SCANDICCI (FIRENZE) - "Si è tentato di mescolare" la mia richiesta di conflitto di attribuzione con "il travagliato percorso delle indagini giudiziarie", "insinuando nel modo più gratuito il sospetto di interferenze da parte della Presidenza della Repubblica". Lo ha detto Giorgio Napolitano in un discorso sulla giustizia.
Bisogna "collegare" l'autonomia e l'indipendenza della magistratura a "imperiose necessità di riforma e rinnovata efficienza del sistema giustizia".
Il conflitto di attribuzione presso la Consulta è stata "una decisione obbligata per chi abbia giurato davanti al Parlamento di osservare lealmente la Costituzione". Napolitano ha sottolineato che la sua decisione è stata ispirata "a trasparenza e coerenza".
COLPISCONO LEI PER COLPIRE ME - "L'affetto e la stima che le ho dimostrato in questi anni restano intangibili, neppure sfiorati dai tentativi di colpire lei per colpire me". Così il presidente della Repubblica Giorgio Napolitanosi rivolgeva al suo più stretto collaboratore, Loris D'Ambrosio, il 19 Giugno 2012. Era appena scoppiato il caso Mancino.
"Non ho mai esercitato pressioni o ingerenze che, anche minimamente potessero tendere a favorire il senatore Mancino". E' quanto aveva scritto a Napolitano il 18 giugno scorso il consigliere giuridico del Quirinale Loris D'Ambrosio.
"Le sue condotte sono state ineccepibili; e assolutamente obiettiva e puntuale è la sua denuncia dei comportamenti perversi e calunniosi - funzionali a un esercizio distorto del proprio ruolo - di quanti, magistrati giornalisti o politici, non esitano a prendere per bersaglio anche lei e me". Così continua nella lettera il presidente Napolitano. La lettera è pubblicata in un volumi di scritti del Presidente sulla giustizia.
"La rigorosa osservanza delle leggi, il più severo controllo di legalità, rappresentano un imperativo assoluto per la salute della Repubblica, e dobbiamo avere un massimo rispetto per la magistratura che è investita di questo compito essenziale", ha sottolineato il presidente della Repubblica.
D'Ambrosio nella lettera al presidente Napolitano premette di essersi comportato con i magistrati "con lo stesso rispetto" che ha ispirato tutti i suoi comportamenti. Ma ha aggiunto che proprio la delicatezza delle indagini richiede "il ripudio di metodi investigativi non rigorosi, o almeno non sufficientemente rigorosi nella ricerca delle prove e nella loro verifica di affidabilità". Nella missiva a Napolitano datata 18 giugno 2012, e resa pubblica oggi a Scandicci a margine dell'inaugurazione della nuova Scuola per i magistrati alla presenza dello stesso capo dello Stato, si sottolineava anche la necessità "'dell'abiura di approcci disinvolti" da parte di alcuni magistrati, "non di rado più attenti agli effetti mediatici che alla finalità di giustizia".
Sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia in tanti sono d'accordo nell'affermare che esistono "gravi contrasti" tra le diverse Procure che stanno indagando. E' quanto scriveva Loris D'Ambrosio, consigliere giuridico del Quirinale, in una lettera al presidente Napolitano il 18 giugno 2012. Il consigliere, poi deceduto, citava a sostegno di questa tesi il procuratore generale della Cassazione, quello antimafia, il Csm e la Commissione parlamentare antimafia.
D'Ambrosio scriveva a Napolitano che era opinione diffusa che "le criticità ed i contrasti esistono e sono gravi, ma che a essi non si riesce a porre rimedio". "Mi ha turbato leggere nei resoconti di un'audizione all'Antimafia le dichiarazioni di chi ammette che - aggiungeva D'Ambrosio - della cosiddetta trattativa Stato-mafia uffici giudiziari danno interpretazioni diversificate e spesso confliggenti, ma che ciò è fisiologicamente irrimediabile. Come se fosse la stessa cosa - notava lo stretto collaboratore del Presidente - trattare lo stesso soggetto da imputato o da testimone o parte offesa, da fonte attendibile o da pericoloso e interessato depistatore".
Ho sempre detto che "le criticità ed i contrasti" nei procedimenti sulle stragi "non giovano al buon andamento di indagini che imporrebbero, per la loro complessità, delicatezza e portata, strategie unitarie, convergenti e condivise oltre che il ripudio di metodi investigativi non rigorosi", sottolineava D'Ambrosio.
Bisogna "collegare" l'autonomia e l'indipendenza della magistratura a "imperiose necessità di riforma e rinnovata efficienza del sistema giustizia".
Il conflitto di attribuzione presso la Consulta è stata "una decisione obbligata per chi abbia giurato davanti al Parlamento di osservare lealmente la Costituzione". Napolitano ha sottolineato che la sua decisione è stata ispirata "a trasparenza e coerenza".
COLPISCONO LEI PER COLPIRE ME - "L'affetto e la stima che le ho dimostrato in questi anni restano intangibili, neppure sfiorati dai tentativi di colpire lei per colpire me". Così il presidente della Repubblica Giorgio Napolitanosi rivolgeva al suo più stretto collaboratore, Loris D'Ambrosio, il 19 Giugno 2012. Era appena scoppiato il caso Mancino.
"Non ho mai esercitato pressioni o ingerenze che, anche minimamente potessero tendere a favorire il senatore Mancino". E' quanto aveva scritto a Napolitano il 18 giugno scorso il consigliere giuridico del Quirinale Loris D'Ambrosio.
"Le sue condotte sono state ineccepibili; e assolutamente obiettiva e puntuale è la sua denuncia dei comportamenti perversi e calunniosi - funzionali a un esercizio distorto del proprio ruolo - di quanti, magistrati giornalisti o politici, non esitano a prendere per bersaglio anche lei e me". Così continua nella lettera il presidente Napolitano. La lettera è pubblicata in un volumi di scritti del Presidente sulla giustizia.
"La rigorosa osservanza delle leggi, il più severo controllo di legalità, rappresentano un imperativo assoluto per la salute della Repubblica, e dobbiamo avere un massimo rispetto per la magistratura che è investita di questo compito essenziale", ha sottolineato il presidente della Repubblica.
D'Ambrosio nella lettera al presidente Napolitano premette di essersi comportato con i magistrati "con lo stesso rispetto" che ha ispirato tutti i suoi comportamenti. Ma ha aggiunto che proprio la delicatezza delle indagini richiede "il ripudio di metodi investigativi non rigorosi, o almeno non sufficientemente rigorosi nella ricerca delle prove e nella loro verifica di affidabilità". Nella missiva a Napolitano datata 18 giugno 2012, e resa pubblica oggi a Scandicci a margine dell'inaugurazione della nuova Scuola per i magistrati alla presenza dello stesso capo dello Stato, si sottolineava anche la necessità "'dell'abiura di approcci disinvolti" da parte di alcuni magistrati, "non di rado più attenti agli effetti mediatici che alla finalità di giustizia".
Sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia in tanti sono d'accordo nell'affermare che esistono "gravi contrasti" tra le diverse Procure che stanno indagando. E' quanto scriveva Loris D'Ambrosio, consigliere giuridico del Quirinale, in una lettera al presidente Napolitano il 18 giugno 2012. Il consigliere, poi deceduto, citava a sostegno di questa tesi il procuratore generale della Cassazione, quello antimafia, il Csm e la Commissione parlamentare antimafia.
D'Ambrosio scriveva a Napolitano che era opinione diffusa che "le criticità ed i contrasti esistono e sono gravi, ma che a essi non si riesce a porre rimedio". "Mi ha turbato leggere nei resoconti di un'audizione all'Antimafia le dichiarazioni di chi ammette che - aggiungeva D'Ambrosio - della cosiddetta trattativa Stato-mafia uffici giudiziari danno interpretazioni diversificate e spesso confliggenti, ma che ciò è fisiologicamente irrimediabile. Come se fosse la stessa cosa - notava lo stretto collaboratore del Presidente - trattare lo stesso soggetto da imputato o da testimone o parte offesa, da fonte attendibile o da pericoloso e interessato depistatore".
Ho sempre detto che "le criticità ed i contrasti" nei procedimenti sulle stragi "non giovano al buon andamento di indagini che imporrebbero, per la loro complessità, delicatezza e portata, strategie unitarie, convergenti e condivise oltre che il ripudio di metodi investigativi non rigorosi", sottolineava D'Ambrosio.