Il presidente della Regione Lombardia attacca il giornale: "Manipolato tutto, la gente crede in me e io in loro. Così continuo a lavorare fino alla fine del mio mandato. Il mio incontro con Monti? Mi sono complimentato con lui per la presa di posizione sulle intercettazioni telefoniche".
“La gente crede in me e io credo in loro e continuiamo a lavorare”, sono le prime parole che Roberto Formigoni dice, mentre passeggia pacificamente davanti al palco poco prima che Mario Monti intervenga per il discorso di apertura del meeting di Rimini di Comunione e Liberazione. È l’ospite meno atteso, il presidente della Regione Lombardia, indagato per corruzione e messo in discussione dalla base e dai militanti. La sua presenza è stata confermata solo tre settimane fa e se negli anni passati era una delle attrazioni del meeting, quest’anno ce lo si aspettava solo mercoledì per un incontro lontano dai riflettori. Poi l’arrivo nel primo giorno del lancio come se niente fosse, e il posto in prima fila nell’auditorium centrale dove il primo ministro Mario Monti ha parlato di politica, crescita, giovani e futuro.
Mentre il presidente del consiglio passeggiava per la fiera, Formigoni ne ha approfittato per andarsi a sedere in sala. Questo è bastato far scattare un applauso dalla platea. E il presidente dice: “Me lo aspettavo”. Nemmeno un po’ di imbarazzo da parte del presidente lombardo, che se ha qualche titubanza non la lascia trasparire e dichiara l’assoluta fiducia nei suoi sostenitori. “La gente – dice con fermezza Formigoni, – non è fessa, non si è lasciata abbindolare dalle menzogne raccontate innanzitutto da alcuni giornali e televisioni e poi seguiti pedissequamente da tutti i giornali e da tutte le televisioni. Il Fatto Quotidiano è stato il primo che ha raccontato menzogne falsificando i verbali, come io ho dimostrato, ma la gente non crede più a queste bugie, crede quello che vede e che sperimenta. Sanno chi è Formigoni e continuano ad apprezzarlo e sostenerlo”. Il presidente lombardo si riferisce agli articoli del Fatto Quotidiano sull’inchiesta giudiziaria che lo ha visto come protagonista, e conclude con un gioco di parole dicendo “i fatti sono più forti del Fatto”. Tra i verbali “Il mio ruolo non è ridimensionato né al meeting né in regione Lombardia – continua Formigoni, – e resto fino al 2013. In 17 anni da Presidente della Lombardia mi hanno mandato 14 avvisi di garanzia, questo è il quattordicesimo. I precedenti 13 sono tutti finiti nel nulla nel senso che non sono mai stato condannato, e sono stato mandato 11 volte a processo con 11 assoluzioni, quindi ho vinto 11 a zero. Questo è il quattordicesimo avviso e anche questo farà la fine degli altri, andrà a finire nel cestino della carta, per usare un’espressione elegante”.
A incuriosire pubblico e cronisti è l’incontro che il presidente lombardo ha avuto in privato proprio con Mario Monti, in un salottino della fiera pochi minuti prima dell’inizio del discorso inaugurale. E alla domanda de Il Fatto Quotidiano.it, se il primo ministro gli abbia dato qualche suggerimento in merito alla politica chiedendogli di dimettersi, Formigoni risponde: “No assolutamente no, anche Monti come tutta l’altra gente non crede ad una virgola di quello che i giornalisti hanno scritto mille volte. Nel nostro incontro, mi sono semplicemente congratulato con lui per la splendida intervista che ha fatto a Tempi: per aver sollevato con coraggio il tema delle intercettazioni, per aver detto che bisogna fare una riforma della giustizia, che l’evasione fiscale è uno dei mali dell’Italia da scacciare e abbiamo scambiato alcune battute sul momento politico attuale che è certamente delicato”.
Roberto Formigoni seduto in prima fila nell’auditorium della Fiera di Rimini ha seguito tutto il discorso inaugurale del meeting con Emilia Guarnieri, Presidente della Fondazione Meeting per l’amicizia fra i popoli, Giorgio Vittadini, Presidente della Fondazione per la Sussidiarietà e Mario Monti. Protagonista Don Giussani citato nel corso della giornata da tutti gli intervenenti e capace di suscitare un applauso spontaneo ogni volta da parte del pubblico, l’esempio morale a cui anche Formigoni fa riferimento: “Io sono uno dei tanti aderenti a Cl, non ho alcun ruolo di guida o di capo, li ho lasciati nel 1987 quando sono entrato in politica. La responsabilità politica è personale. Don Giussani ha educato degli adulti che si assumessero le proprie responsabilità. Alcuni si sono impegnati nel mondo del lavoro, nelle aziende, altri in missione e altri ancora in politica.Comunione Liberazione è un punto di riferimento ed è un aiuto ad impostare la vita”.
Altre notizie da Tiscali
Tra questi, Roberto Formigoni che, in nome della sua amicizia con il cristiano Tareq Aziz, braccio destro di Saddam, ha ricevuto contratti per 24,5 milioni di barili: la più massiccia tra le assegnazioni fatte a soggetti italiani. Poiché Formigoni non fa il petroliere, i contratti sono stati gestiti da aziende suggerite dal governatore: la Cogep della famiglia Catanese e la Nrg Oils di Alberto Olivi. Così una piccolaimpresa come la Cogep si è trovata di colpo a passare dalle autobotti alle petroliere. In cambio, secondo l'inchiesta sviluppata a Milano dal pm Alfredo Robledo, avrebbe pagato tangenti per 942 mila dollari in Iraq e 700 mila a mediatori italiani. La Nrg Oils avrebbe pagato invecealmeno 262 mila dollari. I Catanese (benché la loro Cogep fosse già stata coinvolta nello scandalo dei petroli e i suoi titolari fossero già stati condannati nel 1982 per contrabbando internazionale) sono trai fondatori della Compagnia delle Opere, l'associazione d'impresepromossa da uomini di Cl, e questo è bastato, evidentemente, per farscattare la segnalazione di Formigoni a Saddam. A partire dal 1997,Saddam e Aziz concedono succulenti contratti alla piccola Cogep, che"ringrazia" Formigoni versando dal 1998 al 2003 oltre 700 mila dollari sui conti di una società estera, la Candonly, controllata da Marco Mazarino De Petro, il fiduciario di Formigoni per i rapporti con l'Iraqdi Saddam. Come giustifica De Petro tutti quei soldi? «Sono il compensoper la mia consulenza». Ma è difficile capire in che cosa sia consistita quella consulenza, visto che De Petro può esibire soltanto una relazione stilata nel 1996, tre paginette dalla sintassi difficile, in cui strologa di un «accordo petroil for food».
Ora è arrivata la sentenza. La prima condanna europea per quello scandalo: due anni di carcere a De Petro, in primo grado, per corruzione internazionale di funzionari dello Stato; condannati anche Andrea Catanese e Paolo Lucarno, uomini della Cogep. E Formigoni? Era già da tempo uscito dall'inchiesta. Ma a prescindere dal piano giudiziario, le responsabilità morali e politiche delle azioni di Mazarino De Petro ricadono su di lui. Come Berlusconi per il caso David Mills: lì, se Mills è il corrotto, Berlusconi è il corruttore; in Oilfor food, se Mazarino De Petro è il corruttore, la responsabilità morale e politica del suo operato è del politico per conto del quale De Petro operava, cioè Formigoni. È semplice e chiaro. Qualcuno l'ha detto? Qualcuno l'ha scritto? E ancora: Candonly era una società riferibile di fatto ai Memores Domini, il "gruppo adulto" di Comunione e liberazione di cui Formigoni è l'esponente più in vista. Dove sono andati a finire i soldi di Candonly? Chi li ha utilizzati? PerchéFormigoni non lo spiega? E perché nessuno glielo chiede?
Negare, sempre negare e paventare la falsità dei documenti, come all'epoca fece in un situazione molto triste che lo riguardava da vicino, molto vicino:
Veleni contro Formigoni.
Diffuse carte del ' 45 della Corte d' assise di Como. Una condanna per arresti di partigiani.
------------------------- PUBBLICATO ------------------------------ Accuse al padre. La replica: documenti falsi TITOLO: Veleni contro Formigoni Diffuse carte del ' 45 della Corte d' assise di Como. Una condanna per arresti di partigiani - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - MILANO . Scorrono i primi veleni da campagna elettorale, rivelazioni dirette a colpire la persona dell' avversario. E' la Lega la "fonte" da cui sgorgano le rivelazioni imbarazzanti. Per Roberto Formigoni, naturalmente, candidato del Polo di Berlusconi. Contro il loro principale nemico, Bossi e la Lega hanno trovato nientemeno che una sentenza della Corte d' Assise straordinaria di Como del 1945 che condanna il padre di Formigoni per una serie di delitti terribili, dal rastrellamento alle sevizie. Formigoni smentisce: "Sono atti falsi. Avevano gia' tentato questa manovra nell' 84 quando mi candidai per la prima volta alle Europee. So anche chi li ha messi in giro, una persona della sinistra, per la quale non nutro rancore. Li avra' portati a Bossi, adesso. Va da se' che se fanno campagna elettorale con questi falsi documenti non hanno altri messaggi politici per i loro elettori. Un galantuomo Bossi, che tira fuori immondizia e falsi dossier. Se sara' il caso dovro' anche denunciarlo". Non si spaventano in via Bellerio. Anzi Bossi attacca: "Quel figlio di un fucilatore di ragazzini, un fascista che ha tirato bombe nelle famiglie, ha rubato... il popolo lombardo non gli consegnera' la regione". Sara' questo uno dei passaggi dei comizi di Bossi e dei leghisti nel loro giro elettorale in Lombardia. E a Formigoni tocchera' ricordare che "non devono cadere sui figli le colpe dei padri". Il documento diffuso dalla Lega attribuisce a Emilio Formigoni, allora quarantaduenne, giudicato durante la latitanza, un lungo elenco di delitti: per la "rappresaglia effettuata nella notte dal 23 al 24 ottobre 1944 nell' abitato di Valaperta di Casatenovo", il "rastrellamento di Monte San Genesio", il rastrellamento di Montevecchia nella notte dal 3 al 4 marzo 1945 che porto' alla cattura di numerosi partigiani", l' "arresto e sevizie" di alcuni "partigiani e patrioti", la "ricerca di un gruppo di carabinieri fuggiti alla deportazione in Germania, diretta personalmente", l' incendio di cascinali e fienili, perquisizioni varie, come quella della villa del "signor Forti, arrestandolo e sottoponendolo ad atti umilianti", tentativi di estorsione, altri arresti "minacciando di colpire con bombe a mano la famiglia Usuelli e di bruciarne la casa". Che cosa ha da dire Roberto Formigoni su questi atti, avvenuti tre anni prima della sua nascita? "Mio padre era fascista, questa era la sua fede politica. Ma allora lo erano tutti. Non e' stato in guerra perche' era ingegnere civile e dirigeva un cementificio e ha continuato a lavorare. Non ha partecipato agli episodi riportati nel documento".
Ma, nonostante le sue menate da faccia di bonzo, c'è la storia che parla:
^ Emilio Formigoni era comandante delle Brigate nere fasciste di Missaglia, compagnia paramilitare a cui è stata attribuita la responsabilità dell'eccidio di Valaperta. Si veda il Corriere della Sera del 6 aprile 1995: "Veleni contro Formigoni". La Corte d'Assise straordinaria di Como, nel 1947, con la sentenza n. 12/47 ha ascritto le azioni di Emilio Formigoni ad una forma di collaborazionismo con l'occupante tedesco, anche se come tutti gli altri imputati egli ha beneficiato dell'amnistia. Cfr.: Merate online. Roberto Formigoni ha sempre negato l'implicazione del padre nelle vicende dell'eccidio di Valaperta, citandone anzi positivamente l'esempio . Emilio Formigoni è deceduto nel febbraio 2000 a 96 anni. (wikipedia)
Per saperne di più:
L'eccidio di Valaperta di Casatenovo
Per non dimenticare
Il 3 gennaio 1944 le Brigate Nere di Missaglia, comandate da Emilio Formigoni (padre dell'attuale presidente della Regione), fucilano quattro partigiani a Valaperta di Casatenovo
Il 23 ottobre 1944 il brigadiere del distaccamento di Missaglia della Guardia Nazionale Repubblicana (GNR) incaricò un suo milite, Gaetano Chiarelli, di fornire informazioni su di un renitente alla chiamata alle armi di Valaperta.
Un gruppo di partigiani, avvertiti della presenza del repubblichino in Valaperta, circondarono il gruppo di case e intimarono al Chiarelli di alzare le mani e consegnare loro la bicicletta e le armi; di fronte al suo rifiuto gli spararono addosso, uccidendolo.
Alle 22,30 piombano su Valaperta una quindicina di brigatisti neri. Intanto era sopraggiunto anche il segretario del Fascio e il Commissario Prefettizio di Missaglia, nonché comandante del locale Distaccamento della Brigata Nera, l'ingegner Emilio Formigoni, padre dell'attuale presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni.
Un gruppo di partigiani, avvertiti della presenza del repubblichino in Valaperta, circondarono il gruppo di case e intimarono al Chiarelli di alzare le mani e consegnare loro la bicicletta e le armi; di fronte al suo rifiuto gli spararono addosso, uccidendolo.
Alle 22,30 piombano su Valaperta una quindicina di brigatisti neri. Intanto era sopraggiunto anche il segretario del Fascio e il Commissario Prefettizio di Missaglia, nonché comandante del locale Distaccamento della Brigata Nera, l'ingegner Emilio Formigoni, padre dell'attuale presidente della Regione Lombardia Roberto Formigoni.
I militi della G.N.R., sparsi per la cascina, sparano all'impazzata nei cortili, incendiando le stalle e i fienili, razziando le case, percuotendo le persone inermi per tre giorni per ottenere i nomi dei partigiani, sotto gli occhi indifferenti del capitano che risponde, a chi gli chiede di calmare i suoi uomini, che essi stanno esercitando la legittima vendetta del camerata ucciso.
Vengono arrestati per l'uccisione del Chiarelli quattro partigiani: Natale Beretta di Arcore di 25 anni, Nazzaro Vitale di Bellano di 24 anni, Mario Villa di Biassono di 23 anni, Gabriele Colombo di Arcore di anni 22.
La mettina del 3 gennaio 1945 a Valaperta i quattro partigiani vengono fucilati.
All'esecuzione erano presenti i militi della G.N.R. di Missaglia, il Commissario prefettizio di Casatenovo, prof. Firmiani, il medico condotto dott. Della Morte e il comandante della Brigata Nera di Missaglia, ing. Formigoni.
La mettina del 3 gennaio 1945 a Valaperta i quattro partigiani vengono fucilati.
All'esecuzione erano presenti i militi della G.N.R. di Missaglia, il Commissario prefettizio di Casatenovo, prof. Firmiani, il medico condotto dott. Della Morte e il comandante della Brigata Nera di Missaglia, ing. Formigoni.
Dopo la guerra Formigoni scappò in esilio ma condannato in contumacia solo come collaborazionista potè rientrare tranquillamente in Italia così come tanti altri fascisti.
Dalla popolazione locale Formigoni papà è ricordato anche per aver più volte sequestrato e seviziato inermi civili. Roberto il figlio ha sempre negato il passato del padre ed anzi ne ebbe a citare positivamente l'esempio.
Centrale dell'Arte, Gruppo Libertario di Cultura Alternativa “L'erba”
Casatenovo, 3 gennaio 1996
Inoltre, c'è un'altra vicenda che lo riguarda da vicino:
C'è una sentenza a cui sono stati dedicati solo brevi trafiletti sui giornali. Eppure coinvolge un politico di prima grandezza, che punta addirittura alla successione di Silvio Berlusconi.
La sentenza è quella del processo "Oil for food", il politico è Roberto Formigoni, presidente della Regione Lombardia. Ricordate la vicenda? Èlo scandalo scoppiato nel 2004, quando sono emersi i fiumi carsici ditangenti pagate all'ombra del programma delle Nazioni Unite "Oil forfood", nato per addolcire l'embargo all'Iraq di Saddam Hussein permettendo di scambiare oil, cioè petrolio, con food, cibo e medicine.Un'indagine americana ha certificato che, sotto l'ombrello protettivodi quel programma Onu, Saddam assegnava contratti petroliferi a prezzidi favore in cambio di robuste mazzette impiegate per sostenere ilregime. Poi, dopo l'invasione Usa, quei soldi sono finiti a finanziare la guerriglia e il terrorismo. Coinvolti nel gioco, grandi compagnie e piccoli trader petroliferi, ma anche singole persone ed esponentipolitici di una cinquantina di Paesi del mondo.Tra questi, Roberto Formigoni che, in nome della sua amicizia con il cristiano Tareq Aziz, braccio destro di Saddam, ha ricevuto contratti per 24,5 milioni di barili: la più massiccia tra le assegnazioni fatte a soggetti italiani. Poiché Formigoni non fa il petroliere, i contratti sono stati gestiti da aziende suggerite dal governatore: la Cogep della famiglia Catanese e la Nrg Oils di Alberto Olivi. Così una piccolaimpresa come la Cogep si è trovata di colpo a passare dalle autobotti alle petroliere. In cambio, secondo l'inchiesta sviluppata a Milano dal pm Alfredo Robledo, avrebbe pagato tangenti per 942 mila dollari in Iraq e 700 mila a mediatori italiani. La Nrg Oils avrebbe pagato invecealmeno 262 mila dollari. I Catanese (benché la loro Cogep fosse già stata coinvolta nello scandalo dei petroli e i suoi titolari fossero già stati condannati nel 1982 per contrabbando internazionale) sono trai fondatori della Compagnia delle Opere, l'associazione d'impresepromossa da uomini di Cl, e questo è bastato, evidentemente, per farscattare la segnalazione di Formigoni a Saddam. A partire dal 1997,Saddam e Aziz concedono succulenti contratti alla piccola Cogep, che"ringrazia" Formigoni versando dal 1998 al 2003 oltre 700 mila dollari sui conti di una società estera, la Candonly, controllata da Marco Mazarino De Petro, il fiduciario di Formigoni per i rapporti con l'Iraqdi Saddam. Come giustifica De Petro tutti quei soldi? «Sono il compensoper la mia consulenza». Ma è difficile capire in che cosa sia consistita quella consulenza, visto che De Petro può esibire soltanto una relazione stilata nel 1996, tre paginette dalla sintassi difficile, in cui strologa di un «accordo petroil for food».
Ora è arrivata la sentenza. La prima condanna europea per quello scandalo: due anni di carcere a De Petro, in primo grado, per corruzione internazionale di funzionari dello Stato; condannati anche Andrea Catanese e Paolo Lucarno, uomini della Cogep. E Formigoni? Era già da tempo uscito dall'inchiesta. Ma a prescindere dal piano giudiziario, le responsabilità morali e politiche delle azioni di Mazarino De Petro ricadono su di lui. Come Berlusconi per il caso David Mills: lì, se Mills è il corrotto, Berlusconi è il corruttore; in Oilfor food, se Mazarino De Petro è il corruttore, la responsabilità morale e politica del suo operato è del politico per conto del quale De Petro operava, cioè Formigoni. È semplice e chiaro. Qualcuno l'ha detto? Qualcuno l'ha scritto? E ancora: Candonly era una società riferibile di fatto ai Memores Domini, il "gruppo adulto" di Comunione e liberazione di cui Formigoni è l'esponente più in vista. Dove sono andati a finire i soldi di Candonly? Chi li ha utilizzati? PerchéFormigoni non lo spiega? E perché nessuno glielo chiede?
Nessun commento:
Posta un commento