L'unica messa che si doveva celebrare in quella cattedrale era una "messa in sicurezza", per impedire che un gioiello normanno andasse in frantumi. Invece la Protezione civile nella stagione Bertolaso ha speso 8 milioni di euro senza nemmeno affrontare il problema principale del centro storico di Agrigento. Li hanno usati per indagini geologiche tanto costose quanto inutili, per puntellare il seminario e per rifare il soffitto ligneo della chiesa. Poi tre anni fa hanno solennemente inaugurato il tutto, con il ministro Angelino Alfano in prima fila e lodi al governo. Peccato che la Cattedrale abbia ricominciato a spaccarsi: da due mesi è chiusa al pubblico. E l'Università di Palermo lancia un allarme ancora più preoccupante: tutto il quartiere rischia di franare a valle. I tecnici hanno persino consigliato all'arcivescovo di traslocare: hanno detto a monsignor Francesco Montenegro, che è anche presidente nazionale della Caritas, di trasferirsi in un'ala più sicura del palazzo arcivescovile. Che non si tratti di cautele burocratiche lo testimonia una montagna di macerie che sbarra i vicoli: sono i resti del palazzo Lo Iacono, che si è sbriciolato all'alba di Pasquetta dopo gli inutili lavori fatti solo un anno fa. Massi e decorazioni barocche sono piombate sugli edifici confinanti: solo un miracolo - evocato anche durante una processione di ringraziamento - ha evitato vittime. Ma il boato che ha svegliato la città nel giorno di festa ha riportato tutti alla realtà.
Ormai da mezzo secolo Agrigento è un simbolo dell'incapacità di tutelare la nostra ricchezza artistica. Prima i palazzoni di cemento che hanno sfregiato per sempre la zona sacra ai pagani: i templi delle divinità greche deturpati dai condomini. Adesso ad essere in pericolo è la cittadella con i monumenti cristiani, a partire dalla cattedrale costruita dai normanni nel 1099 per ricordare la sconfitta dell'Islam. Quel terreno è minato dal segreto stesso della sua forza antica: cinque secoli prima di Cristo, sotto l'acropoli vennero scavate decine di cisterne per garantire le scorte d'acqua in caso di assedio. Erano l'arma che permise ad Akragas - allora una metropoli di 300 mila abitanti - di resistere a ogni avversario. Ma quel dedalo sotterraneo poco alla volta ha cominciato a minacciare la stabilità della città alta.
Ormai da mezzo secolo Agrigento è un simbolo dell'incapacità di tutelare la nostra ricchezza artistica. Prima i palazzoni di cemento che hanno sfregiato per sempre la zona sacra ai pagani: i templi delle divinità greche deturpati dai condomini. Adesso ad essere in pericolo è la cittadella con i monumenti cristiani, a partire dalla cattedrale costruita dai normanni nel 1099 per ricordare la sconfitta dell'Islam. Quel terreno è minato dal segreto stesso della sua forza antica: cinque secoli prima di Cristo, sotto l'acropoli vennero scavate decine di cisterne per garantire le scorte d'acqua in caso di assedio. Erano l'arma che permise ad Akragas - allora una metropoli di 300 mila abitanti - di resistere a ogni avversario. Ma quel dedalo sotterraneo poco alla volta ha cominciato a minacciare la stabilità della città alta.
Negli ultimi cinquecento anni cedimenti e crolli sono stati la regola, fino al luglio 1966: un intero quartiere scivola a valle, lasciando senza un tetto cinquemila persone. Ed è inutile dare la colpa alla natura: anche in quell'area che si sapeva fragile erano stati tirati su nuovi palazzi senza criterio. Il Duomo resta chiuso per 15 anni. Riapre nel 1981 poi è la volta di nuove crepe ed altri lavori, finanziati con i fondi del Giubileo 2000. Ma la tregua dura pochissimo. Ed ecco che nel 2005 arrivano i Bertolaso boys, con sopralluoghi in diretta tv e istanze efficientiste. Anche la Regione di Totò Cuffaro scende in campo e così piovono soldi. Otto milioni. Ma a tre anni dall'inaugurazione solenne, si scopre che quell'intervento è praticamente stato un bluff. La terra ha ripreso a muoversi, aprendo lesioni nelle pareti della Cattedrale.
Adesso l'incarico di curare il male della rocca è stato affidato dagli studiosi dell'Università di Palermo. Che sin dai primi esami si sono accorti come quello realizzato negli ultimi anni sia stato solo un intervento di facciata: i milioni sono serviti per un maquillage estetico e per una serie di indagini geologiche ritenute insufficienti a decifrare cosa provochi la frana. Nulla che possa permettere di garantire il consolidamento del centro storico.
Ora si riparte dai cunicoli e dalle cisterne sotterranee, che hanno trasformato la collina in un groviera. Nel sottosuolo le tensioni si accavallano lungo questo reticolo antico, come in una sorta di "rock and roll" geologico che fa ballare gli edifici fino a spezzarli: un perenne terremoto. Che sbriciola la rocca, da sempre degradata: un monitoraggio di 692 immobili ha evidenziato che oltre il 50 per cento delle costruzioni presenta problemi strutturali. E questo riguarda case private e uffici pubblici, uniti dalle stesse crepe. Nel 1966 lo smottamento avvenne con lentezza, ma se oggi la situazione dovesse peggiorare all'improvviso - come è accaduto per il palazzo Lo Iacono - le stradine del borgo potrebbero trasformarsi in una trappola: da anni si parla di aprire almeno una "via di fuga". Nel 2010 un pool coordinato dalla prefettura ha definito il percorso migliore da bonificare e le nuove fratture dovrebbero renderne urgente la realizzazione, ma sono più di sei mesi che si aspetta il parere del Genio Civile e della Sovrintendenza, mentre il Comune non si è pronunciato. Un intreccio di burocrazie che potrebbe essere ancora più pericoloso della frana.
Adesso l'incarico di curare il male della rocca è stato affidato dagli studiosi dell'Università di Palermo. Che sin dai primi esami si sono accorti come quello realizzato negli ultimi anni sia stato solo un intervento di facciata: i milioni sono serviti per un maquillage estetico e per una serie di indagini geologiche ritenute insufficienti a decifrare cosa provochi la frana. Nulla che possa permettere di garantire il consolidamento del centro storico.
Ora si riparte dai cunicoli e dalle cisterne sotterranee, che hanno trasformato la collina in un groviera. Nel sottosuolo le tensioni si accavallano lungo questo reticolo antico, come in una sorta di "rock and roll" geologico che fa ballare gli edifici fino a spezzarli: un perenne terremoto. Che sbriciola la rocca, da sempre degradata: un monitoraggio di 692 immobili ha evidenziato che oltre il 50 per cento delle costruzioni presenta problemi strutturali. E questo riguarda case private e uffici pubblici, uniti dalle stesse crepe. Nel 1966 lo smottamento avvenne con lentezza, ma se oggi la situazione dovesse peggiorare all'improvviso - come è accaduto per il palazzo Lo Iacono - le stradine del borgo potrebbero trasformarsi in una trappola: da anni si parla di aprire almeno una "via di fuga". Nel 2010 un pool coordinato dalla prefettura ha definito il percorso migliore da bonificare e le nuove fratture dovrebbero renderne urgente la realizzazione, ma sono più di sei mesi che si aspetta il parere del Genio Civile e della Sovrintendenza, mentre il Comune non si è pronunciato. Un intreccio di burocrazie che potrebbe essere ancora più pericoloso della frana.
Il sindaco è Marco Zambuto.
RispondiEliminaÈ stato segretario provinciale dell'UDC dal novembre del 2003 al febbraio del 2007: in quella data si dimise dall'incarico ed annunciò la sua candidatura a sindaco di Agrigento col supporto dei Democratici di Sinistra, dell'UDEUR e di tre liste civiche.
Al termine delle elezioni amministrative del 2007 viene eletto sindaco dopo avere battuto al ballottaggio il candidato della coalizione di centrodestra Enzo Camilleri: Marco Zambuto, che nel secondo turno venne supportato da tutta l'Unione e da buona parte dell'elettorato di centrodestra, ottenne il 35,5% dei voti al primo turno ed il 62,92% al secondo.
Da sottolineare come i voti a lui dati dalla popolazione abbiano superato più del doppio quelli dati alle liste che lo appoggiavano.
Zambuto, eletto Sindaco, si trova di fronte ad un consiglio comunale composto da 25 consiglieri di centrodestra e 5 di centrosinistra.
Dal punto di vista amministrativo eredita una situazione economica sull'orlo del dissesto finanziario, con un comune debitore per più di 40 milioni di euro.[senza fonte]
Nel febbraio del 2008 la svolta con l'adesione al PdL di Silvio Berlusconi[1] che pareva in netto contrasto con la politica "super partes" da lui presentata come punto fermo della sua campagna elettorale.
Ai primi di marzo del 2008, con una mossa a sorpresa azzera la Giunta e presenta la sua nuova squadra in una accesissima conferenza stampa, confermando la sua volontà a perseguire l'adesione al PdL, fortemente criticata da una parte della popolazione agrigentina. Nell' Ottobre del 2010 aderisce all'Udc di Casini annunciando la sua candidatura alle prossime elezioni politiche.
Curriculum validissimo per B.