sabato 16 febbraio 2013

GREGGE ELETTORALE. - Ferdinando Imposimato




Il presidente della repubblica, dopo sei anni dalla sua elezione, ha rivolto un invito ai partiti a riformare la legge elettorale indecente, il porcellum, che, se ancora vigente, spingerebbe molti cittadini a non votare o a votare per Beppe Grillo. L'impressione generale e' che il Capo dello Stato sia preoccupato piu' della crescita di Grillo e del suo Movimento a 5 stelle che dell'esigenza di restituire ai cittadini il diritto di scelta dei candidati, con la preferenza. 
Ma la situazione si e' impantanata e temiamo che non si riuscira' a uscirne. 
Il dibattito sulla legge elettorale non decolla perche' altre sono le priorita' che il Paese sente come improrogabili. Tra queste il lavoro dignitoso, sempre piu' vilipeso, e la vergogna della corruzione dilagante tra le varie caste, in modo trasversale tra tutti i partiti, compresi quelli che, come l'Italia dei Valori, si sono proposti come censori implacabili dei partiti al governo della Regione Lazio. 
Lo sperpero del denaro pubblico da parte di una classe politica cinica e decisa a distruggere l'Italia dei lavoratori va a scapito del diritto al lavoro. Tutti hanno tratto indegni benefici personali a spese del bene comune, mentre il Paese, nei suoi soggetti piu' deboli, subiva e subisce veri e propri “taglieggiamenti” da parte di una maggioranza che pensa solo alle proprie clientele. Nessun senso dello Stato, nessun rispetto del principio di solidarieta' stabilito dalla Costituzione, nessun allarme per le gravi ingiustizie consumate in danno dell'equita' sociale, cardine della nostra democrazia. Cio' che e' accaduto in questi ultimi tempi e' la prova dell'assoluta insensibilita' dei partiti e di chi ci governa rispetto ai problemi reali del Paese. 

Da anni invochiamo una legge contro la corruzione, ben sapendo che aiuterebbe a risolvere il problema del lavoro e della tutela degli ultimi. Giorgio Napolitano, dopo un silenzio durato sei anni, ha rivolto un duro, si fa per dire, richiamo alle forze politiche perche' approvino la legge contro la corruzione, in attuazione della Convenzione di Strasburgo del ‘99. 
Troppo tardi. L'invito al voto di fiducia si potrebbe risolvere anche nella bocciatura, poiche' tra l'andare a casa, pochi mesi prima della scadenza naturale della legislatura e approvare una legge che punira' i criminali corrotti che siedono in parlamento, e cioe' molti degli stessi parlamentari, la scelta premiera' certo la bocciatura della legge sulla corruzione. Un anno o due anni fa sarebbe stata tutt'altra cosa. E dunque le speranze sono minime. 

legge elettorale e regime
Altro punto caldo sul tappeto e' la legge elettorale. Il problema della riforma di tale legge, per sua stessa natura, e' tra i piu' difficili che una classe politica possa affrontare. Perche' dalla legge elettorale dipende la sorte stessa dei partiti. Non ne esiste una in grado di accontentare tutti, cosi' come non esiste una riforma elettorale in senso maggioritario che non peggiori la posizione di qualche partito. Perche' il premio di maggioranza si risolve sempre in una sottrazione di seggi a coloro che hanno espresso il loro voto a favore di certi partiti che non ne fruiscono. Sicche' la difficolta' di giungere ad una riforma in Parlamento e' nel puntuale dissenso, spesso decisivo, di chi non ha interesse ad attuarla. Come avviene adesso. 
L'essenza delle legge elettorale e' nel metodo: un criterio di trasformazione di voti in seggi. Col proporzionale, a tanti voti corrispondono altrettanti seggi. Il maggioritario invece attribuisce il seggio, in ogni collegio, al piu' votato, secondo il principio che il primo prende tutto e il secondo niente. Si vede l'enorme differenza tra i due sistemi ed i loro limiti. I sistemi proporzionali soddisfano l'esigenza della rappresentativita' dei cittadini, e producono parlamenti che rispecchiano la distribuzione dei partiti e delle opinioni. 

dilemma maggioritario
I sistemi maggioritari mirano alla governabilita': eliminano i piccoli partiti per avere governi efficienti. Con il maggioritario puro, che in Italia non c'e', la maggioranza del 51% puo' conquistare tutti i seggi, lasciando senza rappresentanza l'opposizione. Il che sarebbe assurdo. L'opposizione che dissente e' l'essenza stessa della democrazia, e' parte integrante della volonta' popolare e non puo' essere sacrificata sull'altare della governabilita'. 

Una maggioranza parlamentare senza opposizione si trasforma in un regime, che e' appunto la dittatura della maggioranza.
D'altra parte un sistema proporzionale in cui la frammentazione produce ingovernabilita' deve preoccupare, rischiando di portare alla paralisi ed alla impossibilita' di fare le scelte necessarie, come e' avvenuto in Italia prima della legge Calderoli. E dunque il dilemma tra maggioritario o proporzionale resta, e deve essere risolto con una precisa scelta di campo, rispondendo ad una domanda cruciale: si vuole un paese in cui si contendono il campo due soli partiti, come in Inghilterra ed in America? O un sistema in cui siano rappresentati piu' partiti? E fino a che punto devono essere ammessi? 
A questa domanda non e' facile rispondere senza avere fornito qualche dato storico. Bisogna dire subito che la realta' italiana e' ben diversa da quella anglosassone; e che la legge elettorale e' pregiudiziale a tutte le altre riforme: una cattiva legge puo' far saltare un intero sistema istituzionale. 
Il modello elettorale da scegliere non e' un fatto astratto: dipende dalla situazione concreta nel Paese, da cio' che esiste nel mondo dei partiti e dai problemi che ogni Paese deve affrontare. In Inghilterra, che da sempre funziona con un sistema bipartitico, con una legge elettorale uninominale ad un solo turno, molti chiedono il proporzionale per aumentare la rappresentativita' in Parlamento dei diversi interessi esistenti nel Paese. In Italia il problema si rovescia. Come nella Francia della Quarta Repubblica, noi abbiamo troppi partiti: ma alcuni di essi in realta' - forse la maggioranza - sono partiti solo di nome: in effetti sono oligarchie, che perseguono l'auto-riproduzione di pochi individui, amici, parenti e talvolta amanti.
Gli esempi sono sotto gli occhi di tutti. Questi pseudopartiti, a carattere familiare e clientelare, tengono sotto ricatto il governo in permanenza, con richieste di seggi sicuri in numero superiore a quelli spettanti in base agli elettori di ciascuna formazione politica. Molti partiti si alimentano prevalentemente con il sistema delle clientele, degli appoggi delinquenziali e dei finanziamenti non trasparenti. Sicche' una legge proporzionale pura, in cui siano rappresentati tutti i partiti, anche quelli dell'1-2 % o dello 0, 50 % (come in passato fu con Lamberto Dini e Clemente Mastella), sarebbe devastante. Tale scelta fu nefasta per la Repubblica di Weimar (1919-1939) in Germania, e rappresento' il preludio della frammentazione partitica tedesca che sfocio' nella tragedia del nazismo. Cio' impone di trovare un sistema in cui sia ridotta la frammentazione e sia favorita l'aggregazione dei partiti, in modo da garantire una maggiore governabilita': per affrontare, decidere e risolvere i problemi ispirandosi all'interesse generale del Paese. Ma anche un sistema che garantisca la scelta dei migliori e la sostituzione dei dinosauri come Massimo D'Alema, Walter Veltroni e Silvio Berlusconi.
Sarebbe auspicabile una legge proporzionale che lasciasse in vita le forze politiche di media dimensione, a condizione che i partiti fossero regolati da norme generali secondo il principio della trasparenza dei bilanci e della democrazia interna, due cose che non esistono affatto neppure nei grandi partiti. Ci sarebbe dunque una sorta di struttura bipolare fondata non su due partiti ma su quattro o cinque forze politiche che avessero una certa consistenza numerica minima. Oggi non e' pensabile una legge elettorale che escluda i partiti del 5, 6 o 7 per cento, come Sel, l'Italia dei Valori e Udc. 
Guai a pensare di creare un bipartitismo coatto, in cui si escludano forze che possono dare vita ad una sinistra europea plurale. Esse rappresentano vaste aree di lavoratori e ambientalisti che non si sentirebbero rappresentanti dal Partito Democratico e ancor meno dal cosiddetto Partito delle Liberta'. L'ideale sarebbe varare una legge proporzionale che introducesse il voto di preferenza, una quota di sbarramento del 5% e il divieto di alleanze elettorali tattiche destinate a scomparire dopo le elezioni. In realta' non si fara' nulla di tutto questo e temiamo che restera' la legge vigente, senza il voto di preferenza. O con un voto di preferenza truccato. 

le grandi ammucchiate 
Anche qui bisogna tener conto della situazione esistente e delle convenienze, partendo dalle forze in campo. I sondaggi del Pd danno il partito tra il 25 e il 29 per cento, il Pdl al 20, 21%, Grillo al 16-17, l'Udc al 6-7 e l'Idv al 5-7%. La speranza, coltivata da Pierluigi Bersani e D'Alema, di una vittoria del centro sinistra con un governo che escluda il partito di Berlusconi, e' piuttosto flebile. Sia una coalizione del Pd con Nichi Vendola e Pierfedinando Casini, sia il ritorno alla foto di Vasto (Pd, Idv e Sel) con il 10 % del premio di maggioranza, non garantirebbero la governabilita', per fortuna. Lo stesso vale per il centro destra con Pdl, Lega e Udc, che non sarebbero in grado di governare. La conseguenza di tutto questo e' che si stanno creando le premesse del ripetersi di una grande coalizione, in cui pero' i partiti vogliono piazzare i loro personaggi impresentabili al posto dei cosiddetti tecnici. Sarebbe un disastro per il Paese ancora maggiore, ma e' l'ipotesi piu' concreta alla quale stanno lavorando D'Alema e Berlusconi, decisi a restare a galla, in una grande ammucchiata di personaggi impresentabili, con dicasteri importanti che dovrebbero essere guidati da loro stessi. Questa supposizione e' fondata anche su un dato: il leader Maximo ha sussurrato in Transatlantico che il 10% di premio e' piu' che sufficiente. Il suo disegno e' chiaro: una grande alleanza nella quale il Pd dovrebbe avere un peso maggiore e imporre lui, il Massimo, come presidente della repubblica, accanto a un Monti Bis, alla guida del Governo; il tutto a scapito di un Romano Prodi che non si rassegna e aspira al Colle, dopo averci fatto sognare di non rivederlo piu'. Ma vi e' anche una terza, tragica ipotesi: che qualche salvatore della patria si proponga alla guida di un governo forte, a suon di stragi, come avvenne nel 1992-1993. Purtroppo la storia si ripete e per noi l'unica via di uscita sarebbe l'esilio.

sindaci modello 
Un'ultima notazione: ho avuto modo di conoscere sindaci di piccoli comuni che possono fregiarsi del riconoscimento di Comuni virtuosi. Sono amministratori eccellenti, sobri, capaci e pieni di entusiasmo. E' molto piu' difficile amministrare un Comune che stare in Parlamento a votare senza sapere perche' e per chi. 
Per me e' stato un riconciliarmi con la politica e la speranza di un riscatto di questo sventurato Paese. Essi non hanno voce, non hanno una tribuna dalla quale lanciare le loro proposte. Io chiedo loro di non arrendersi, di cercare alleanze con altri gruppi, di creare un movimento-partito che possa salvarci dai disastri in cui siamo precipitati. Io saro' al loro fianco senza chiedere niente altro che il piacere di fare qualcosa di utile per loro e per il Paese, pensando a milioni di disoccupati e di senza reddito. L'Italia Virtuosa e' accanto a loro e a loro sostegno, senza timori ne' speranze (sine metu nec spe), che non siano quelle legate alla salvezza del Paese.


http://lavocedellevoci.it/inchieste1.php?id=549

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