Dovrebbe essere giovedì 13 gennaio, il giorno in cui Berlusconi saprà se tornerà ad essere un imputato contumace o se continuerà ad essere un imputato congelato, oltre che presidente del Consiglio. Alla Corte costituzionale, dove martedì mattina ci sarà l’udienza pubblica sul legittimo impedimento “ad premier e ministri”, sono state fissate camere di consiglio fino a giovedì quando la Corte dovrebbe emettere la sentenza sulla legge che ha consentito finora al Cavaliere di bloccare i suoi processi a Milano. “Una bocciatura della legge sarebbe indecente”, ha detto Berlusconi nei giorni scorsi.
Ricordiamo la considerazione del presidente del Consiglio a uno degli alti giudici, lui sospira e ammette le pressioni a cui sono stati sottoposti: “Dobbiamo guardarci da tutte le parti. Ciascuno può commentare come vuole, ma noi decideremo con l’indipendenza che la Corte ha saputo dimostrare”. Il toto sentenza è ai massimi livelli e anche se al Palazzo della Consulta non si vuole sentir parlare di “compromesso”, sembra proprio che dal confronto dei 15 giudici sul legittimo impedimento ad hoc, finora la posizione dominante sia proprio quella di emettere un verdetto che rappresenti una mediazione tra “le giuste esigenze della politica” e il “doveroso corso della giustizia”. Dunque non avrebbero la meglio né i giudici che si sono schierati per l’accoglimento della legge (Luigi Mazzella ha caldeggiato la norma con una lettera ai colleghi) né quelli che pensano sia incostituzionale perché “viola il principio di uguaglianza” e perché già il codice di procedura penale prevede che un imputato (e quindi anche Berlusconi) possa ottenere il rinvio dell’udienza se il giudice riconosce che l’impedimento sia legittimo.
La terza via, quella che dovrebbe venir fuori la settimana prossima, si chiama sentenza interpretativa di rigetto. Se dovesse esserci questo pronunciamento, la Corte respingerebbe i ricorsi dei giudici dei processi Mediaset, Mills e Mediatrade, ma contemporaneamente fisserebbe dei paletti: nessun automatismo del legittimo impedimento dietro un certificato del segretario generale di Palazzo Chigi, fino a 6 mesi consecutivi, come prevede la legge approvata nell’aprile scorso. Deve invece esserci la discrezionalità del giudice, tenendo presente anche quanto già stabilito dalla Consulta nel 2001, ai tempi dei processi a carico di Cesare Previti. Nel “sindacare” sul legittimo impedimento di un esponente politico, il giudice deve conciliare l’agenda degli impegni istituzionali con le esigenze del processo.
Non è escluso, però, che possa essere proclamata una illegittimità parziale della legge nella parte in cui riconosce come legittimo impedimento le “attività preparatorie e conseguenti nonché le attività comunque coessenziali alle funzioni di governo”. La Consulta la prossima settimana non dovrà pronunciarsi soltanto sull’ennesima norma ad personam, ma anche sull’ammissibilità di sei referendum tra cui quello sull’abolizione del legittimo impedimento speciale, promosso dall’Idv. Un referendum che non si terrebbe certamente soltanto nel caso in cui la Corte dovesse bocciare la legge, come ha fatto con i “lodi” Schifani e Alfano. Ma se i giudici dovessero bocciare la legge parzialmente, allora dovrà essere l’ufficio centrale della Cassazione a decidere sul voto previsto, eventualmente per la primavera prossima.
Se, invece, dovesse esserci la sentenza che a oggi viene data per favorita, ovvero quella interpretativa di rigetto, allora il referendum per abrogare il legittimo impedimento ci sarà. E potrebbe svolgersi mentre sono comunque ripresi i processi milanesi, con la difesa Ghedini-Longo impegnata ogni volta a presentare l’agenda di Palazzo Chigi per bloccare l’udienza. Ma se la legge ridarà una certa discrezionalità ai giudici, potranno anche respingere alcuni impedimenti. Insomma o per via della Consulta, o per via referendaria, l’attuale premier potrebbe tornare ad essere un imputato come gli altri. O quasi.
da Il Fatto Quotidiano dell’8 gennaio 2010
Ricordiamo la considerazione del presidente del Consiglio a uno degli alti giudici, lui sospira e ammette le pressioni a cui sono stati sottoposti: “Dobbiamo guardarci da tutte le parti. Ciascuno può commentare come vuole, ma noi decideremo con l’indipendenza che la Corte ha saputo dimostrare”. Il toto sentenza è ai massimi livelli e anche se al Palazzo della Consulta non si vuole sentir parlare di “compromesso”, sembra proprio che dal confronto dei 15 giudici sul legittimo impedimento ad hoc, finora la posizione dominante sia proprio quella di emettere un verdetto che rappresenti una mediazione tra “le giuste esigenze della politica” e il “doveroso corso della giustizia”. Dunque non avrebbero la meglio né i giudici che si sono schierati per l’accoglimento della legge (Luigi Mazzella ha caldeggiato la norma con una lettera ai colleghi) né quelli che pensano sia incostituzionale perché “viola il principio di uguaglianza” e perché già il codice di procedura penale prevede che un imputato (e quindi anche Berlusconi) possa ottenere il rinvio dell’udienza se il giudice riconosce che l’impedimento sia legittimo.
La terza via, quella che dovrebbe venir fuori la settimana prossima, si chiama sentenza interpretativa di rigetto. Se dovesse esserci questo pronunciamento, la Corte respingerebbe i ricorsi dei giudici dei processi Mediaset, Mills e Mediatrade, ma contemporaneamente fisserebbe dei paletti: nessun automatismo del legittimo impedimento dietro un certificato del segretario generale di Palazzo Chigi, fino a 6 mesi consecutivi, come prevede la legge approvata nell’aprile scorso. Deve invece esserci la discrezionalità del giudice, tenendo presente anche quanto già stabilito dalla Consulta nel 2001, ai tempi dei processi a carico di Cesare Previti. Nel “sindacare” sul legittimo impedimento di un esponente politico, il giudice deve conciliare l’agenda degli impegni istituzionali con le esigenze del processo.
Non è escluso, però, che possa essere proclamata una illegittimità parziale della legge nella parte in cui riconosce come legittimo impedimento le “attività preparatorie e conseguenti nonché le attività comunque coessenziali alle funzioni di governo”. La Consulta la prossima settimana non dovrà pronunciarsi soltanto sull’ennesima norma ad personam, ma anche sull’ammissibilità di sei referendum tra cui quello sull’abolizione del legittimo impedimento speciale, promosso dall’Idv. Un referendum che non si terrebbe certamente soltanto nel caso in cui la Corte dovesse bocciare la legge, come ha fatto con i “lodi” Schifani e Alfano. Ma se i giudici dovessero bocciare la legge parzialmente, allora dovrà essere l’ufficio centrale della Cassazione a decidere sul voto previsto, eventualmente per la primavera prossima.
Se, invece, dovesse esserci la sentenza che a oggi viene data per favorita, ovvero quella interpretativa di rigetto, allora il referendum per abrogare il legittimo impedimento ci sarà. E potrebbe svolgersi mentre sono comunque ripresi i processi milanesi, con la difesa Ghedini-Longo impegnata ogni volta a presentare l’agenda di Palazzo Chigi per bloccare l’udienza. Ma se la legge ridarà una certa discrezionalità ai giudici, potranno anche respingere alcuni impedimenti. Insomma o per via della Consulta, o per via referendaria, l’attuale premier potrebbe tornare ad essere un imputato come gli altri. O quasi.
da Il Fatto Quotidiano dell’8 gennaio 2010