Ormai da diverse settimane si discute sulle reazioni, talora gravi, provocate dalla somministrazione del vaccino AstraZeneca. Le ultime notizie paiono tuttavia smentire tutto ciò, anzi sarebbe Pfizer a superare di gran lunga il siero dell'azienda anglo-svedese per numero delle segnalazioni avverse, almeno per quanto riguarda l’Italia.
A fare chiarezza è il report dimostrato dall’Aifa (Agenzia italiana del farmaco) che ha esaminato tutti i dati inerenti ai vaccini somministrati nel periodo che va dal 27 dicembre 2020 al 26 marzo 2021. E’ emerso che, su 9 milioni di dosi inoculate, sono state segnalate circa 46 mila reazioni e, di queste, solo il 7,1% ha riscontrato gravi sintomi, con un tasso di 36 eventi gravi ogni 100 mila dosi.
Ma vogliamo entrare ancor più nello specifico analizzando i dati del periodo preso in riferimento.
Su 46.237 segnalazioni, l’87% dei casi, sia lo stesso giorno della vaccinazione o al massimo il giorno successivo, ha avuto reazioni come febbre, cefalea, dolori muscolari o articolari, dolore in sede di iniezione, brividi e nausea.
Ancora più importante è il dato che proviene dai singoli vaccini, tra cui Pfizer, AstraZeneca e Moderna (i tre disponibili in Italia nel periodo preso in esame). Tra le segnalazioni si è visto che l’81% provenivano da Pfizer, il 17% da AstraZeneca e infine solo il 2% da Moderna. Ovviamente questi valori sono rapportati con il numero di dosi rese disponibili dalle diverse case farmaceutiche.
Infine, ci sono dei dati anche per quanto riguarda i decessi. Finora sono stati segnalati 100 casi di decesso correlati temporaneamente alle vaccinazioni anti-COVID. Tra questi, 76 sono stati registrati dopo la somministrazione di Pfizer, 12 il Moderna e 12 AstraZeneca, che porta il tasso generale di segnalazioni per i decessi pari a 1,1 casi ogni 100mila dosi per Pfizer-BioNTech, 2,8 per Moderna e 0,7 per AstraZeneca.
Insomma, è vero che tutti questi dati sono stati rilevati in base al rapporto tra segnalazioni e dosi disponibili, ma è palese come essi evidenzino che non è solo AstraZeneca a provocare alcune reazioni avverse.
COVID: un FARMACO usato da 50 anni BLOCCA i DANNI ai POLMONI. La SCOPERTA dei RICERCATORI.
Crescono le speranze per guarire dal CORONAVIRUS con un FARMACO. Si chiama NICLOSAMIDE ed è un farmaco antiparassitario utilizzato da 50 anni per l’apparato intestinale e in passato ampiamente usato contro il verme solitario. Ma da ora potrebbe rivelarsi un alleato anche contro i danni polmonari causati dalla proteina spike del coronavirus.
Solitamente, come detto, viene usato per trattare le infezioni intestinali. Ma ora il farmaco antiparassitario potrebbe rivelarsi un grande alleato dei polmoni nella lotta al COVID-19. A dimostrarlo è stato un team di ricercatori del King’s College di Londra, insieme all’Università degli studi di Trieste e del Centro di ingegneria genetica e biotecnologie (Icgeb) di Trieste, che ha scoperto il meccanismo che porta alla fusione anomala delle cellule polmonari infettate dal coronavirus e come la niclosamide abbia un’azione preventiva, riuscendo a bloccare questo processo guidato dalla proteina spike.
Ma di che farmaco si tratta esattamente? La niclosamide è un antiparassitario che originariamente, negli anni ’50, veniva utilizzato come molluschicida contro le lumache. Successivamente, a partire dal 1982, è stato approvato come trattamento per le infezioni intestinali da tenia negli esseri umani ed è già conosciuto per essere attivo contro alcuni VIRUS. Per capire in che modo la niclosamide potesse proteggere le cellule dal coronavirus, i ricercatori hanno analizzato i campioni dei polmoni di 41 pazienti deceduti per CORONAVIRUS.
Dalle analisi, hanno scoperto che, molto spesso, presentavano cellule polmonari fuse, che potevano contenere ben oltre 20 nuclei diversi. Partendo da queste informazioni, il team ha proseguito le indagini, esaminando oltre 3mila farmaci approvati per l’uso negli esseri umani che fossero in grado di bloccare questo meccanismo di fusione. Selezionando e concentrandosi su quelle più promettenti, i ricercatori sono giunti alla conclusione che la molecola più efficace nel proteggere dal danno polmonare era appunto la niclosamide. In sintesi, si legge su Il Sole 24 Ore, questo farmaco si è dimostrato in grado di inibire la replicazione virale, sopprimere l’attività della TMEM16F e prevenire così la formazione dei sincizi (la fusione di due o più cellule) indotti dalla spike nei test di laboratorio.
IlMeteo.
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