Via agli sconti, i veneti pronti a spendere 300 milioni. Ma i commercianti storcono il naso: «Troppo in anticipo»
Al via i saldi anche in Veneto (archivio)
VENEZIA—Conto alla rovescia per l’apertura dei saldi estivi, che in virtù dell’accordo sottoscritto in Conferenza delle Regioni lo scorso 24 marzo per la prima volta partono il primo luglio in tutta Italia (posticipa all’8 luglio solo Bolzano). Una novità che ne introduce una seconda: questa svendita di fine stagione, vuoi per la crisi vuoi per l’aumento di costi e bollette, è particolarmente attesa da un numero sempre crescente di veneti ormai rassegnati a comprare abbigliamento, calzature e pelletteria solo con i ribassi, ma anche dai commercianti. Per molti di loro potrebbe essere l’ultimaoccasione per sopravvivere. Nell’ultimo anno infatti nella nostra regione hanno chiuso i battenti 400 negozi tradizionali, strozzati dal calo degli introiti (-1,5% dall’inizio del 2011) e da spese di gestione e affitto schizzate alle stelle.
Lo rivela il dossier del Cescot, l’osservatorio economico di Confesercenti, il cui presidente Maurizio Francescon spiega: «Purtroppo in Veneto esiste un turn-over di vetrine velocissimo, che tocca il 20% degli operatori, ovvero 51 mila attività. Di queste, 9 mila trattano abbigliamento, 2 mila calzature e pelletterie e 1600 tessile e biancheria: ecco, ogni anno abbassa definitivamente le serrande tra il 4% e il 5% del totale delle tre categorie. A sparire sono gli esercizi di famiglia, i più antichi, sostituiti da realtà in franchising gestiti direttamente dalla catena madre, da servizi specializzati come la moda donna giovane o l’uomo, oppure da monomarca usati come promozione dalle grandi griffe, cui costa meno aprire un negozio piuttosto che comprare pubblicità. Il saldo tra abbandoni e nuovi arrivi è in attivo, ma con un duplice problema: muore il commercio di famiglia e si allarga il delta tra l’utile operativo, in crollo, e i costi, in crescita. Forbice alla base del continuo turn-over». Ecco spiegate le speranze riposte nei saldi dagli operatori di settore. «Nei primi tre giorni di sconti si realizza il 50% del fatturato legato al periodo (che si conclude il 31 agosto, ndr) —avverte Francescon—e nei primi quindici l’80%. Secondo le nostre proiezioni, ogni famiglia dovrebbe spendere tra 250 e 270 euro, per un importo regionale di circa 280/300 milioni ».
Proiezioni che tranquillizzano solo in parte le associazioni di categoria, scontente per un avvio troppo anticipato delle occasioni. Eppure l’anno scorso la maggior parte dei loro iscritti aveva contestato la partenza ritardata al 17 luglio. Mai contenti? «Siamo soddisfatti per la data comune a tutta Italia, che però andava spostata in agosto— rileva Maurizio Franceschi, presidente regionale di Confesercenti— non ha senso fissare le svendite di fine stagione ad estate appena iniziata. E solo per correre dietro alla grande distribuzione, che tende a voler partire sempre prima, in un’ottica di liberalizzazione degli sconti cui aspira da sempre. E invece i saldi tradizionali sono ancora l’unica opportunità per l’acquirente di vedersi realmente scontare un capo visto prima a cartellino intero. Devo però sottolineare che abbiamo i magazzini ancora pieni, cominciamo ora a vendere e farlo a metà prezzo è una perdita non da poco, anche se riusciremo a smerciare quasi tutto. Da qualche tempo, poi, vanno in saldo anche articoli non contemplati dalla normativa sui ribassi, applicata ad abbigliamento, calzature e pelletteria. Parlo per esempio di profumeria, occhialeria, elettrodomestici, settori liberi di praticare sconti tutto l’anno ma che si accodano alle occasioni estive».
Irritato Massimo Zanon, numero uno di Confcommercio Veneto: «Non parlo volentieri dei saldi, perchè a quelli estivi è stato tolto il significato originario. Partono troppo presto eppure sono regolamente "bruciati" da altre vendite promozionali, per di più pagano la crisi economica che ha lasciato ben poco nelle tasche della gente. Chi stabilisce il calendario dei ribassi deve mettersi in testa che svendere significa prima di tutto svuotare il magazzino al termine di una fase dell’anno, non scontare e basta». Di parere esattamente contrario l’Aduc (Associazione diritti utenti e consumatori): «I ribassi sono concepiti per favorire i commercianti, non gli acquirenti, quindi aspettiamo che il legislatore nazionale li cancelli. E consenta agli esercenti di lanciare promozioni quando e come vogliono, perchè almeno ne trarrebbero vantaggio il sistema economico nella sua globalità e, nel dettaglio, la qualità dell’offerta».