Visconti ottenendo l’interessamento del vice sindaco Sveva Belviso” di modo che “nonostante le problematiche intercorse il Comune di Roma nella persona di Fabio Tancredi ha ribadito il suo nulla osta per il pagamento del secondo stralcio”. Da una telefonata fra Dolce e Volpe emerge la prova del sistema corruttivo: il Dolce avvisa Volpe della cattiva fama che lo circonda quale soggetto che fa “macheggi” e che “pia ’ sordi”. C’era stata anche un’interrogazione al sindaco sulla Belviso, cui era seguita una secca smentita: “Il marito del vice sindacononconoscenétantomenoharapporti lavorativi con gli imprenditori di Spinaceto”.


Mazzette da un lato, parenti e amici dall’altro. Anche sulla pelle delle persone. In questo caso, dei tossicodipendenti. I bandi 2011 per l’erogazione di servizi e di prevenzione, infatti, se li sono aggiudicati – salvo sorprese della giustizia amministrativa – enti che per la maggior parte fanno capo a un gruppo romano di tutto rispetto: le famiglie RampelliMarsilio e l’ex ministro della Gioventù, Giorgia Meloni. Stiamo parlando di una cifra importante, 2 milioni e mezzo di euro. A denunciare lo scandalo sono gli enti esclusi da quei bandi, gli stessi che hanno gestito per quasi vent’anni il settore tossicodipendenze. Il Coordinamento nazionale comunità accoglienza Lazio e il Roma Social Forum hanno presentato un dossier che fa le pulci ai bandi pubblici. Tutto comincia, dicono, con la nomina a presidente dell’Agenzia comunale per le tossicodipendenze di Massimo Canu, psicologo cresciuto nelle file del Modavi (Movimento delle associazioni di volontariato italiano, protezione civile e servizi sociali). Un mondo fondato – tra gli altri – dallo stesso Alemanno e intorno al quale ruotano Fabio Rampelli, la sorella Elisabetta (avvocato, è nel comitato scientifico, così come il marito Loris Facchinetti) e Giorgia Meloni (il suo capo dipartimento viene dal Modavi). Anche la moglie di Canu, Maria Teresa Bellucci, ha la stessa provenienza: prima braccio destro di Laura Marsilio, ex assessore capitolino alla Scuola e sorella del deputato Marco, poi dirigente presso l’assessorato alla Famiglia, dal quale dipende l’Act. Attraverso i bandi 2011, cui ha partecipato in partnership con altre associazioni, il Modavi riceverà 350 mila euro. E questo nonostante sia cambiato, nel frattempo, il direttore dell’Agenzia.

Oltre 76 mila euro sono andati, per un progetto di prevenzione, alla Asi Ciao (Alleanza sociale italiana Coordinamento imprese sociali, associazioni, organizzazioni non profit). Un ente di promozione sociale e culturale che ha ricevuto in passato (dalla Marsilio) 45 mila euro per il Carnevale in tre municipi e 265 mila euro (dalla Meloni) per la sicurezza stradale. Sempre all’ex ministro fa capo la cooperativa sociale Integra, il cui amministratore unico, Juri Morico, vanta un passato in Azione Studentesca. Integra andrà a gestire (per 716 mila euro) la Comunità Città della Pieve. Come è stata possibile questa virata? La maggior parte dei soldi, lamentano le associazioni escluse, vanno ai progetti di prevenzione e non ai servizi. Il che andrebbe bene, se non fosse, per esempio, che sono stati finanziati con 100 mila euro 5 progetti per la “prevenzione in età prescolare”. Come insegnare ai bambini di tre anni a non bucarsi.


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Stretta "parentela" tra Luna e Terra.




Molti materiali di origine terrestre nella composizione del nostro satellite.

MILANO
Uno studio dell’università di Chicago pubblicato su Nature Geoscience ha rivelato una “parentela” tra Luna e Terra molto più stretta di quanto si pensasse fino ad oggi. Gran parte dei materiali che costituiscono la luna sarebbe infatti di origine terrestre, e sarebbe stata strappata dalla Terra ancora “bambina”.

Come in un test del Dna per corpi celesti, i ricercatori guidati da Junjun Zhang hanno messo a confronto le diverse forme assunte dagli atomi di titanio (ovvero gli isotopi) sulla Terra e sulla Luna. Hanno così scoperto che, da questo punto di vista, i due corpi celesti sarebbero quasi “gemelli”: il rapporto fra i vari isotopi del titanio presenti sulla Terra è infatti praticamente identico a quello lunare.

Quello che apparentemente potrebbe sembrare una cosa di poco conto, rischia in realtà di riscrivere almeno in parte la storia della nascita della Luna. La teoria più accreditata, quella del cosiddetto “impatto gigante”, vorrebbe il nostro satellite nato da un grande scontro avvenuto 4,5 miliardi di anni fa tra la Terra ancora bambina e un corpo celeste delle dimensioni di Marte chiamato Theia.

Le simulazioni di questo impatto hanno finora dimostrato più volte che dal mantello della Terra primordiale sarebbe derivato non più del 60% del materiale che avrebbe poi formato la Luna: la parte restante sarebbe arrivata invece da questo misterioso Theia che, secondo l’ipotesi più diffusa, avrebbe dovuto avere una composizione chimica diversa da quella del mantello terrestre. Questo nuovo studio dimostra invece che questa ipotetica “impronta” chimica lasciata da Theia non sarebbe rilevabile, lasciando agli astronomi ancora un difficile rompicapo da risolvere.

«Non stupisce che oggi si discuta ancora della formazione della Luna, perché negli anni si sono susseguite molte ipotesi che poi, alla prova dei fatti, sono tramontate», commenta Gianluca Masi, curatore scientifico del Planetario di Roma e responsabile del Virtual Telescope.

«Inizialmente abbiamo avuto la teoria della fissione, che voleva la Luna come una “costola” distaccata della Terra, poi quella della cattura, secondo cui la Luna sarebbe stata un corpo di passaggio catturato dalla forza di gravità terrestre, e ancora la teoria dell’accrescimento, secondo cui Terra e la Luna si sarebbero formate assieme nello stesso periodo. Al momento - aggiunge l’esperto - la teoria dell’impatto è quella più credibile, l’unica a giustificare l’età della Luna (più giovane della Terra) e la particolare inclinazione della sua orbita. La “ricetta” è ancora quella giusta - conclude Masi - bisogna solo capire la giusta quantità degli ingredienti».


Concorso esterno in associazione mafiosa, giudizio abbreviato per l’ex ministro Romano.



Il gip di Palermo Fernando Sestito ha accolto la richiesta dei legali del leader del Pid ed ex Udc, che spiega: "Temevo i tempi lunghi del processo". Secondo l'accusa, il titolare dell'Agricoltura nell'ultimo governo Berlusconi avrebbe intrattenuto rapporti con uomini di Cosa nostra "anche a fini di sostegno elettorale".



L'ex ministro Saverio Romano
Sarà in rito abbreviato il processo per concorso esterno in associazione mafiosa contro Saverio Romano. Il Gup di Palermo Fernando Sestitoha accolto la richiesta della difesa dell’ex ministro delle Politiche agricole, ex Udc e leader dei Popolari di Italia domani.

La decisione è stata presa dal giudice durante l’udienza preliminare. L’accusa, rappresentata dal procuratore aggiunto Ignazio De Franciscie dal pm Nino Di Matteo, ha preso atto. Ora il gip deve decidere le date per il giudizio abbreviato.

In aula, l’ex ministro Romano ha reso dichiarazioni spontanee: “Mi fido del fascicolo del pm, che per due volte ha chiesto l’archiviazione. Non c’è ragione per cui io non debba avere una sentenza rapida”. Romano ha chiesto che le udienze del processo con il rito abbreviato, che solitamente si celebrano a porte chiuse, si facciano aperte al pubblico “per il ruolo pubblico che rivesto”. Prima dell’udienza, Romano aveva spiegato ai giornalisti di temere i tempi lunghi del dibattimento ordinario, “dopo dieci anni di indagini e due richieste di archiviazione fatte dalla Procura”.

Secondo l’accusa Romano, “nella sua veste di esponente politico di spicco, prima della Dc e poi del Ccd e Cdu e, dopo il 13 maggio 2001, di parlamentare nazionale – si legge nella richiesta di rinvio a giudizio di Di Matteo e De Francisci – avrebbe consapevolmente e fattivamente contribuito al sostegno ed al rafforzamento dell’associazione mafiosa, intrattenendo, anche alla fine dell’acquisizione del sostegno elettorale, rapporti diretti o mediati con numerosi esponenti di spicco dell’organizzazione tra i quali Angelo SiinoGiuseppe GuttadauroDomenico Miceli,Antonino Mandalà e Francesco Campanella”.

I legali di Romano, Raffaele Bonsignore e Franco Inzerillo hanno presentato diversi documenti e articoli di giornali con le dichiarazioni rese dal collaboratore di giustizia Francesco Campanella“già a partire dal 2005″. Secondo i difensori questo dimostrerebbe che quanto detto recentemente da un nuovo collaboratore, Stefano Lo Verso, che accusa Saverio Romano, “era risaputo”. I legali hanno poi prodotto una sentenza emessa dalla Corte d’Appello di Palermo che ha dichiarato inattendibile Campanella.

Saverio Romano è coinvolto in un’altra inchiesta palermitana, che lo vede accusato di corruzione con l’aggravante mafiosa.

Fondi destinati ai ricercatori, il Pd (e il ministro Profumo) cancellano il merito



Finora il dieci per cento dei soldi destinati alla ricerca veniva gestito con un metodo virtuoso: la "peer review" con cui i progetti dei giovani scienziati venivano valutati separatamente “tra pari”, non dalle commissioni ministeriali ma da un comitato misto di italiani e stranieri sempre sotto i 40 anni. Ora però nel decreto Semplificazioni c’è una norma che prevede l’abolizione del sistema. E il partito democratico, tranne Ignazio Marino e Marilena Adamo, ha bocciato la proposta di revisione.


Il dieci per cento dei fondi nazionali destinati alla ricerca fino a ieri finivano nelle tasche dei giovani ricercatori con un metodo diffusissimo nei paesi anglosassoni: la peer review. La regola, introdotta nel 2007 dal governo Prodi, grazie all’impegno congiunto del premio nobel Rita Levi Montalcini e il senatore Ignazio Marino, stabiliva che i progetti dei giovani scienziati sotto i 40 anni venissero valutati separatamente “tra pari”, non dalle commissioni ministeriali ma da un comitato formato per metà da ricercatori italiani e metà stranieri sempre sotto i 40 anni. Una novità assoluta per il panorama italiano, che ha permesso di assegnare oltre cento finanziamenti da mezzo milione di euro. Ma in futuro non ci sarà più.

Perché nel decreto Semplificazioni c’è una norma che prevede l’abolizione del sistema. Secondo il ministro dell’Istruzione, Francesco Profumo, il meccanismo andava ripensato per le difficoltà di formare le commissioni, soprattutto con membri stranieri. “Nessuna difficoltà – spiega Anna Ipata, ricercatrice alla Columbia University di New York e revisore lo scorso anno per i fondi del ministero della Salute – secondo me, e tutte le persone arrivate dall’estero come me con cui ho avuto occasione di parlare, era davvero l’occasione per migliorare l’assegnazione dei fondi, basandosi finalmente sui criteri come quelli usati anche qui negli Stati Uniti. Abbiamo lavorato giorno e notte. Tra l’altro, per risparmiare soldi, era stato deciso che da quest’anno la revisione sarebbe avvenuta direttamente in video conferenza dai paesi dove lavoriamo. Davvero non capisco come sia possibile che si faccia di nuovo un passo indietro”. Non lo sapeva nemmeno il ministro per la Pubblica amministrazione, Filippo Patroni Griffi, come la norma per la cancellazione fosse finita lì, ma si era impegnato ad approfondire l’argomento.

Eppure ieri è stato lo stesso Pd a bocciare la proposta di revisione, condivisa anche dal Pdl, in Commissione Affari costituzionali al Senato. Marino e Montalcini avevano presentato infatti un emendamento che abrogava l’articolo del decreto, facendo così rivivere la loro norma. Ma in Commissione è intervenuto il ministro dell’Istruzione e dell’Università, Francesco Profumo, che ha espresso la contrarietà del governo. L’emendamento è così stato bocciato per 9 voti a 7. Paradossalmente contro l’emendamento di Marino ha votato il Pd (tranne Marilena Adamo e lo stesso Marino), a favore la Lega, il Pdl e Idv.

Profumo, trincerandosi dietro la difficoltà di reclutare i reviewers all’estero – lasciando quindi intuire da dove venisse una proposta di abolizione – ha preannunciato un disegno di legge del governo, “di pochi articoli”, che riproporrà una norma simile ma più applicabile. In realtà i revisori venivano reclutati grazie ad associazioni di scienziati italiani all’estero come l’Issnaf, le valutazioni fatte prima online, poi scelti 15 reviewers per ogni disciplina che in una “study session” stilavano una classifica dei circa 1500 progetti rimasti in corsa. Ora, ha spiegato Marino, “i fondi torneranno ad essere gestiti dai ‘ baroni’ e dai burocrati del ministero”.

Per i parlamentari del Pdl Giuseppe Ferruccio Saro, Nitto Palma, Carlo Sarro e il senatore Maurizio Saia di Coesione nazionale “sono state tradite le aspettative dei giovani ricercatori. La condivisione dell’emendamento Marino sul ripristino di una quota di finanziamenti riservata ai progetti di giovani ricercatori era una decisione coerente anche con la salvaguardia dei principi della riforma universitaria voluta dal ministro Moratti, improntata ai principi di trasparenza e di effettiva valorizzazione del merito. Ci auguriamo – hanno concluso i senatori – che in questa fu-tura occasione il Pd assuma una linea davvero coerente con la tanto proclamata volontà di sostenere i giovani nel mondo della ricerca scientifica ed universitaria”. Pd e Profumo permettendo.

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