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martedì 25 febbraio 2020

Pianeta in corsa sull’orlo della distruzione. - Maura Sandri


Impressione artistica di un gioviano caldo in orbita vicino a una stella. Crediti: Università di Warwick / Mark Garlick.

Gli astronomi dell'Università di Warwick hanno scoperto un esopianeta che orbita attorno a una stella in poco più di 18 ore, a una distanza che è solo il doppio del diametro della stella. Si tratta del periodo orbitale più breve mai osservato per un gioviano caldo. Tutti i dettagli su Mnras.
Gli astronomi dell’Università di Warwick hanno osservato un esopianeta che orbita attorno a una stella in poco più di 18 ore. Si tratta del periodo orbitale più breve mai osservato per un gioviano caldo, un gigante gassoso simile per dimensioni e composizione a Giove: un anno su questo pianeta trascorre in meno di un giorno terrestre!
La scoperta è descritta in un nuovo articolo pubblicato su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society e gli scienziati ritengono che permetterà di capire se tali pianeti stiano andando incontro alla distruzione, cadendo verso i loro soli, oppure no.
Il pianeta in questione, chiamato Ngts-10b, si trova a circa 1000 anni luce di distanza dalla Terra ed è stato scoperto nell’ambito del Next-Generation Transit Survey (Ngts), una survey con l’obiettivo di rilevare esopianeti con dimensioni fino a quelle di Nettuno, usando il metodo dei transiti, che comporta l’osservazione delle stelle per rivelare un calo di luminosità, indice del passaggio del pianeta davanti alla stella.
In qualsiasi momento, la survey Ngts osserva 100 gradi quadrati di cielo, analizzando la luce di circa 100mila stelle. Di quelle 100mila stelle, questa in particolare ha attirato l’attenzione degli astronomi, a causa delle frequenti diminuzioni della sua luce causate dal pianeta che gli orbita intorno molto rapidamente.
«Siamo entusiasti di annunciare la scoperta di Ngts-10b, un pianeta delle dimensioni paragonabili a quelle di Giove, che orbita attorno a una stella non molto diversa dal Sole con un periodo estremamente breve», dice il primo autore dello studio, James McCormac, dell’Università di Warwick. «Siamo inoltre lieti che Ngts continui a spingere i confini della scienza che studia gli esopianeti, trovati con il metodo dei transiti, verso la scoperta di rare classi di pianeti extrasolari».
«Sebbene i gioviani caldi con brevi periodi orbitali (meno di 24 ore) siano i più facili da rilevare a causa delle loro grandi dimensioni e dei transiti frequenti», continua McCormac, «si sono dimostrati estremamente rari. Delle centinaia di gioviani caldi attualmente conosciuti, ce ne sono solo sette che hanno un periodo orbitale inferiore a un giorno».
Ngts-10b orbita così rapidamente perché è molto vicino al suo sole, a una distanza che è solo il doppio del diametro della stella. Prendendo come riferimento il nostro Sistema solare, è come se il pianeta fosse 27 volte più vicino al Sole di quanto lo sia Mercurio. Gli scienziati hanno notato che è pericolosamente vicino al punto nel quale le forze mareali della stella potrebbero distruggerlo.
Il pianeta probabilmente ha rotazione e rivoluzione sincrone, con un lato costantemente rivolto verso la stella e quindi molto caldo: gli astronomi stimano che la temperatura media sia superiore a 1000 gradi Celsius. La stella stessa è circa il 70 per cento del raggio del Sole e 1000 gradi più fredda, ossia circa 4000 gradi. Ngts-10b è anche un ottimo candidato per il James Webb Space Telescope, che potrà caratterizzarne l’atmosfera.
Usando la fotometria di transito, gli scienziati sanno che il pianeta è il 20 per cento più grande di Giove ed è solo due volte più massiccio, in accordo con le misure della velocità radiale, ed è osservato in un momento della sua vita che indubbiamente potrà aiutarci a rispondere alle domande sull’evoluzione (e la fine) di pianeti simili. I pianeti così grandi si formano in genere lontano dalla stella e poi migrano attraverso interazioni con il disco mentre si stanno ancora formando, o attraverso interazioni con ulteriori pianeti più evoluti. Gli astronomi si propongono di monitorare accuratamente Ngts-10b nel tempo, e continueranno a osservarlo nel prossimo decennio per determinare se rimarrà in questa orbita o spiraleggerà verso la stella, andando incontro alla sua morte.
«Si pensava che questi pianeti con orbite ultra-strette migrassero dai confini esterni dei loro sistemi solari e alla fine venissero consumati o distrutti dalla stella», aggiunge David Brown, coautore del lavoro. «O siamo stati veramente molto fortunati a catturarlo in questo breve periodo di tempo, oppure i processi attraverso i quali il pianeta migra verso la stella sono meno efficienti di quanto possiamo immaginare, nel qual caso è ragionevole pensare che possa vivere in questa configurazione per un periodo di tempo più lungo».
«Nei prossimi dieci anni, potrebbe essere possibile vedere questo pianeta spiraleggiare verso la stella», conclude Daniel Bayliss. «Saremo in grado di utilizzare Ngts per monitorare questo pianeta per oltre un decennio. Se vedessimo il periodo orbitale iniziare a diminuire e se il pianeta iniziasse a spiraleggiare, saremmo in grado di capire molti dettagli della sulla struttura che ancora non conosciamo».
«Tutto ciò che sappiamo sulla formazione dei pianeti ci dice che stelle e pianeti si formano nello stesso tempo. Il miglior modello che abbiamo suggerisce che la stella abbia circa dieci miliardi di anni e supponiamo che lo stesso valga per il pianeta. O lo stiamo vedendo nelle ultime fasi della sua vita, oppure in qualche modo è in grado di vivere in queste condizioni più a lungo di quanto dovrebbe».

venerdì 14 febbraio 2020

La loro nascita è scritta nella geometria orbitale. - Giuseppe Fiasconaro

Utilizzando l’imaging diretto e simulazioni al computer, una squadra internazionale di astronomi è riuscita a determinare che la geometria dell’orbita di 27 tra esopianeti giganti gassosi e stelle nane brune è diversa: circolare per i primi, più ellittica per le seconde. Questo viene interpretato come indicatore di un meccanismo di formazione differente, nonostante la similitudine in massa dei due tipi di corpi.
Immagine del sistema binario che contiene la nana bruna Gj 504 B (ingrandita nel riquadro in alto), ottenuta dalla telecamera Nirc2 del telescopio Keck II. La stella è lontana circa 40 volte la distanza terra-sole dalla sua stella ospite (la cui posizione è contrassegnata da una “x”) e ha un periodo orbitale di circa 240 anni. Il team è stato in grado di tracciare parte dell’orbita per vincolarne la forma. Crediti: Brendan Bowler (UT-Austin) / WM Keck Observatory
Le chiamano stelle fallite, una classe di oggetti più massicci dei pianeti giganti – hanno masse comprese tra le 13 e le 75 masse gioviane – non abbastanza, però, da accendere la fusione nei loro nuclei per brillare come vere stelle. Sono le nane brune, stelle per le quali oggi, attraverso imaging diretto, è possibile distinguerne la loro natura stellare in un sistema binario da quella di un pianeta con il quale condividono diverse caratteristiche, compresa la bassa luminosità. Tuttavia, il loro meccanismo di formazione, e ciò che lo differenzia rispetto a quello di esopianeti giganti gassosi, non è ancora ben chiaro.
Adesso, una squadra di astronomi guidata da Brendan Bowler dell’Università del Texas, ad Austin, utilizzando la tecnica dell’imaging diretto con il telescopio Keck Observatory e il Subaru Telescope, nelle Hawaii, oltre a simulazioni al computer, è riuscito a venirne a capo. «Un modo per arrivare a questo è studiare la dinamica del sistema, ovvero guardare le orbite», afferma Bowler.
E proprio studiando le orbite che alcune nane brune ed esopianeti giganti gassosi compiono attorno alle loro stelle ospiti in 27 sistemi, il team ha trovato una differente eccentricità di queste orbite – una misura di quanto essa sia circolare o allungata – nei due tipi di oggetti. Secondo i ricercatori è la chiave per comprendere il differente meccanismo di formazione di questi compagni delle loro stelle ospiti. «Anche se questi compagni hanno milioni di anni, l’impronta di come si sono formati è ancora codificato nella loro eccentricità odierna», dice a questo proposito Eric Nielsen, ricercatore all’Università di Stanford e membro del team.
Utilizzando la telecamera nel vicino infrarosso Nirc2 del telescopio Keck II del Keck Observatory, nonché il telescopio Subaru, il team di Bowler ha prima scattato immagini di pianeti giganti e nane brune mentre questi orbitano attorno alle loro stelle.
Orbite di 9 dei 27 corpi celesti, tra nane brune ed esopianeti giganti gassosi, che Bowler e il suo team hanno ottenuto tramite simulazioni. Crediti: Brendan Bowler (UT-Austin)
A questo punto, considerato che questi oggetti sono così distanti dalle loro stelle ospiti che un’orbita può richiedere anche centinaia di anni, per studiare le loro orbite hanno utilizzato un software, chiamato orbitize!, che usa le leggi del moto di Keplero per identificare quali tipi di queste orbite siano coerenti con le posizioni misurate, e quali no.
Il codice –  ovvero il software di simulazione –  genera diverse possibili orbite per ciascun corpo celeste. In particolare, il leggero movimento di ogni pianeta gigante o nana bruna forma un insieme di possibili orbite. Più piccolo è l’insieme, più gli astronomi si avvicinano alla vera orbita del compagno. E più immagini dirette di ciascun oggetto possiedono mentre esso orbita, più perfezioneranno la forma dell’orbita.
«Piuttosto che aspettare decenni o secoli affinché un pianeta completi un’orbita, possiamo ottenere dati in intervallo temporale più breve con misurazioni di posizione molto accurate», spiega Nielsen. «Una parte di orbitize!, che abbiamo sviluppato appositamente per adattarsi alle orbite parziali, ci ha permesso di trovare orbite anche per i compagni di più lungo periodo».
Distribuzione dell’eccentricità orbitali di pianeti giganti e nane brune. Un valore di 0,0 corrispondente a un’orbita circolare, mentre un valore  vicino a 1,0 è un’ellisse appiattita. Crediti: Brendan Bowler (UT-Austin)
Come si evince nel grafico accanto, il risultato principale di questo studio, pubblicato sulla rivista Astronomical Journal,  è che le geometrie delle orbite per i pianeti giganti e per le nane brune sono significativamente diverse: circolari per i primi, più ellittiche per le seconde.
Dati che i ricercatori interpretano con un diverso meccanismo di formazione: dal disco appiattito di gas e polvere che ruotava attorno alla stella ospite, per i giganti gassosi; da uno dei addensamenti di gas e polvere in cui si è divisa una nube più grande prima di collassare, per le nane brune. L’altro addensamento ha poi formato la stella ospite di un sistema binario.
In futuro, campioni più grandi e un monitoraggio continuo dell’orbita aiuteranno i ricercatori a stabilire se queste distribuzioni di eccentricità siano correlate ad altri parametri come la massa della stella ospite, la molteplicità e l’età.