sabato 2 luglio 2011

Murdoch sbatte la porta a Silvio: via Mediaset Plus da Sky.


berlusconi murdoch 304

«Da oggi Mediaset Plus non è più distribuito da Sky a causa di gravi inadempimenti contrattuali di Rti». Con questa nota Sky Italia scarica il canale satellitare targato “biscione” dalla sua piattaforma, precisando che «il contratto stabiliva, tra i vari impegni che Mediaset Plus avrebbe incluso all'interno del proprio palinsesto, anche programmi particolarmente graditi al pubblico come Chi vuol esser milionario, La Corrida, Striscia la Notizia, Paperissima, Zelig. Questi programmi - conclude l'emittente satellitare - non sono mai stati inclusi». L'amministratore delegato di Sky Italia, Tom Mockridge, si è detto sorpreso che il «gruppo Mediaset rinunci ad una platea televisiva di oltre 13 milioni di italiani che accedono ai programmi Sky, dopo aver già rifiutato di accogliere le nostre campagne pubblicitarie sulle proprie reti, rinunciando così ai relativi proventi».

Mediaset, dal canto suo, ha fatto sapere che chiederà a Sky il risarcimento dei danni causati «dalla illegittima e inefficace risoluzione unilaterale di un contratto in vigore fino al termine del 2012». Non l'hanno certo presa bene, a Cologno Monzese. «La nuova azione legale - prosegue la nota dell'azienda - si va ad aggiungere alle ingiunzioni chieste da Mediaset al Tribunale di Milano per irregolari pagamenti da parte di Sky. La volontà, o la necessità, di non onorare i corrispettivi pattuiti non può esprimersi in atti arbitrari e pretestuosi, che vanamente si cerca di giustificare, come fa Sky, invocando l'adempimento di presunti impegni contrattuali in realtà inesistenti».

Che i rapporti tra Sky e Mediaset non fossero proprio idilliaci si è sempre saputo. Il Cavaliere e i suoi governi hanno sempre provato a mettere i bastoni tra le ruote della creatura del magnate australiano. E adesso la multinazionale restituisce il colpo.




Sanità in Sicilia: scarsa e costa un milione di euro/ora.



La Corte dei Conti della Regione Sicilia, dal proprio bilancio annuale, ha fatto sapere che la spesa per la sanità nel 2010 è stata di un milione di euro all'ora. Giovanni Coppola, procuratore generale d'appello della Corte dei conti, ha sottolineato che rimane sempre alta la spesa per le strutture convenzionate. Un miliardo e 96 milioni di euro il costo. Tuttavia emerge anche un dato positivo come la riduzione del deficit. Infatti sono stati risparmiati 98,6 milioni di euro con una riduzione del 62%. La Corte dei Conti ha sottolineato anche come la qualità dei servizi sanitari in Sicilia sia notevolmente scarsa al punto - ironizzano - che i siciliani preferiscono l'aereo come cura.


Saldi, la crisi fa salire l’attesa In un anno chiusi 400 negozi.


Via agli sconti, i veneti pronti a spendere 300 milioni. Ma i commercianti storcono il naso: «Troppo in anticipo»

Al via i saldi anche in Veneto (archivio)

Al via i saldi anche in Veneto (archivio)

VENEZIA—Conto alla rovescia per l’apertura dei saldi estivi, che in virtù dell’accordo sottoscritto in Conferenza delle Regioni lo scorso 24 marzo per la prima volta partono il primo luglio in tutta Italia (posticipa all’8 luglio solo Bolzano). Una novità che ne introduce una seconda: questa svendita di fine stagione, vuoi per la crisi vuoi per l’aumento di costi e bollette, è particolarmente attesa da un numero sempre crescente di veneti ormai rassegnati a comprare abbigliamento, calzature e pelletteria solo con i ribassi, ma anche dai commercianti. Per molti di loro potrebbe essere l’ultimaoccasione per sopravvivere. Nell’ultimo anno infatti nella nostra regione hanno chiuso i battenti 400 negozi tradizionali, strozzati dal calo degli introiti (-1,5% dall’inizio del 2011) e da spese di gestione e affitto schizzate alle stelle.

Lo rivela il dossier del Cescot, l’osservatorio economico di Confesercenti, il cui presidente Maurizio Francescon spiega: «Purtroppo in Veneto esiste un turn-over di vetrine velocissimo, che tocca il 20% degli operatori, ovvero 51 mila attività. Di queste, 9 mila trattano abbigliamento, 2 mila calzature e pelletterie e 1600 tessile e biancheria: ecco, ogni anno abbassa definitivamente le serrande tra il 4% e il 5% del totale delle tre categorie. A sparire sono gli esercizi di famiglia, i più antichi, sostituiti da realtà in franchising gestiti direttamente dalla catena madre, da servizi specializzati come la moda donna giovane o l’uomo, oppure da monomarca usati come promozione dalle grandi griffe, cui costa meno aprire un negozio piuttosto che comprare pubblicità. Il saldo tra abbandoni e nuovi arrivi è in attivo, ma con un duplice problema: muore il commercio di famiglia e si allarga il delta tra l’utile operativo, in crollo, e i costi, in crescita. Forbice alla base del continuo turn-over». Ecco spiegate le speranze riposte nei saldi dagli operatori di settore. «Nei primi tre giorni di sconti si realizza il 50% del fatturato legato al periodo (che si conclude il 31 agosto, ndr) —avverte Francescon—e nei primi quindici l’80%. Secondo le nostre proiezioni, ogni famiglia dovrebbe spendere tra 250 e 270 euro, per un importo regionale di circa 280/300 milioni ».

Proiezioni che tranquillizzano solo in parte le associazioni di categoria, scontente per un avvio troppo anticipato delle occasioni. Eppure l’anno scorso la maggior parte dei loro iscritti aveva contestato la partenza ritardata al 17 luglio. Mai contenti? «Siamo soddisfatti per la data comune a tutta Italia, che però andava spostata in agosto— rileva Maurizio Franceschi, presidente regionale di Confesercenti— non ha senso fissare le svendite di fine stagione ad estate appena iniziata. E solo per correre dietro alla grande distribuzione, che tende a voler partire sempre prima, in un’ottica di liberalizzazione degli sconti cui aspira da sempre. E invece i saldi tradizionali sono ancora l’unica opportunità per l’acquirente di vedersi realmente scontare un capo visto prima a cartellino intero. Devo però sottolineare che abbiamo i magazzini ancora pieni, cominciamo ora a vendere e farlo a metà prezzo è una perdita non da poco, anche se riusciremo a smerciare quasi tutto. Da qualche tempo, poi, vanno in saldo anche articoli non contemplati dalla normativa sui ribassi, applicata ad abbigliamento, calzature e pelletteria. Parlo per esempio di profumeria, occhialeria, elettrodomestici, settori liberi di praticare sconti tutto l’anno ma che si accodano alle occasioni estive».

Irritato Massimo Zanon, numero uno di Confcommercio Veneto: «Non parlo volentieri dei saldi, perchè a quelli estivi è stato tolto il significato originario. Partono troppo presto eppure sono regolamente "bruciati" da altre vendite promozionali, per di più pagano la crisi economica che ha lasciato ben poco nelle tasche della gente. Chi stabilisce il calendario dei ribassi deve mettersi in testa che svendere significa prima di tutto svuotare il magazzino al termine di una fase dell’anno, non scontare e basta». Di parere esattamente contrario l’Aduc (Associazione diritti utenti e consumatori): «I ribassi sono concepiti per favorire i commercianti, non gli acquirenti, quindi aspettiamo che il legislatore nazionale li cancelli. E consenta agli esercenti di lanciare promozioni quando e come vogliono, perchè almeno ne trarrebbero vantaggio il sistema economico nella sua globalità e, nel dettaglio, la qualità dell’offerta».

Michela Nicolussi Moro

http://corrieredelveneto.corriere.it/veneto/notizie/cronaca/2011/1-luglio-2011/saldi-crisi-fa-salire-l-attesa-un-anno-chiusi-400-negozi-190993977540.shtml


Fisco, meno controlli nelle Pmi del 20% L'obiettivo resta recuperare 10,6 miliardi.




ROMA - Meno controlli su autonomi, piccole imprese e professionisti. Ma verifiche più efficienti per consentire al fisco di eguagliare quest'anno lo stesso recupero di evasione che nel 2010 ha fruttato 10,6 miliardi. L'Agenzia delle Entrate cambia strategia, non obiettivi.

La lotta all'evasione prosegue con maggiore preparazione, puntando agli obiettivi veri. Ma diminuendo i controlli. Venendo così incontro all'esigenza di un Fisco in grado di essere autorevole ma anche rispettoso dei contribuenti. Il direttore generale dell'Agenzia delle Entrate Attilio Befera nel recente passato aveva inviato gli uffici due lettere spiegando che avrebbe sanzionato i soprusi nel corso dei controlli giocando in anticipo rispetto alle proteste su Ganasce Fiscali ed Equitalia. Ora è tornato a prendere carta e penna per scrivere agli uffici che sul territorio conducono la lotta all'evasione, cambiando gli obiettivi numeri fissati nel budget contenuto nella circolare di maggio, quella con le indicazioni operative sui controlli, nella quale l'accento era stato posto sull'obiettivo strategico di ottimizzazione dell'efficacia delle singole attività da sviluppare nel 2011. Ora l'adeguamento.

«Si dispone - scrive nella direttiva inviata ieri sera agli uffici - la riduzione nella misura del 20% del target relativo all'indicatore accertamenti nei confronti di imprese di piccole dimensioni e professionisti, mantenendo invariato l'obiettivo monetario assegnato». Di conseguenza anche il numero dei controlli sul settore globale delle imprese cala del 15%. In pratica ci saranno 45.000 controlli in meno sul mondo dei lavoratori autonomi, dei professionisti e dei piccoli imprenditori, passando per l'esattezza da 221.831 a 177.340 verifiche. Ma non ci dovrà essere alcun taglio per i risultati attesi: i vertici dell'Agenzia non hanno mai nascosto che anche nel 2011 vogliono eguagliare e provare a superare il 2010, che ha gonfiato le casse dello Stato con più di 10,6 miliardi recuperati dall'evasione. La svolta non è estemporanea.

Una settimana fa Befera aveva preannunciato il provvedimento proprio durante un incontro con i direttori regionali, ai quali aveva però ricordato la mission dell'Agenzia: «Coniugare efficienza e correttezza; recuperare evasione, favorendo lo sviluppo della fiducia reciproca e della collaborazione tra fisco e cittadini; promuovere in questo modo la crescita della coscienza civica - ha detto - È questo l'obiettivo ultimo della nostra missione». Ora con la nuova direttiva l'attenzione viene richiamata in particolare su due aspetti, che valgono efficienza e correttezza. Befera chiede un'analisi approfondita per togliere i controlli che danno risultati poco significativi ma anche di evitare controlli che poi producono contestazioni di dubbia tenuta giuridica o di natura meramente formale, laddove l'analisi di rischio non sia stata appropriata ed il controllo non abbia consentito l'individuazione di violazioni sostanziali adeguatamente sostenibili. Come dire, meglio la sostanza che la forma.



Libia/ Altro che vittoria, in Libia ci siamo impantanati.




M.O.: autorita' greche arrestano capitano imbarcazione Freedom Flotilla.



Atene, 2 lug. (Adnkronos/Dpa) - La Guardia costiera greca ha arrestato il capitano della 'Audacity of Hope', una delle imbarcazioni della Freedom Flotilla dirette a Gaza. Lo ha riferito la radio greca. L'uomo, che comparira' davanti a un giudice lunedi', e' accusato di avere violato il divieto di salpare dai porti greci imposto dalle autorita' a tutte le navi dirette a Gaza. La 'Audacity of Hope' era stata intercettata ieri dalla Guardia costiera all'interno delle acque territoriali greche.



Telesantoro, ecco il progetto. - di Giorgio Meletti


Il nuovo network si poggerà su una concessionaria di pubblicità che reperirà le risorse economiche e il segnale sarà trasmesso in multipiattaforma: da Internet, al satellite, fino a una rete di televisioni locali.


Michele Santoro l’ha detto chiaro ieri nell’intervista al Fatto: “Sto lavorando perché un programma comeAnnozero vada in onda dall’autunno ogni settimana, come sempre: alla Rai, a La7 o su una multipiattaforma fra satellite, streaming in rete enetwork di tv locali sul digitale”. Non è una battuta. L’idea della tv indipendente multipiattaforma è al centro di fitti colloqui che vedono protagonista soprattutto Sandro Parenzo, patron diTelelombardia e leader di una pattuglia di grosse tv regionali pronte a giocarsi la partita per reagire al declino imposto alle realtà locali dalle politiche del digitale terrestre del governo Berlusconi.

“È una strada per tentare un vero pluralismo, e per reagire all’attacco durissimo alle tv regionali che il governo sta conducendo ormai da anni”, spiega Boris Mugnai di Rtv38, tv leader in Toscana.

Alla base del progetto c’è una concessionaria di pubblicità televisiva poco conosciuta, Publishare, che da qualche tempo ha consorziato 18 tv regionali e raccoglie per loro la pubblicità nazionale. I numeri sono ancora piccoli, ma i 10-12 milioni di pubblicità raccolta da Publishare oggi rappresentano una boccata d’ossigeno importante per realtà gloriose dell’emittenza locale come Telenorba in Puglia, Primocanale in Liguria, Umbria tv o le stesse Telelombardia e Rtv38.

Secondo Parenzo un’operazione incardinata sul marchio Santoro può consentire la raccolta di quei 20-30 milioni di euro di pubblicità che servirebbero a finanziare il nuovo canale televisivo.

In campo ci sono due ipotesi. La prima è quella più classica: una società di produzione televisiva che distribuisca alle tv regionali del circuito il contenuto televisivo già vestito della sua pubblicità per inserirlo ad arricchimento dei loro palinsesti. L’esperimento di “Tutti in piedi”, andato in onda lo scorso 17 giugno da Bologna, con Santoro e la sorpresa Roberto Benigni, ha dato risultati incoraggianti. La raccolta pubblicitaria è stata dieci volte superiore a quella di “Rai per una notte” dell’anno scorso, nonostante un preavviso molto inferiore. Per i sostenitori del progetto questo è il segno che il mercato pubblicitario sta cambiando, e già da un anno all’altro è maturata una maggiore disponibilità degli inserzionisti per l’innovazione. Anche il risultato di pubblico è stato ottimo: le tv generaliste hanno perso quella sera 9 punti di share, e alcune tv regionali hanno toccato e superato il 10 per cento.

Parenzo e Santoro lavorano però su un obiettivo più ambizioso, un canale nuovo di zecca.

Le tv regionali coinvolte metterebbero a disposizione una delle nuove frequenze liberate dalla tecnologia digitale, e costituirebbero così il nuovo network nazionale di Telesantoro. Per loro il ritorno sarebbe costituito, oltre che dall’affitto della frequenza, da una parte dei proventi pubblicitari e dalla fornitura di prodotto di informazione locale al network. La Publishare raccoglierebbe la pubblicità nazionale, con l’obiettivo di 20-30 milioni per partire, cifra non proibitiva se confrontata con i 2,5 miliardi di euro raccolti da Mediaset. L’idea del canale/cantiere, come lo definisce Parenzo, con un palinsesto tutto di informazione, anche locale, può risultare più attraente per il pubblico e per gli investitori pubblicitari, del semplice intarsio di Annozero o simile nei tradizionali palinsesti delle tv locali, tra una vendita di materassi e l’altra.

Il punto più critico è se bastano i 20-30 milioni per tenere in piedi un canale nazionale all news. Anche perché la pubblicità televisiva è considerato l’unico polmeno finanziario ipotizzabile. La distribuzione del segnale televisivo online, che ha dato ottimi risultati con “Rai per una notte” e “Tutti in piedi”, procura un grande pubblico, valutabile in centinaia di migliaia di persone, ma un ricavo pubblicitario praticamente trascurabile. “Ma la rete è fondamentale”, insiste Parenzo, “perché crea attorno all’impresa televisiva la comunità, che diventa un punto di forza decisivo”.

Per adesso siamo allo stadio delle chiacchiere e delle ipotesi. Per sapere se l’impresa ha qualche seria possibilità di partire bisogna aspettare almeno la fine di luglio
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