Due partiti per vecchi. Un sondaggio riservato, commissionato dal segretario del Pd Pier LuigiBersani a una multinazionale del settore, conferma che il suo partito (stimato attorno al 25% del voto totale) vale il 30-32% tra gli ultracinquantacinquenni e poco più del 20% nelle fasce più giovani. Il Pdl, quotato al 29%, raccoglierebbe il 35,5% tra gli ultrasessantacinquenni. Anche la Lega va mediocremente tra i giovani, che sembrano attratti dalla sinistra-sinistra di Vendola e dagli altri leader corsari: Di Pietro, Fini, Casini. Tutti vanno meglio tra gli under 35.
Dal punto di vista di Bersani, lo scenario politico deve risultare vagamente schizofrenico. Da una parte c’è l’ex segretario Walter Veltroni che chiede il congresso anticipato del Pd e discetta di “fallimento della linea tutti contro Berlusconi”, in un tripudio di liti su politica delle alleanze e primarie sì/primarie no. Dall’altra parte c’è lo stato maggiore del Pdl che va a caccia di parlamentari all’asta per puntellare la maggioranza, mentre alcune teste d’uovo progettano “nuovi predellini”.
Questa abbagliante sagra del politichese natalizio ostacola la visuale su un dato strutturale della politica. I due maggiori partiti, Pdl e Pd, hanno fatto finalmente il vero “inciucio”, hanno trovato il grande accordo: insieme si stanno allontanando da interi pezzi della società italiana, ai quali risultano (ciascuno a suo modo) incomprensibili.
Se infatti Silvio Berlusconi è il leader più amato dalle casalinghe (il 40% delle quali scelgono Pdl), i pensionati sono attratti in egual misura da Pd e Pdl, che li attraggono per il 32 e rotti per cento ciascuno. Se in Italia votassero solo i pensionati, Pdl e Pd metterebbero insieme il 65% dei voti, anziché il 53,6% generale rilevato dallo stesso sondaggio.
Ciò significa che il consenso dei due partiti maggiori crolla in altre categorie. Innanzitutto il massiccio appoggio raccolto dai due partiti maggiori tra anziani e pensionati significa che Pdl e Pd vanno male tra chi lavora. Il partito di Bersani, se votasse solo chi ha un lavoro, prenderebbe il 22%. Il Pdl non andrebbe oltre il 26%. La Lega salirebbe al 14% (contro un dato generale dell’11,5%).
In particolare, il Pdl non riesce a catturare l’attenzione degli impiegati e degli insegnanti (24%) e degli studenti (20%). Il Pd è in crisi verticale tra i lavoratori autonomi, l’unico gruppo sociale in cui Pdl e Lega Nord raccolgono la maggioranza assoluta dei consensi: il partito di Bersani qui non va oltre il 14%. Ma soffre anche tra gli operai, i disoccupati e le casalinghe, tre categorie nelle quali il consenso del Pd è sotto il 20%. Gli operai ormai sembrano persi. Votano a sinistra (Pd, Idv, Pdci, Prc, Vendola) per il 35%, a destra (Pdl+Lega) per il 46%. I dati consegnati a Bersani confermano che il Pd è un partito che piace al pubblico impiego, cioè ai cosiddetti garantiti. E poco a chi se la passa male e tra essi, come abbiamo visto, ai disoccupati.
Quest’ultimo dato va letto insieme a quello sui livelli culturali. Infatti il Pd è anche il partito dei laureati. Se in Italia votassero solo i cittadini dotati di laurea, paradossalmente verrebbero esclusi dal voto alcuni influenti boss del Pd (a cominciare da Veltroni e D’Alema che risultano sprovvisti), ma Bersani, con la sua laurea in Filosofia, stravincerebbe le elezioni con il 28% dei voti e un’eventuale alleanza Pd-Di Pietro-Vendola-Prc-Pdci andrebbe trionfalmente al governo con quasi il 52% dei voti (35% tra gli operai, ricordiamo).
Lo scenario rimane teorico, visto che in Italia vige per ora il suffragio universale. Ma illumina un tema drammatico per entrambi i maggiori partiti. Per il Pdl, l’incapacità di risultare convincente per chiunque abbia qualche buona lettura alle spalle (tra i laureati, il partito di Berlusconi e la Lega non vanno oltre il 27%, contro un consenso generale che supera il 40%).
Per il Pd c’è un aspetto ancora più grave: i laureati sono pochi, come relativamente pochi sono gli studenti. Il dato forse più allarmante per Bersani è proprio questo. Il consenso del 26% tra gli studenti e del 22% tra gli under 25 indica una forbice pericolosa. Basta confrontare il dato con quello raccolto dai tre partiti di sinistra-sinistra, che tra gli under 25 vedono aumentare il loro voto del 50%, dall’8 al 12%.
Dunque, il Pd non sa parlare ai giovani che non possono studiare, agli operai, ai disoccupati, alle partite Iva, ai precari, alle casalinghe. Insomma, non sa più parlare a quella che una volta si chiamava la povera gente, quella che affidava alla sinistra un sogno di riscatto.
da Il Fatto Quotidiano del 7 gennaio 2011
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