Australopithecus sediba presenta caratteri sia umani sia delle scimmie, che costringono a rivedere molte delle conoscenze sull'evoluzione del genere Homo. Su Science l'analisi dei reperti fossili rinvenuti nel sito sudafricano di Malapa.
E' un affascinante mosaico di primitivo e moderno quello che viene descritto come il più vicino antenato del genere umano: la new entry, che ha già acceso il dibattito nella comunità scientifica mettendo in discussione alcune delle teorie dell'evoluzione del genere umano finora più accreditate, si chiama Australopithecus sediba ed è un ominide vissuto circa due milioni di anni fa. Presenta una sorprendente combinazione di tratti che lo rendono molto vicino sia all'uomo che all'australopiteco, che ha indotto i suoi scopritori a candidarlo come il nostro progenitore più prossimo, l'anello mancante fra Lucy, femmina diAustralopithecus afarensis vissuta oltre 3 milioni di anni fa in Africa orientale, e i primi esemplari del genere Homo.In una serie di cinque articoli pubblicati su Science 1, che allo studio dedica la copertina, il professor Lee Berger, paleoantropologo dell'università di Witwatersrand a Johannesburg, in Sudafrica, insieme a diversi colleghi internazionali, ne descrivono le caratteristiche anatomiche, emerse dallo studio di reperti fossili - sorprendentemente completi e ben conservati - riconducibili a due scheletri scoperti da Berger tre anni fa nel sito sudafricano di Malapa, e datati con precisione a 1,977 milioni di anni fa.
La creatura svelata da Berger ha un cervello piccolo e braccia lunghe, come gli australopitechi. Ma in parte somiglia molto ai primi Homo, con dita corte, pollice lungo e adatto a maneggiare con precisione oggetti e manufatti, e un cervello (come si vede dal calco endocranico vituale) che, nonostante le dimensioni ridotte, mostra segni di una riorganizzazione che lo avvicina a quello umano: "Una combinazione di caratteri sia dei primati che umani in un unico individuo", sintetizza Berger.
Un enigma, o meglio un "paleo-puzzle". Il docente dell'ateneo sudafricano propende per collocare sedibanel genere Australopithecus, forse quella creatura misteriosa che avrebbe poi aperto la strada agli Homo in Africa: la congiunzione, insomma, fra l'australopiteco e il genere umano.
"Vista la cronologia, però, si potrebbe considerarlo già come una forma primitiva di Homo, comparso probabilmente in Africa orientale prima di due milioni di anni fa, di cui sarebbe una varietà diffusasi fino in Sudafrica", commenta il professor Giorgio Manzi, paleoantropologo dell'università La Sapienza di Roma, esperto di evoluzione umana.
"E' un'ipotesi affascinante", conferma, "e i reperti descritti in questo lavoro sono di inusitata ricchezza, sia per il grado di conservazione che per la capacità di fare luce su un periodo cruciale dell'evoluzione umana, lo snodo decisivo per la comparsa della nostra specie", continua. E, aggiunge, "provengono da un sito che rappresenta, per ricchezza e qualità dei reperti, una cattedrale della nostra preistoria più antica, come ce ne sono poche in giro".
Le caratteristiche dell'ominide descritte su Science riguardano aspetti cruciali, spiega ancora il professore: dal bacino, particolarmente importante per avere indizi sulla locomozione, alla mano, che flette ancora in modo simile a quello delle scimmie che si arrampicano sugli alberi, ma suggerisce anche la possibilità chesediba riuscisse a maneggiare con precisione oggetti e produrre manufatti, caratteristica propria del genere Homo. Il piede, poi, sembra indicare una fase di "bipedismo facoltativo", in cui il nostro progenitore non aveva ancora "scelto" in modo definitivo di camminare solo su due piedi, ma si serviva ancora di tutti e quattro gli arti per arrampicarsi sugli alberi. Infine il cervello, ancora piccolo, ma più evoluto rispetto a quello delle australopitecine.
Evidenze in base alle quali l'ominide sudafricano gioca un ruolo chiave nella storia della nostra evoluzione. "Non diciamo che è un nostro diretto progenitore, ma se si cominciano a valutare tutti gli elementi, di certo ne è il più probabile candidato", argomenta Berger. "Ben più di altre scoperte precedenti, come Homo habilis", precedente a Homo erectus, da cui in qualche modo noi Homo sapiens discendiamo. Altri ricercatori sono invece convinti del fatto che varie specie convivessero nello stesso periodo, diverse sperimentazioni di ominidi. Di certo, il dibattito continua.