domenica 26 agosto 2012

Guardia giurata uccide ladro di merendine. - Rinaldo Frignani


L'omicidio nell'ospedale di Anzio. Il vigilante ha sorpreso un 48enne vicino al distributore: «Colpi partiti per sbaglio».

I distributori davanti ai quali il vigilante ha visto il 48enne (Proto)I distributori davanti ai quali il vigilante ha visto il 48enne (Proto)
ROMA - Ancora spari e morti alle porte di Roma. Venerdì notte una guardia giurata di 45 anni ha sorpreso un 48enne vicino ai distributori di bevande e merendine nel padiglione Faina dell'ospedale di Anzio. Dalla sua pistola sono partiti due colpi che hanno ucciso il presunto ladro. L'agente, che lavora all'interno dell'ospedale, è stato arrestato su ordine della procura di Velletri. La polizia ha sequestrato la pistola mentre sabato mattina il pm di turno ha eseguito un sopralluogo nell'ospedale.
Anzio, vigilante uccide il ladro di merendineAnzio, vigilante uccide il ladro di merendine    Anzio, vigilante uccide il ladro di merendine    Anzio, vigilante uccide il ladro di merendine    Anzio, vigilante uccide il ladro di merendine    Anzio, vigilante uccide il ladro di merendine
Le macchie di sangue sul muretto (Proto)Le macchie di sangue sul muretto (Proto)
«PER SBAGLIO» - Il vigilante avrebbe riferito, in un primo momento, che i colpi sarebbero partiti per sbaglio. Per il 48enne non c'e' stato niente da fare nonostante i soccorsi immediati dei medici. Gli investigatori indagano per chiarire la dinamica dei fatti e trovare riscontri alla versione della guardia.

GLI SPARI E LA FUGA 
- Sul retro del reparto sono state trovate evidenti tracce di sangue, in particolare su un muretto e su un'inferriata che dividono l'ospedale dalla strada. Secondo una prima ricostruzione, dopo essere stato ferito, il 48enne è riuscito comunque a fuggire e a scavalcare il muro, ma poi ha percorso solo poche decine di metri prima di accasciarsi al primo incrocio vicino ad un semaforo. Non è 
ancora chiaro come la vittima fosse riuscita ad entrare negli ambulatori che di notte sono chiusi ed allarmati. Ma è stato proprio l'impianto di allarme, scattato poco dopo mezzanotte, a segnalare la presenza di un intruso in ospedale: la guardia giurata, sposata con figli, si è precipitata nel reparto dove ha sorpreso il 48enne.

Monti, l’agenda del governo e i 12 miliardi di euro da trovare per la crescita. - Marco Palombi




La recessione più dura del previsto, lo stato del debito pubblico e gli interessi sui titoli rischiano di far peggiorare il rapporto tra deficit e pil. Allontanando le promesse dell'esecutivo - taglio delle tasse, cuneo fiscale, piano giovani, agenda digitale - e avvicinando la necessità di completare con urgenza la spending review.

Pronti a tagliare l’Irpef. Anzi no, abbasseremo le tasse sul lavoro. Poi facciamo il piano per i giovani con un po’ di soldi pure le coppie (sempre giovani, va da sé) e quello per gli aeroporti e un altro per le infrastrutture che genera 80 miliardi di investimenti dice il ministero dello Sviluppo. Finito? Macché. Ci sono l’Agenda digitale che sta sempre per arrivare (d’altronde c’è già la cabina di regia, come potrebbe non essere fatta) e gli incentivi per le start up. E poi fondi per i poveri, riqualificazione delle città, efficienza energetica e via spendendo. Il governo agostano è pieno di promesse e progetti faraonici, per cui servirebbero, a spanne, qualche decina di miliardi di euro.
Purtroppo al Tesoro non piacciono nemmeno le promesse da marinaio e dalle parti di Vittorio Grilli hanno messo subito a verbale un lapidario: “Non c’è un euro”. Incidentalmente si potrebbe notare che il ministro che fu voluto a via XX Settembre da Giulio Tremonti ormai ha assunto in questo esecutivo il ruolo del suo mentore nel precedente: dire di no ai colleghi. D’altronde, come vedremo, effettivamente, “non c’è un euro”. Le ragioni sono diverse, ma si riconducono ad una sola: le difficoltà a cui va incontro la nostra economia dentro la moneta unica sono rese quasi insormontabili dalle politiche recessive imposte all’Europa mediterranea dal Fiscal compact.
Risultato: i conti pubblici italiani non sono affatto “in ordine”. Ecco alcuni numeri. 
Le previsioni. Secondo i numeri scritti dal governo nel Documento di economia e finanza (Def), il rapporto deficit/Pil sarà all’1,7% quest’anno e allo 0,5% nel 2013, che – tradotto per il ciclo: cioè tenendo conto di congiuntura economica e tendenza – vuol dire deficit zero. Mission accomplished. Per ottenere questo risultato, però, il governo ha dovuto stabilire anche quale sarebbe stato il livello del Prodotto interno lordo: secondo Monti, il Pil italiano diminuirà dell’1,2% quest’anno per tornare a crescere, anche se di poco, l’anno prossimo (+0,5%). Se cambia uno dei due numeri, cambia tutto e qui rischiano di cambiare tutti e due. Perché? Semplice.
La recessione. L’economia italiana è in stato di glaciazione, tutte le previsioni di questi mesi prevedono un andamento negativo assai peggiore di quello scritto nel Def dall’attuale esecutivo. Bankitalia stima un prudente -2%, il Fondo monetario internazionale sostiene che cadremo del 2,3%, il tendenziale di Eurostat dopo i primi due trimestri dice -2,5%, altri come l’ex ministro Tremonti sostengono che si arriverà almeno al -3%. Lo stesso Vittorio Grilli, pudicamente, ha sospirato “io direi un po’ meno del 2%”, il che significa che il governo dovrà correggere le sue previsioni nella legge di Stabilità ad ottobre. Gli effetti. Poniamo che il Pil cali alla fine del 2,2%, un punto in più di quanto scritto dal governo, una stima assolutamente prudenziale: in questo caso non solo diminuisce il denominatore (il Pil), peggiorando dunque il rapporto, ma peggiora anche il numeratore (deficit) visto che meno ricchezza vuol dire meno entrate per lo Stato. In genere si calcola che ogni punto di prodotto interno perso si traduca in un peggioramento di mezzo punto nel rapporto deficit/Pil: vuol dire che nel 2013, sempre che cresciamo davvero dello 0,5% come crede Mario Monti, saremo all’1% di disavanzo tondo anziché allo 0,5.
Gli effetti degli effetti. Volendo intervenire per correggere questi squilibri, i tecnici dovrebbero dunque trovare per strada poco meno di otto miliardi dal lato della spesa pubblica o un po’ di più se volessero aumentare le tasse (perché andrebbero scontati gli effetti recessivi di questo tipo di intervento). Per di più, qui una quantificazione è più difficile, va ricordato che una recessione economica comporta anche maggiori esborsi in strumenti di sostegno al reddito come la cassa integrazione e simili. Non a caso quando la Germania fece le famose riforme, espulse dal lavoro alcuni milioni di persone e sforò per prima il vincolo del 3% nel rapporto deficit/Pil proprio per pagare i sussidi.
L’Iva. Parecchi se ne dimenticano, ma se il governo non trova sei miliardi nella prossima manovra, a giugno prossimo l’imposta sul valore aggiunto aumenterà di un punto sulle due aliquote principali (10 e 21%).
Il debito. Il rendimento dei titoli di stato – contrariamente a quanto pensava Monti quando si presentava con le tabelle della caduta dello spread alle conferenze stampa – per i decennali è stabilmente vicino al 6%, mentre per quelli a breve termine è effettivamente migliorato rispetto ai tempi bui del novembre 2011. Le previsioni sul servizio del debito (sostanzialmente quanto paghiamo di interessi) dicono 85 miliardi: le aveva fatte Giulio Tremonti a settembre, Monti azzardò un 94 miliardi a dicembre, ma alla fine andrà come aveva sostenuto il primo. Senza risparmi apprezzabili per il bilancio pubblico, comunque.
Riassumendo. Prima di tagliare le tasse, rifare il sistema infrastrutturale e distribuire soldi agli affamati, Monti e soci devono trovare 12-15 miliardi, all’ingrosso un punto di Pil, da destinare al mancato aumento dell’Iva di giugno e alla sterilizzazione degli effetti della recessione sui conti pubblici. Più che alla crescita, insomma, il governo dovrà dedicarsi alla seconda fase della spending review per portare i risparmi dalla carta alla realtà.
da Il Fatto Quotidiano del 25 agosto 2012

E’ morto Neil Armstrong, il primo uomo ad andare sulla Luna.


neil armstrong interna nuova


Aveva 82 anni. Al momento dello sbarco il 20 luglio del 1969 disse: "E' un piccolo passo per un uomo, un balzo da gigante per l’umanita". Comandante della missione Apollo 11, aveva subito un intervento chirurgico di quadruplo bypass coronarico lo scorso 7 agosto.

Per lui lo sbarco era stato “un piccolo passo per un uomo e un balzo da gigante per l’umanita”. A 43 anni dalla missione Apollo 11, è scomparso all’età di 82 anni Neil Armstrong, l’astronauta che il 20 luglio del 1969 mise piede per primo sulla Luna. E’ morto a 18 giorni da un intervento chirurgico di quadruplo bypass coronarico a cui si era sottoposto lo scorso 7 agosto, due giorni dopo il suo compleanno. Alla vigilia dell’operazione, un esame medico aveva rivelato la parziale occlusione nelle arterie che portano il sangue il cuore.
“Se la missione chiamata Apollo 11 avrà successo, l’uomo realizzerà il sogno, inseguito a lungo, di camminare su un altro corpo celeste”, aveva detto la Nasa nel ’69 per introdurre la prima missione spaziale che avrebbe portato l’uomo sulla Luna. L’aveva presentata ai giornalisti arrivati a Cape Canaveral (Florida) per seguire il lancio del Saturno V che portava nello spazio Armstrong, il comandante della missione, il pilota del modulo di comando Michael Collins e il pilota del modulo lunare, Edwin Aldrin, più noto come Buzz. Armstrong e Aldrin erano gli astronauti destinati a camminare sulla Luna. Con i suoi 110 metri di altezza, un diametro di dieci metri e pesante oltre 2.000 tonnellate, il Saturno V era un gigante silenzioso sulla rampa di lancio 39A del Kennedy Space Center; la navetta Apollo con i tre uomini era rannicchiata sulla sommità.
Era il simbolo di un’America decisa ad accaparrarsi il primato più importante della sua più che decennale corsa allo spazio contro l’Unione Sovietica. Nel 1957 l’Urss aveva stupito il mondo con il “bip” del primo satellite artificiale, lo Sputnik, l’anno successivo aveva spedito il primo essere vivente nello spazio, con la cagnetta Laika a bordo dello Sputnik 2. Ed erano sovietiche anche le sonde Luna lanciate a partire dal 1959 per studiare la superficie della Luna e il suo lato nascosto. IlSaturno V, con la navetta Apollo e il suo equipaggio, vennero lanciati in perfetto orario mercoledì 16 luglio 1969 e arrivarono nell’orbita lunare sabato 19 luglio. Domenica 20, mentre Collins restava sul modulo di comando, chiamato Columbia, Armstrong e Aldrin entravano nel modulo lunare, chiamato Aquila.
Alla 13esima orbita lunare i due moduli si separarono e Aquila accese i motori per cominciare la discesa. In tutto il mondo oltre 500 milioni di persone seguivano dalle tv ogni fase della missione col fiato sospeso. Mentre il modulo Aquila sorvolava la zona rocciosa del Mare della Tranquillità, Armstrong decise di passare ai comandi manuali e alle 22.17 (ora italiana) comunicò al centro di controllo: “Aquila è atterrata”. Poi il comandante rinunciò alle quattro ore di riposo previste, aprì il portello e scese dalla scaletta. Arrivato all’ultimo gradino disse: “E’ un piccolo passo per un uomo, un balzo da gigante per l’umanità”. A distanza di 18 minuti scese Aldrin. “Quell’esperienza è stata così breve e abbiamo lavorato a un ritmo così serrato che quasi tutti i miei ricordi li devo alle foto e ai video”, dirà Aldrin a distanza di molti anni da quell’esperienza unica.
Nelle due ore e mezza trascorse sulla Luna i due astronauti lavorarono per raccogliere 22 chilogrammi di rocce lunari, ma sono indimenticabili le immagini delle prove che i due, protetti dalle immense tute bianche e dai caschi, facevano per scoprire l’andatura ideale per spostarsi sul suolo lunare: piccoli passi, brevi corse, saltelli. Poi alzarono la bandiera americana, tenuta dispiegata da un’asta orizzontale, e lasciarono sul suolo lunare la targa con le tre firme dell’equipaggio e quella dell’allora presidente Richard Nixon: “Qui nel luglio 1969 misero per la prima volta piede sulla Luna uomini venuti dal pianeta Terra. Siamo venuti in pace per l’intera umanità”.

Dirigente Rai cade in bici, risarcito con 500mila euro. Ma continua a pedalare. - Carlo Tecce


comanducci interna nuova

Gianfranco Comanducci, che a viale Mazzini tratta i contratti con le assicurazioni, a seguito dell'incidente riscuote la cifra. Eppure qualche giorno fa, scrive il Messaggero, "sulle strade dell’Argentario e in Costa Smeralda il vicedirettore generale pedalava senza sosta".

Gianfranco Comanducci, compagno di calcetto di Cesare Previti al Circolo Canottieri Lazio, pedalava già con la squadra Rai di Letizia Moratti presidente. Tirava le fughe. E così bene che i berlusconiani l’hanno spinto quasi sino al gradino più alto: vicedirettore generale di viale Mazzini con delega ai servizi di funzionamento.
Però, Comanducci pedala davvero. È un “ciclista straordinario”, tanto per citare le modeste cronache romane. Anche un ciclista di professione può cadere a villa Borghese e alzarsi un po’ malconcio: per esempio, con una frattura a una clavicola. E poi che fa, il ciclista? Per lavoro, tratta i contratti con le assicurazioni; per il ruolo che ricopre, beneficia di polizze molto gustose. E dunque, l’anno scorso, Comanducci chiese un risarcimento. Qui potete persino avere un moto di umana compassione. Al dirigente di viale Mazzini certificano un’invalidità permanente di un certo rilievo. Qualche mese fa, il nostro sportivo incassa una liquidazione di 500mila euro. Una cifra spropositata per l’infortunio in bicicletta tra i prati romani che sormontano piazza del Popolo. Ora direte che il mezzo milione di euro può alleviare il trauma di un ciclista costretto a parcheggiare la bicicletta per sempre. E che questo racconto spigoloso potrebbe ispirare il regista di Forrest Gump. Non temete, non piangete.
Pagine “Giorno e Notte”, il Messaggero (edizione di Roma) del 22 agosto 2012: “Sulle strade dell’Argentario prima e nei giorni scorsi in Costa Smeralda, per quasi tre ore al giorno, il vicedirettore generale Comanducci pedalava senza sosta. A Porto Ercole condivide la passione per la bici con un altro grande sportivo come Matteo Marzotto. Entrambi molto allenati, si possono permettere il lusso di farsi accompagnare nelle loro uscite in Maremma da un campione come l’ex ciclista Max Lelli”. Qualcosa non torna. L’omonimo di Comanducci pedala per tre ore senza sosta? È un atleta molto allenato? Sfida un ex ciclista in Maremma, un tipo tosto che s’è fatto 14 Tour de France? Speriamo per Comanducci che non sia lo stesso Comanducci. Tanto per capire, proviamo a contattare il vicedirettore generale che, direttamente al telefono e tramite l’ufficio stampa, non smentisce e non commenta: “Privacy”.
Ora dimenticate il Comanducci ciclista e pensate al Comanducci dirigente. Quasi contemporanemente al premio bonificato da Fondiaria, la stessa compagnia disdice unilateralmente il contratto con viale Mazzini. E Comanducci, versione vicedirettore generale, deve trovare un’assicurazione per garantire le dovute coperture ai dirigenti Rai, che ricevono trattamenti ben diversi dei dipendenti o dei giornalisti. Il giochino costa a viale Mazzini il 30 per cento in più, visti i precedenti (e i casi stile Comanducci), la nuova compagnia aumenta il prezzo. Interpellato anche per chiarire questa curiosa coincidenza, l’ufficio stampa Rai fa sapere: “Come si può verificare dal bando di gara, l’andamento del rapporto premi-sinistri degli ultimi anni è stato sfavorevole per la compagnia di assicurazione”. Quanti Comanducci ci sono in Rai? Oltre il Comanducci che s’aggira per l’Argentario e la Maremma con un’invalidità permanente?
da Il Fatto Quotidiano del 25 agosto 2012

Il figlio di un capo mafia canadese sepolto in una bara d'oro.

Necrofori portano l'urna contenente il corpo di Nick Rizzuto


Il figlio del boss mafioso più potente del Canada è stato sepolto in una bara d'oro.
Con una massiccia presenza della polizia il corpo di Nick Rizzuto, figlio del capo mafia di Montreal Rizzuto Vito, si è svolta per le strade della zona Little della città Italia ieri.
Nick, era in piedi accanto a una Mercedes nera Lunedi scorso quando un uomo armato gli si avvicinò e sparare diversi colpi in lui. E 'morto sul posto e l'assassino non è ancora stato catturato. (notizia del 5 gennaio 2010)


Read more: http://www.dailymail.co.uk/news/article-1240212/Son-Canadas-supreme-Mafia-boss-carried-funeral-golden-coffin.html#ixzz24dZ1o2Fp

L'arrestato risponde al "compagno vigile": "Ricostruzione falsa". - Vincenzo Morvillo



A Napoli un militante di Rifondazione viene fermato durante una festa. Protesta per i modi usati dai poliziotti. Sul manifesto glirisponde l'agente, che è l'ex segretario del Pdci. La loro storia è diventata un caso.

Caro compagno Perna,

innanzitutto, grazie per la tua risposta e per aver deciso, sebbene non te ne corresse l'obbligo, di non startene in disparte. Ciò premesso, però, devo dire che, se alcune delle tue affermazioni le contesto sul piano soggettivo della valutazione dell'accaduto, un'altra delle tue dichiarazioni invece ha un peso giuridico ed etico che non posso e non voglio lasciare correre.
Dunque, in primo luogo tu affermi che i tuoi colleghi giunti al locale - perché chiamati, e chi lo contesta? - avrebbero chiesto con cortesia e civiltà soltanto di abbassare il volume. Mi spiace ma, come ho già detto, sin da subito l'atteggiamento assunto è stato tutt'altro che cortese e volto ad una pacifica composizione. Sono giunti con arroganza e fare inquisitorio, tanto che tutti ci siamo agitati. Hanno accusato uno dei proprietari di aver bevuto troppo e ad un altro hanno puntato un dito in faccia con fare intimidatorio.
Ti chiedo: se uno non deve guidare, non sta molestando nessuno, sta facendo festa, è compito della polizia municipale andare a valutare il suo tasso alcolico? È stato questo il modo di fare dei tuoi colleghi, vestitisi d'autorità sin dall'inizio. Ed è quando ho notato quest'atteggiamento che ho cominciato a protestare. Vibratamente, certo, ma senza quella violenza di cui tu mi accusi! Inoltre, dovreste anche mettervi d'accordo: millantavo conoscenze in alto come hanno scritto a verbale gli agenti - avrei parlato del sindaco e addirittura del comandante del corpo di polizia municipale con cui addirittura avrei detto di essere andato a pranzo!!?? - o chiedevo di essere arrestato, come dici tu?
Parli poi di normale routine. Ma la routine della municipale, a Napoli, si è tradotta troppo spesso, negli ultimi tempi, in azioni non certo pacifiche: sgomberi, scontri con precari e disoccupati, schiaffi ai giornalisti, come fece il vostro ex comandante! Ti chiedo ancora: è legittimo preoccuparsi, considerando tali precedenti e visti anche i modi bruschi assunti - secondo me, è ovvio - dai tuoi colleghi? Se si fossero comportati - come si dice anche in un commento alla mia prima testimonianza pubblicato online - con quella preparazione volta a calmare gli animi e a comporre eventuali incipienti malumori, beh allora non credo sarebbe successo nulla! E invece, si sono posti come sceriffi!
Dici però - declinando le responsabilità, e questo mi sembra non proprio corretto da parte tua, che sei un compagno - che certi comportamenti «duri» sono da imputare a scelte politiche: devo rammentarti precedenti storici inquietanti in merito a questo tipo di autoassoluzione rispetto agli ordini eseguiti? Così come, da addebitare all'indolenza degli amministratori, sarebbe l'impossibilità di far compenetrare i diritti di chi voglia - sacrosantamente aggiungo io - dormire e chi invece voglia divertirsi. Chiami dunque in causa l'amministrazione? Benissimo! E allora è la politica che dovrebbe rispondere, sia di alcune gravi scelte da stato di polizia, sia di mancanze decennali, che rischiano di far sprofondare Napoli ancora più in basso, non promovendone certo l'immagine di città turistica! Su questo, caro Luigi, siamo perfettamente d'accordo!

Dici in più, che io mi sarei fermato a quello che rappresenta la «divisa» ai miei occhi. Scusa, ma questa è un'affermazione che sa di mania di persecuzione! Ho avuto a che fare altre volte con polizia e carabinieri, mi hanno chiesto i documenti, ma non ho certo protestato come quella sera. Sarei impazzito all'improvviso? E, lo ripeto per l'ennesima volta, stando all'esame alcolemico - cui mi sono sottoposto, dietro vostra richiesta, senza batter ciglio, ma che non citi, come non lo hanno citato i colleghi davanti al magistrato, e mi chiedo perché - ero lucido, presente a me stesso e collaborativo.
In fine, affermi che al comando ero agitato e pericoloso, per voi e per me. Sappiamo entrambi che non è vero. Io ho solo detto, più volte, di voler fare una telefonata al mio avvocato e voi non mi avete consentito di farla. Secondo regolamento, questo mi è chiaro. Ma chiedo: era proprio il caso di applicare alla lettera la norma vigente, visto che non di criminale incallito trattavasi, ma di persona sicuramente in aperta contestazione col vostro operato, ma pur sempre di cittadino senza precedenti, incensurato e fino a prova contraria di persona perbene? Mi resta la sgradevole, amara sensazione, che siate voluti essere impeccabili, sul piano formale della legge, nella situazione per voi più semplice da gestire, ma umanamente meno adeguata. Per il resto, comunque, al comando me ne sono stato tranquillo, seduto su una sedia o in piedi a passeggiare nel corridoio, non rappresentando con tale comportamento, credo, alcun pericolo, né per voi né per me. Lo so io e lo sai tu.
Questo, per quanto riguarda le valutazioni soggettive.
Ora, caro compagno, una sola domanda. Come tu stesso ammetti, non ho tirato a terra nessuno. Nel fascicolo che ho visionato l'altro ieri in tribunale, in presenza del mio avvocato, c'è però un referto di due vigili cui sono stati dati 5 giorni di prognosi ciascuno per lussazione, uno al ginocchio e l'altro alla spalla. Ed è anche in base a ciò che ho preso una condanna a sei mesi. Mentono gli integerrimi colleghi o tu non hai visto ciò che è accaduto? Mi spieghi questa gravissima discrepanza?
Sta di fatto che ho patteggiato, dandovi praticamente ragione. Sono una persona perbene, lo ripeto - non c'entra nulla l'esser giornalista o responsabile cultura di Rifondazione - e voi mi avete trattato alla stregua di un furfante. Un saluto.

LUCE NEL TUNNEL? SONO GLI INCENDI. - Valentino Parlato



Non solo il professor Monti, ma anche componenti del suo attuale governo dicono, e ripetono, di vedere una luce in fondo al tunnel. Ma di quale luce si tratta? A mio parere la luce che dicono di vedere è solo quella degli incendi che stanno distruggendo un po' di boschi. Un puro fraintendimento che, sempre a mio parere, rivela puri intenti propagandistici e ignoranza o silenzio sulla portata dell'attuale crisi che non è solo italiana, ma europea e mondiale. Come non tener conto che dopo gli incoraggiamenti (forse solo a fini speculativi) delle agenzie di rating è bastata una flessione della borsa di New York a provocare un ribasso di tutte le borse?
La crisi che ci sta macinando non è roba da congiuntura ed è difficile, assai difficile, avere politiche per fronteggiarla. Non dimentichiamo che la crisi del '29 (a mio parere meno grave di quella attuale) fu contrastata con il new deal di Roosevelt e poi risolta con la seconda guerra mondiale. Ma c'è un governo che abbia oggi la forza e il coraggio di tentare un new deal? La maggioranza dei paesi (Usa compresi) è semiparalizzata dal debito e, di conseguenza (come in Italia) predica e pratica l'austerità, cioè togliere sangue a un corpo soggetto a grave emorragia. Per altro verso nessuno oggi può avere la speranza di una guerra salvatrice, anche se un po' di guerre locali possono aiutare, se ben controllate. Ma con un mondo caldo come l'attuale, bisogna avere molta paura anche delle guerre locali.
Da chi governa, e anche dai partiti, che sono in prossimità di una difficile campagna elettorale, i cittadini dovrebbero pretendere una seria analisi della crisi attuale e delle sue dimensioni e radici. In Italia, ma non solo, la produttività è in calo da un bel po' di anni: per tutti la competizione è più aspra e nell'Eurolandia anche le svalutazioni competitive (l'Italia nel passato le ha utilizzate traendone vantaggio) sono impossibili.
Questa crisi è mondiale. Per il 2013 si annuncia recessione negli Stati uniti e anche la domanda cinese, che finora ha aiutato (soprattutto gli Usa, ma non solo) dà segni di rallentamento. Anche i Bric rallentano il passo. E poi, ancora, c'è il disastro della finanza che agisce su due fronti: fino a quando si può fare denaro con il denaro senza passare per la produzione di merci perché dovrebbe esserci una ripresa della produzione e dell'occupazione? E sempre sulla finanza, come sottovalutare gli effetti disastrosi delle grandi operazioni speculative che fanno saltare banche e imprese, con danno dei risparmiatori e dei lavoratori?
Insomma, smettiamola di raccontare che si vede la luce in fondo al tunnel. Il tunnel è assai oscuro e nessuno può dire quanto sia lungo.


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