Fabrizio Ferrandelli, il vincitore delle primarie del centrosinistra a Palermo, ha festeggiato il 6 marzo suo trionfo tra locali alla moda e giovani in libera uscita nella centralissima piazza Rivoluzione: «Non siamo qui per caso», ha spiegato, «è questo quello che faremo, una rivoluzione».
DALLA ZISA ALLA POLITICA. A caldo, accerchiato dai suoi sostenitori che lo spingevano «a prendere la città» e inseguito dalle telecamere in mezzo alla pioggia ha dedicato la vittoria «ai 15 mila giovani che ogni anno partono per andare a cercare un futuro fuori». Lui, il 31enne cresciuto nel quartiere della Zisa, non ha avuto bisogno di emigrare come i suoi coetanei: il suo futuro Ferrandelli lo ha trovato qui, nella sua Palermo.
IL POSTO FISSO IN BANCA. Nel 2003, quando aveva appena 23 anni e una laurea in Lettere moderne in tasca, riuscì a farsi assumere alla Banca Popolare Sant’Angelo: una vera e propria “vittoria” in una terra dove il posto fisso ha ormai assunto la stessa consistenza del santo Graal. Una vittoria quella del posto in banca che ha permesso a Ferrandelli di non doversi più preoccupare del suo di futuro, ma di poter iniziare a occuparsi, ha più volte ripetuto, di quello degli altri.
Una vita a studiare «da sindaco»
Chi lo conosce bene dice che studia da sindaco dai tempi dell’università. Ed è proprio lì che ha iniziato a lavorare per fare il grande salto in politica. L’origine della sua attività è da ricercare nei quartieri del centro storico palermitano, da Ballarò fino alla Kalsa: vecchie casupole fatiscenti abitate da extracomunitari, strade che di giorno sono mercati e di notte diventano luoghi di spaccio, sacche d’illegalità a pochi passi dai negozi di lusso di via Libertà.
UBUNTU E L'ASSOCIAZIONISMO. È lì che Ferrandelli ha fondato Ubuntu, un piccolo asilo per i bambini extra comunitari che negli anni si è dotato anche di uno sportello legale e di un piccolo ambulatorio medico: è stato il primo seme di quelle 39 associazioni della società civile che oggi lo hanno sostenuto e lo sosterranno nella corsa a sindaco di Palermo.
GLI ESORDI NEL PARTITO UMANISTA. Un lasciapassare che gli ha garantito la possibilità di fregiarsi del titolo di «candidato della società civile» nonostante alle spalle avesse i principali dirigenti dell’ala destra del Pd siciliano.
I primi passi in politica Ferrandelli li ha infatti mossi nel minuscolo partito Umanista, con il quale sostenne, ironia della sorte, la campagna di Rita Borsellino (che ora ha sconfitto alle primarie) contro Totò Cuffaro alle elezioni regionali del 2006.
AL FIANCO DI ORLANDO. Un anno dopo fece il grande passo. Lasciò gli umanisti per candidarsi in Consiglio comunale nella lista Orlando Sindaco come espressione dei Verdi. Un minuto dopo l’elezione lasciò gli ecologisti e diventò capogruppo di Italia dei Valori.
Da delfino di Orlando, Ferrandelli capì una cosa fondamentale: i palermitani nonpotevano fidarsi di un giovinastro che si presentava in jeans e maglione.
COME CETTO LA QUALUNQUE. Perché a Palermo il modo in cui ti presenti è più importante che altrove. Ecco dunque che il giovane consigliere di Idv iniziò a muoversi come un politico di lungo corso: giacca ben stirata, capelli lunghetti sul collo ma sempre impeccabilmente in ordine e il nodo dell’inseparabile cravatta ben stretto anche nelle occasioni più informali. Gli stessi elementi che all'indomani della sua vittoria lo hanno fatto paragonare al personaggio di Cetto La Qualunque creato da Antonio Albanese.
L'impegno in Consiglio comunale e la rottura con l'Idv
Nel 2008 Ferrandelli provò anche a fare il salto alle elezioni regionali, raccogliendo oltre 5 mila voti ma venne bloccato dallo sbarramento che chiuse le porte dell’Ars alla Sinistra Arcobaleno. Non se la prese neanche un po’: il suo sogno, e non ne ha mai fatto mistero, era fare il sindaco. E in questa direzione ha lavorato durante tutti i cinque anni passati in Consiglio comunale.
PRESENZIALISTA CONVINTO. Manifestazioni antimafia, trasmissioni radiofoniche, proteste per l’acqua pubblica: dovunque ci fosse modo di spendere due parole per il rilancio della città lui riusciva a esserci sempre. E nel frattempo continuava a oliare la sua organizzazione, quella che durante le primarie si è dimostrata efficiente e puntuale come certi apparati elettorali di cui poteva vantarsi il Pci. «I miei comitati elettorali», ha spiegato dopo il successo, «sono composti quasi esclusivamente da giovani, mossi da partecipazione e militanza».
LA FATWA DI ORLANDO. Tutte risorse che però rischiavano di andare perse dopo che l’ex maestro Orlando gli aveva vietato di correre alla competizione. Lui se ne è infischiato e decidendo di correre da solo. «A chiedermi di candidarmi è stata la società civile», ha chiarito dopo la cacciata dall’Idv.
«NOI NON TAGLIAMO TESTE». Una società civile quella che appoggia Ferrandelli che è molto eterogenea. «Noi non rottamiamo nessuno», aveva detto con una punta di sarcasmo nei confronti dell’avversario rottamatore Davide Faraone, «noi non tagliamo teste, noi accogliamo chiunque voglia battersi per i nostri obiettivi».
L'appoggio dei filo-Mpa
È il vecchio motto che ha fatto la storia della prima Repubblica: perché sottrarre quando si può aggiungere? Ecco quindi che alle 39 associazioni della società civile si sono aggiunte in sostegno di Ferrandelli i voti del senatore Peppe Lumia e del deputato regionale Antonello Cracolici, registi dell’accordo del Pd con l’Mpa di Raffaele Lombardo all’Ars, dell’ex ministro mastelliano Totò Cardinale, che ha recentemente lasciato il seggio a Montecitorio in eredità alla figlia, dell’ex sindaco antimafia di Gela Rosario Crocetta e dell’europarlamentare di Idv Sonia Alfano.
LA SINTESI DELLA CITTÀ. Un melting pot di sostenitori dalle facce diverse e dalle storie differenti che miste ai voti arrivati dai quartieri popolari e perfino al voto d’opinione raccolto tra i giovani impegnati della città ha assicurato all’ex segretario del partito Umanista l’alloro di candidato sindaco del centrosinistra.
Una vittoria inspiegabile per le segreterie romane, ma spiegabilissima per chi conosce gli umori di Palermo. Una città di cui Ferrandelli è riuscito a incarnare la sintesi perfetta: icone dell’antimafia, società civile e voti pesanti di quel Pd democristiano che guarda molto al centro e pochissimo a sinistra.
Adesso sulla vittoria dell’ex golden boy di Orlando si allunga l’ombra di Raffaele Lombardo. «Non conosco il governatore», ha sempre precisato Ferrandelli, «io sono il candidato del centro sinistra e rispetterò le alleanze».
Una vittoria inspiegabile per le segreterie romane, ma spiegabilissima per chi conosce gli umori di Palermo. Una città di cui Ferrandelli è riuscito a incarnare la sintesi perfetta: icone dell’antimafia, società civile e voti pesanti di quel Pd democristiano che guarda molto al centro e pochissimo a sinistra.
Adesso sulla vittoria dell’ex golden boy di Orlando si allunga l’ombra di Raffaele Lombardo. «Non conosco il governatore», ha sempre precisato Ferrandelli, «io sono il candidato del centro sinistra e rispetterò le alleanze».
LOMBARDO PENSA ALL'ALLARGAMENTO. Da parte sua Lombardo ha ribadito di non avere nulla a che fare con il candidato ex dipietrista, approfittando però della vittoria dei suoi alleati Lumia e Cracolici alle primarie del centrosinistra, per lanciare l’ipotesi di un allargamento della maggioranza che lo sostiene all’Ars anche a Gianfranco Miccichè. Ipotesi che a questo punto il Pd siciliano potrebbe anche valutare in autonomia, dopo aver dato una lezione alle segreterie romane che appoggiavano Rita Borsellino. Il motto è sempre lo stesso: perché sottrarre quando si può aggiungere?