mercoledì 25 luglio 2012

Emergenza call center, a rischio 18mila posti in Sicilia. - Loredana Ales


call-center
Un’ecatombe. Così in molti definiscono il 2012, come l’anno dei licenziamenti e delle chiusure record in Sicilia. Quello che una volta era il bacino di impiego più vasto dell’isola ovvero i call-center adesso rischia di diventare una valle desolata pronta a lasciare l’isola e ad approdare nei paesi esteri.
Secondo i dati forniti dalla Cgil Catania nella sola provincia etnea i posti di lavoro a tempo indeterminato a rischio nel settore dei call center sono circa 2500, e nelle attività a progetto circa 6000A Palermo a rischio sono circa 10mila lavoratori. Numeri da far paura se si sommano circa 12.000 i posti di lavoro persi e circa 3.000 le richieste di ammortizzatori sociali in tutta Italia. Cifre che entro quest’anno potrebbero aumentare ulteriormente se si seguisse l’attuale trend di delocalizzazioni verso l’estero.
“Le aziende coinvolte nella delocalizzazione dei call-center – spiega a BlogSicilia Angelo Villari segretario generale Cgil Catania sono AlmavivaFastweb, Eurocolle tanti altri che rischiano di essere delocalizzate in paesi quali Tunisia, Algeria, Albania, Moldavia, Romania, Croazia, India, Argentina. Mentre noi pensiamo che quelli che fanno call-center sotto scala vanno fermati del tutto, quelli che rispettano le regole dall’altro lato vengono ricattati dai committenti che propongono servizi a costi bassissimi in paesi esteri calpestando i diritti dei lavoratori. Noi come sindacato abbiamo chiesto che questa delocalizzazione non avvenga. Devono invece essere garantite le gare d’appalto a prezzi giusti e soprattutto deve essere garantita la privacy dei clienti”.
“Dopo la crescita degli anni Novanta, e grazie anche al sistema degli sgravi fiscali, la Sicilia ha vissuto una stagione florida per la crescita dei call center – continua Villari -. Ma le delocalizzazioni oggi rischiano di indebolire il valore tutto italiano della privacy dei consumatori a causa del trasferimento di quantità indefinite di dati personali sensibili di cittadini (codice fiscale, dati bancari, numeri di carte di credito) in Paesi che non garantiscono un’adeguata tutela e che sono tra i primi al mondo per tasso di pirateria informatica. Per questo crediamo che gli enti committenti per primi debbano evitare queste pratiche. Per fortuna, c’è chi non ha intenzione di affidarsi ai Paesi esteri e vuole investire sul nostro territorio e le nostre professionalità”.
E’ il caso della Eurocall–Mics di Piano Tavola (CT), un’azienda tutta siciliana facente capo al gruppo Ntet del Cavaliere del Lavoro Francesco Tornatoreha appena dato lavoro stabile a 120 operatori, tutti giovani e per il 65 per cento donne. L’accordo per l’avvio delle procedure di assunzione con contratti a tempo indeterminato dei giovani lavoratori, di età compresa tra i 23 ed i 35 anni: “È con grande piacere – dice Maurizio Attanasio, segretario generale Felsa Cisl Sicilia – che accogliamo la notizia di un’importante azienda del settore dei call center che avvia una fase crescita positiva e non di profitto sulle spalle di giovani lavoratori”.
“L’allarme è stato lanciato gia qualche anno fa perchè ci siamo accorti che le committenti stavano cominciando ad affidare alle aziende  gli appalti  alle stesse condizioni che avevano fissato nel 2007 – riferisce a BlogSicilia Giovanni Pistorio, Segretario Confederale Cgil Catania-. Facendoci dei conti, si capiva fin da subito che a breve termine non ci sarebbe più stata competizione economica e che ci si sarebbe spinti verso la delocalizzazione. I call-center, dunque, minacciati dai committenti hanno deciso di spostarsi all’estero. Vodafon, Sky, Wind hanno gia mandato molte commissioni all’estero ma anche Alitalia, Telecom e Teletu. Alitalia ha ditottato già gran parte del suo traffico telefonico verso l’India, gli altri verso i paesi che stanno ai margini della Comunità europea.
Gia lo scorso anno abbiamo chiesto alla Prefettura di intervenire sul caso anche perchè è a rischio la privacy dei clienti perchè la maggior parte dei paesi in cui avverrà la delocalizzazione non hanno la stessa regolamentazione sulla privacy dell’Italia. I dati su Catania sono solo in difetto perchè i numeri dei lavoratori a progetto sono incalcolabili, addirittura per tutta la Sicilia si potrebbe parlare di 40mila persone”.
Non meno tragica è la situazione su Palermo dove i lavoratori dei call-center sono circa 10mila: “C’è un grosso call- center – dichiara Marcello Cardella segretario regionale Slc Sicilia – che fa parte del gruppo Almaviva, dove i lavoratori coinvolti sono migliaia. Le aziende tendono a portare lavoro all’estero per diminuire i costi. Si tratta di circa 4500 dipendenti del gruppo Almaviva, 1500 del gruppo Foryou, ma si tratta solo dei lavoratori con contratto a tempo indeterminato perchè i precari sono molti di più.
Intanto la Cgil fa sapere che a livello parlamentare sono state presentate due interpellanze, una dell’ onorevole Giuseppe Beretta poi un’identica interpellanza dell’onorevole Ludovico Vico che ha presentato l’emendamento al decreto legge Fornero contro le delocalizzazioni: “A livello regionale – conclude Pistorio – Concetta Raia, deputato regionale del Pd, ha presentato qualche giorno fa un ordine del giorno approvato all’unanimità contro la delocalizzazione. Lombardo potrebbe benissimo inbtervenire in sede di Consiglio dei ministri”.

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