lunedì 29 agosto 2011

Supertassa, Iva, tagli ai comuni Berlusconi e Bossi riscrivono la manovra.



Addio al contributo di solidarietà, nessuna modifica all’Iva, riduzioni dei benefici fiscali per le società cooperative, ridotti di due miliardi i tagli agli enti locali. E poi un ritocco alle pensioni, calcolate solo “in base agli effettivi anni di lavoro”. Ma soprattutto un annuncio che sa di bluff: “Abolizione di tutte le province e dimezzamento del numero dei parlamentari per via costituzionale”. Cioè con tempi lunghissimi per via del doppio passaggio e maggioranza qualificata nei due rami del Parlamento. Dalle prime indiscrezioni sulle modifiche alla stangata decise nel faccia a faccia-fiume tra Silvio Berlusconi e Umberto Bossi esce l’immagine di una manovra stravolta.

Ci si aspettava un incontro lungo, ma nessuno immaginava che i due restassero chiusi per sette ore a villa San Martino: dalle 11 alle 18. E pensare che pochi giorni fa, dopo un dibattito a Bergamo, il segretario Pdl Alfano, il ministro dell’Interno Maroni e il ministro per la Semplificazione Calderoli (tutti e tre presenti all’incontro, insieme al ministro Tremonti) avevano detto che sulla manovra era già stata trovata “la quadra”. Insomma, nelle intenzioni degli aspiranti leader dei due partiti, tutto era stato risolto. Ma non avevano ancora fatto i conti con il Cavaliere e il Senatùr, e soprattutto con il superministro dell’Economia. A questo punto, ammettendo che alla fine l’accordo si sia trovato, visto che nessuno all’uscita ha rilasciato dichiarazioni, non si sa nemmeno se ci siano i tempi tecnici per presentare gli emendamenti entro le 20. Oppure se, in alternativa, il governo decidesse di adottare la strada meno auspicata dalle opposizioni, cioè un maxiemendamento che si accompagnerebbe a un voto di fiducia. Ecco nel dettaglio gli interventi annunciati

TAGLI AGLI ENTI – Le risorse recuperate per “diminuire le sofferenze per gli enti locali”, viene spiegato da fonti di maggioranza, sarebbero reperite da una rimodulazione dei vantaggi fiscali ed un intervento sulle pensioni. In ogni caso, per i piccoli comuni è prevista la “sostituzione dell’articolo della manovra con un nuovo testo che preveda l’obbligo dello svolgimento in forma di unione di tutte le funzioni fondamentali a partire dall’anno 2013″. Quindi niente accorpamento dei Comuni, pur restando immutato l’accorpamento delle funzioni.

CONTRIBUTO DI SOLIDARIETA’ – “Sostituzione del contributo di solidarietà con nuove misure fiscali finalizzate a eliminare l’abuso di intestazioni e interposizioni patrimoniali elusive nonché riduzione delle misure di vantaggio fiscale alle società cooperative”. Il contributo resta però per i membri del Parlamento. La supertassa sarà rimpiazzata con nuove misure fiscali finalizzate a eliminare l’evasione sui patrimoni. E poi riducendo i vantaggi fiscali alle società cooperative

PENSIONI – Calcolo delle pensioni soltanto in base agli “effettivi anni di lavoro”. E’ quanto stabilito nel corso della riunione di maggioranza ad Arcore. Il calcolo per il raggiungimento degli anni di anzianità, viene spiegato da fonti di maggioranza, non dovrebbe più tener conto degli anni di servizi militare prestato e degli anni universitari. “Verranno scorporati”, mantenendo immutato l’attuale regime previdenziale. Gli anni in questione, però, verranno computati per il calcolo della pensione.



'ndrangheta POTERE DEL NON-GOVERNO. - di Claudio Dionesalvi



È nata mille anni fa, ben prima di mafia e camorra, è figlia di un'antica crisi politica ed economica e scaturisce dalla necessità di colmare un vuoto di potere. Un saggio appena uscito e ancora inedito in Italia racconta da dove nasce la malavita calabrese. A partire dal sostantivo bizantino «andragathia». Ne parliamo con l'autore, il linguista John Trumper.

La 'ndrangheta? È molto più vecchia di quanto si pensi. Nata mille anni fa, è figlia di un'antica crisi politica ed economica. Ed è scaturita dalla necessità di colmare un vuoto di potere. Parola di John Trumper, uno degli esponenti della linguistica moderna. Lo spiega in un suo recente saggio intitolato Slang and Jargons, che non ha ancora visto la luce in Italia, essendo apparso sinora solo in inglese per i tipi della Cambridge University, nel volume Romance languages curato da Martin Maiden, John Charles Smith e Adam Ledgeway. Roba che scotta! E che quaggiù farà discutere non soltanto gli studiosi di lingue antiche, quando sarà tradotta in italiano.
È uno studio destinato a riscrivere la storia della 'ndrangheta dalle fondamenta. Si fonda sull'etimologia della parola. Il prof non ha dubbi: «Andragatos è soltanto un nome, vuol dire "buon uomo". Per fare chiarezza, occorre osservare i verbi greci. Dai due elementi, cioè andros e agatos, si è creato un nuovo verbo greco andragatizo che significa: "in origine ho coraggio". Interessante, tuttavia, è l'uso dei due verbi nelle prime epopee popolari del medio greco. Ho studiato le tre edizioni del Digenes Acritas che è una famosa epopea popolare medievale. La più antica è quella di Grottafferrata, la seconda del monastero delle isole di Andros e la terza è nell'Escorial di Madrid. All'inizio sembra ci sia stato un conflitto: da una parte i termini andrio ("ho coraggio") con andria ("coraggio"), dall'altra andragatizo ("faccio il coraggioso") con il sostantivo andragathia. La seconda coppia (verbo e sostantivo) si specializza con il senso di "esercitare un ruolo di borghese o piccolo nobile che sa usare le armi". Sono quegli uomini che i Bizantini usavano per colmare i vuoti di potere della propria governance nelle terre periferiche».
Nell'amministrazione dell'epoca, per esempio, verso l'anno mille, c'è un famoso Andrea di Rende che diventa il giudice bizantino a Squillace. Lui è un giudice di carriera. Comunque, nel frattempo, molta piccola nobiltà bizantina, tipo i Malena, riempie gli spazi lasciati dal potere centrale in momenti di vacatio. «Eh sì - spiega Trumper - perché hanno studiato, allora possono leggere lo Ius civile di Giustiniano nella versione greca. Così riescono ad emettere sentenze in greco corretto. Ma sanno usare bene pure la spada, quindi hanno la capacità di comandare soldati. Per rendere esecutiva una sentenza, possono ordinare a una truppa di farlo. È gente che normalmente non ha una funzione amministrativa, però in casi straordinari, viene chiamata ad esercitarla». In questa fase storica si verificano spesso vuoti di potere. «All'epoca i Bizantini cominciano a perdere terreno in Calabria. Già nell'880 riprendono Santa Severina e Amantea, occupate dagli Arabi. Li rispediscono in mare. Santa Severina è fortificata nell'ambito della riconquista dello Ionio. Amantea invece viene persa una seconda volta. Gli Arabi ci resteranno per più di cento anni. Infatti sono presenti ancora arabismi nel lessico dei pescatori. Termini che non trovi nel resto della regione. Per esempio, l'ambra, cioè la rosamarina, una gustosa e piccante specialità calabra. I pescatori di Tropea e Amantea la chiamano ambra, che è la parola araba per la neonata di pesce».
Dunque nel cuore del medioevo, a queste latitudini, i cambiamenti geopolitici sono improvvisi e ripetuti. Trumper sottolinea che «a un certo punto al generale Niceforo Focas non interessa più la Calabria, perché c'è un vuoto di potere al centro dell'impero. Allora ritorna a Costantinopoli e diventa imperatore. Nei suoi domini italici, l'amministrazione bizantina riesce a malapena a fare il censimento delle proprietà. Lo affida alla chiesa. A Reggio fa il censimento dei gelsi, del vino, delle altre produzioni. I Bizantini inventano il famoso kapnikon: "vedi un filo di fumo, calcoli le tasse". Oggi possiamo anche quantificare la popolazione del tempo, in base a questo criterio. Di fatto, l'Impero d'oriente perde potere in periferia, eppure prova a trattenerlo. Quando nel 1060 arrivano i Normanni, trovano un paese allo sbando, con gli Arabi che invadono, depredano e si ritirano perché non possono gestire un territorio così tortuoso e vasto. Mantengono la Sicilia, ma non hanno i mezzi per controllare tutta la Calabria. Allora fanno delle scorribande. Una volta cercano persino di occupare Cosenza, ma muoiono tutti di malaria lungo il Crati. Arrivano fino a Montalto, addirittura a Gergeri. Cafaruni e Gergeri sono gli unici nomi arabi di Cosenza. Hafr vuol dire dirupo. Gergeri è il luogo in cui fanno crescere le canne da zucchero lungo il fiume».
Ma, con l'arrivo dei Normanni, la situazione sembra cambiare: presidiano alcune zone, normannizzano Cosenza, impongono la loro amministrazione, buttano fuori gli arcivescovi greci di Bisignano e Cosenza (Costantia), che erano suffraganei di Reggio, e li sostituiscono con Arnolfo I e Arnolfo II. «Arrivano quasi a chiudere Vibo e Nicotera. Ruggero - spiega Trumper - ci sistema il suo scrivano, Goffredo di Malaterra, che è suo biografo, ne racconta la campagna militare. Ruggero istituisce il vescovato di Mileto per il suo scrivano. Lui pensa: "quando passo da qui, voglio una casa, pace, lo scrivano al mio servizio, che poi è il vescovo". Lancia un ultimatum all'arcivescovo metropolita di tutta la Calabria e la Sicilia, che è greco: "se vuoi restare qui, tu devi dire la messa in latino". Il vescovo non la prende bene: "io non celebro messa senza l'acqua calda", che per un ortodosso rappresenta il momento clou dell'anafora della messa. Quando si mescola l'acqua col vino, nella liturgia greca c'è l'epiklesis. Non è la recita delle parole di Cristo che crea il corpo e il sangue di Cristo, bensì la preghiera rivolta allo spirito santo nell'atto di versare l'acqua calda nel calice. Quello rappresenta la figura dello spirito santo. Il vescovo non ci sta: "noi non siamo latini, noi non consacriamo nulla con le parole di Cristo, noi consacriamo con le tre hypostaseis della trinità". In sintesi, sta dicendo a Ruggero: "io la messa latina non te la recito". Ruggero capisce perché con lui c'è Brunone che lo consiglia, e risponde: "c'è una nave che parte per Costantinopoli. Le auguro un felice viaggio". E istituisce il vescovato metropolita latino-normanno della Calabria».
Però neanche lui possiede abbastanza potere. Deve tenere la Sicilia. Sta arrivando a Palermo. La capitale bizantina è stata Siracusa. «Con gli Arabi - prosegue lo studioso - Panormos diventa Al Balarm. Il termine moderno Palermo deriva dalla pronuncia araba del greco Panormos. I normanni seguono l'esempio arabo, cioè scelgono Palermo capitale. In Calabria invece dominano il Tirreno cosentino, vibonese e reggino, ma di fatto lasciano lo Ionio. Lì rimangono i vescovi greci, però questi non possono chiedere ai Bizantini di intervenire. Non sono più vescovi sotto un imperatore di Bisanzio, non hanno più il potere di riscuotere le tasse, prerogativa che spettava loro in precedenza, come il potere di organizzare l'esercito. Sono il vescovo di Cassano e quello di Locri a mandare l'esercito contro Ruggero. Non riescono comunque a frenare l'avanzata normanna. Ruggero vince perché questi vescovi non hanno capacità strategiche nell'arte della guerra. Tuttavia, sono loro i livelli più alti dell'amministrazione bizantina. Non ci sono giudici, non c'è un generale. Nella battaglia di Cassano, il vescovo greco indossa l'armatura, monta a cavallo e guida le truppe, seguito dal protopapas mandato da Locri. Perde, perché non sa condurre una battaglia. I vescovi erano stati buoni solo a riscuotere tasse per mandarne una parte a Costantinopoli. In questa fase, dunque, la Calabria è allo sbando. Ma neanche i Normanni istituiscono un forte governo. Si passa dal debole governo bizantino al debole governo normanno. Altrettanto fragile sarà anche quello angioino. Queste terre vivono per secoli in una palese debolezza istituzionale». Allora succede una cosa nuova: «gli uomini che prima esercitavano la funzione di giudici, formavano la corte, il tribunale, quelli che sapevano leggere e scrivere, gli andragatoi, diventano i nuovi capi. Andrangata è un deverbale che deriva dal verbo andragatizen. Se traduciamo andragatizen morfema per morfema dal greco al calabrese, arriviamo ad andragatiàri. Nel dialetto reggino la G velare di solito sparisce. La aguglia diventa aùgghia. Una gatta è la iatta. Per conservare il suono velare GH mettono davanti la N. Allora andragatiàri diventa andrangatiàri. Questa è la prova della provenienza reggina della parola. Il verbo reggino andrangatiàri è un deverbale, sostantivo: quelli che esercitano il potere di andragatiàri».
La conferma arriva dalla cartografia europea. Trumper segnala che «olandesi e inglesi, nel '400, chiamano la Calabria 'Andragathia regio', la regione della Andragathia, dove governa il non governo. Per primi riconoscono questo fatto. Ciò significa che la 'ndrangheta nasce, non solo come parola ma come istituzione, molto prima della camorra che emerge tra '600 e '700. Fare camorria significa fare compagnia. La camorra è una comitiva d'affari napoletana, a differenza della mafia siciliana che irrompe nel 1825. Incarna la ribellione contro gli inglesi che, dopo il congresso di Vienna del 1815, avevano ottenuto il controllo del commercio della Sicilia e nel centro del Mediterraneo. I nobili siciliani non se ne preoccupano, perché sono protetti, come i Borboni, dalla flotta inglese. E poi vanno a divertirsi altrove. Ma i loro intermediari, la nuova classe media, si ribellano, perché perdono la gestione dei traffici commerciali».
La questione del rapporto tra collasso del sistema socio-economico e nascita delle strutture linguistiche, è al centro del saggio. Il professor Trumper elabora un'affascinante ricostruzione della genesi dei gerghi escogitati dal cognitariato medievale. Al tempo della crisi finale che anticipò il passaggio all'età moderna, i possessori della conoscenza indispensabile alla produzione di beni e ricchezze materiali, reagirono al fallimento di quel sistema economico sfornando codici linguistici nuovi e riservati, pur di preservare il controllo delle tecniche di produzione. In sostanza, per sopravvivere, i mestieranti inventarono un linguaggio autonomo, unica possibile cassaforte in cui rinchiudere i segreti delle arti pratiche. È una scoperta destinata a riverberare suggestioni sul presente. Anche i gerghi tipici degli anni zero e delle reti sociali di oggi potrebbero essere il riflesso di una recondita volontà autoprotettiva, la risposta degli attuali mestieranti della comunicazione all'odierna crisi globale. La differenza con quel passato remoto consiste nel mutato contesto di riferimento: dai piccoli villaggi chiusi del medioevo, ai social network di oggi. Le moderne tecnologie e la potenza fagocitante del capitalismo contemporaneo, ramificano sull'intero pianeta qualsiasi innovazione lessicale, mettono a profitto ogni sforzo mitopoietico, rendendo accessibile anche ai non iniziati le forme codificate da comunità virtuali o sostanziali.
«Le lingue di mestiere - conclude lo studioso - nascondono segreti del tessile e della metallurgia. Nascono tra '300 e '500, quando il mondo medievale va a pezzi, collassa. È la necessità di conservare la proprietà esclusiva dei saperi. I mestieranti devono occultare questi segreti. Ne va della loro sopravvivenza. Per questo motivo elaborano un codice accessibile solo ai pochi detentori delle conoscenze relative a quei mestieri. La prima funzione del gergo è proprio questa. Le persone che lo sentono ma non lo capiscono, lo scambiano per il cinguettare degli uccelli: cip cip, ba ba, gar gar, ga ga. È questa l'origine etimologica del termine jargon: gergo. Gli iniziati, invece, riescono a identificarsi tra di loro, anche a distanza. L'artigiano calabrese dell'epoca, deve fidarsi di un Veneto, di un Toscano, di un Francese e di un Piemontese. Nasce così il nucleo comune gergale europeo occidentale. Devono poter parlare lo stesso gergo. Stanno proteggendo segreti di mestiere. La prima funzione del gergo è appunto quella che i francesi chiamano function idontemique, l'identificazione del gruppo. Il gergo all'inizio è di tutti, è un insieme di cose, ha un potere gerarchico. È solo in un secondo momento, quando i livelli più piccoli hanno contatti con l'instabile, cioè la parte criminale della società, che lo stesso gergo viene usato per nascondere identificando. Infatti i calabresi di quel tempo remoto creano comunità fuori dalla Calabria, nelle Marche, in Sardegna, hanno contatti con Veneti, Friulani, Piemontesi, Francesi. Questa è la vera Calabria. Che guarda fuori di sé, non quella che pensa a se stessa come l'ombelico del mondo e non capisce più un tubo. Penso alla politica calabrese di oggi. Il meridionalismo odierno è diventato sterile. All'epoca, invece, era tutto proteso verso l'esterno, perché quella gente era attiva. Tutti questi gerghi hanno un nucleo comune. Nell'ammaskante il capomastro si chiama erbaru, nelle Marche il gergo stesso si chiama ervaresk, in Sardegna abbiamo gli stessi nomi. Un po' dovunque questa parola si ripete. È indicativo. Nel medioevo l'erbaro è il mago. Possiede quindi un aspetto magico, conosce i segreti del tessile, della seta, dei metalli, realizza connessioni ai più alti livelli con l'alchimia. Ci sono nozioni di chimica in questi mestieri antichi. Non è solo la voglia di scoprire la formula dell'oro. Uno che possiede quattro forge, ha contratti con chiese, produce campane, statue, vanta una serie di appalti in giro per il mondo, paga il maestro per i suoi figli perché se lo può permettere, come un nobile. Convoca il maestro itinerante in casa sua: "mio figlio deve imparare a parlare latino, diventerà un avvocato". È esattamente quel che ha imparato a fare adesso la mafia, mandando i suoi figli a studiare diritto ed economia. Loro l'avevano capito nel 1400, 1500. La mafia lo ha capito solo ora. I discendenti di quei maestri artigiani oggi sono giudici, uomini di diritto».


Il Trota, alias Renzino Bossi.




Il trota ha detto che non ha bisogno di Windows Vista, il suo pc ci vede benissimo.
"da E.A. by FB"


Default Italia, 73 Giorni al Fallimento: Chi ha Fatto Veramente i Debiti in Italia?


È opinione diffusa che la Finanza, con la effe maiuscola, sia gestita da figure porche e operi secondo fini largamente innominabili, in danno degli interessi degli Stati Sovrani e dunque dei loro sventurati cittadini.

La Finanza, nella mente di molti galantuomini, è il fattore di dissesto che costringe i governi nazionali a prendere quelle odiose misure che sono sotto gli occhi di tutti. Come per esempio di spogliare i poveri dell’assistenza sanitaria, o del diritto all’istruzione, oppure di mandarli in pensione tardissimo, con appannaggi ridicoli, per recuperare i quattrini che servono a pagare gli Speculatori; individui amorali, disposti a sacrificare lo Stato, che è la casa di tutti, sull’altare dei propri sporchi interessi.

Sovente, sempre di questi tempi, davanti alle vittime di una frana, di un’alluvione, di un incidente in autostrada, l’Informazione parla di frana assassina, alluvione killer, autostrada maledetta. Se poi tra le vittime si contano mamme e bambini, apriti cielo, devi metterci sotto la bacinella perché lo sdegno delle inviate del tiggitre deborderà dallo schermo. Il servizio si chiude con una minaccia: la magistratura aprirà un’inchiesta! Chi vuol capire capisca!

Che c’entrano le due cose? Nulla nel merito, ma sono esattamente identiche sul piano del metodo. Esprimono il bisogno, per ogni calamità, di trovare una causa accessibile sulla quale potersi rivalere: il Vicario di Provvigione di manzoniana memoria, cui attribuire la mancanza del pane.

Torniamo alla Finanza assassina.

Quali sono gli stati sotto il tiro della Speculazione? I più malandati, quelli pieni di debiti, a rischio di insolvenza. Quelli i cui titoli non trovano sul Mercato, luogo di perdizione senza del quale nessuno Stato potrebbe finanziare il proprio debito, una domanda adeguata, se non a prezzi via via più alti, mano a mano che il rischio aumenta.

Perché e quando uno Stato è a rischio?

Di solito perché è male amministrato, perché spende più di quanto incassi; quando i suoi debiti sono improduttivi, non destinati a ricerca, servizi, infrastrutture, ma al mantenimento del consenso. Quando la pratica va avanti da troppo tempo e il debito diventa eccessivo, rispetto alle entrate e al capitale. Nel momento in cui la fiducia dei creditori viene meno.

Come se in una barca si modificassero gli assetti continuando a caricare in coperta, spostando il baricentro sempre più su, addirittura sopra il metacentro. Oppure si mettesse fuori troppa vela per quella che è la chiglia. Quando la barca scuffia solo chi non conosce le barche può prendersela col vento, con il mare, con le vele. Mentre volendo trovare le responsabilità bisognerebbe cercare tra chi ha deciso d’imbarcare in coperta l’obelisco di Axum, o tra chi doveva vigilare e non l’ha fatto.

Il mestiere della finanza è quello di spostare i soldi da chi ne ha in eccesso a chi ne ha in difetto, facendo incontrare domanda e offerta.

Non è la Finanza, ma chi imbarca l’obelisco di Axum che dovrebbe misurarsi la palla.

- Ma, dicono i detrattori, la Finanza cerca di guadagnarci.

- Oh bella, ribattono i fautori, neppure il cane muove la coda per niente.

- Ma con tutti gli strumenti possibili, alcuni addirittura diabolici!

- E allora? Facciamo delle regole, se è questo il problema.

- Si fa prima ad abolirla: che c’è da salvare? O non lo sa che lo short selling è un peccato gravissimo, i cds sono opera del diavolo, i subprime vizi capitali … Sono indignato, mi creda! Moralità! Ci vuole una nuova moralità, se vogliamo salvarci!

Una diatriba dove le ragioni e i torti non stanno tutti da una parte, dove tuttavia una cosa è certa: non è la Finanza che ha fatto i debiti. È la Classe Politica che ha usato il denaro pubblico per comprare il consenso della Popolazione, oltre che per riempirsi le tasche. Adesso dirò qualcosa di poco popolare: in termini complessivi la parte che è finita nelle tasche dei Politici è molto più piccola di quella che è servita per comprare il consenso della Popolazione. Anche se naturalmente ogni politico ha incassato incomparabilmente di più di ogni cittadino.

Ma se vogliamo seriamente cercare chi ha portato in coperta l’obelisco di Axum, lasciamo stare la Finanza.

Oltretutto, al punto in cui siamo, sarebbe un esercizio sterile. Dovevamo pensarci prima, dovremo tornare ad occuparcene poi, ora, potrà non piacerci, anzi non ci piacerà per niente, ma è soprattutto necessario scaricare l’obelisco.

http://www.mentecritica.net/default-italia-73-giorni-al-fallimento-chi-ha-fatto-veramente-i-debiti-in-italia/meccanica-delle-cose/chiamiamola-economia/fma/21180/

Scajola indagato a Roma per la vicenda della casa



Violazione della legge sul finanziamento illecito dei partiti politici in relazione all'acquisto dell'appartamento.


ROMA - L'ex ministro dello Sviluppo economico, Claudio Scajola, è indagato dalla Procura di Roma per violazione della legge sul finanziamento illecito dei partiti politici in relazione all'acquisto di un appartamento a pochi metri dal Colosseo.

L'immobile in via del Fagutale, secondo l'ipotesi degli inquirenti, è stato pagato in parte, anche se l' ex ministro sostiene di esserne stato all'oscuro, dall'imprenditore Diego Anemone, uno dei personaggi chiave dell'inchiesta sugli appalti del G8.

Il fascicolo per questo "episodio", in base a quanto si apprende, chiama in causa il solo Scajola. I magistrati della Capitale hanno sviluppato le verifiche e le indagini, sulla base degli atti trasmessi dalla Procura di Perugia. Il procuratore capo Giovanni Ferrara e l'aggiunto Alberto Caperna coordinano ulteriori indagini che sono state avviate sulla cosiddetta 'lista' di favori attribuita all'imprenditore Diego Anemone.

SCAJOLA: 'SONO SERENO, SARA' CHIARITA MIA ESTRANEITA' '- "Apprendo dalle agenzie che la Procura di Roma ha aperto un fascicolo su una vicenda per la quale la Procura di Perugia, dopo un anno e mezzo di indagini, non ha ritenuto di dovermi indagare. Attendo, comunque, con la stessa serenità e la medesima riservatezza che hanno sinora contraddistinto il mio comportamento, che i magistrati romani portino a termine il loro lavoro, nella convinzione che verrà certamente chiarita la mia estraneità ai fatti". Lo afferma in una nota il parlamentare del Pdl, Claudio Scajola.

DIFENSORE SCAJOLA: 'ATTENDIAMO SERENAMENTE ESITO INDAGINI' - "Prendiamo atto dell'iniziativa della procura di Roma ed attendiamo serenamente che i magistrati facciano il loro lavoro convinti che tutto sarà chiarito". Così l'avvocato Giorgio Perroni, difensore dell'ex ministro Claudio Scajola, commenta la notizia dell'iscrizione del suo assistito nel registro degli indagati della procura di Roma per violazione della legge sul finanziamento dei partiti.

http://www.ansa.it/web/notizie/rubriche/politica/2011/08/29/visualizza_new.html_730666099.html

Rossi(Idv):"Sciopero calciatori? Un insulto.Unico sciopero giusto il 6 settembre"


PERUGIA - Alla vergogna della protesta messa in atto dai calciatori, la beffa di chiamare “sciopero” questa messa in scena. Credo che sia umiliante per milioni di lavoratori che in Italia, per difendere o rivendicare i propri diritti, quando fanno sciopero devono conoscere una decurtazione dello stipendio spesso proibitiva per se stessi e per la propria famiglia, mentre i calciatori che non conoscono la stessa penalizzazione, guadagnano con lo stipendio di un mese quanto un operaio guadagna in dieci anni.

Sono spesso i lavoratori più attivi nella difesa dei diritti di tutti, che nella situazioni di crisi, pagano per primi le conseguenze del proprio atteggiamento con la perdita del proprio posto di lavoro. È proprio per questo motivo che considero ancora più grave che l’insulto alla crisi rappresentato dalla protesta dei calciatori, avvenga proprio nel momento in cui la manovra economica del governo, nel consentire alla contrattazione aziendale la deroga alla legge ed ai contratti nazionali, di fatto getta le basi per permettere anche la deroga all’articolo 18, che impedisce il licenziamento senza giusta causa.

Il mio pensiero, in qualità di Portavoce Regionale dell’Italia dei Valori, nonché in relazione alla delega assessorile alle Politiche del Lavoro presso la Provincia di Perugia, è di considerare che l’unico sciopero di cui in questi giorni è giusto che si parli è quello del 6 settembre.

Lo sciopero generale del 6 settembre è necessario per contrastare una manovra economica a carattere depressivo, iniqua, che chiede sacrifici ai lavoratori dipendenti che non possono certo evadere le tasse, ai pensionati, ai servizi che gli enti locali già hanno difficoltà a garantire alla comunità, ai diritti dei lavoratori.

Per le motivazioni di cui sopra, aderisco allo sciopero del 6 settembre, anche per evitare che una Governo incapace di colpire gli evasori fiscali, i possessori di grandi rendite finanziarie e patrimoniali, pensi di confondere le idee della gente con la proposta di chiudere qualche provincia e qualche comune e che magari approfitti anche della protesta dei calciatori per non far parlare della grave situazione in cui versa il paese.

Aviano Rossi

http://www.umbrialeft.it/notizie/rossiidvsciopero-calciatoriun-insultounico-sciopero-giusto-6-settembre


Se c'è Silvio a guardia del pollaio. - di Marco Travaglio


Silvio Berlusconi

Adesso il governo fa gli spot contro gli evasori, ma per anni Berlusconi ha spiegato agli italiani che non pagare le tasse era un 'diritto naturale'. E, tra condoni e leggine, lui ha risparmiato centinaia di milioni.

Il 15 ottobre 1996 Silvio Berlusconi, capo dell'opposizione, viene convocato come testimone a difesa di Marcello Dell'Utri, imputato a Torino nel processo Publitalia per false fatture e frode fiscale. E, dopo mesi di traccheggiamenti, si presenta in Tribunale.

"Lei, presidente", dice all'attonito giudice Costanzo Malchiodi, "sa bene come funziona il nostro sistema fiscale, lei sa che l'attuale sistema delle aliquote così elevate, le più elevate d'Europa è tale perché c'è la presunzione di un'elusione sistematica e di una evasione possibile. E quindi c'è un certo tipo di atteggiamento, anche morale, da parte del cittadino che guarda uno Stato che non gli rende in servizi ciò che prende e che ha dalle imposte che sono fuori dalla norma generale, dal diritto naturale che è dentro di noi... Quando lo Stato chiede al cittadino più di un terzo del frutto del suo lavoro, il cittadino si sente moralmente in contrasto con lo Stato. Quindi se ci fosse stata una cosa che poteva mettere Publitalia in un vantaggio, allora io non arriverei a pensare che non Marcello Dell'Utri, ma neanche gli altri dirigenti potessero eh... ritenere che in fondo c'era una giustificazione morale...". Risultato: Dell'Utri, intanto promosso deputato, è condannato a 3 anni, e dovrà patteggiarne 2 e mezzo in Cassazione per non finire in galera.

Otto anni dopo, tornato a Palazzo Chigi, Berlusconi dichiara a Radio anch'io: "L'evasione di chi paga il 50% dei tributi è un diritto naturale che è nel cuore degli uomini" (18.2.2004). E poi, in visita al Comando della Guardia di finanza: "C'è una norma di diritto naturale che dice che, se lo Stato ti chiede più di un terzo di quello che con tanta fatica hai guadagnato, è una sopraffazione nei tuoi confronti e allora ti ingegni per trovare dei sistemi elusivi o addirittura evasivi, che senti in sintonia con il tuo intimo sentimento di moralità, e che non ti fanno sentire intimamente colpevole" (11.11.2004). Casomai i contribuenti non avessero ancora capito, fu ancora più esplicito: "Ma se lo Stato mi chiede il 50% e passa, sento che è una richiesta scorretta e mi sento moralmente autorizzato a evadere per quanto posso" (17.2.2005).

Del resto, l'evasione è una specialità della casa. A proposito della tangente da 21 miliardi di lire versatagli dalla famiglia Rovelli quand'era ministro della Difesa, il 28 settembre 2002 Cesare Previti spiegò a Ilda Boccassini di aver mentito per non "scatenare il fisco nei miei confronti con effetti rovinosi". Boccassini: "Lei li ha dichiarati anche in Italia questi 18 milioni di franchi?". Previti: "No". Nel 2002, dopo averlo smentito, il governo Berlusconi vara il condono fiscale, ma lui giura: "Le aziende mie e della mia famiglia non vi faranno ricorso" (30.12.2002). Poi "l'Espresso" scopre che Mediaset ha fatto ricorso al condono, chiudendo con appena 62,2 milioni una vertenza col fisco da 191. E ne approfitta pure il Cavaliere, sanando le evasioni contestate dalla Procura di Milano (60 milioni e più) con la somma esorbitante di 1850 euro, in due rate. "Nessun condono tombale", minimizza lui a Porta a Porta, "ma una semplice operazione di routine come milioni di italiani per rimediare a eventuali inesattezze formali. Nessun risparmio di imposta da parte mia, han fatto tutto i miei commercialisti, io non ne sapevo nulla" (11.1.2006).

Un anno fa, dopo aver vinto i primi due gradi di giudizio, Mondadori rischia la condanna in Cassazione a pagare i 173 milioni (più un altro centinaio fra interessi e sanzioni) che da vent'anni le chiede l'Agenzia delle entrate per le tasse eluse nel 1991 con l'operazione Amef. Ma una leggina ad hoc imposta dal padrone di Mondadori consente all'azienda di chiudere il contenzioso pagando il 5%: appena 8,6 milioni. Intanto Mediolanum, per un terzo controllata da Berlusconi, si vede chiedere dall'Agenzia delle entrate e dalla Finanza 282 milioni sottratti al fisco grazie a un provvidenziale trasferimento di attività in Irlanda. Ora la presidenza del Consiglio diffonde uno spot tv contro gli evasori, che sciorina varie specie di animali parassiti e poi conclude: "Chi vive a spese degli altri danneggia tutti. Battere l'evasione fiscale è tuo interesse". Non è che, niente niente, la presidenza del Consiglio dà del parassita al presidente del Consiglio?