giovedì 24 marzo 2011

Referendum nucleare europeo.




La Merkel ha dichiarato che "Più presto la Germania uscirà dal nucleare meglio sarà".

La Germania ha 17 reattori che saranno spenti con un anticipo di nove anni, nel 2026 e non più nel 2035 come previsto prima di Fukushima.

Nei prossimi tre mesi tutte le centrali tedesche saranno controllate con uno "stress test" e sette reattori saranno spenti per manutenzione e uno definitivamente., altri cinque saranno disattivati in maggio per controlli.

Se la matematica non è un'opinione, come vorrebbero i nuclearisti (a proposito qualcuno sta ancora blaterando sul nucleare sicuro di "nuovissima" generazione?), la Germania entro l'estate, una potenza economica mondiale, disporrà solo di 4 reattori (17 - 8 - 5 = 4).

Come potrà sopravvivere?

Con lo sviluppo delle energie rinnovabili che valgono già oggi il 17%dell'elettricità prodotta (il nucleare è al 22%).

I reattori nucleari in Europa sono centinaia.

La Francia è la prima nazione nucleare.

LaFrancia dispone di 19 centrali con 58 reattori, nel 2009 l'energia nucleare ha generato il75.17% del suo fabbisogno di energia elettrica, la prima al mondo, le altre nazioni arrivano al massimo al 30%.

Un reattore EPR è in costruzione in Normandia, il secondo dopo quello finlandese di Olkiluoto che ha come partner l'Enel al 12,5% degli investimenti e che ha giàraddoppiato i costi e i tempi di costruzione.

La Francia ha un modello di sviluppo basato sull'energia nucleare, sul nucleare bellico strettamente connesso a quello civile, un modello mantenuto in vita grazie alle tasse dei francesi e all'approvvigionamento dell'uranio dal Nigerda parte della società statale Areva (vedi Greenpeace "L'uranio di Areva sta uccidendo il Niger"). La Francia, dopo Fukushima, è rimasta con il cerino nucleare in mano e con la Francia anche l'Europa.

Due modelli di sviluppo inconciliabili sono davanti a noi, uno legato alle rinnovabili e al risparmio energetico, rappresentato dalla Germania, e un'altro nucleare, della Francia.

Su questo tema l'Europa deve pronunciarsi attraverso un referendum collettivo.

Gli europei devono decidere della politica energetica dell'Europa e del loro futuro, non soltanto i singoli governi.

Alle frontiere occidentali dell'Italia sono schierate 7 centrali nucleari francesi, da Super Phénix a Marcoule.

Qualcuno ci ha chiesto il permesso?

Se un aereo di linea, come è successo l'11 settembre, fosse dirottato su una centrale, parte della Francia e dell'Italia diventerebbero un deserto radioattivo.

Il Giappone, quando si sarà ripreso, abbandonerà l'energia nucleare. Le borse mondiali lo hanno già fatto, le industrie del nucleare sono andate a picco. Le lobby non si faranno mettere da parte così facilmente, controllano i media che hanno seppellito Fukushima con il corpo ancora caldo. L'Europa ha bisogno di statisti, non di affaristi alla Sarkozy o alla Berlusconi. Siamo in guerra e la vinceremo.

Ps: Le "Facce da nucleare" dell'opposizione che si sono assentate alla votazione per l'accorpamento del referendum con le elezioni amministrative sono: Capano, Cimadoro, Ciriello, D'Antona, Farina, Fassino, Fedi, Gozi, Madia, Mastromauro, Porcino, Samperi.
- Scarica il volantino delle "Facce da nucleare" e diffondilo
- Partecipa a "Spegni il nucleare" con il referendum su FB.



Referendum immunitario. - Nadia Redoglia




La nube compie il primo giro del globo, cui ne succederanno altri ché nulla si crea e si distrugge. Isapienti avvertono che non ci sarà alcun pericolo per il pianeta. Per farcene una ragione spiegano che sarà da 1.000 a 10mila volte inferiore alla "vecchia" Chernobyl. L'ignoto, specie se supportato da impotenza ampiamente dimostrata, scatena ansie che possono sfociare in autentico terrore. Ed è perciò che, nel non sapere, tanto vale fare un atto di fede verso i dichiarati “scampati pericoli” piuttosto di privilegiare ansie e allarmismi che potrebbero farci male quanto le contaminazioni nucleari. Un fatto è conclamato e pare che l’Europa ci sia arrivata: la certezza dell’incolumità totale sull’energia atomica, non c’è. Noi, Italia, che dal 1987 d.C. ancora non sappiamo mettere in sicurezza le sue scorie, si sta progettando nuovi impianti. Noi si va controcorrente (rinnovabile)… Ci potrà salvare, ancora una volta, il referendum. Mentre il popolo anela all’immunità da radiazioni, il capo di governo anela giusto alla sua immunità da processi (indirettamente uno dei 3 quesiti referendari), perciò invita a non esprimerci. No quorum, no volontà popolare, sì alla sua immunità. In cambio ci offre un anno d’immunità dal -suo- nucleare.



La nostra riflessione su ciò che è accaduto in Giappone. E sull'informazione italiana.


di A. Nagasawa, N. Okada e N. Ishii


La nostra riflessione su ciò che è accaduto in Giappone. E sull'informazione italiana

I giapponesi sono bravi a mantenere la calma nei momenti tragici; anche di fronte ad un disastro sanno mantenere un atteggiamento corretto senza disturbare la quiete pubblica; questo lo abbiamo capito tutti. Ma non sono altrettanto bravi a stare uniti fuori dal loro paese: non esiste una comunità giapponese a Roma, ci avete mai pensato? Guai a chiedergli di esprimere un’opinione, la riservatezza fa parte della cultura giapponese. Invece, noi giapponesi che abbiamo un legame forte con l’Italia, vogliamo fare un appello ai giornalisti, cioè i detentori del “Quarto Potere”, che scrivono le notizie sul terremoto a Fukushima e sull’incidente nucleare: impiegate 5 minuti del vostro tempo per leggere questo comunicato e fate una riflessione. Da quando è avvenuto il terribile terremoto ed il conseguente incidente alla centrale nucleare di Fukushima Daiichi, noi giapponesi in Italia, oltre a provare un estremo dolore per chi si trova in quella zona, siamo spesso dispiaciuti e interdetti per il taglio delle notizie trasmesse dalle testate giornalistiche italiane. Questo perché? Perché, in primis, abbiamo percepito una grande differenza di temperamento tra due modi di diffondere le notizie. I media giapponesi sicuramente per non seminare il panico, forniscono notizie dettagliate e sintetiche a differenza di quelli italiani che danno essenzialmente enfasi all’aspetto tragico, senza tuttavia aver piena coscienza sulla veridicità di quanto diffuso (“tragico il problema dello smaltimento delle vittime dello tsunami, fra 25-40 mila”: la Repubblica 20 marzo, ndr il numero delle vittime stimato sarà 25mila). Così come, al tempo stesso ci sono articoli che apprezziamo (“Tokyo, la normalità nonostante tutto”: la Stampa 21 marzo). E’ chiaro: noi siamo coinvolti emotivamente da ciò che osserviamo e non stiamo dicendo che solo i media giapponesi dicono la verità su questa vicenda . Ma vorremmo ribadire che ci dispiace leggere da tanta parte della stampa italiana dati non veritieri e spesso ci sentiamo offesi dalla parzialità dell’informazione.

Ringraziamo gli autori dell'articolo che ci offono un punto di vista importante. Da oggi apriamo ufficialmente una collaborazione con giornalisti ed esponenti della comunicazione e della cultura giapponese che scriveranno sul nostro sito in relazione alla vicenda del terremoto (e non solo)

http://www.articolo21.org/2849/notizia/la-nostra-riflessione-su-cio-che-e.html



Birgi, giornalisti tenuti a distanza Oggi pomeriggio manifestazione pacifista.


L'aeroporto di Trapani è off limits per i cronisti. Di pomeriggio Rifondazione manifesta per la pace.
Ignazio La Russa"I caccia Tornado Ecr italiani hanno compiuto in Libia 10 missioni e 32 sortite, senza che fosse necessario neutralizzare radar nemici con i missili di bordo". A dichiararlo è stato addirittura il ministro della Difesa Ignazio La Russa, smentendo quindi il maggioreNicola Scolari, che dopo aver partecipato alla prima delle dieci missioni pilotando il suo Tornato, aveva dichiarato tutt'altro, venendo immediatamente trasferito alla base di Piacenza.

A Trapani nel frattempo i giornalisti sono tenuti a debita distanza. Alcuni cronisti sono stati infatti allontanati nei giorni scorsi dall'aeroporto "Vincenzo Florio" ormai trasformato a vera e propria base militare.
Per evitare altri possibili casi "Scolari", si preferisce evitare che ai militari vengano poste domande. Più o meno lo stesso atteggiamento dei membri del Governo di fronte alle domande dell'opposizione. "Governo di conigli" ha dichiarato alla Camera il leader d'Italia di Valori, Antonio DI Pietro, rivolto al ministro degli Esteri Franco Frattini ed al premier Silvio Berlusconi, mentre questi fuggivano dall'aula.

Per il pomeriggio Rifondazione Comunista ha organizzato una manifestazione davanti l'aeroporto di Birgi. A chiedere la sospenzione delle operazioni militari in Libia anche i Cobas, l'Anpi, l'Unione degli Studenti, l'Associazione Radio Aut, e la Cgil di Trapani.

Mondadori, lancio di pietre e fumogeni guerriglia al centro di Palermo.





Scontri e tafferugli davanti al teatro Massimo tra alcuni giovani della sinistra antagonista e le forze dell'ordine (guarda il video), accorse a proteggere il centro multimediale affollato di ragazzi di destra. La polemica a causa della presentazione del libro "Nessun dolore", scritto da Domenico Di Tullio, avvocato difensore di Casa Pound, l'organizzazione accusata di diffondere idee razziste.

Lancio di pietre, bottiglie, fumogeni e una bomba carta contro poliziotti in tenuta antisommossa. E' il bilancio dei tafferugli esplosi nel primo pomeriggio davanti al teatro Massimo, in pieno ''salotto'' di Palermo, tra le forze dell'ordine e giovani appartenenti a organizzazioni della sinistra antagonista in polemica con i ragazzi della sede palermitana di Casa Pound, organizzazione di destra, giunti alla libreria Mondadori per partecipare alla presentazione del libro di Domenico Di Tullio, dal titolo "Nessun dolore''. L'autore del volume, Di Tullio, e' il legale di Casa Pound, un'organizzazione da tempo accusata dai movimenti della sinistra antagonista di diffondere idee razziste e naziste.
I disordini sono esplosi a poche decine di metri dalla libreria, dove i fans di Di Tullio si erano radunati per assistere al dibattito. Il presidio organizzato nel quadrivio tra via Ruggero Settimo e via Cavour da uomini della guardia di finanza, della polizia di Stato e dei carabinieri, non e' riuscito ad evitare i tafferugli e il traffico nelle strade è rimasto bloccato per oltre un'ora dal Politeama a corso Vittorio Emanuele.

I manifestanti, facendosi scudo con i cassonetti dell'immondizia, avrebbero divelto alcuni cestini per i rifiuti e li avrebbero lanciati contro le forze dell'ordine che avrebbero quindi risposto con lanci di lacrimogeni. Due elicotteri hanno sorvolato per un'ora la zona degli scontri e la polizia ha ''caricato'' quattro volte. La manifestazione, cominciata in modo pacifico da parte di studenti e di aderenti allo Slai Cobas, e' poi degenerata all'arrivo dei giovani dei Redblock e dei centri sociali. La guerriglia urbana non ha provocato, comunque, alcun fermo. Non si hanno notizie di feriti, anche se un esponente dei Cobas (guarda il video) parla di ''manganellate'' e si vocifera di qualcuno dei giovani allontanatosi con lievi contusioni. L'ultima ''carica'' ha disperso i manifestanti che alla fine hanno abbandonato alla spicciolata il campo di battaglia (guarda il video).

Nel resto d’ Italia, Arezzo, Parma, Torino la presentazione del libro ha suscitato reazioni, ma nessuna come a Palermo. Nei giorni scorsi la sede di Casa Pound in città è stata oggetto di un attentato incendiario, mentre il direttore della Mondadori, Stefano Malgrati, ci dice di avere ricevuto minacce personali e atti intimidatori affinchè la presentazione non avesse luogo. Il romanzo di Di Tullio ha suscitato la forte reazione di centri sociali e gruppi della sinistra antagonista che accusano l’ organizzazione Casa Pound di diffondere ideologie di estrema destra.

Tutti illesi i fans di Di Tullio che sono rimasti all'interno della libreria. Si tratterebbe di militanti e dirigenti locali e nazionali dell'organizzazione di destra, “Fascisti del Terzo Millennio” come amano definirsi loro, che avevano annunciato, per bocca del vicepresidente nazionale Andrea Antonini romano e del presidente regionale Andrea La Barbera di Palermo, di essere ben decisi a reagire ad ogni accenno di provocazione o contestazione.

La cultura inquina. -




Mi inchino ammirato alla perfidia del governo, che finanzia i teatri lirici aumentando il prezzo della benzina. Gli intellettuali ostili non hanno sempre detto che la cultura è il nostro petrolio? E allora si tassi il petrolio degli altri per poter continuare ad attingere a quello metaforico, prodotto dalle viscere della storia patria. «Un piccolo sacrificio che tutti gli italiani saranno lieti di fare», ha suonato il flauto Gianni Letta. Ma basta una passeggiata sul web per accorgersi che gli italiani non sono lieti per niente. Sono esterrefatti, me compreso, per la faccia tosta della politica, che chiede sempre «sacrifici» e mai ne fa. Che mette le mani nelle tasche degli italiani, ma si guarda bene dallo svuotare le proprie. I 236 milioni destinati a cultura e spettacolo (una miseria per un Paese che a cultura e spettacolo affida quel poco che resta della sua immagine nel mondo) era davvero indispensabile spillarli ai nostri carburatori?

L’accorpamento dei referendum alle elezioni amministrative di maggio avrebbe permesso, da solo, di recuperare ampiamente il maltolto. Aggiungerei al conto le auto blu e le scorte di statisti del calibro di Scilipoti. Per carità di Patria eviterò di ricordare quanto ci costi il volo di ogni Tornado sopra la Libia in fiamme (32 mila euro all’ora, comunque). Ecco, qualche testa fina starà già pensando: perché sprecare tutti quei soldi per la cultura quando ce n’è così bisogno per i bombardamenti? Che la tassa sul petrolio vada a finanziare la guerra del petrolio: resterebbe uno scippo, ma almeno uno scippo coerente.



Processo Rostagno, le omissioni di un maresciallo dei carabinieri.



Indicato come la punta di diamante, infila tanti non ricordo nelle risposte
di Rino Giacalone - 24 marzo 2011


Non è stata una udienza priva di colpi di scena quella del 23 marzo del dibattimento per il delitto di Mauro Rostagno. Presenti i due imputati, Vincenzo Virga in video conferenza, e Vito Mazzara, in aula, sul pretorio è tornato il luogotenente dei carabinieri Beniamino Cannas
all’epoca del delitto, brigadiere presso il nucleo operativo provinciale. I carabinieri hanno escluso la pista mafiosa, sostenendo, anche durante il processo (testimonianza oltre che di Cannas anche del suo ex comandante Nazareno Montanti), di non avere trovato elementi, ma Montanti prima e Cannas adesso, dinanzi alle domande poste dai pm che hanno evidenziato tra le righe come gli elementi che conducevano alla matrice di Cosa Nostra erano «a portata di mano», hanno cercato di cavarsela «glissando», con i non ricordo. Cosa che ieri nei confronti di Cannas ha portato il presidente della Corte di Assise, giudice Angelo Pellino, a richiamare quasi il teste dinanzi all’ennesima dichiarazione con la quale cercava di porsi lontano dalle indagini sul delitto Rostagno: «Non è comprensibile – ha detto Pellino – come il suo ex comandante l’ha indicata a noi come una “punta di diamante” e lei oggi viene a dirci che non si occupava delle indagini». Il luogotenente Cannas aveva detto che «lui di mafia non si occupava, ma di droga».

Cannas se le è presa anche con la stampa a proposito delle notizie pubblicate su verbali di sommarie informazioni dei quali fu oggetto Rostagno proprio da parte sua che solo ieri e nell’ultima parte della sua deposizione si è ricordato: sentì Rostagno a proposito di mafia e massoneria. «I giornalisti – ha detto – mi hanno voluto mettere in cattiva luce».
A richiamare il teste è stato anche il pm Gaetano Paci. Cannas infatti ha riferito di un colloquio con Rostagno, causale, per strada, a fine agosto 1988. «Parlammo di diverse cose, anche dell’indagine cui era coinvolto sul delitto Calabresi. Mi disse che se gli davano il tempo avrebbe chiarito tutto. Poi ricordo un’altra frase, “si tratta di un errore di gioventù”». «Ma messa in relazione a cosa?» ha chiesto il pm. «Non ricordo – ha risposto il teste – ma sicuramente non si riferiva al delitto Calabresi». Ed allora il pm Paci ha tirato fuori un verbale del 1992 dove quella frase lui (sentendo Carla Rostagno, sorella di Mauro) la metteva in relazione al delitto Calabresi. «Come è possibile – ha chiosato il pm – che si scrivono relazioni di servizio così generiche?». Non è servito a Cannas ricordare che durante la sua carriera ha arrestato «800 persone».
Sono poi emerse clamorose anomalie: il mancato immediato sequestro delle cassette con la registrazione degli interventi in tv, a Rtc, di Rostagno, «fu fatto sette mesi dopo il delitto» (ma un altro teste, il regista Alberto Castiglione ha ricordato che nel 2005 trovò un magazzino con migliaia di cassette). E poi quel verbale di sopralluogo sul luogo del delitto che Cannas firmò mesi dopo il delitto. «Come è possibile questo?» ha chiesto il presidente Pellino. «Fino ad allora avevamo lavorato con gli appunti che avevamo preso» la risposta di Cannas.
L’audizione del luogotenente Beniamino Cannas si è conclusa con una dichiarazione del pm Paci che ai giudici ha anticipato che chiederà ai carabinieri di produrre tutti i documenti conservati nei loro archivi che hanno come oggetto eventuali audizioni, a qualsiasi titolo di Mauro Rostagno. I verbali indicati sulla stampa, quelli davanti ai carabinieri e dinanzi all’allora giudice istruttore di Rostagno, come persona informata dei fatti, a proposito di mafia e massoneria, hanno infatti lasciato sorpreso il magistrato, «non sono dentro ai fascicoli processuali, mi chiedo perchè non ci sono stati mai trasmessi» ha detto Gaetano Paci. La difesa di parte civile di Chicca Roveri e Maddalena Rostagno, avv. Carmelo Miceli, ha prodotto invece copia dell’intervista rilasciata da Rostagno a Claudio Fava per King nel 1988 e il libro dello scrittore Mugno dove sono raccolti gli editoriali di Rostagno a Rtc. Su quest’ultimo libro le difese si sono opposte. I giudici si sono riservati.
L’udienza dopo Cannas era proseguita con l’audizione dell’ex comandante provinciale della Finanza, oggi generale Ignazio Gibilaro, comandante provinciale della Gdf a Roma. Ha riferito degli accertamenti nei confronti di Cicci Cardella sull’uso di un «veliero» il «Povero Vecchio»: «Sospettavamo che lo usava per trasporti clandestini di personaggi arabi ed egiziani, una volta lo sequestrammo perchè a bordo fu trovato un “portale” di pietra di importazione clandestina».
Ma il colpo di scena vero e proprio è stato anche un altro. Ed ancora durante la deposizione del luogotenente Cannas, quando gli è stato chiesto se fu fatto l’accertamento su quello scontrino di macelleria trovato nella cava, vicino all’auto bruciata e che fu usata dai killer che uccisero Rostagno. I carabinieri hanno sostenuto che a fare quell’acquisto erano stati tre operai che quel giorno erano andati in quel luogo quasi a farsi una scampagnata, saltando la giornata di lavoro, comprarono della salsiccia per arrostirla e fare pranzo. Ma quella macelleria non era una macelleria qualsiasi, era quella di Crocci di proprietà di Francesco Virga, nipote del capo mafia Vincenzo. Francesco Virga fu indagato dalla Polizia diversi anni dopo. Tutto è avvenuto per caso? Anche quello scontrino lasciato in quella cava? Possibile che i carabinieri, come hanno detto i pm Paci e Ingroia, hanno con tanti elementi in mano «sbeffeggiato» la pista mafiosa a proposito del delitto Rostagno.