venerdì 15 luglio 2011

Rai, Il Cda molla Minzolini. A casa entro settembre. - di Carlo Tecce



Tg1 mai così male. La pubblicità è in crisi con la Sipra che corregge le previsioni: 70 milioni di euro in meno. In uscita anche Mazza e Liofredi.


Scaricato. Nessuno l’ha difeso perché l’intoccabile, che fa scappare spettatori e milioni di euro, ormai è indifendibile. Il Consiglio di amministrazione Rai chiede provvedimenti per Augusto Minzolini, prepara una comoda e inevitabile uscita, evocata a sinistra e sopportata a destra.

Ecco perché Antonio Verro ha mollato l’elmetto che indossava ogni volta che il tema Minzolini planava in Cda: “La crisi aziendale è grave: conti e ascolti vanno male. Non solo per colpa sua, anche di altri”. Il consigliere più berlusconiano del gruppo, abituale ospite di B. a Palazzo Grazioli, parlava per aggiungere due nomi in lista: Mauro Mazza (Ra1), Massimo Liofredi (Rai2).
La Rai cambia tre poltrone per smontarne una. Proprio la sua. Quella del direttorissimo così caro alCavaliere che, fra esilaranti editoriali e servizi su cani e maggiordomi, ha distrutto il Tg1 in due anni. Nessuno poteva contestare i numeri sul primo telegiornale Rai. Qualcuno, forse, voleva fermare un elenco impietoso, ma soltanto per l’imbarazzo: il Tg1 che perde il confronto con il Tg5 all’ora di pranzo e spiana la strada al Tg2, il Tg1 che tra maggio e luglio arranca al 22 per cento di share, il Tg1 che s’insinua come un veleno nel palinsesto di Rai1 e provoca un buco di 10 milioni di euro. E ancora i soldi, scomparsi. I dirigenti di Sipra, la concessionaria pubblicitaria, correggono le previsioni di raccolta per il 2011: mancano 70 milioni di euro, il totale sarà inferiore al miliardo, il record negativo del decennio, e l’azienda ha già tagliato 60 milioni di euro per le reti.

Una Rai zoppa e imbruttita, l’unica in perdita tra i concorrenti (tranne una leggera flessione diMediaset), fatica a reggere il marchio di Minzolini, il direttore che censura le notizie e poi va in vacanza con i soldi pubblici. Per l’uso disinvolto della carta di credito di viale Mazzini, il direttorissimo è indagato a Roma per peculato, ieri l’ultimo interrogatorio davanti al pm Antonio Caperna in Procura: in caso di rinvio a giudizio, Minzolini sarebbe sospeso dall’azienda.

Viale Mazzini,infatti, preferisce evitare la cacciata dell’ex notista politico per guai giudiziaria e adesso, compreso (con ritardo) il fallimento del Tg1, nessuno può ignorare il virus Minzolini. Quando a settembre la Rai dovrà misurarsi con le rivali nel periodo di garanzia, i mesi che pesano per spartirsi la torta pubblicitaria, il servizio pubblico dovrà avere una faccia nuova.

Via Mazza perché Rai1 ha collezionato una lunga serie di errori anche con i programmi di intrattenimento; via Liofredi perché Rai2, già spolpata con l’addio di Annozero, sarà orfana diSimona Ventura e le successioni sono diventate una barzelletta; via Minzolini perché il Tg1, nell’immaginario collettivo del centrodestra, può persino aiutare il governo, eppure il bilancio è sacro e la bancarotta fa sbiancare i consiglieri più duri e puri. Nessuno ha voglia di portare i libri contabili in Tribunale e immolarsi per un Tg1 che protegge goffamente il governo. Nessuno. (Ha collaborato Rita Di Giovacchino)




Chi uccise Borsellino. - di Lirio Abbate


Un immagine d archivio del boss mafioso Giuseppe Graviano

Il killer fu il boss Giuseppe Graviano. Il movente: il magistrato sapeva troppo sui colloqui tra mafia e Stato. A 19 anni dalla strage di via D'Amelio, le indagini della Dia di Caltanissetta sono arrivate a una svolta decisiva.

Il boia di Paolo Borsellino e dei suoi agenti di scorta si chiama Giuseppe Graviano, il boss di Brancaccio che secondo il collaboratore di giustizia Gaspare Spatuzza dopo l'attentato di via d'Amelio avrebbe trattato direttamente con Silvio Berlusconi e Marcello Dell'Utri.

Il pool di magistrati di Caltanissetta, guidato da Sergio Lari, dopo tre anni di indagini ha chiuso l'inchiesta individuando l'uomo che ha premuto il telecomando dell'autobomba carica di tritolo. E oggi offre una nuova verità giudiziaria che porterà il prossimo mese alla revisione delle sentenze definitive: verranno riaperti quei processi basati sulle dichiarazioni di falsi pentiti, come Vincenzo Scarantino, che hanno fatto finire all'ergastolo anche cinque persone estranee ai fatti.

I magistrati, grazie alla collaborazione di Spatuzza (senza le cui dichiarazioni, riscontrate in tutti i punti, non sarebbe stato possibile avviare la nuova inchiesta) e Fabio Tranchina, un fedelissimo di Graviano arrestato nei mesi scorsi, sono riusciti a trovare le tessere del mosaico che per 19 anni avevano impedito di ricostruire la trama dell'attentato. Lo hanno fatto adesso Sergio Lari, Domenico Gozzo, Amedeo Bertone, Nicolò Marino, Stefano Luciani e Gabriele Paci.

Le indagini svolte dalla Dia di Caltanissetta sono riuscite a dare risposte ad alcuni interrogativi sempre rimasti irrisolti: dalla responsabilità di soggetti esterni a Cosa nostra, ai motivi per cui venne attuata la strage di via D'Amelio a soli 57 giorni di distanza da quella di Capaci in cui morirono Giovanni Falcone e la sua scorta. Un'accelerazione decisa per impedire che Borsellino ostacolasse la trattativa che era in corso tra corleonesi e uomini dello Stato.

Con l'istanza di revisione che i pm hanno consegnato al procuratore generale Roberto Scarpinato è stato accertato chi ha rubato l'auto, chi l'ha imbottita di tritolo e sistemata davanti al palazzo in cui abitava la mamma del magistrato. Graviano ha poi spinto il telecomando, appostato dietro un muro che separa via d'Amelio da un giardino.

E' stata così esclusa la pista del Castello Utveggio e di un coinvolgimento, in questa fase operativa, di apparati dei servizi segreti. Oggi invece emerge la ricostruzione di un'operazione voluta da Totò Riina ed eseguita da Graviano e suoi picciotti fidati. Ma i pm proseguono le indagini su altri versanti: sull'agenda sparita, sui "soggetti esterni" a Cosa nostra e del boss latitante Matteo Messina Denaro. E allo sviluppo di una nuova dichiarazione fatta dal neo pentito palermitano Stefano Lo Verso, che per 12 anni curò la latitanza di Bernardo Provenzano.

"Solo cinque persone conoscono la vera storia delle stragi", gli avrebbe confidato il vecchio padrino. "Due sono morte. Gli altri tre siamo io, Riina e Giulio Andreotti". E nelle migliaia di atti dell'indagine ci sono anche le testimonianze delle figure istituzionali chiave di quel periodo.


giovedì 14 luglio 2011

Dal ticket alle pensioni fino alle agevolazioni fiscali, ecco le novità



Roma - (Adnkronos) - Il 60% delle entrate arriveranno dalle maggiori tributi. L'effetto si farà sentire sulla pressione fiscale che, secondo quanto stimato da Confindustria, dovrebbe salire dell'1% circa.

Roma, 14 lug. - (Adnkronos) - Dal ritorno del ticket sanitario (già da quest'anno) al contributo di solidarietà delle pensioni d'oro, dalle agevolazioni fiscali all'addizionale sulle stock option, dalla rimodulazione degli ammortamenti per le concessionarie al pacchetto di anticipo dell'età pensionabile. La manovra ha ottenuto il via libera del Senato con un pacchetto di modifiche che migliora i saldi, portando la manovra a 48 miliardi per il 2014 (25,4 mld previsti dalla manovra licenziata dal Cdm a cui si aggiungono 22,6 mld con il passaggio al Senato)..

Il 60% delle entrate previste dalla manovra, secondo quanto si evince dalle tabelle sugli effetti finanziari delle modifiche che arriva dalla Ragioneria generale dello Stato, arriveranno dalle maggiori tributi. L'effetto si farà sentire sulla pressione fiscale che, secondo quanto stimato da Confindustria, dovrebbe salire dell'1% circa.

Il provvedimento, approvato con un iter lampo da palazzo Madama, passa ora alla Camera per avere l'ok definitivo entro domani. Il maxiemendamento presentato dal governo, su cui è stata posta la fiducia, ricalca le misure introdotte dalle commissioni Bilancio e Finanze. Ecco di seguito le novità:

Ticket sanitario: Torna il ticket sanitario di 10 euro, già a partire da quest'anno. I risparmi previsti dalla cancellazione della misura sono pari a 381 milioni.

Agevolazioni fiscali: Tagli delle agevolazioni fiscali del 5% nel 2013 e del 20% nel 2014, se non entrerà in vigore la delega fiscale entro il 30 settembre 2013. Sono attesi 4 miliardi nel 2013 e 20 miliardi nel 2014. Secondo quanto riferito dal relatore i tagli potranno riguardare tutte le 483 agevolazioni.

Pensioni d'oro: Arriva un contributo di solidarietà da parte delle pensioni che superano i 90.000 euro. Sarà del 5% per gli importi tra 90.000 e 150.000, che salirà al 10% per gli importi superiori. è inoltre previsto il blocco della rivalutazione automatica delle pensioni, nel 2012-2013, per gli assegni che superano cinque volta il trattamento minimo Inps. La rivalutazione delle pensioni resterà integrale per la parte di reddito che va fino a tre volte il minimo Inps, mentre si riduce al 70% per la parte che arriva fino a cinque volte il reddito minimo, per poi azzerarsi.

Forfait giovani: Novità sulla norma che interessa i giovani che aprono un'attività. Il forfettone al 5% potrà essere applicato fino a 35 anni di età, senza il vincolo dei 4 anni di durata previsto dalla manovra. I giovani potranno quindi utilizzare l'imposizione agevolata fino a quando non avranno compiuto il trentacinquesimo anno di età.

Adeguamento pensioni: Anticipo al primo gennaio 2013 del processo di adeguamento dei requisiti anagrafici per l'accesso al pensionamento all'aspettativa di vita. L'incremento dei requisiti di anzianità per le pensioni di vecchiaia, quelle anticipate e all'assegno sociale è stimato in 3 mesi dal primo gennaio del 2013. Per i successivi interventi triennali dal 2016 al 2030 la stima degli adeguamenti triennali è di 4 mesi, mentre i successivi adeguamenti saranno intorno ai 3 mesi fino al 2050 circa. Ciò comporta un adeguamento cumulato, ad esempio dal 2050, pari a 3 anni e 10 mesi.

Pensioni 40 anni contributi: Slittano le pensioni con 40 anni di contributi, a partire dal 2012. Il prossimo anno è previsto un posticipo di un mese, che diventa di due mesi nel 2013 e di 3 mesi a partire dal 2014.

Imposta bollo: Arriva la rimodulazione dell'imposta di bollo, dovuta sull'ammontare del deposito titoli. Per i depositi con valore nominale inferiore a 50.000 euro le comunicazioni relative sui depositi di titoli inviati a intermediari finanziari viene applicata un'imposta di 34,2 euro che sale in base ai depositi.

Dismissioni statali: Sono in arrivo programmi di dismissione delle quote di partecipazioni azionarie dello Stato, che dovranno essere approvate entro il 31 dicembre del 2013.

Liberalizzazione professioni: Il governo proporrà alle categorie interessate ''proposte di riforma in materia di liberalizzazioni'' delle professioni. Trascorso il termine di 8 mesi dalla data di entrata in vigore della manovra ''ciò che non sarà espressamente vietato sarà liberò'.

Stock option: Aumenta l'imponibile delle stock option e bonus, su cui viene applicata un'aliquota addizionale del 10%. Attualmente l'aliquota addizionale viene applicata su dirigenti e collaboratori d'imprese finanziarie per la parte di stock option e bonus che supera il triplo della parte fissa delle retribuzioni. La misura pone invece come tetto di 'esenzionè dell'addizionale il reddito.

Patto stabilità: Cambiano i parametri del patto di stabilità interno per gli enti locali virtuosi. Viene previsto un coefficiente di correzione che dovrà essere ''connesso alla dinamica del miglioramento conseguito dalle singole amministrazioni, rispetto alla precedenti, con riguardo ai parametri'' degli enti locali virtuosi.

Accise: Restano confermati anche per il 2012 gli aumenti della aliquote, applicati sui carburanti. Il gettito atteso, considerando anche l'Iva, sarà pari a circa 1,7 miliardi per ogni anno, dal 2012 al 2015.

à: Salta per le concessionarie il tetto per la deducibilità degli ammortamenti dei beni durevoli. Mentre arriva un incremento dell'Irap dello 0,3% che fa salire l'aliquota dall'attuale 3,9% al 4,2%. Per le società concessionarie di autostrade e trafori, invece, è prevista una riduzione della deducibilità delle somme accantonate per il fondo di ripristino, il cui tetto passa dal 5% all'1%.



Manovra, taglio a tutte le agevolazioni fiscali Tremonti in aula a Palazzo Madama.





La manovra arriva a Palazzo Madama per il primo passaggio alle Camere. La commissione bilancio del Senato ha lavorato fino alle tre di questa notte per terminare il lavoro sugli emendamenti e stamani il relatore ha illustrato le variazioni che saranno introdotte. Così, dopo aver reintrodotto il ticket sanitario già dal prossimo lunedì, si scopre che tra le correzioni apportate c’è anche il taglio lineare immediato a tutte le agevolazioni fiscali, comprese quelle relative alla famiglia. Entro oggi il provvedimento sarà approvato al Senato, dove il governo ha posto la fiducia.

In arrivo tagli lineari su tutte le 483 voci di agevolazioni fiscali in vigore, comprese quelle sulla famiglia. Il taglio dei regimi di favore fiscale scatta subito ma non si applicherà nel caso in cui entro il 30 settembre 2013 sarà esercitata la delega fiscale. Tra le voci che subiranno tagli sono quelle sui figli a carico, sulle spese sanitarie e di istruzione, sui redditi da lavori dipendente, sugli asili nido, nonchè quelle a favore degli studenti universitari. I tagli scatteranno da subito e riguarderanno tutte le voci di agevolazione fiscale ma sarà poi il governo a decidere come intervenire. A subire una sforbiciata saranno anche i bonus per le ristrutturazioni edilizie, il terzo settore, le Onlus, l’Iva, le accise e i crediti d’imposta.

Inoltre, dalla presentazione del relatore, è aumentato anche il valore della manovra sugli anni 2013 e 2014 a oltre 70 miliardi di euro, compresa la delega fiscale. A regime la manovra vale nel 2014 47 miliardi. L’intervento sul 2013 è di 17 miliardi a cui vanno aggiunti, per effetto delle modifiche, altri 6 miliardi. L’impatto sul 2014 è di 25 miliardi a cui si sommano altri 22 miliardi dopo i correttivi.



mercoledì 13 luglio 2011

Camorra, ora il Pdl trema. - di Claudio Pappaianni


Luigi Cesaro

Luigi Cesaro, uomo forte di Berlusconi in Campania e re della spazzatura, da ieri è ufficialmente indagato per i suoi rapporti con la cosca dei Casalesi. Un'inchiesta che potrebbe terremotare un intero sistema di potere.

Indagato per camorra: Luigi Cesaro, presidente della Provincia di Napoli, è stato iscritto nel registro degli indagati dalla Direzione distrettuale Antimafia di Napoli con l'accusa di aver avuto rapporti con il gruppo dei Casalesi capeggiato da Francesco Bidognetti per mettere le mani su un affare immobiliare da 50 milioni di euro.

Lo riferisce l'edizione odierna de 'Il Mattino', con un articolo a firma di Rosaria Capacchione, la giornalista che da due anni vive sotto scorta per le minacce subite dai boss del clan dei Casalesi.

A chiamare in causa il deputato vicino al Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi è l'avvocato Michele Santonastaso, a lungo legale degli stessi boss attualmente agli arresti.

Le sue rivelazioni, contenute nelle oltre trecento pagine di verbale dell'interrogatorio del 25 marzo scorso, parlano di rapporti tra la camorra, la politica, le imprese e il mondo delle professioni.

Santonastaso, in particolare, si sofferma sulle dichiarazioni di un altro pentito del clan, Luigi Guida detto O' Ndrink, che gli avrebbe parlato degli interessi comuni della famiglia Cesaro e dei Casalesi nell'affare del Pip di Lusciano, piccolo centro del casertano.

In particolare, Cesaro avrebbe offerto a Luigi Guida, incaricato di realizzare i progetti del Pip, una percentuale maggiore per la realizzazione dei lavori di quella già presentata dall'imprenditore Emini.

Nel settembre 2008 era stato 'L'Espresso' con un'inchiesta a firma di Gianluca Di Feo e Emiliano Fittipaldi, a parlare per primo dell'affaire sospetto e dei rapporti tra Cesaro e la mafia di Gomorra, citando le accuse dello stesso Guida e di un altro pentito Gaetano Vassallo.

Cesaro in passato era già stato arrestato e processato per camorra. Erano i tempi della Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo: il Presidente della Provincia di Napoli fu arrestato nel febbraio del 1984 e condannato un anno dopo in primo grado a 5 anni. Fu assolto in appello nel 1986, ma non senza che i giudici avanzassero dubbi e sospetti sul suo rapporto con la NCO: «Il quadro probatorio relativo alla posizione del Cesaro non può definirsi tranquillante». E ancora: «Il dubbio che l'imputato abbia, in qualche modo, reso favori ai suddetti personaggi per ingraziarseli sussiste e non è superabile dalle contrastanti risultanze processuali». Ci penserà Corrado Carnevale, passato alla storia come il giudice ammazza-sentenze, a cancellare in Cassazione tutte le accuse a Cesaro, che sarà assolto "per non aver commesso il fatto".

Da allora Giggino A' Purpetta, come lo chiamano a Sant'Antimo, suo paese natale, ne ha fatta di strada: con i buoni uffici dell'amico e collega di partito Nicola Cosentino, e a suon di tessere e mozzarelle fatte recapitare direttamente ad Arcore, Cesaro è riuscito prima a farsi eleggere deputato e poi a conquistare la Presidenza della Provincia della terza città d'Italia. E i risultati sono sotto gli occhi di tutti.

A parte le gaffe che lo hanno reso celebre, la caratteristica principale del suo mandato è stata, finora, l'inefficienza. Un esempio su tutti: i rifiuti. Luigi Cesaro avrebbe dovuto aprire una nuova discarica dove portare la monnezza di Napoli. Ha scelto, invece, di portare i rifiuti fuori regione, con costi doppi e risultati pessimi.

La monnezza è ancora lì. Cesaro pure. Per ora.


Mafia, chiesto processo per Romano Il ministro: «Non mi dimetto»


È imputato di concorso in associazione mafiosa.

I pm: rapporti con esponenti di spicco di Cosa Nostra.

Saverio Romano (IPP)
Saverio Romano (IPP)
MILANO - Il ministro delle Politiche agricole Francesco Saverio Romano è formalmente imputato di concorso in associazione mafiosa. La Procura di Palermo ha depositato la richiesta di rinvio a giudizio. L'atto, firmato dal pm Nino Di Matteo e dall'aggiunto Ignazio De Francisci, segue di quattro giorni la decisione del Gip del capoluogo siciliano di rigettare l'istanza di archiviazione inizialmente presentata dalla Procura e di imporre ai magistrati inquirenti l'imputazione. Ora il Gup dovrà fissare entro due giorni l'udienza preliminare, ma il termine è solo ordinatorio. «Non intendo commentare un atto al quale la Procura di Palermo è stata obbligata dopo 8 anni di indagini e due richieste di archiviazione. Continuo a non comprendere come non ci si scandalizzi invece di un corto circuito istituzionale e giudiziario che riguarda chi da un lato ha condotto le indagini e chi dall'altro le ha severamente sanzionate» ha reagito Romano.

«RESTO AL MIO POSTO» - Il ministro ha assicurato inoltre che non farà alcun passo indietro e che anzi è determinato ad andare avanti con il suo lavoro al ministero delle Politiche agricole. Dall'opposizione sono già partite richieste di dimissioni. Duro anche il commento del presidente della Camera Gianfranco Fini che ha detto che non è opportuno che Romano rimanga al suo posto. Romano ha replicato che resta «a testa alta» nel governo Berlusconi e si considera «vittima di un a ritorsione politica» per «aver salvato con il mio voto a dicembre insieme ad altri colleghi la maggioranza e il governo». E intende «tutelare in ogni sede giudiziaria e politica» il proprio «buon nome e onorabilità», denunciando «ad alta voce la strumentalità non dell'atteggiamento delle opposizioni che hanno tutto il diritto di chiedere le mie dimissioni, se lo ritengono» ma dell'«intervento a gamba tesa in una vicenda squisitamente politica da parte del presidente della Camera Gianfranco Fini» che ha denunciato la inopportunità della sua permanenza al governo. «Perché ad oggi - ha affermato Romano in conferenza stampa- di inopportuno c'è solo l'intervento della stessa persona che a dicembre, spogliandosi della terzietà che impone il rivestire la terza carica dello Stato ha raccolto le firme per far cadere il governo».

«IL SUO RUOLO A DISPOSIZIONE DI COSA NOSTRA» - Per i pm che hanno firmato la richiesta di rinvio a giudizio, il ministro Romano avrebbe nel tempo sostenuto Cosa nostra e avuto rapporti diretti o mediati con diversi elementi di spicco dell'associazione mafiosa. «Nella sua veste di esponente politico di spicco, prima della Dc e poi del Ccd e Cdu e, dopo il 13 maggio 2001, di parlamentare nazionale - scrivono i magistrati - Romano avrebbe consapevolmente e fattivamente contribuito al sostegno ed al rafforzamento dell'associazione mafiosa, intrattenendo, anche alla fine dell'acquisizione del sostegno elettorale, rapporti diretti o mediati con numerosi esponenti di spicco dell'organizzazione tra i quali Angelo Siino, Giuseppe Guttadauro, Domenico Miceli, Antonino Mandalà e Francesco Campanella». Secondo i pm, inoltre, il ministro avrebbe «messo a disposizione di Cosa nostra il proprio ruolo, contribuendo alla realizzazione del programma criminoso dell'organizzazione tendente all'acquisizione di poteri di influenza sull'operato di organismi politici e amministrativi».

LA CANDIDATURA DI MICELI - In particolare, nella richiesta di rinvio a giudizio i pm fanno cenno all'interessamento di Romano a candidare, su input del boss Guttadauro, Mimmo Miceli, poi condannato per mafia, alle regionali del 2001. Romano si sarebbe inoltre adoperato per accreditare Miceli e «il suo referente mafioso Guttadauro quali interlocutori da ascoltare nella gestione degli equilibri politici all'interno e all'esterno del Cdu». Infine il ministro, assieme all'ex governatore siciliano Totò Cuffaro, avrebbe assecondato le richieste del capomafia Nino Mandalà inserendo Giuseppe Acanto nelle liste dei candidati del Biancofiore per le regionali del 2001, «nella consapevolezza di esaudire desideri di Mandalà e, più in generale, della famiglia mafiosa di Villabate».



Naoto Kan: “Il Giappone dirà addio al nucleare”.



Il Giappone dirà addio all’atomo: il premier giapponese, Naoto Kan, ha affermato che dopo il disastro di Fukushima il Paese deve “ridurre gradualmente la dipendenza dall’energia nucleare” per puntare sulle energie rinnovabili. “Punteremo a diventare un Paese che può esistere senza energia nucleare”, ha assicurato.

Quattro mesi dopo il terremoto e lo tsunami dell’11 marzo che hanno provocato il più grave incidente nucleare dopo Chernobyl, Kan ha comunicato i piani per il superamento dell’energia atomica in una conferenza stampa trasmessa in diretta tv. Il premier ha ricordato che nonostante il blocco di 35 reattori nucleari su 54, il Giappone “ha una produzione energetica sufficiente per l’estate e per l’inverno”.

“Tenuto conto della gravità dei rischi” emersi con l’incidente di Fukushima, ha ammesso Kan, “ho realizzato che non possiamo andare avanti sul presupposto che si debba solo ricercare una sicurezza per il nucleare”.

L’annuncio rappresenta un passo ulteriore rispetto alla revisione già decisa dal governo del piano energetico nazionale per ridurre la dipendenza dall’energia atomica e prefigura la chiusura di tutte le centrali atomiche, sia pure senza che venga fissata una scadenza.

Parlando dell’incidente di Fukushima, Kan ha affermato che “ci potrebbero volere cinque, dieci anni o anche più per il definitivo smantellamento dei reattori”. Il premier, sotto pressione politica per le inefficienze nella risposta al disastro di Fukushima, punta a fare delle rinnovabili “un pilastro centrale” del nuovo mix energetico del Giappone, con l’avvio già in questi giorni di un dibattito in Parlamento.