lunedì 14 maggio 2012

L'occhio bionico alimentato dalla luce. - Antonino Michienzi


L'occhio bionico (l'immagine della Bbc)

L'occhio bionico (l'immagine della Bbc)

Una nuova protesi promette di restituire la vista a milioni di persone affette da malattie della retina. La sperimentazione, seppur promettente, è solo nelle primissime fasi.

Un paio di occhiali speciali e microchip simili a pannelli solari impiantati direttamente sulla retina. È questa la tecnologia che potrebbe tra non molti anni restituire la vista alle persone affette da gravi patologie della retina, come la degenerazione maculare senile o la retinite pigmentosa. A mettere a punto il complesso dispositivo un gruppo di ricercatori del dipartimento di Oftalmologia della Stanford University School of Medicine, che nei giorni scorsi ha pubblicato sulla rivista Nature Photonicsi dati derivanti dai primi esperimenti condotti su tessuti biologici. I risultati sono promettenti, tanto che il team ha già avviato la sperimentazione su topi da laboratorio.

OCCHIALI E PANNELLI SOLARI - Quello messo a punto dai ricercatori americani è un sistema integrato che cerca di sopperire alla progressiva degenerazione delle cellule della retina deputate a captare la luce, prima che questa venga trasmessa al cervello sotto forma di impulso elettrico. Malattie come la degenerazione maculare senile o la retinite pigmentosa danneggiano, infatti, i recettori ma lasciano quasi illese le terminazioni nervose. L’obiettivo della nuova protesi è proprio quello di trovare altre fonti, diverse dalla luce visibile, per stimolare questi neuroni. Per questa ragione il team ha messo a punto un paio di occhiali speciali. Sono dotati di microcamera e di un sistema in grado di proiettare le immagini catturate dalla realtà su un display a cristalli liquidi posto sul retro delle lenti. Il display ha però una peculiarità: proietta le immagini così ottenute non con la normale luce visibile, ma con luce pulsata nella lunghezza d’onda del quasi infrarosso. Questa, però, è soltanto la parte esterna della protesi. L’altra fondamentale componente è costituita da un microscopico chip di circa 3 millimetri di diametro impiantato chirurgicamente sulla retina. «Funziona esattamente come un pannello solare messo sul tetto», ha spiegato il coordinatore dello studio Daniel Palanker. «Converte la luce in corrente elettrica. Ma invece di mandarla al frigorifero la invia alla retina». Da qua, sperano i ricercatori, attraverso la rete di terminazioni nervose posta sullo strato più profondo della retina, lo stimolo dovrebbe raggiungere il cervello restituendo la capacità di vedere.
SEGNALE RICEVUTO - È questo complesso sistema di dispositivi che i ricercatori hanno sperimentato su tessuti retinici sia sani sia danneggiati prelevati da topolini da laboratorio. Sui tessuti sani, è stato osservato che il mini pannello solare era in grado di ricevere le immagini trasmesse sia nello spettro della luce visibile sia in quello del quasi-infrarosso e di stimolare le cellule nervose deputate a captare questi segnali. Al contrario, i tessuti danneggiati erano in grado di funzionare soltanto con le informazioni trasmesse nel quasi-infrarosso. «Ciò significa che con il nostro sistema la vista viene recuperata», ha commentato Palanker che tuttavia resta molto cauto. Nonostante questo e altri dispostivi possano aiutare a restituire la vista, rimane da capire quale sarà la qualità della visione. Per esempio, spiega il ricercatore, le tecnologie attualmente disponibili non consentono di vedere i colori. Nelle persone sane infatti, il sistema di captazione dei colori è gestito, all’interno dalla retina, da diverse popolazioni di cellule specializzate nella ricezione dei singoli colori primari. Una complessità che gli attuali sistemi non sono riusciti ancora a riprodurre. Il risultato, insomma, potrebbe essere molto diverso da una visione normale. Si tratterebbe tuttavia di un progresso importante per milioni di persone. Per questo il team sta bruciando le tappe. La nuova protesi è già in sperimentazione su topi da laboratorio che saranno osservati per sei mesi e i primissimi dati, anticipano i ricercatori, suggeriscono che il sistema funziona. Occorreranno però anni prima che la protesi possa essere sperimentata sull’uomo. Soltanto a quel punto si capirà se la capacità del sistema di trasformare la realtà in segnali elettrici effettivamente ricevuti dal cervello corrisponda realmente al recupero della vista.

L'iniziativa: a Corigliano d'Otranto uno sportello filosofico contro la crisi. - Claudia Persicce




LECCE - In un piccolo paesino del Sud con un grande antico castello fiabesco, in una stagione di smarrimento e ottundimento delle menti, nasce uno “sportello di consulenza filosofica” per portare il conforto della filosofia e far esercitare la ragione. 
Non è l’incipit di una favola contemporanea, ma l’ultimo atto del solido progetto “Salento che pensa” che negli ultimi sette mesi ha sottoposto ad un’intensa pratica filosofica Corigliano d’Otranto. Da oggi la cittadina, per la prima volta nel Salento, e per tutti (salentini e non), ospiterà negli uffici comunali un consulente filosofico, Graziella Lupo, al quale rivolgersi, previo appuntamento, per affrontare le difficoltà generate dalla scarsa consapevolezza di se stessi, conflittualità interiori, disagi comportamentali non patologici, necessità di confrontarsi. La filosofia è già entrata nelle vite degli abitanti di Corigliano, perché il loro sindaco, Ada Fiore, non ha mai smesso di fare il suo primo lavoro, l’insegnante di filosofia, e dal laboratorio “Salento che pensa” allo sportello filosofico il passo è stato breve.

«Un consulente filosofico serve a creare dinamiche comportamentali nuove – spiega il sindaco Fiore – a far capire che ognuno può ricominciare ripartendo da se stesso. In un momento di grande sfiducia, di scarse risposte esterne, è fondamentale imparare a cercare dentro di sé, guardarsi dentro per raggiungere consapevolezze nuove. La filosofia aiuta a vedere quello che è evidente, la verità che è dentro di noi come ci ha insegnato Socrate, per capire chi sei, cosa sei, cosa vuoi». Lavorerà in sinergia con i servizi sociali, ma non farà psicoterapia.
«Il consulente filosofico utilizza gli strumenti della filosofia, i riferimenti della formazione filosofica – spiega Graziella Lupo, specializzata alla Ca’ Foscari di Venezia nell’ambito della scuola di Umberto Galimberti – e l’approccio è differente rispetto alla pratica psicoanalitica. Intanto crea una dinamica di reciprocità tra consultato e consultante: il primo mette a disposizione il suo bagaglio, ma poi insieme fanno un viaggio di ricerca. Poi non presuppone una cura, una terapia. Chi si rivolge ad un consulente filosofico mette a fuoco le idee che muovono il suo comportamento e il suo stare al mondo: questo è il primo processo, la consapevolezza della propria visione del mondo e a volte è proprio questa che provoca disagio. Nell’esercizio della libertà e insieme al consulente si sceglie di cambiare».

La pratica ricorda un po’ i dialoghi socratici, confronti dialettici in cui il maestro mette a disposizione i suoi strumenti. «Assolutamente sì – continua la consulente – il riferimento socratico nella nostra esperienza è fondamentale e tutto il percorso si sviluppa nella dinamica dialogica. Usiamo testi filosofici, e non solo, ma il processo è sempre di apertura delle domande e attivazione della ricerca, maieutico, di chiarificazione di quello che abbiamo già dentro in forma oscura».
«Nelle altre città in cui esiste è solitamente abbinato alla biblioteca – conclude – noi lo mettiamo nel palazzo municipale, come elemento fortemente istituzionale, ma voluto dalla città come maturazione del laboratorio filosofico».



http://www.quotidianodipuglia.it/articolo.php?id=195568

Jp Morgan, saltano primi tre manager dopo il buco da due miliardi di dollari.



Attese le dimissioni di Ina Drew, capo degli investimenti, una delle donne più potenti di Wall Street, di Achilles Macris e di Javier Martin-Artajo. Standard and Poor's rivede l'outlook a negativo.


NEW YORK - Cadono le prime teste a JP Morgan, dopo lo scandalo del buco da due miliardi di dollari 1 persi in appena sei settimane. Ina Drew, il capo degli investimenti di JP Morgan, sarà una delle prime a lasciare. Un nome eccellente, il suo: braccio destro dell'amministratore delegato della banca Jamie Dimon, è una delle donne più potenti di Wall Street e il quarto manager più pagato all'interno della banca (lo scorso anno ha ricevuto un compenso di 14 miliardi di dollari).

La cinquantacinquenne Drew ha lavorato in JPMorgan per quasi 30 anni e da quando il caso delle maxi-perdite è risultato evidente alla fine di aprile, ha offerto più volte le proprie dimissioni. Dimon - riporta il New York Times - le ha ora accettate e un annuncio ufficiale del suo addio dovrebbe arrivare prima dell'assemblea degli azionisti. Drew sarà uno dei tre manager a cadere per primi. Insieme a lei - secondo indiscrezioni riportate dal Wall Street Journal - se ne andranno Achilles Macris, numero uno dell'ufficio investimenti per le operazioni in Europa e diretto superiore di Bruno Michel Iksil 2, il trader finito subito sotto accusa e già soprannominato la "balena di Londra" e "Voldemort", e Javier Martin-Artajo, uno dei manager della squadra di Macris.

Negli ultimi mesi Drew avrebbe chiesto ai trader di eseguire operazioni in grado di coprire la banca dalla crisi del debito dell'Europa e delle turbolenze sui mercati del Vecchio Continente: Drew - mette in evidenza il New York Times - riteneva che queste scommesse potessero mettere al riparo la banca da perdite e che riuscissero anche a realizzare un lieve profitto. Ma l'andamento del mercato fra la fine di aprile e gli inizi di maggio l'ha convinta che non sarebbe stato così: sono quindi iniziate le richieste ai trader per ridurre le scommesse, ma ormai era troppo tardi.

Sulla banca si è abbattuto intanto anche il giudizio di Standard and Poor's che ha rivisto a negativo l'outlook di Jp Morgan mentre ha confermato il rating A dopo "l'annuncio a sorpresa di perdite per due miliardi di dollari nelle attività di trading".

domenica 13 maggio 2012

Il cancro si cura con il bicarbonato di sodio, un problema per le case farmaceutiche. - David Pascucci

Mark Pagel della University of Arizona Cancer Center, riceverà 2 milioni di dollari per studiare l'efficacia di questa terapia
Una buona notizia per tutti noi e una cattiva notizia per la case farmaceutiche arriva direttamente dal sito laleva.org. Il Dr. Mark Pagel della University of Arizona Cancer Center, riceverà 2 milioni di dollari dal National Institutes of Health per studiare l'efficacia della terapia personalizzata con bicarbonato di sodio per il trattamento del cancro al seno.

In realtà, il bicarbonato di sodio è una delle cure più efficaci contro malattie acute come influenza e raffreddore, inoltre, se assunto per via orale e transdermica, ecco che il bicarbonato diventa una prima cura per il trattamento del cancro, malattie renali, diabete e, come detto prima, raffreddore e influenza.
In sostanza, il bicarbonato agirebbe sul grado di acidità del nostro sangue. Il pH del nostro sangue e dei nostri fluidi corporei non rappresenta altro che il nostro stato di salute e il bicarbonato rappresenterebbe un vero e proprio regolatore del pH agendo direttamente sul livello acido-alcalino alla base della salute umana.
La scala del pH è come un termometro del nostro stato di salute a tal punto che valori al di sopra o al di sotto di 7,35-7,45 possono segnalare sintomi di malattie o patologie gravi. Difatti, quando il corpo non riesce più a neutralizzare gli acidi, essi vengono trasferiti nei fluidi extracellulari e nel tessuto connettivo recando danni all'integrità cellulare.
Tanto più il nostro sangue è acido, tanto più manca ossigeno, elemento fondamentale per il funzionamento delle nostre cellule. Per farvi un esempio, un lago colpito da piogge acide, vedrà i suoi pesci morire soffocati per non disponibilità di ossigeno. Per riportare il lago in vita, e per portare ossigeno, bisogna alcalinizzare l'acqua.
Questo esempio è fondamentale in quanto il cancro è sempre legato ad un ambiente acido (mancante di ossigeno). Un altro esempio è riconducibile all'effetto negativo dello smog e dell'inquinamento. Come sappiamo, l'inquinamento diminuisce l'ossigeno e ben conosciamo come l'inquinamento influisce in modo negativo sul nostro stato di salute.
In tutto ciò, per praticare la cura del pH, non bisogna essere medici ma bisogna semplicemente capire qual è il funzionamento della cura e agire di conseguenza.
Quali ripercussioni per le case farmaceutiche? Sicuramente risentirebbero negativamente in quanto diminuirebbero domanda e consumi per medicinali chemioterapici, per la cura del cancro in genere, per la cura delle malattie come diabete e malattie più comuni come influenza e raffreddore. Un bel problema per le case farmaceutiche, un problema risolto per la nostra salute e per il nostro benessere. 
Interessante:

La Lega tiene.


http://vauro.globalist.it/Detail_News_Display?ID=16038&typeb=0

Lasciò per le vacanze a sua insaputa: Malinconico torna da commissario. - Alessandro Ferrucci

malinconico 2 interna nuova


L'ex sottosegretario era stato costretto alle dimissioni dal governo Monti per il soggiorno all'Argentario pagato da Piscicelli (l'imprenditore che rideva del terremoto aquilano). Ora l'esecutivo lo mette a capo della fondazione Valore Italia, affidandogli 25 milioni di euro pubblici. E con un atto illegale.

Voci di corridoio. Boati sulla stampa. Nomine, rinunce, commissariamenti. Dubbi instillati e timori sottaciuti. Soldi? Sì, ovvio, in questo caso parliamo di quasi 25 milioni di euro. Puliti. Da assegnare. Ma, paradossalmente, non fondamentali. Il “gioco” potrebbe essere altro. Al centro: la Fondazione Valore Italia. Genesi: nel 2005 il ministero delle Attività produttive decide che è giunto il momento di promuovere il design italiano e il Made in Italy attraverso (anche) la nascita di un’Esposizione Permanente. Per arrivarci è necessario selezionare il luogo giusto, i marchi d’eccellenza, incentivare, appoggiare, magari un’opera di lobbying all’estero. Ecco la nascita della Fondazione. Alla sua guida un Consiglio di amministrazione composto da cinque persone, con Massimo Arlechino nominato presidente.
Dentro anche Umberto Croppi nel ruolo di Direttore Scientifico. Particolare: sia Arlechino sia Croppi sono di stretta osservanza finiana. Al gruppo di lavoro vengono assegnati, come base, circa 15 milioni di euro a fondo perduto, senza alcun vincolo nello statuto. Tradotto: fateci quello che ritenete più opportuno.
Nei sei anni successivi la cifra non viene intaccata, ma incrementata. Da tutti il giudizio ricevuto è quello di “virtuosi”. Così il ministero per lo Sviluppo economico gli affida un fondo di altri 15 milioni per incentivi alle piccole e medie imprese. Fine della favola. Inizio dei guai, pari agli interrogativi.
A settembre l’allora ministro per lo Sviluppo, Paolo Romani, rinnova il Consiglio di amministrazione e inserisce un uomo a lui vicino. Di fiducia. Entra Camillo Zuccoli, 54 anni, ex democristiano, già portavoce dell’ ex ministro per i Lavori pubblici Gianni Prandini, nel 1993 in carcere con l’accusa di corruzione aggravata (reato prescritto nel 2001). È molto legato ad Alberto Di Luca, altro componente del cda, milanese in Forza Italia dalla prima ora. Cosa fanno appena nominati? Chiedono più soldi per il loro ruolo, esattamente il doppio, pretendono incarichi professionali non consentiti dalla normativa e assegnazioni di poteri non previsti dallo statuto. Nel frattempo cambia il governo. Arrivano i tecnici. Delle frizioni all’interno della Fondazione, Arlecchino ne parla in più occasioni con Mario Torsello, attuale capo di gabinetto del ministro Corrado Passera, con un passato al ministero dei Beni culturali. Da qui tutto diventa nebbia. Con una Stella polare: il bilancio del 2011 è chiuso in pareggio.
All’improvviso, però, il ministero dello Sviluppo decide di commissariare la Fondazione (pochi giorni prima il Mibac aveva fatto lo stesso con il Maxxi): via il cda, via il presidente. L’accusa è quella di immobilismo. Ma l’atto è illegale: la Fondazione è un ente di diritto privato, soggetta soltanto all’autorità del prefetto. Solo quest’ultimo può commissariare, non il ministro. Nonostante questo, al loro posto arriva Carlo Malinconico. Piccola, recente, biografia di quest’ultimo: uomo di fiducia di Mario Monti, fino al 10 gennaio di quest’anno ricopriva il ruolo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio con delega all’Editoria. Costretto alle dimissioni dopo che il Fatto ha denunciato le sue vacanze, gratis, all’Argentario a spese dell’imprenditore Francesco Piscicelli lo stesso che urlava felice al telefono durante il terremoto dell’Aquila.
Per ricapitolare: il ministero dello Sviluppo caccia una direzione giudicata unanimemente positiva, lo fa in modo illegale e la dà in gestione all’unico dimissionario del governo tecnico.
Curiosità: i primi a raccontarlo, con toni di allarme e vergogna, sono state due testate poco vicine ai Monti boys, Panorama e Libero. A denunciare la vicenda anche un’interrogazione parlamentare di Flavia Perina (Fli) e Stefano Pedica (Idv), più una lunga serie di lettere e appelli rivolti a Passera(compresa l’Università La Sapienza). Nel frattempo tutto si è fermato. Venticique milioni sono in ballo. Malinconico è entrato nel suo nuovo ufficio. E una delegazione di cinesi, giunta a Milano per firmare degli importanti accordi bilaterali, è rimasta in albergo senza interlocutori. Pare si siano accontentati di una visita per la città…

Scoperto il più antico calendario Maya.

Uno dei dipinti del calendario Maya scoperti nella stanza di uno scriba (fonte: Tyrone Turner, National Geographic)
Uno dei dipinti del calendario Maya scoperti nella stanza di uno scriba (fonte: Tyrone Turner, National Geographic)

Dipinto sulle pareti della stanza di uno scriba.


Non poteva arrivare che nel 2012 la scoperta del più antico calendario Maya: è una stanza dipinta all'interno di un tempio scoperta in Guatemala, nel complesso archeologico di Xultun. La scoperta è stata annunciata sulla rivista Science da un gruppo coordinato dall'archeologo William Saturno, della Boston University, e del quale fa parte l'italiano Franco Rossi.E' prevista inoltre la pubblicazione nel numero di giugno del mensile National Geographic. I dipinti raffigurano figure umane in uniformi nere e cicli lunari e planetari, risalgono al nono secolo dopo Cristo e sono molto più antichi dei Codici Maya, risalenti al periodo compreso fra 1il 300 e il 1500, e le cui presunte previsioni hanno fatto molto discutere.
Gran parte della sala affrescata è stata danneggiata da saccheggi avvenuti in passato, ma diverse figure umane e le annotazioni numeriche dei cicli astronomici si sono conservati molto bene. Le annotazioni sulle pareti sembrano rappresentare i vari cicli astronomici: il calendario cerimoniale di 260 giorni; il calendario solare di 365 giorni; il ciclo di 584 giorni del pianeta Venere e il ciclo di 780 giorni di Marte.
Secondo i ricercatori quella ritrovata potrebbe essere anche la stanza di uno scriba: "Per la prima volta si arriva a vedere quelle che potrebbero essere le annotazioni tenute da uno scriba, il cui compito era quello di essere il custode dei 'documenti' di una comunità Maya", osserva Saturno. Gli archeologi sottolineano che uno dei principali obiettivi dei custodi del calendario Maya era cercare l'armonia tra gli eventi del cielo e i rituali sacri. E' quindi probabile che anche i dipinti scoperti a Xultun potrebbero essere stati realizzati per scopi analoghi.
I ricercatori rilevano inoltre che, "nonostante la credenza popolare, non vi è alcun segno nei calendari Maya che il mondo finisca nel 2012: in quella data termina solo uno dei cicli del calendario". "E' come il contachilometri di una macchina, che si azzera e ricomincia daccapo: così il calendario Maya termina per poi ricominciare", precisa l'astronomo americano Anthony Aveni, della Colgate University. "I simboli scritti dai Maya - conclude Saturno - riflettono una certa visione del mondo. I Maya predissero che il mondo sarebbe continuato, ossia che anche a 7.000 anni da oggi i cicli si sarebbero ripetuti sempre nello stesso modo".