mercoledì 16 gennaio 2013

Bufera Pdl, arrestato Vignali. Il pm: “Contattava Berlusconi grazie alla Macrì”. - Emiliano Liuzzi e Silvia Bia


Bufera Pdl, arrestato Vignali. Il pm: “Contattava Berlusconi grazie alla Macrì”

17 indagati a Parma, sequestrati beni per 3,5 milioni. Accuse di corruzione e peculato. In manette il vice presidente Iren, l'ex numero uno di Stt e l'editore di Polis. Spartiti allegramente soldi pubblici per piazzare amici e pagare giornalisti. Inoltre l'ex sindaco chiedeva l'intervento dei vertici del Pdl: Letta, Alfano e Berselli.


Un consigliere regionale del Pdl in carica, l’ex sindaco – anche lui Pdl – di Parma, imprenditori, nani, giornalisti e ballerine. Un giro di malaffare che risparmia poche persone. Ma soprattutto, il gruppo di potere del Pdl che, quando il sistema inizia a scricchiolare, chiede aiuto a Gianni Letta, Angelino Alfano e Niccolò Ghedini. Vignali si spinge anche più in là: attraverso Nadia Macrì, oggi “assunta” in un night club di Livorno, cerca di riagganciare i contatti con Berlusconi che si erano sfilacciati. 
Questi i particolari dell’inchiesta Public Money, che alle prime ore dell’alba ha fatto scattare gli arresti domiciliari per l’ex primo cittadino Vignali, il consigliere regionale Pdl e vicepresidente Iren Luigi Giuseppe Villani, l’ex amministratore della società partecipata Stt Andrea Costa e l’imprenditore edile ed editore del quotidiano locale Polis Angelo Buzzi, che è anche presidente di Iren Emilia. Nomi molto conosciuti a livello locale a cui si aggiungono 17 indagati che ruotavano intorno al “sistema Parma” che provoca l’ennesimo terremoto nella città che deve far fronte a quel miliardo di euro in debiti che da oggi sappiamo, almeno in parte, dove finirono. Nelle tasche di Vignali, nelle intercettazioni dove veniva chiamato addirittura il “papa”.
“Un sistema di potere pernicioso e insidioso – come lo ha definito il comandante della Guardia di finanza Guido Maria Geremia – finalizzato al controllo della spesa pubblica per interessi personali”. Le indagini sono partite da elementi emersi nell’ambito dell’inchiesta Green Money, sono stati degli ex dirigenti del Comune arrestati nel 2011 a collaborare con gli inquirenti e a portare alla luce la politica portata avanti negli ultimi anni dal governo di centrodestra a Parma. La richiesta di arresto con misura cautelare in carcere era stata presentata dalla Procura a fine luglio, ma solo mercoledì mattina è scattata l’ordinanza firmata dal gip Maria Cristina Sarli, dopo più di sei mesi di indagini sull’operato delle persone coinvolte.
“Quello che è emerso è una serie di illeciti che facevano capo al gruppo di riferimento composto da Villani, Vignali e Costa – ha spiegato il procuratore capo Gerardo Laguardia – che grazie alla collaborazione con dirigenti pubblici posizionati in ruoli chiave portavano vantaggi patrimoniali e non a scapito della comunità”. Il procuratore ha parlato di “totale spregiudicatezza dei tre principali indagati nella convinzione di impunità che ha portato il Comune alle soglie del tracollo, violando il patto di stabilità e cedendo credito bancario facendo leva sul potere creato”.
Tutto ruotava intorno al sindaco Pietro Vignali e quindi al sistema Parma, ma nell’inchiesta della Procura compaiono (anche se non sono indagati e non sono coinvolti direttamente) anche i nomi di rappresentanti politici nazionali come l’ex presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il sottosegretario Gianni Letta, l’ex ministro della Giustizia Angelino Alfano, il senatore Filippo Berselli e Niccolò Ghedini, a cui Villani e Vignali si rivolgevano direttamente o indirettamente per avere sostegno durante il mandato politico e dopo lo scoppio dello scandalo Green Money. In particolare, ha spiegato il procuratore Laguardia, “Vignali aveva stretto un rapporto diretto con Berlusconi grazie all’amicizia con Nadia Macrì”, una delle ragazze che aveva partecipato ai festini di Arcore. La giovane reggiana, che Vignali conosceva da tempo, è la persona chiave che fa conoscere e incontrare l’ex sindaco con Berlusconi. Il rapporto che lega Parma con i vertici del potere centrale si riscontra anche nei ripetuti attacchi da parte del senatore Berselli alla Procura di Parma dopo Green Money, sfociate nelle interrogazioni parlamentari e nella richiesta al ministro Alfano di ispezioni nella sede ducale, oltre alle accuse al pm Paola Dal Monte. A dimostrarlo ci sono le intercettazioni telefoniche: “Oggi scoppia la bomba” rassicura Villani al telefono con uno dei suoi, riferendosi alle interrogazioni di Berselli.
Solo un dettaglio nell’inchiesta in cui gli illeciti e i fatti si sommano alle accuse di peculato e corruzione. Grazie a un giro di appalti e società secondarie, nel 2007 la campagna elettorale di Vignali venne pagata con i soldi del Comune attraverso Enìa, che a sua volta li girava a Sws, un’altra società già finita nel mirino di Green Money 2. Enìa al tempo gestiva per il Comune l’appalto di global service per il verde pubblico, ma circa 600mila euro di quei soldi vennero destinati a promuovere la figura di Vignali attraverso santini e volantini elettorali. I soldi venivano girati da Enìa,Infomobility (altra società partecipata del Comune) e altre società riconducibili al Comune grazie alla collaborazione dei dirigenti e società del verde pubblico già finite nel mirino di Green Money.
A coprire il giro di denaro ci pensava Sws, che emetteva fatture per lavori mai svolti, tanto che pur essendo una piccola realtà, si calcola che dal 2007 al 2011 abbia fatturato 4,5 milioni di euro. Soldi utilizzati per la costituzione del movimento Parma Civica (che sosteneva la candidatura di Vignali), ma anche, in seguito, per la gestione del suo profilo Facebook: non solo venivano controllati i contenuti dei post pubblicati dal sindaco, ma anche i commenti dei “fan” erano in realtà pilotati attraverso persone che venivano pagate per scrivere cose positive sul conto del primo cittadino.
Vignali era “il papa”, come risulta da un’intercettazione ambientale, e tutto girava intorno a lui, che prendeva ogni decisione insieme al consigliere regionale ed ex coordinatore del Pdl provinciale Villani. Lo ricorda Ernesto Balisciano, ex amministratore di Sws finito in manette con Green Money, che ai soci di Sws ad un certo punto ricorda che “la società appartiene al Papa”, riferendosi appunto al sindaco. Tanto che per promuovere la sua figura gli inquirenti ipotizzano che dal 2007 al 2011 siano stati spesi circa 1,8 milioni di euro.
Del sistema faceva parte anche Iren (allora Enìa): gli addetti a illustrare ai cittadini la raccolta differenziata a casa ai cittadini, venivano istruiti per nominare Vignali almeno tre volte, con diverse possibilità di proseguire l’incontro a seconda delle reazioni dei parmigiani. Dalle intercettazioni risulta però che c’è un momento in cui Vignali si mette “contro” Iren, cercando di ostacolare la costruzione del termovalorizzatore con i ricorsi al Tar del 2011. “Tutto ai fini della campagna elettorale – spiega Laguardia – perché si aspettava di correre contro Vincenzo Bernazzoli, che era a favore dell’inceneritore”.
Il controllo e la valorizzazione dell’immagine di Vignali avveniva anche con l’assunzione di consulenti esperti, come Klaus Davi (che non è coinvolto nell’inchiesta), che procurava al sindaco interviste e spazi su quotidiani ed emittenti nazionali. Ma è soprattutto sulla stampa locale che si vedono i risultati più eclatanti. Ad un certo punto dell’amministrazione di Vignali, lo storico quotidiano cartaceo d’opposizione “Polis” cambia linea editoriale. Villani e Vignali, che chiamano il giornale “la spina nel fianco”, girano all’editore Buzzi 98mila euro attraverso la società guidata da Costa, Stt. In cambio il giornale cambia direttore e linea editoriale. E in cambio Buzzi ottiene un posto nel consiglio di Iren. Costa è indagato anche per peculato: come amministratore di Stt aveva sottoscritto un contratto con una società per uno studio di tracciabilità isotopica del vino utilizzato poi da Terra di Fiori, società di vini cui è amministratore.
Tra i 17 indagati c’è anche Marco Rosi, patron di Parma Cotto, che aveva pagato un hotel di lusso a Forte dei Marmi a Vignali in cambio di un regolamento scritto “ad personam” per i dehors di un esercizio di sua proprietà nel centro di Parma.
I documenti sequestrati e le intercettazioni dimostrano che Villani e Vignali interferivano in diversi settori della vita pubblica con nomine nelle fondazioni bancarie, nell’azienda di trasporto locale Tep, nelle partecipate, nell’Ente fiera di Parma, ma anche in quelle per il prefetto, per il questore di Parma e per il commissario prefettizio. Ai quattro arrestati sono stati sequestrati beni mobili e immobili per 3,5 milioni di euro, di cui 1,8 a Vignali (che aveva anche tentato dopo Green Money 2 un occultamento attraverso un commercialista), 1,3 a Costa, 163mila a Buzzi e 98mila a Villani.
Gli indagati sono, oltre a Vignali, Buzzi, Villani e Costa, il presidente del Parma Calcio Tommaso Ghirardi, gli ex dirigenti del Comune Emanuele Moruzzi e Carlo Iacovini, il presidente di Enìa Mauro Bertoli, l’ex presidente di Engioi Ernesto Balisciano, gli imprenditori Alessandro Forni e Norberto Mangiarotti, gli amministratori della società Sws Gian Vittorio Andreaus e Tommaso Mori, Alfonso Bove, il patron del Parmacotto Marco Rosi, gli ex ufficio stampa del Comune Alberto Monguidi e Aldo Torchiaro, l’ex ufficio stampa di Stt Lara Ampollini, Riccardo Ragni, Antonio Cenini, Danilo Cucchi e il presidente di Tep Tiziano Mauro.

Grillo : IO sono un programma.



Quote latte, blitz Gdf in sedi della Lega a Milano e Torino. Presenti Bossi e Maroni.


La sede leghista di via Bellerio


Perquisizioni a Milano e Torino nell'ambito dell'inchiesta per bancarotta e corruzione sulle quote latte: ipotesi mazzette.

MILANO - La Guardia di Finanza di Milano, su ordine del pm Maurizio Ascione, ha perquisito ieri sera le sedi di Milano e Torino della Lega Nordnell'ambito dell'inchiesta per bancarotta e corruzione con al centro presunte irregolarità sulle quote latte.

Umberto Bossi e Roberto Maroni erano presenti nella sede di via Bellerio a Milano durante le perquisizioni. Con loro anche Roberto Calderoli e Roberto Cota. Su alcuni uffici i rappresentanti del Carroccio hanno sollevato la questione dell'immunità parlamentare.

L'inchiesta. Gli uomini della Guardia di Finanza di Milano ieri sera sono entrati nelle sedi del Carroccio per acquisire materiale informatico e cartaceo. L'inchiesta parte dal crack della cooperativa "La Lombarda", fallita con un buco da 80 milioni di euro. Oltre alla bancarotta, gli inquirenti ipotizzano anche la corruzione perché, da quanto si è saputo, si sospetta di presunte mazzette a funzionari pubblici e politici per interventi sia ministeriali che legislativi a favore degli agricoltori per ritardare i pagamenti sulle quote latte da versare all'Unione Europea. Il pm Maurizio Ascione ha ascoltato nel frattempo come persone informate sui fatti la segretaria amministrativa di via Bellerio, Daniela Cantamessa, e la segretaria della sede torinese, Loredana Zola. Perquisite anche le abitazioni delle due donne.

Le mummie all'arrembaggio. Ma accanto a Beppe Grillo c'è un ragazzo che se la ride. - Sergio Di Cori Modigliani



“Ci vuole molto, ma veramente molto molto tempo prima di riuscire a diventare giovani”.                                                                                                                                    Pablo Picasso.

Certamente la bella citazione di Picasso (avvalorata dal fatto che l’ha pronunciata a 84 anni, quando ha iniziato la sua produzione di disegni erotici)  non può in alcun caso aderire alla definizione dell’attuale classe politica italiana.
Nell’essere testimoni del suo inevitabile declino verso un tramonto annunciato, ogni giorno, a turno, ineluttabilmente, e in maniera davvero impietosa, queste vecchie cariatidi ammuffite imperversano alla tivvù, sulla stampa mainstream, dilagando adesso anche in rete dove valenti titolari di siti on line, bloggers e disperati dell’ultima ora, raccattano qualche briciola d’euro per dire e sostenere falsi, raccontare e pubblicare menzogne, firmando con il loro consueto atteggiamento la cifra anagrafica della nazione Italia: un paese passato dalla dittatura fascista allo sfascismo democristiano, dall’autoritarismo craxiano alla buracritura comunista, per approdare infine alla gerontocrazia istituzionale, con nonno Berlusconi al comando del cabaret elettorale. 
Sempre in bilico tra la tragedia e un burlesque da remota provincia dell’impero, le mummie riescono a vampirizzare chicchessia, facendo invecchiare anzitempo anche la gente più impensabile, che dopo due comizi avvizzisce e diventa esangue senza rendersene conto. Davvero triste assistere allo spettacolo offerto da Lilly Gruberberg che officiava un paio di sere fa il circo Barnum del minuetto elettorale: Ingroia e La Russa, promossi entrambi a coraggiosi arrampicatori di una impervia montagna fatta di specchi scivolosi. 
Pur mantenendo alto e inossidabile il senso della mia stima e rispetto per il lavoro svolto dal dott. Ingroia in quanto magistrato, c’è da rimanere sgomenti nel vedere quanto poco tempo gli sia stato sufficiente per trasformarlo in un ennesimo clone intercambiabile, occupandosi di politica secondo un modello talmente arcaico, obsoleto e lontano da ciò che la gente vorrebbe ascoltare, da lasciare davvero sgomenti. 
Guida una compagine politica che sostiene di volere “la rivoluzione civile” e si avvale della collaborazione di avanzi nostalgici di un passato comunista ed ex candidati che da cinque anni scalpitano per rientrare in parlamento, dato che finora non avevano trovato nessuno che li candidasse. 
Ho comunque fiducia nella stoffa di Ingroia, spero di essere smentito. Intanto già mi piace come sta reagendo alla richiesta di “patto di desistenza” arrivata dal PD.
Viviamo in un paese ammalato di Alzheimer sociale e il prode Oscar Giannino ci ha pure raccontato che sia il PDL che Monti che il PD sono andati da lui con identica proposta: “ti diamo la tua elezione garantita più altri quattro deputati amici tuoi se ritiri la tua lista” e il Berlusconi del rinnovamento candida Cosentino, Papa, Milanese, Dell’Utri, Farina e compagnia bella. 
Questo tanto per rinfrescare la memoria. 
In questa palestra degli orrori e degli errori c’è anche qualche giovanotto. 
Un ragazzo terribile, spensierato adolescente, e come tale poco incline ai giochi di bottega -per via dell’età si intende- il quale scalpita, si dà da fare, promuove il suo politico prediletto  sostenendolo e si diverte, anche perché non è candidato: non gli interessa. 
Non è una novità, perché la sua scelta era già nota da parecchio tempo. 
Eppure, la notizia c’è. 
Si tratta di Dario Fo, il nostro premio Nobel per la letteratura, uno che va verso i 90, e che davvero può permettersi il lusso di poter dire ai quattro venti, come suggerito da Picasso “io ce l’ho fatta a diventare finalmente giovane”. L’Espresso ci racconta che Dario Fo sta scrivendo un libro con Grillo e Casaleggio. Così scrive il settimanale:

“... Un libro con Grillo? Casaleggio? Che testo è, un dibattito, uno scambio di lettere? «Un libro. Ci stiamo lavorando. Lo pubblica Chiarelettere». E chi ha avuto l'idea? «Sono venuti loro a offrirmelo. Poi per due interi giorni abbiamo imbastito qui da me un dialogo a tre sull'abbandono della cultura in Italia, il misconoscimento della storia, il travisamento dell'economia, Monti e il gioco delle banche e delle tasse, i media e il modo in cui fanno di tutto per stroncare il loro movimento...». Lui e Grillo si conoscono da quarant'anni, «ha una forza incredibile, una grande voglia di apprendere, è uno che si documenta, difficilmente lo prendi in castagna. Abbiamo fatto spettacoli insieme, cinque anni fa, in piazza a sostenere un movimento, una battaglia, come a Forlì dove volevano distruggere una valle col pretesto di produrre energia, centomila persone erano lì a vederci». E Casaleggio? «Lui l'ho conosciuto adesso. Bella testa. Colto. Preparato. E nell'organizzazione, nell'inventare meccanismi di mercato è una macchina da guerra».


Sì, i due gli piacciono davvero. 

Dario Fo s'immagina un centinaio di 5 Stelle che entrano in Parlamento e mandano tutto all'aria. 
Nega che siano senza un programma, e comunque «quando scopri che nelle liste Pd ci sono trenta o quaranta figuri degni di galera ti chiedi: ma è tale ormai il distacco dei vertici dalla loro base che nessuno li avverte?». 
Difende Grillo anche sui dissidenti, Scelsi & Co. cacciati a calci nel sedere da un movimento che si vuole iperdemocratico: «Ma è un tormentone caricato in modo grottesco dai giornali! Se una viene pregata di non mettersi di mezzo in tv perché non ne ha né la facoltà né l'esperienza e ci va lo stesso allo sbaraglio, in qualunque organizzazione chi ha la responsabilità della gestione ha il diritto di espellerla».
 In un paese normale, in piena campagna elettorale, questa sarebbe stata una importante notizia in campo politico-mediatico. 

Grillo e Casaleggio insieme al nostro premio Nobel, tra i rari esempi di intellettuale italiano dall’impeccabile biografia. 
E invece nulla. 
Non ne parlano, né in rete si trovano opinioni e confronti su questo curioso terzetto. 
Neppure sui social networks, dove di solito ci si sbrana a colpi di striscette per un nonnulla. Intendiamoci, sono ragazzi, quindi è comprensibile che i vecchi marpioni non vogliano perdere tempo con i giovanotti che ignorano la realtà dei veri teatri per adulti. 
Comunque, in un momento come questo, il fatto che il più autorevole rappresentante della cultura italiana, riconosciuto e riverito in tutto il mondo, scelga di scrivere un libro insieme al duo più chiacchierato, avrebbe meritato una enorme attenzione. 
Dario Fo non è certo persona che ha bisogno di audience, ne ha avuta sempre, tutta quella che voleva e, avendo corollato la sua ambizione con il prestigio di un Nobel, non lo si può certo accusare di star cercando una scorciatoia per mettersi in mostra. 
L’articolo su L’Espresso descrive  la coppia Fo-Rame, questi due “vecchietti” che a casa loro si divertono a vivere, a creare, a inventare il loro futuro, con un tono tra il nostalgico e il salottiero da bon ton gossip. 
Non sia mai si parlasse di politica. 
Viene comunque fuori l’immagine di una coppia giovane, che pensa al futuro, che lo progetta, lo elabora, lo sogna, lo costruisce e, da bravi intellettuali –essendo quella la loro funzione- ci mostrano la strada da percorrere, a noi esuli in patria in cerca di bussola, di punto di riferimento, di sostegno. 
Nessuno ne parla. 
Nessuno divulga questo evento che, a mio avviso, è l’unica novità in campo editoriale e intellettuale verificatasi in Italia negli ultimi dieci anni. 
Lo trovo sconcertante. 
Ma non mi stupisce, né tantomeno mi sorprende. 
In compenso abbiamo la Littizzetto che parla e scrive e si veste come una ragazzina, ma è già mummificata, sembra la vecchia zia democristiana di Franca Rame. 
Questo è ciò che passa il convento oggi. 
Ecco perché mi insospettisce sempre la demagogia del razzismo anagrafico e la continua tiritera sul “largo ai giovani”. 
Non è l’età che conta, ma la visione esistenziale. 
E le mummie, potete starne certi, poichè rappresentano un’idea del potere, della società, del mondo che è già defunta e battuta dalla Storia, se ne guardano bene dal consentire che si parli dei “giovanotti doc”, delle nostre eccellenze, dei cittadini pensanti che, proprio in virtù di una lunga esperienza, la sanno lunga su ciò che sta accadendo, e soprattutto su ciò che ci stanno preparando nelle solite cucine di sempre. 
Volevo soltanto ricordare al pubblico che c’è un giovanotto dotato che ci sta mostrando una certa via possibile da seguire. Noblesse oblige. 
Informatevi. 
Ne vale davvero la pena, e non c’è neppure bisogno di affidarsi alla consueta dietrologia. Dietro non c’è nulla. 
I veri giovani sono sempre come appaiono. 
Perché non ce l’hanno un dietro e un passato, ma soltanto un davanti e un futuro. 
Questa è la vita nel post-Maya. 
Il più anziano tra gli intellettuali e artisti italiani è in realtà il più giovane, ottimista e fiducioso sostenitore dell’idea che c’è un futuro possibile per tutti noi.
Dipende da come si guarda il mondo e dalle scelte che si fanno. 
E siccome lo suggerisce un meritatissimo premio Nobel, c’è proprio da pensarci su. 
Vale molto di più di qualunque tipo di sondaggio e di statistiche.

http://sergiodicorimodiglianji.blogspot.it/2013/01/le-mummie-allarrembaggio-ma-accanto.html 

Parma, arrestato ex sindaco Vignali Sequestrati beni per 3 milioni di euro.



Parma - (Adnkronos) - Operazione della Guardia di Finanza: eseguiti quattro provvedimenti di custodia cautelare ai domiciliari per corruzione e peculato. In totale sono 17 gli indagati. Il denaro accumulato illegalmente sarebbe stato usato per il finanziamento della campagna elettorale per le amministrative del 2007 e al controllo della stampa locale.
Parma, 16 gen. (Adnkronos) - Con l'accusa di corruzione e peculato la Guardia di Finanza di Parma ha eseguito quattro provvedimenti di custodia cautelare ai domiciliari nei confronti dell'ex sindaco del Comune di Parma, Pietro Vignali, dell'ex presidente del Cda e consigliere delegato di Stt Holding Spa e Alfa Spa, Andrea Costa, del vicepresidente di Iren Mercato Spa, ex coordinatore provinciale Pdl a Parma, Luigi Giuseppe Villani e dell'editore, consigliere e presidente del Cda della società Iren Emilia Spa, Angelo Buzzi.
I finanzieri hanno anche sequestrato beni per circa 3,5 milioni di euro, su disposizione del gip. Si tratta di beni mobili e immobili intestati e o riconducibili agli arrestati. In totale sono 17 gli indagati.
Nel corso delle articolate indagini, eseguite anche attraverso l'approfondito esame di documentazione bancaria, contabile ed extra contabile, nonché di attività di natura tecnica, è stato appurato che gli indagati hanno tenuto costantemente, nel corso di più anni, una ''condotta fraudolenta finalizzata ad accumulare ingenti ricchezzeda destinare ad usi strettamente privati''.
Tra le altre cose il denaro accumulato illegalmente, secondo quanto ricostruito dai finanzieri del comando provinciale di Parma, sarebbe stato usato per il finanziamento della campagna elettorale per le amministrative di Parma del 2007, per la fidelizzazione della popolazione parmense - e non a un particolare movimento politico, anche al fine di una eventuale candidatura alle successive elezioni politiche - e al controllo della stampa locale.

http://www.adnkronos.com/IGN/News/Cronaca/Parma-arrestato-ex-sindaco-Vignali-Sequestrati-beni-per-3-milioni-di-euro_314086808062.html


Leggi anche:
http://parma.repubblica.it/cronaca/2013/01/16/news/arrestato_il_consigliere_regionale_luigi_villani_pdl_-50633572/

martedì 15 gennaio 2013

“Il baratto. Il Pci e le televisioni. Le intese e gli scambi tra il comunista Veltroni e l'affarista Berlusconi negli anni Ottanta”



È il 1984, anno cruciale che sarà a lungo ricordato nella storia d’Italia. Il premier Bettino Craxi, con un decreto legge permette alle televisioni di Silvio Berlusconi di continuare la loro attività, aggirando il divieto per le tv locali di trasmettere a livello nazionale. È l’inizio di una pagina di storia attualissima ancora oggi, fatta di leggi ad personam, conflitto di interessi, televisioni che trasmettono violando leggi e sentenze. L’inizio dell’ “immortalità” politica e economica di Berlusconi. Da questo momento in poi si correrà in soccorso delle tv di Berlusconi ogni qualvolta la Corte Costituzionale, la Corte Europea, ecc… cercheranno di far valere le norme che regolano il mercato televisivo e il pluralismo.

In quello stesso anno Walter Veltroni è responsabile Comunicazioni di massa del PCI. Da questo curioso riscontro Michele De Lucia ha preso spunto per scrivere il suo “Il baratto. Il Pci e le televisioni. Le intese e gli scambi tra il comunista Veltroni e l'affarista Berlusconi negli anni Ottanta” (Kaos, 2008). Davanti al fasullo oscuramento delle proprie reti da parte di Berlusconi (gli schermi furono oscurati non per ordine dei pretori ma per scelta aziendale), Veltroni dichiarò « Ci sono poi anche le abitudini degli utenti, consolidate in anni di utenza televisiva, che non possono essere ignorate». Dopo il cosiddetto “decreto Berlusconi”, il Partito comunista gridò allo scandalo, ma al momento della conversione in legge garantì il numero legale, rinunciando all’ostruzionismo nonostante la scadenza del decreto a poche ore dalla discussione parlamentare che avvenne in aula il 4 febbraio del 1985. Il perché di questa scelta del PCI è molto semplice. Per il PCI queste nuove norme aprivano la porta dell’occupazione di Rai Tre, la possibilità di sedersi al tavolo della lottizzazione. Ma, appunto, il baratto del 1984 è solo l’inizio. De Lucia ripercorre il fitto dialogo che si instaura negli anni successivi tra Veltroni e Berlusconi. A partire dalla Festa dell’Unità di Milano del 1986, in cui Veltroni definisce Berlusconi una vittima della Dc e del Partito socialista, per essersi sottoposto al loro padronato politico. Due anni dopo inizia la discussione su quella che nel 1990 sarà la Legge Mammì. In questa occasione, in un’audizione alla Commissione cultura alla Camera, Veltroni si rivolge a Berlusconi in questi termini: «Intendo rivolgere a Berlusconi due complimenti sinceri, di stima. Il primo per la sua capacità di imprenditore che è riuscito a "inventare" un settore. Il secondo complimento va alla sua capacità di aver imposto, attraverso un alto grado di egemonia, i tempi della decisione politica in un settore così delicato come quello nel quale opera». Segue a ruota una nuova legge ad personam, la Legge Mammì, piegata alle esigenze della committenza normativa.  Poi la discesa in campo, nonostante le leggi risalenti agli anni Cinquanta vietassero a un detentore di concessioni statali di ricoprire cariche pubbliche. Ma Berlusconi poté presentarsi senza alcun problema alle elezioni nel 1994 e poi nel 1996, poiché in entrambi i casi la Giunta per le elezioni dà via libera alla sua eleggibilità.  
Altro passo verso la sicurezza delle tv di Berlusconi e verso un radioso successo politico, è la vittoria de L’Ulivo alla politiche del 1996. Nei tre governi di centro-sinistra che seguiranno vedranno la vita la Legge Maccanico (così pericolosa per il Partito di Berlusconi che i suoi parlamentari si asterranno dalla votazione), il referendum sulle televisioni (e i tentativi di D’Alema di trovare un accordo con Berlusconi per evitarlo), le prime sentenze sul caso di Europa 7. Proprio in questo periodo, inoltre, Berlusconi, riesce a superare la grave crisi di Fininvest portando la sua azienda in borsa con il benestare di D’Alema. Presidente della Commissione speciale per il riordino del sistema radiotelevisivo era l’attuale Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. De Lucia ricorda questo ruolo ricoperto da Napolitano per raccontare la vicenda della rivista della corrente migliorista del PCI, “Il moderno”, che, come testimoniano le riproduzioni all’interno del libro, ospitava numerose pagine di pubblicità pagate da Berlusconi.
A partire dal 2001, poi, le leggi ad personam, non saranno più commissionate da Berlusconi, che si troverà a ricoprire il fortunato ruolo di committente e realizzatore della committenza. Il suo secondo governo partorirà la Legge Gasparri, gli editti bulgari, la legge sul conflitto di interessi firmata Frattini, mentre il nuovo governo Berlusconi si è già occupato di televisione con il cosiddetto “Salva Rete4”. A legare passato e presente, la farsa della Riforma Gentiloni, evidentemente creata dal centro-sinistra senza nessuna volontà di trasformarla in una legge.
Michele De Lucia accompagna la sua ricerca con un’enorme mole di documenti, sia capillarmente citati nel testo, sia nell’approfondita appendice. Ancora una volta un libro così scomodo e importante per capire il nostro paese, non nasce da uno scoop o da nuove scoperte. Vengono utilizzati documenti già pubblicati, De Lucia compie un’operazione di cronaca, mette insieme fatti. E grazie a questo sistema rileva anche la storia che si ripete. Il copione del dibattito degli ultimi giorni sul “decreto salva Rete4” è stato riscritto sulla falsa riga della votazione del “decreto Berlusconi” degli anni Ottanta. La sinistra grida allo scandalo, promette ostruzionismo a oltranza. Ma non appena il governo ritira il decreto, per poi ripresentarne una variante, l’opposizione, a parte l’Italia dei valori, rinuncia all’ostruzionismo e chiede scusa. 1984-2008: dai complimenti all’innominabilità del «capo dello schieramento avversario» sembra che la linea della sinistra, e di Walter Veltroni, nei confronti di Silvio Berlusconi sia sempre stata la stessa: «il baratto non è un fatto, è un sistema di  potere, un metodo attraverso il quale la partitocrazia ha ucciso il diritto all’informazione». In questo modo, secondo De Lucia, è stato tolto agli italiani il diritto di conoscere per deliberare, nella totale connivenza dei politici della Prima e della Seconda Repubblica. Dopo Fiat quanto ci costi? Come la grande industria privatizza i profitti e socializza le perdite a spese dei contribuenti (Stampa Alternativa, 2002) e “Siamo alla frutta. Ritratto di Marcello Pera” (Kaos, 2005), ne “Il baratto” De Lucia si scaglia contro la partitocrazia, perché in Italia non c’è stata solo la P2, ma anche il PC, la PVeltroni, la PBerlusconi.

Pd, così hanno salvato gli amici. - Pietro Falco.





La segretaria di Fioroni. Il protetto di Enrico Letta. Il pupillo di Livia Turco. Tutti candidati in posizioni sicure e calati dall'alto. Alla faccia delle primarie.

«Bersani come Eisenhower: centinaia di paracadutati sui territori (e sotto il paracadute... niente)». A scrivere questa frase sui social network non è stato un nemico del segretario piddino ma Vincenzo De Luca, sindaco di Salerno e alleato di Pier Luigi. Un segno dell'insofferenza che circola nel Pd campano dopo le decisioni sulle candidature prese a Roma. 

La chiosa, a stretto giro, è toccata al segretario provinciale del Pd, Nicola Landolfi, notoriamente vicino a De Luca. In un comunicato ufficiale ha fatto nomi e cognomi: Luciana Pedoto e Guglielmo Vaccaro, «inseriti con un blitz pochi minuti prima che si riunisse la direzione nazionale». 


«Una vigliaccata», dice Landolfi, «perché si sono fatti raccomandare, anziché sottoporsi al giudizio degli elettori presentandosi alle primarie in qualità di parlamentari uscenti. Gli elettori ci giudicano. Abbiamo combattuto tre giorni a Roma per difendere le posizioni del nostro territorio e dell'intero collegio di Campania 2 pagando lo scotto di avere come rappresentanti regionali persone interessate a una propria candidatura, più che a tutelare la propria funzione e la nostra. Oggi pensiamo che se non si corregge la rotta e si tolgono i raccomandati (vedi Pedoto e Vaccaro) difficilmente si pongono le condizioni minime per una campagna elettorale che ha bisogno di slanci e di coerenze». 


Vaccaro è campano, nativo di Pompei e cresciuto a Scafati, nel Salernitano. E' stato candidato al n. 10 nella lista per la Camera della circoscrizione Campania 1 grazie ai buoni uffici del vicesegretario Enrico Letta, cui è molto legato. 


Luciana Pedoto, invece, è nota soprattutto per essere stata il capo della segreteria di Giuseppe Fioroni quand'era ministro. E' di Roma, e già cinque anni fa scatenò il finimondo, quando fu catapultata nella circoscrizione Campania 2. All'epoca, per spiegare la ragione della sua candidatura in Campania, evocò un nonno di Caserta: ma da allora nessuno l'ha più vista da quelle parti. Questa volta avevano pensato di candidarla in Sicilia, ma rivolta capeggiata dal segretario regionale del Pd siciliano, Giuseppe Lupo, ha fatto sì che all'ultimo istante fosse riproposta in Campania.  


In realtà, la Pedoto non è l'unica candidata estranea al territorio regionale: al n. 2, sempre al Senato, è stata collocata la consigliera comunale di Roma, Roberta Agostini, anche lei vicina a Letta, che come titolo di merito per bypassare le primarie ha fatto valere la carica di responsabile nazionale della conferenza delle donne del Pd. 


E scorrendo lista della circoscrizione Campania 2 della Camera si ritrova anche Khalid Chauki, nato a Casablanca nel 1983, «cresciuto tra Parma e Reggio Emilia», come sottolinea nel suo curriculum, pupillo di Livia Turco. 


Insomma, i 100 posti del listino bloccato di Bersani, che nelle intenzioni del segretario avrebbero dovuto essere riservati a 'persone di comprovate capacità o provenienti dalla società civile', sono stati di fatto utilizzati anche come camera di compensazione tra le varie componenti. Spesso paracadutando i beneficiati in territori estranei a quelli di provenienza. E la Campania non è l'unica regione a pagare dazio. 


Ad esempio, l'emiliano Gianluca Beneamati, parlamentare uscente, nonché fedelissimo di Fioroni, è finito al nono posto della lista Piemonte 2 alla Camera. 


E di fedelissimi ne ha piazzati un bel po' in giro per l'Italia anche Dario Franceschini: Francesco Saverio Garofani, ex vicedirettore di 'Europa', nella circoscrizione Lazio 1 della Camera; Piero Martino, ex portavoce, al sesto in Lazio 1 (nelle scorse elezioni era stato eletto in Sicilia); Alberto Losacco, ex capo della sua segreteria, in Puglia, alla Camera; la romana Federica Mogherini, in Emilia Romagna. Enrico Letta non è stato certo da meno: oltre a Vaccaro e Agostini in Campania, ha candidato Marco Meloni al sesto posto alla Camera in Liguria. 


Matteo Renzi (che pare abbia avuto 17 caselle a disposizione) ha inserito tra gli altri la responsabile dell'organizzazione delle sue primarie, Simona Bonafé, al nono in Lombardia 2. Ma anche Ivan Scalfarotto al 13esimo alla Camera in Puglia, e il sindaco di Corciano (Perugia), Nadia Ginetti, al terzo al Senato in Umbria. 

Bersani quanto meno ha rispettato i territori: Alessandra Moretti n.3 alla Camera, in Veneto 1; Roberto Speranza, capolista in Basilicata; e il responsabile dell'organizzazione, Nico Stumpo, quarto in Calabria. 

Infine una curiosità: anche Luigi Manconi, 65 anni, ex portavoce nazionale dei Verdi, due legislature già alle spalle, ha ottenuto il quarto posto in Sardegna al Senato, senza passare per le primarie.


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